Anime & Manga > Shugo Chara!
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Autore: Fiamma Drakon    30/10/2009    11 recensioni
Questa è la mia prima fic su Shugo Chara, scritta in un momento d'ispirazione, senza pretese, per Halloween.
I Guardians vogliono organizzare qualcosa per Halloween, ma come la prenderà Amu?
Be', per scoprirlo leggete!
[ringrazio in anticipo coloro che recensiranno]
Genere: Generale, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Halloween Party! - Amu!!! Amu, svegliati!! AMUUUU!!! Farai tardi a scuolaaa!! -.
Amu aprì gli occhi, ancora mezza assonnata: Ran che saltellava già di primo mattino era cattivo segno.
- Che c’è...? - biascicò, stropicciandosi gli occhi.
- FARAI TARDI A SCUOLA! SBRIGATI! -.
Alle esortazioni di Ran si unirono anche Miki e Suu, riuscendo a farle entrare in testa che stava per fare tardi.
Balzò giù dal letto a velocità supersonica, spaventando le sue Shugo Chara, che rimasero a mezz’aria qualche istante, osservandola mentre, alla svelta, si toglieva il pigiama e indossava l’uniforme.
- Uh, Amu, non scordarti le nostre uova!!! - le ricordò Suu, rientrando nel suo ovetto.
Miki e Ran la imitarono.
Una volta tutte all’interno, Amu fissò i suoi tre Shugo-tama alla cintura ed uscì dalla camera.
Scese in cucina, dove trovò il resto della famiglia già lietamente impegnata nella colazione.
- Amu, ti pare questa l’ora di arrivare?! Se non ti sbrighi, rischi di fare tardi... - la rimproverò sua madre mentre lei prendeva posto a tavola.
- Scusa mamma... - mormorò lei, distogliendo lo sguardo, iniziando a mangiare.
Mangiò velocemente e in assoluto silenzio, cercando di ignorare suo padre che riempiva di smielati complimenti la sua sorellina.
Uscì di casa tirando un sospiro di sollievo, avviandosi a passo sostenuto verso scuola.
Una volta arrivata, si fermò qualche istante presso il cancello, prima di dirigersi all’interno.
- AMUUU!!! -
- EHI, AMU! -.
Quelle voci erano troppo familiari perché non le riconoscesse: si volse appena in tempo per notare Yaya piombarle addosso, seguita a breve distanza da Kukai.
- Ah, siete voi! - esclamò Amu.
- Salve! - esclamarono in coro Tadase e Nadeshiko, avvicinandosi pian piano.
- Come mai tutta quest’allegria? - chiese Amu.
- Te lo diremo oggi al Royal Garden! - rispose Yaya, eccitata, senza riuscire a trattenere una risatina.
- Okay... - rispose vagamente Amu, avviandosi verso la scuola.
- Perché sei così... triste? - le domandò Nadeshiko, camminandole al fianco.
- Uhm... - mugolò l’altra in risposta.
- C’è qualcosa che non va? - insisté Nadeshiko.
- Domani è Halloween, come fai ad essere triste? - intervenne Kukai.
- Sì, sì, sarà bellissimo! - si eccitò ancora Yaya.
Amu abbassò lo sguardo senza rispondere e quel particolare non sfuggì agli attenti sguardi di Nadeshiko e Tadase.
30 Ottobre.
Un giorno alla festa che, nella sua infanzia, era stata la sua preferita: Halloween.
Si era sempre divertita tantissimo da piccola, ma quel suo fanciullesco divertimento era svanito con la crescita: in un giorno solo aveva dovuto rinnegare Halloween e la sua infanzia per salvare il suo nome di “cool and spice”.
Ora non poteva più tornare indietro: quel che aveva fatto era fatto.
Giunse sconsolata in classe, dove si sedette al proprio banco, senza guardarsi intorno.
- Amu... -.
La voce di Nadeshiko la fece trasalire istantaneamente.
- Oh... ciao - mormorò.
- Ciao... - replicò l’altra.
Cadde un imbarazzato silenzio tra le due, che infine fu la Queen’s Chair a decidere di rompere.
- C’è qualcosa che non va, Amu? Mi sembri triste... -
- No, non è niente... sono solo stanca... -
- Ne sei sicura? -.
Non le pareva proprio il tipo da apparire così triste e depressa solo perché era stanca: la vera Amu avrebbe cercato di nasconderlo in ogni modo.
