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Autore: _Pulse_    02/11/2009    3 recensioni
“Ok ok allora. I Tokio hotel tra una settimana faranno una data qui ad Amburgo! Non è meraviglioso?!” Quasi potevo immaginarmela, nella sua camera tappezzata di poster di quei quattro, con gli occhi lucidi per l’emozione. Puah. “Sinceramente Ary, non vedo come io possa trovare meravigliosi quei quattro crucchi!” Non mi sono mai piaciuti, davvero. Soprattutto il chitarrista, quel mezzo rapper. Che schifo. Ary invece ne andava matta, poi se si parlava del suo “Bassista sessoso” Come lo chiamava sempre. Ribadisco, che schifo.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buuuuoooongiorno anche da parte mia!
Come ha detto la mia collega siamo qui con un'altra fan fiction. (Non ti preoccupare Ale, se tu sei messa male con Scommettiamo? io sono messa dieci volte peggio! XD)
Questo è il secondo capitolo ed è scritto da me, _Pulse_, dal punto di vista di Ary, come vi aveva già avvisate la Utopy, ossia Ale. Mi sto incasinando di già XD 
Sono molto orgogliosa di questa ff, quindi so che vi piacerà! u__u Ovviamente scherzo, solo lo spero vivamente perchè io e Ale ci teniamo veramente ma veramente tanto!
Vi auguro una buona lettura gente, i ringraziamenti alla fine del capitolo ^^
Un bacio grande grande, Ale&Ary *___* 

 

SECONDO CAPITOLO ( I Tokio Hotel sì! )

La sera prima ero uscita per andare a prendere Ale al lavoro, l’avevo quasi convinta a venire con me al concerto dei Tokio Hotel. Ormai mancava poco, l’avrei convinta di sicuro!

Quando ero tornata però avevo trovato mio fratello Davide chiuso nella sua stanza, la musica dei Nevada Tan a palla e mio padre in cucina che borbottava. Avevo chiesto spiegazioni a lui, ma non mi aveva detto niente. Così ero salita di sopra ed ero entrata in camera del mio caro fratellino, senza badare al cartello “Do not enter” appeso sulla porta.

“Ma sai leggere?!”, mi gridò abbassando un po’ il volume dello stereo.

“Parlo benissimo inglese, tedesco e italiano. E anche un po’ di spagnolo. Vuoi che non sappia leggere? Forza, sputa il rospo e dimmi che cos’è successo con papà.”

“Solito. Non voglio starci qui, voglio tornare a casa.”

“Ora è qui la nostra casa”, sospirai, sedendomi sul letto, accanto alle sue gambe.

Erano ormai anni che eravamo lì, ma lui non si era mai ambientato a dovere. Il tedesco fra l’altro non gli era mai piaciuto, e aveva messo il doppio del tempo ad impararlo perché ripudiava tutto di quel paese. E soprattutto ripudiava il fatto di essere figlio di divorziati.

Erano cose che accadevano, ma lui non l’accettava. Diceva così, ma sapevo che in realtà non accettava di essere stato affidato a papà invece che a mamma. Lui era sempre stato un mammone, io ero la cocca di papà; lui si era trovato senza di lei e io con un peso in meno; quindi, lui svantaggiato e io avvantaggiata.

Avevo cercato di spiegargli la situazione, ma per quanto potesse essere intelligente non riusciva ad accettarlo. Lo capiva, ma non lo accettava e ogni volta faceva finta di niente.

“Va be’ Da’, pensaci un po’ su, tanto la solfa la sai a memoria”, gli diedi una pacca sulla gamba alzandomi.

“Ary…”

Mi girai e lo guardai sorridendo leggermente, gettandomi la borsa enorme su una spalla, ovviamente a tracolla.

“Ma a te non manca neanche un po’ casa?”, mi chiese con una tristezza infinita negli occhi. Tornai da lui e lo abbracciai, ma non si mise a piangere, ormai aveva quattordici anni e non poteva permettersi certi “lussi”.

