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Satana tell her story -.-
C’è
un tempo
in cui tutto conosce i propri albori, uno in cui si conosce
l’apice del proprio
essere, e uno in cui si arriva al fondo di se stessi. Non saprei dire
dove sono
arrivata io… probabilmente sono ancora al 2°
punto…
Ho sempre
odiato girare attorno al nocciolo della questione, per questo, se
c’è da essere
delicati, io non ci riuscirei neppure sotto tortura e sapete
perché? Perché non
si può cambiare se stessi, e neanche il nostro destino
può subire mutamenti;
dopotutto, siamo certi che forse non oggi, forse non domani, ma un
giorno,
moriremo sicuramente, quindi, perché sprecare la propria
breve esistenza nel
tentativo di essere chi non si è? Io c’ho provato
e il risultato è
sconcertante, straordinario, ma sconcertante…
Tutto
accadde un giorno d’inverno, quando non si capisce bene se
debba nevicare o
cadere il mondo… esattamente uno di quei giorni
lì, io stavo tranquillamente
passeggiando per la strada. Tutto tranquillo se solo una macchina non
mi fosse
venuta addosso. Cosa ancor più strana era il fatto che su
quella macchina,
c’era mia madre. È sempre stata una donna con seri
problemi d’alcool; fino a
quel giorno, sempre l’avevo capita, dopotutto, a chi non
capita di alzare un
po’ il gomito a tavola? Ma la cosa che accadeva ogni santa
volta che mia madre
beveva, puntualmente litigava con mio padre… non ho mai
avuto problemi a
sopportarli ma, come si suol dire, tutto ha un limite, e io, ero
arrivata al
mio. Mi ricordo ancora la faccia stralunata di mia madre e mio padre
quando
presi un coltello da cucina e me lo ficcai nello stomaco. Ricordo che
non
sentii dolore, neppure un leggerissimo fastidio; proprio niente e, come
se
questo già non fosse bastato a traumatizzare i miei
genitori, lo estrassi senza
fare una grinza e, velocemente come mi ero
“accoltellata”, la ferita, si
rimarginò. Non seppi mai cosa successe dopo, ricordo solo
una grande macchia
rossa davanti ai miei occhi e poi, più niente.
Quando mi
risvegliai, ero in un letto d’ospedale, con una garza umida
sulla fronte e, al
mio capezzale, sedeva mia madre con un’espressione
stranamente sobria sul
volto. Mi guardò come fosse la prima volta che mi vedeva e
disse a bassa voce,
in modo che solo io la potessi sentire: “speravo tanto che
almeno tu ti
salvassi ma a quanto pare, la storia si ripete anche con
te…”
“di
cosa
stai parlando mamma?” le chiesi.
“c’è
una
storia sulla nostra famiglia, la quale spiegherebbe la nostra
capacità di
riuscire a scampare indenni da ogni tipo di catastrofe; gira voce che
noi siamo
le predilette dal Diavolo!” disse
Ovviamente,
a quel tempo non ci credetti, anche perché, non vidi la mia
ferita
rimarginarsi…
Poi mi
ricordai della macchia rossa che vidi prima di svenire;
all’improvviso, così
come mi era saltata alla mente, mi addormentai, ma non riconoscevo il
luogo in
cui mi trovavo.
“benvenuta
angioletto, che ci fai qui? Non è certo questo il luogo per
degli esserini come
te non credi?” disse quella che pareva a prima vista una
donna vestita di
rosso.
“si,
credo
tu abbia proprio ragione sai?!? Credo me ne andrò! Anche in
fretta!”
“angioletto?
Dove credi di andartene? Dubito riuscirai a scappare… sai,
io sono ciò che
sono; non ho possibilità di cambiarlo ma so che tu potresti
aiutarmi…”
Il mio cuore
mi urlava di non fare quella domanda ma non riuscii a trattenermi!!!
“cosa
sei?”
chiesi con tutta la cicospezione di cui potevo disporre.
“angelo,
non
è abbastanza chiaro? Cara mia, io sono il diavolo!”
Detto
questo, i vestiti che indossava e il suo aspetto mutarono,
così come l’ambiente
circostante.
Prima mi
trovavo in un posto misterioso, tra alberi secolari e fiori con profumi
esotici; adesso, ero in
un’isola
deserta, propriamente detta paradisiaca. Ero seduta du dune di farinosa
bianca
sabbia calda, in lontananza intravedevo l’azzurro accecante
del mare e sopra di
me, un groviglio di foglie di palma, permettevano di riposarsi nella
fresca
ombra. La donna che adesso, imponente si stagliava davanti a me era
ciò che di
più bello io avessi mai visto.
Era alta e
atletica, magra e ben proporzionata, con una cascata di rossi capelli
fluenti
che le arrivavano alla schiena. Aveva dei magnetici occhi rosso vivo,
guizzanti
come le fiamme di un falò e altrettanto luminosi. La
carnagione era lattea ma
ricopriva un corpo felino, tutto muscoli e grazia. Ero già a
conoscenza della
domanda che voleva pormi, mi limitai a risponderle:”tutto pur
di essere quello
che non sono!”
Tutto
avvenne in un baleno: venni avvolta da fiamme nere come la notte
più buia,
calde ma non bollenti e, quando si spensero, sentivo un fuoco ardere
entro me
come mai prima d’allora. Mi alzai e davanti a me, quella che
prima era il
diavolo in persona, ora non era altro che un cumulo di sabbia rosata
che
scintillava al tocco dei caldi raggi solari. Mi incamminai verso il
mare e,
nell’attimo in cui mi mossi, ero già sulla
spiaggia! Mi specchiai e ciò che
vidi mi stupì più di tutta quella bizzarra
storia…
Una cascata
di ricci capelli neri ricadeva attorno al mio viso, dalle fattezze
feline,
inorniciandolo. Possedevo un paio di occhi color ghiaccio, incapaci
anche solo
di provare felicità. Addosso, avevo quella che si potrebbe
considerare una
seconda pelle; le fiamme che prima avevano avvolto il mio corpo, ora
guizzavano
da una parte all’altra del mio corpo, senza lasciare
intravedere nulla di ciò
che c’era sotto. Mi mossi appena e ciò che vidi mi
riempì di freddo stupore… un
paio di nere ali piumate spuntava dalle mie scapole, lucenti come una
stella ma
nere come il mio cuore. Decisi che era ora di tornare indietro, era ora
di
andarsene dal mio personalissimo inferno. Così risalii, o mi
svegliai, non
saprei dirlo. So solo che da quel momento fui soltanto me stessa: il
Diavolo in
persona.
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Tanto per
dissipare ogni dubbio, sono cristiana cattolica credente e professante.
Mi era
venuta in mente la storia del diavolo donna vedendo nella prof di mate
l’incarnazione di un demone orribile +_+
Comunque a
me come fiction piace…
Aspetto i
vostri commenti, sia positivi che negativi…
^_^
Foglietta
No Yoko