- È per via di Halloween...? - tentò ancora Nadeshiko.
Dall’espressione contrariata che si dipinse in viso alla sua amica ne dedusse che aveva fatto centro.
- Che c’è che non va in Halloween? -
- Niente... mi dà fastidio... - mentì Amu a cuor leggero: era abituata a mentire a se stessa.
Farlo anche in quell’occasione non le avrebbe causato nessun problema.
- Fastidio? In che senso...? -.
Sembrava quasi che quello che aveva appena detto fosse un’eresia, a giudicare dall’espressione palesemente stupita che le rivolse Nadeshiko, espressione che non riuscì a non disturbarla.
- Non mi piace Halloween, tutto qui - rispose Amu, senza riuscire a girarci ancora intorno.
La Queen’s Chair parve dapprima sorpresa, poi il suo stupore si tradusse in un’espressione della quale Amu non riuscì bene ad interpretare il senso.
- Oh... capisco... - mormorò Nadeshiko semplicemente.
Era palese che ci fosse qualcosa che la affliggeva.
- Che...? -
- Amu... non disturbarti a venire al Royal Garden, oggi... -.
Nadeshiko la interruppe freddamente, cosa che non aveva mai fatto e che contribuì solo a farla insospettire ancor di più.
- Come? Perché? Yaya sembrava così entusiasta dell’incontro di oggi... -.
Era spiazzata e, ancor di più, confusa: perché quell’improvviso avvertimento? Non ne capiva il senso.
- Non preoccuparti... non è niente di importante... -.
Ora sembrava addirittura triste.
Era ufficiale: c’era decisamente qualcosa che non andava in Nadeshiko.
Il problema stava tutto nel capire quale fosse quel qualcosa che non andava.
Amu stava per chiederglielo, quando la campanella suonò, annunciando l’inizio delle lezioni.
Nadeshiko le rivolse un ultimo sorriso, prima di andare a sedersi al suo banco.
La mattina trascorse con lentezza quasi esasperante per Amu, concentrata com’era ad esaminare la Queen’s Chair: niente traspariva dal suo comportamento.
Eppure era profondamente convinta del contrario e, nelle ultime ore di lezione, un sospetto si insinuò nella sua mente: che fosse proprio lei la causa di quel repentino cambiamento?
La risposta era quasi ovvia, tuttavia non riusciva a trovare alcuna spiegazione plausibile.
Il suono dell’ultima campanella fu per lei un suono di salvezza: fece per scattare in piedi per andare a parlare con Nadeshiko, quando un pensiero le attraversò per un istante la mente, immobilizzandola dov’era.
Attese qualche minuto dopo l’uscita della ragazza, quindi si diresse verso il Royal Garden.
- Amu... dove vai? -.
Suu si affacciò dal proprio uovo: pareva preoccupata.
- Al Royal Garden -
- Ma Nadeshiko... -
- Nadeshiko ha qualcosa che non va e io ne sono la causa, probabilmente. Devo sapere di che si tratta... -.
Suu tacque e rientrò.
Amu arrivò poco dopo alla porta del Royal Garden.
- A LEI NON PIACE HALLOWEEN!!! -.
Si fermò: era la voce di Nadeshiko, impossibile da confondere.
- Nadeshiko... -.
Era Yaya e pareva triste, a giudicare dalla voce.
Amu rimase lì dov’era: sembrava che stessero parlando di lei.
- Perché dici così, Nadeshiko...? -
- Perché è la verità. È inutile la festa se non verrà. E se verrà, credete che ne avrà piacere? -
- Ma... ma... Nadeshiko... -.
La voce di Yaya era smorzata da qualche singulto.
- Mi spiace... ma sono d’accordo con Nadeshiko... se Hinamori ne rimarrà delusa, che senso ha? -.
Quella era la voce di Tadase.
- Però... -
- Niente però, Kukai... ora, possiamo... -.
Tadase si interruppe quando, nell’aprire la porta, si trovò a guardare Amu, in piedi lì di fronte.
- Amu... - mormorò, sorpreso.
- Io... io... mi dispiace! -.
Si volse e corse via, mentre le lacrime iniziavano a scorrerle sulle guance.
- Amu! -.
Nadeshiko le corse dietro.
“È colpa mia... non volevo che sentisse...” pensò, mentre usciva di corsa dal Royal Garden.