“No, mi dispiace”, mormorai accarezzandogli i capelli.

Mi guardò un po’ dispiaciuto e poi mi sorrise, sollevando le spalle. A volte ci capivamo senza l’uso di parole. Mi ricordai di quando, da piccola, ci facevamo i dispetti e non c’era gusto perché bastava uno sguardo per capire le intenzioni dell’altro e prenderlo sul tempo. Non eravamo gemelli né d’età né fisicamente, ma eravamo gemelli dentro, legati ed indivisibili. C’erano giorni in cui lo odiavo profondamente, ma gli volevo sempre un gran bene, avrei dato persino la mia stessa vita per lui.

Uscii dalla stanza e andai nella mia. Mi feci una doccia veloce, mi asciugai i capelli dopo aver messo la spuma per i ricci che ad Ale piacevano tanto, anche se io non vedevo nulla di particolare in loro, anzi a volte erano insopportabili, e mi infilai sotto le coperte con il pigiama.

Sorrisi e presi il cellulare dalla borsa che avevo lasciato per terra, accanto al comodino. Scrissi velocemente un messaggio ad Ale:

Vieni con me al concerto, vero? XD Buona notte Ale, ti voglio bene <3

Lo poggiai sul comodino sorridendo e mi girai dall’altra parte, mettendomi meglio il cuscino sotto la testa e sospirando serena.

No, casa non mi mancava proprio. Anche se ne avevo passate delle belle durante il divorzio dei miei genitori ero riuscita a costruirmi una nuova vita lì, e avevo tutto ciò di cui avevo bisogno, fra cui, la cosa più importante di tutte, Ale.

Sentii vibrare il cellulare, Ale aveva risposto:

Vai a cagare, tu e il concerto XD Buona notte, ti voglio bene anch’io!

Ridacchiai e poi chiusi gli occhi, senza abbandonare il sorriso che si era impadronito del mio volto. Eh no, non mi mancava proprio nulla. Spalancai gli occhi e a testa in giù guardai il poster appeso alla parete.

Oddio, non mi dispiacerebbe avere anche voi, pensai ridacchiando.

Io, i Tokio Hotel e Ale. Che assurdità. Con quel pensiero mi ero addormentata e la mattina dopo, al mio risveglio, alla bellezza di mezzogiorno e mezzo, mi ricordai che quel giorno sarebbe stato il mio primo giorno di lavoro con Ale, sempre se tutto fosse andato in porto. Ero emozionata, e Ale se ne accorse fin da subito, già quando mise il piede in macchina.

“Ti immagini se mi assume?” Esultavo mentre guidavo verso il bar.

“Ma è quasi scontato che lo faccia!”, sorrise battendo le mani come una bambina. Era felice solo all’idea!  Come me, fra l’altro. Lavorare con la mia migliore amica, pazzesco!

Arrivata davanti alla locanda parcheggiai e scendemmo dalla macchina.

“Buongiorno signor Bruno!”, salutò Ale raggiante entrando dalla porta.

“Ciao Ale come stai? E chi è la tua amica?”, sorrise spostando lo sguardo da lei a me.

“Oh, lei è la mia migliore amica, si chiama Arianna.”

Guardai Ale e sorrisi addolcita. Erano anni che ci conoscevamo, ma sentir dire che ero la sua migliore amica mi riempiva sempre il cuore di gioia, di un calore che mi faceva sorridere come se vivessi in paradiso.

Mi ricordai di essere lì e salutai il mio ipotetico futuro capo con la mano sorridendo imbarazzata e rossa come un peperone.

“E mi stavo chiedendo… Siccome anche lei ha bisogno di un lavoretto estivo, non è che lei ha bisogno di una cameriera in più?” Unì le mani davanti al viso e lui sembrò allargare ancora di più il sorriso che gli prendeva tutta la faccia. A pelle mi sembrava un tipo simpatico.