Yaya e Kukai fecero per seguirla, ma Tadase li fermò: - Aspettate! Devono parlarne da sole... è la cosa migliore... -.
L’Ace e il Jack rimasero un poco spiazzati da quel gesto, ma non obiettarono.
Amu, più avanti, correva a capo chino, senza guardarsi indietro.
“Perché devo sempre creare dei problemi alle persone? Mai una volta che non succeda qualcosa per colpa mia... se avessi saputo cosa volevano fare non avrei detto quelle cose a Nadeshiko...”.
Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa, ma come fare a rimediare?
Se avesse detto che a lei Halloween in realtà piaceva sarebbe sembrata una bugia detta solo per farli felici, invece che la verità.
Le sembrava una situazione senza via d’uscita.
Continuava a correre, pensando, disperando, senza guardare dove andava, tant’è che, infine, sbatté contro qualcuno, finendo così a terra.
- Mi scu... - fece per esclamare, quando vide contro chi aveva sbattuto - Ikuto... - mormorò.
- Ehi, dov’è che corri così di fretta? - domandò il gatto nero, squadrandola dall’alto in basso.
- Non sono affari che ti riguardano!!! - inveì lei.
- Hai fatto qualcosa di male ai tuoi amichetti? -.
Il ragazzo rise, suscitando la reazione immediata di Amu.
Questa balzò di nuovo in piedi e gli andò talmente vicino che i loro nasi erano a pochi centimetri di distanza.
- E SE ANCHE COSÌ FOSSE, A TE CHE TE NE IMPORTA!?!?!? -.
Il sorrisetto furbo che comparve sul viso del suo interlocutore le fece comprendere che, con quell’affermazione, aveva risposto in modo più che positivo alla sua domanda e ciò le diede l’impressione d’essere stata battuta.
Cadde un silenzio strano, fatto di colpe per Amu e di qualcos’altro di ignoto per Ikuto.
- Devo andare - disse lei improvvisamente, facendo per scansarlo e riprendere la strada di casa.
- No, tu di qui non ti muovi -.
Ikuto le sbarrò la strada.
- Cos... che diavolo vuoi?! -.
- AMUUUUU!!! -.
Il grido di Nadeshiko da poco lontano la fece sobbalzare.
Fece per afferrare il braccio del ragazzo, ma questo la mandò distesa a terra, quindi le si chinò addosso.
- C-che fai?! - esclamò, intimorita da quella vicinanza.
- Non è carino trattar male gli amici... - le sussurrò lui.
- AMUUUU!!! -.
Doveva andarsene, ma la sua presenza non glielo consentiva.
- Lasciami andare, pervertito!! -.
Tentò di divincolarsi, di toglierselo di dosso, ma non ci riuscì.
Infine, lui si alzò.
- Allora... mi raccomando... -.
- AMU!! Amu, stai bene? Sei ferita? -.
Nadeshiko era arrivata.
Si chinò sull’amica e l’aiutò a rialzarsi.
Seguirono attimi d’imbarazzato silenzio, prima che Amu trovasse un briciolo di coraggio per romperlo.
- M-mi dispiace... tantissimo... non avrei dovuto mentirti così... -
- C-come? Che vorresti dire? N-non capisco... -.
Nadeshiko era perplessa, tuttavia quando Amu la guardò di nuovo negli occhi, notò che da questi scendevano lacrime.
- Mi dispiace... i-io non volevo... mentirti... se-se avessi saputo... mi dispiace... -
- Di cosa? Non capisco... -.
Amu inspirò, cercando di calmare i singhiozzi.
- Ecco... a me piaceva Halloween... -.
- Piaceva? - domandò Nadeshiko, confusa.
- Sì... prima... ho dovuto rinnegare tutto per... per... - s’interruppe un istante - ... per l-la storia della “cool and spice”... -.
- Oh... -.
Ancora silenzio, quindi fu la Queen’s Chair ad interromperlo.
- Be’, ma a tutto si può porre rimedio... dai, vieni... -.

- AAAAAAH!!! MA DICI DAVVERO!??! -.
Era più che evidente che Yaya era al settimo cielo per la felicità.
Amu sorrise, imbarazzata.
- M-mi dispiace ancora... -
- Amu, non preoccuparti... come se non fosse successo niente - la rassicurò Tadase.
Lei arrossì ancora.
- Okay, ma allora per domani? -.
Yaya era super eccitata.
- Alla solita ora al solito posto - convenne Kukai.