“Beh, devo dire che avevo pensato di mettere un cartello fuori dalla porta con su scritto << cercasi personale>> Ma mi pare di capire che non ce ne sarà bisogno.”

“Oh mio dio, dice davvero?”, esultai riprendendomi da quelle riflessioni.

“Certamente cara.”

Cara? E tutta questa confidenza? Ma fu solo un attimo, infatti mi trovai con in mano un grembiulino uguale a quello di Ale e non potei approfondire la cosa.

“Al lavoro ragazze!”

Ridendo, io un po’ meno convinta, andammo dietro al bancone pronte a prendere le prime ordinazioni della giornata.

Stavamo lavorando tranquille quando all’improvviso alzai la testa e mi bloccai con lo sguardo per aria, verso la televisione: c’era il nuovo video dei Tokio Hotel, Automatish. Erano tutti decisamente cambiati, per un certo periodo avevo pure creduto che si fossero lasciati andare e che si fossero dati al commerciale, seguendo la scia di tutti gli artisti che andavano in America e di qua e di là, ma ora tutti i miei dubbi erano spariti.

Bill aveva ancora i dread bianchi e neri, in quel video, quando invece adesso portava una cresta nera che gli dava un po’ l’aria da punkettone ribelle. Mi piaceva sempre, ma mai come Georg che era da subito stato il mio preferito e che in quei due anni d’assenza non era cambiato di una virgola, a parte il fatto che si fosse fatto più magro e più muscoloso. (Dovevo chiedergli dove andasse in palestra, se mai lo avessi visto dal vivo.) Tom era troppo bambino, secondo il mio punto di vista, anche se lui si definiva tutto questo grande spettacolo e anche se in realtà aveva davvero il suo bel fascino. Sarebbe potuto benissimo essere mio fratello perché dentro sapevo che aveva il cuore tenero e faceva morire dal ridere, ma non il mio ragazzo.

“Ti cola un po’ di bava Ary”, mi disse Ale al mio fianco, dopo aver seguito la mia traiettoria e notando il perché del mio improvviso trans.

Io, anche se ero abbastanza irritata, non la calcolai, sbuffai soltanto un:  “Oh piantala.”

“Ok, scusa scusa!” Alzò le mani davanti al petto e scosse la testa ridendo. Probabilmente stava pensando che ero proprio fusa per quei quattro, e aveva ragione. Non sapeva nemmeno i loro nomi, tra l’altro.

“Che belli che sono. Tra una settimana il loro concerto! Sìììì!”  Alzai le braccia al cielo.

“A proposito, ho deciso di accompagnarti, ma lo faccio solo per te e perché ti voglio bene”, disse pulendo il ripiano del bancone, indifferente.

“Davvero?”, sussurrai con la voce strozzata.

“Oddio non ti mettere a piangere!”

Non fece in tempo a farsi una risatina che la strinsi in un abbraccio stritolatore.

“Grazie Ale… Ti voglio bene!”, le dissi nell’orecchio.

“Ma figurati, lo faccio per te Ary. E ti voglio bene anche io, lo sai”, sorrise ricambiando la stretta.

Alle nostre spalle un cliente si schiarì rumorosamente la voce. Tornammo al lavoro senza fare una piega.

 

“E’ stata una giornata piuttosto stancante, non trovi?”, mi domandò, una volta che fummo sedute nella mia macchina e dirette a casa sua: ero il suo taxi personale.

“Sì, però mi sono divertita. Mi piace lavorare con te, sei un’ ottima collega!”, le strizzai l’occhio.

“Oh anche tu lo sei!”, sorrise.

“Ehi comunque, volevo ringraziarti davvero. Ti sorbirai ore di musica che non ti piace. Solo per me. Lo apprezzo sul serio!”

Sventolò una mano con nonchalance: “Ma figurati. C’è di peggio, porterò i tappi!”

“Sai Ale… Secondo me dovresti ascoltare i loro cd. Non l’hai mai fatto, sono sicura che le loro canzoni potrebbero piacerti, almeno un po’.”

“No grazie. Le ascolterò solo al concerto. Purtroppo sarò costretta!”, ridacchiò mentre io le tiravo un pizzicotto sul fianco.

Arrivammo a casa sua e lei parcheggiò proprio lì davanti. Scesi con lei e quando suonò arrivò ad aprirle Edoardo, probabilmente si era alzato sulle punte per arrivare alla maniglia. Com’era tenero quel bambino.

“Ciao piccolo!” Lo prese in braccio, ma lui allungò un braccio verso di me e così me lo dovette passare, roteando gli occhi al cielo, ma sorridendo.

“Ciao peste!”, gli diedi un bacio sulla guancia e lui ricambiò.

“Tao Ary!”, ridacchiò con la manina davanti alla bocca. Anche lui mi adorava, d’altronde era nato con la mia presenza costante, anche se non avevo mai fatto molto. La madre di Ale era ancora incinta quando si trasferirono e suo padre morì tre mesi prima della nascita di Edo.

“Oh Arianna! Che piacere averti qui!” Sua madre sbucò fuori dalla cucina venendoci incontro e abbracciandomi, massaggiandomi la schiena. Piacevo molto anche a lei, da quello che mi diceva Ale, alla quale ripeteva sempre che la mia compagnia non poteva farle altro che bene.

“Ciao Anna, è un po’ che non passo a trovarti!”, ricambiai la stretta. Poi sua madre si girò verso Ale con il viso luminoso.

“Indovina stasera chi viene a trovarci?” Solo una persona poteva essere, vista la sua felicità.

“No…” Si coprì la faccia con le mani, non ci voleva pensare.

“Su Ale… Non sei felice di rivedere tua sorella?”

Sua sorella. Francesca. Sua sorella, quella che dopo la morte di loro padre aveva impacchettato le sue cose e si era trasferita a Milano dai loro nonni paterni. Quella che non era venuta con loro in Germania. Quella che l’aveva abbandonato al suo dolore fregandosene. Quella che non vedeva da più di tre anni. No, quella non era sua sorella.

Guardai la madre di Ale: come poteva essere felice di vedere una figlia che aveva abbandonato la famiglia in un momento come quello, così delicato e difficile, invece di rimanere uniti?  Ok, era sua figlia e io ero piuttosto di parte, dando ragione ad Ale quando diceva che non era più sua sorella, però boh, io non sarei stata così contenta, come se… esatto, come se lei fosse meglio di Ale nonostante tutto.

“Sì, felicissima. Non mi vedi? Sprizzo gioia da tutti i pori!” Sarcastica come al solito. Ma non poteva sopportare di rivederla dopo così tanto tempo, glielo leggevo negli occhi.

Sua madre e suo fratello erano andati a trovarla più di una volta, ma lei ogni volta era rimasta da me. Quando avvisava che sarebbe capitata a trovarli, faceva in modo di non essere in casa, rifugiandosi sempre da me. Quella volta però sua mamma era stata particolarmente furba, non le aveva dato preavviso.

“Non essere così dura Alessandra. Ha sofferto anche lei.”

“Si certo. Andiamo Ary!”, mi prese il braccio trascinandomi dietro di lei. Io sorrisi triste a sua mamma e la seguii: era la mia migliore amica, non potevo di certo andarle contro, anche perché comunque stavo dalla sua parte per principio.

Si sdraiò sul suo letto ad una piazza e mezza guardando il soffitto, io mi stesi al suo fianco.

“Ale… sai come la penso, io sono dalla tua parte: tua sorella si è comportata male, però è pur sempre tua sorella”, sospirai. Che fatica! Come se mi avessero detto di ricominciare con mia madre. Avrei preso a calci in culo quella persona, persino Ale. Non mi sarei sorpresa se avesse reagito allo stesso modo, quindi. “Potresti… ecco, potresti provare a ricominciare con tua sorella.”