Amu rimase in silenzio, atto che Nadeshiko interpretò in un istante, infatti le si fece vicina e le sussurrò ad un orecchio: - Davanti al Royal Garden alle sette di domani sera -.
- Oh... grazie  - replicò a mezza voce.
Così si salutarono.
Arrivata a casa, Amu si fece una bella doccia fresca, cenò, quindi andò in camera sua e si infilò il pigiama.
Uscì poi sul terrazzo, ad osservare le stelle.
- Amu... perché non hai detto subito la verità? - le chiese Ran, curiosa.
- Perché... temevo che altri potessero sentire... -
- Ma di Nadeshiko ti puoi fidare... lei è tua amica... - intervenne Suu.
- Lo so, ho sbagliato!! -
- Puoi dirlo forte... -.
Amu sobbalzò e indietreggiò vedendosi comparire davanti Ikuto.
- Ma si può sapere perché mi segui?! - esclamò lei, indignata.
- Passavo di qui e ho pensato di vedere com’era andata con la tua amica... - si difese lui con indifferenza.
“Già... è per merito suo se sono riuscita a confidarmi con Nadeshiko...”.
Quel pensiero aveva un’unica logica conseguenza, per quanto la ripugnasse solo pensare una cosa del genere, tuttavia, si sentiva in dovere di farlo.
Si fece coraggio e disse: - T-ti ringrazio... -.
- Oh... ma che sforzo terribile... -
- Imbecille!! -.
Rientrò in camera e si chiuse la porta alle spalle con foga, quindi, arrabbiata, se ne andò a letto.

Alle sei e mezzo della sera seguente era già vestita per la festa: indossava una minigonna a balze nere, calze a righe bianche e nere, anfibi neri con tanto di borchie, un bustino nero al di sopra di una canotta del medesimo colore. Ai polsi portava un paio di bracciali provvisti di punte, in perfetto stile dark, e gli occhi erano stati pesantemente circondati d’ombretto nero.
Inoltre, aveva dato una mano di fondotinta bianco al viso, in modo che almeno rassomigliasse da lontano ad un morto vivente.
Si specchiò.
- Uhm... voi che ne dite? Troppo appariscente? -.
Buttò un’occhiata alla schiena semiscoperta.
- Stai benissimo, Amu!! - commentò Ran, ridacchiando.
- È molto stile dark... - osservò Miki, apatica.
- Be’... è quello che volevo... - replicò la ragazza.
- Allora direi che ci sei riuscita bene... - rispose l’altra.
Amu sorrise.
- Dai, andiamo! - esclamò, legandosi in vita le tre uova.
- Come? Ma Amu... è ancora presto... - obiettò Suu, guardando l’orologio.
- Non importa... facciamo la strada con calma... - rispose Amu.
Le tre Shugo Chara entrarono nelle rispettive uova e, una volta dentro, la ragazza scese in salotto.
- Mamma, vado ad una festa di scuola... non so a che ore tornerò... -
- Oh, tesoro! Da quant’è che non esci per Halloween? -
- Scusa, ma devo andare. Ciao! - tagliò corto lei, uscendo di casa: non le piacevano i modi così premurosi di sua madre.
Appena fuori, prese la strada per la scuola a passo lento, osservandosi intorno: un po’ ovunque c’erano gruppetti di bambini che parlavano, ridevano, scherzavano.
Era un piacere per lei vederli: le ricordavano sé stessa da piccolina, quando anche a lei era concesso di divertirsi, ad Halloween.
“Veramente la concessione me la sono revocata da sola... tutta colpa della mia timidezza esagerata...” commentò amaramente tra sé, mentre procedeva lenta verso la scuola.
“Sono stata una stupida... una vera stupida... ma in quel momento mi è sembrata la cosa più sensata da fare... se non avessi risposto come ho fatto, che sarebbe successo? Che idee si sarebbero fatti su di me? Certamente non identiche a quelle che hanno ora...”.
Mentre ragionava su questi ed altri pensieri simili, raggiunse la scuola.
Stava per varcare il cancello, stranamente aperto, quando un’esclamazione la richiamò: - Ehi! -.
- Ikuto! - esclamò lei, inviperita, girandosi.
- Sì? - rispose lui, indifferente.
- Perché mi segui?! Che cosa c’è?! -.
Lui fece spallucce.
- Niente... -.
Fece per andarsene, ma lei lo trattenne, senza saper bene nemmeno perché: un istinto improvviso, che non era riuscita a contenere.
- Che c’è? - chiese Ikuto, voltandosi verso la ragazza.
Amu tacque: perché l’aveva fermato? Non sapeva dirlo nemmeno lei.
Però, ora che ci faceva caso, c’era qualcosa che le premeva dentro, qualcosa che le sembrava dispiacere, forse pena: vederlo da solo ad Halloween le faceva provare pietà, nonostante fosse consapevole che era dalla parte del nemico.
- Hai... voglia di venire dentro? - chiese, distogliendo lo sguardo dal suo viso.
- Uhm...? Perché di colpo sei così gentile? -.
Si vergognava terribilmente a dirglielo, tuttavia si sentiva in dovere di farlo, di nuovo.
- Perché... mi hai aiutata con Nadeshiko... se non mi avessi fermata... non avrei potuto confidarmi, perciò... sono in debito con te... -.
Le scocciava enormemente ammetterlo, eppure sentiva che era quella la ragione per cui l’aveva fermato: nel suo profondo, aveva desiderio di contraccambiare quel favore.
Come? Aveva una mezza idea per quello, tuttavia non ne era ancora pienamente convinta.
L’unica cosa era provare e stare a vedere che succedeva.
- Dai, vieni... -.
Lo trascinò nella scuola, verso il Royal Garden, davanti al quale già gli altri stavano aspettando.
- Ehi! AMUUUU!!! AM... -.
Yaya ammutolì quando vide con chi era la ragazza.
- M-ma... Amu! Cosa ci fai con...? -
- Tranquilli, non è qui per combattere... l’ho invitato io... - spiegò cautamente Amu.
- Ma... - fece per replicare Kukai.
- Ma niente. Oggi è Halloween e tutti hanno diritto a divertirsi! Le ostilità sono sospese fino a domani! -.
Ikuto la fissò, sorpreso: nessuno si era mai battuto così per difenderlo.
Se l’era sempre dovuta cavare da solo.
Quella sera, invece, era diverso: perché?
Forse era perché l’aveva aiutata, anche se il suo obiettivo era stuzzicarla.
Quel pensiero gli sortì uno strano effetto.
- Allora? Dobbiamo aspettare ancora? - domandò Amu.
- Eh? No... direi che ci siamo tutti... - esclamò Kukai, lanciando un’occhiata di traverso a Ikuto, che fece finta di niente.
Entrarono: il Royal Garden era diversissimo dall’ultima volta che ci era entrata.
Ora c’erano addobbi a forma di pipistrello e zucca sparsi un po’ ovunque e sul tavolo dove solitamente prendevano il the erano stati disposti stuzzichini e manicaretti d’ogni genere.
Amu suppose che fosse stata Nadeshiko a prepararli: aveva assistito in prima persona alle sue abilità culinarie.
- Abbiamo preparato tutto oggi pomeriggio! Cosa te ne pare, Amu? - domandò Yaya, strattonandola per un braccio.
- Vi siete dati da fare - osservò la ragazza.
Nadeshiko andò a mettere la musica, quindi si fece vicina a Ikuto.
- Hai voglia di ballare? - gli chiese cortesemente.
Il moro le scoccò un’occhiata e rimase zitto.
- Avanti! Ostilità temporaneamente cessate! Smettila di fare il solitario - esclamò Amu all’improvviso, intercettando lo sguardo del ragazzo, spingendolo verso l’amica.
Ikuto, inizialmente imbarazzato, si sciolse un poco a mano a mano che la festa prendeva inizio.
Infine, tutto procedette come se niente fosse: una volta che si furono adattati alla presenza quasi estranea del ragazzo, nessuno vi fece più caso.
Anche gli Shugo Chara si divertirono, col nuovo venuto.
Tra chiacchiere, musica, balli e via discorrendo, la festa continuò per ore, fino a notte tarda.

- Amu, lo sai che sei davvero carina stasera? Da cosa sei travestita? -.
Yaya era eccitata dalla festa, glielo si leggeva in faccia.
- Da... morta vivente dark... - rispose lei.
- Oooh... ti sta bene! -
- Ehm... grazie! -.
Ikuto le passò dietro, diretto all’esterno.
Incuriosita dal suo sguardo nuovamente cupo, quasi triste, mormorò un rapido “scusami un attimo”, lasciando Yaya completamente spiazzata e si avviò dietro al ragazzo, seguendolo da una certa distanza.
Quando lui si fermò, lei gli si fece più vicina, finché non gli fu accanto.
- Ikuto... c’è qualcosa che non va? - chiese.
- Lasciami stare! - esclamò lui.
Ma Amu non si diede per vinta e ritentò.
- C’è qualche cosa che ti preoccupa? -.
Il ragazzo si sedette a terra a fissare la luna, mandando un sospiro afflitto.
- Sei una stupida... - mormorò.
- Come? Perché? - domandò lei, sedendosi al suo fianco.
Un rumore di porta sbattuta li fece sobbalzare e voltare entrambi: Tadase, paonazzo, gli occhi che luccicavano, trattenuto fermo a stento dagli altri tre.
- Avanti, Tadase, rientra... lasciali da soli! -.
Yaya diede uno strattone al biondo, che traballò pericolosamente, rischiando di travolgere gli altri due che lo tiravano per le braccia.
- Dai, vieniii!!! -.
Yaya era decisa a riportarlo dentro, dove ben sapeva che, brillo com’era, sarebbe infine crollato: era già successo in passato.
Un’azione combinata dei tre riuscì nell’impresa e il povero Tadase fu riportato dentro.
Amu e Ikuto risero sommessamente.
- Scusate l’interruzione... alle feste tende sempre ad esagerare un po’... - si scusò Kukai, richiudendo la porta.
I due si guardarono un istante, quell’istante che servì loro a riacquisire una parvenza di serietà.
- ... se non fossi venuto qui solo per trascorrere Halloween, ma per combattere? Siete deboli in questi frangenti... sarebbe facile sconfiggervi... -.
Amu rimase in silenzio ancora un poco: aveva ripreso il discorso interrotto poco prima.
- Be’... non mi sembravi armato di cattive intenzioni... -
- E se ti avessi mentito? -
- Non mi sembri il tipo... -.
Ikuto parve metter su una specie di broncio.
- Io sono convinta che... tu stia girando intorno al vero problema... - esclamò lei.
In effetti, aveva ragione: il vero problema c’era, ma neanche lui era così sicuro di quale fosse.
Stare con lei, così, da soli, gli faceva uno strano effetto, gli provocava un qualcosa di indecifrabile che non aveva mai provato prima.
Parlargliene sarebbe stato come ammettere di essere stato sconfitto, ma anche tacere e aspettare non gli si prospettava essere la scelta giusta: in futuro avrebbe potuto pentirsene.
E allora, che fare?
Amu parve leggergli nella mente: - Non devi sentirti in imbarazzo... nessuno è in pace con il mondo. Ognuno, chi più chi meno, ha i suoi problemi... ma tenerli per sé, non sempre è la scelta giusta... -.
Fu quella frase che lo risolvette ad aprirsi, anche se non in modo diretto.
- Tu... hai mai provato una strana sensazione... stando con una persona in particolare...? - le domandò in tono apatico, guardando il cielo.
Amu rimase spiazzata: era una domanda per sviarla dai suoi problemi oppure c’entrava qualcosa? Era difficile dirlo così, a priori.
L’unica cosa che le venne spontanea fu di rispondere: - Uhm... a volte sì... -.
- A me capita spesso... molto spesso... sempre con la stessa persona... nonostante sappia che... - s’interruppe e prese coraggio - ... siamo nemici... -.
Amu arrossì: perché quella frase le sembrava un’indiretta allusione a lei?
Forse perché lo era.
- Amu... - mormorò lui, guardandola fissa negli occhi.
- Zitto... non dire altro... -.
Anche lei sentiva di provare qualcosa, ma non voleva dirglielo: non si sentiva ancora in grado di farlo.
Si alzò e lo guardò.
Lui la imitò, quindi le si avvicinò un poco e si chinò su di lei.
- Posso...? -.
Ma prima che lei potesse rispondere, già le sue labbra si erano posate su quelle della ragazza, che si abbandonò a lui completamente, senza opporre la minima resistenza.
Quando si separarono, si scambiarono un ultimo sguardo, prima di portarlo verso il cielo.
E nessuno dei due ebbe il coraggio d’interrompere quel magico silenzio con quelle parole che avrebbero sancito ciò che loro volevano tenere implicito.
Nessuno dei due osò pronunciare quel tanto sospirato “ti amo”.
   
 
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