Lei sbuffò reprimendo un gridolino.

“Non so se ho voglia di vederla”, piagnucolò.

“Dai, ci sono qui io”, le sorrisi accarezzandole un braccio.

“Meno male… Conoscerai Francesca la terribile!”, borbottò.

Nemmeno a farlo apposta sentimmo il campanello suonare e sua madre andare ad aprire la porta.

“Tesoro!”, la sentimmo urlare.

“Mamma!”

Un fitta al cuore per Ale, quasi mi ero sentita al suo posto. Quanto tempo era passato da quando non sentiva più quella voce? Tantissimo. Chissà se era cambiata, ora aveva venticinque anni… Non ero sicura se ce l’avrebbe fatta a scendere.

“Coraggio…”

Si voltò sentendo la mia voce carezzevole. Sorrise tirandosi a sedere.

“Vuoi che venga con te?”, le chiesi.

“E me lo domandi pure? Io ti voglio al mio fianco. Sempre.”

Scese le scale con la mia presenza rassicurante sempre vicina, non l’avrei abbandonata per nulla al mondo, potevo capire come si sentisse, o almeno una piccola parte. Arrivò al piano di sotto e sbirciando nella cucina riuscì solo a scorgere sua madre che parlava animatamente. Fece un respiro profondo e si avvicinò, schiarendosi la voce.

Sua sorella, che prima le dava le spalle, si girò di scatto, rimanendo a bocca aperta.

Era cambiata tantissimo dalle foto che avevo visto in casa di Ale, tenute sempre in ordine da sua madre. Era dimagrita, molto dimagrita. Aveva tagliato i suoi capelli corvini corti, e ora svolazzavano disordinati di qua e di là, donandole un aria più sbarazzina. I suoi occhi, quegli stessi occhi per i quali da piccola era così gelosa. Due enormi fari verde smeraldo. Era bellissima, molto di più dell’ultima volta.

“Ale…”, mormorò con la voce strozzata.

“Ciao”, salutò, forse troppo dura.

Le corse incontro e l’abbracciò di slancio, io mi feci da parte sentendomi fuori posto, ma mi allontanai solo di qualche passo.

“Mi sei mancata”, sussurrò al suo orecchio, la strinse più forte ma vidi che lei non ricambiava la stretta: lasciava le braccia ciondolare lungo i fianchi.

Francesca si scostò lentamente e la guardò con un sorriso: “Sei cambiata tanto…” Le accarezzò i capelli.

“Anche tu”, la guardò da capo a piedi. Sì, era cambiata.

“Come stai sorellina?”

“Bene, grazie.” Incrociò le braccia al petto, segno che per lei poteva bastare, non riusciva a reggere oltre. La conversazione, per quanto la riguardava, era finita.

La vidimo chiaramente girarsi a guardare la mamma, che sospirò alzando le spalle dispiaciuta.

Francesca si accorse di una persona in più nella stanza, quella persona ero io accidenti, e si girò verso di me. Il mio primo impulso fu quello di guardarla male, sapevo quello che aveva fatto e come ci era rimasta di merda Ale, ma pensandoci su mi resi conto che in realtà non avevo nessun diritto di giudicare, infondo non la conoscevo e non conoscevo i motivi per i quali lei aveva preferito rimanere in Italia e non con la sua famiglia, anche se qualunque motivo per me sarebbe stato assurdo. Comunque, mi feci forza per fare la persona educata.

“Ciao! Tu devi essere Arianna!”, mi venne incontro e mi strinse la mano.

“Sì, sono proprio io, piacere.”

“Tanto piacere, io sono Francesca. Mia mamma mi ha tanto parlato di te”, sorrise.

“Maaammaaa” Edoardo arrivò correndo, probabilmente aveva già salutato nostra sorella.

“Dimmi tesoro.”

“Voglio il latte!”

“Subito amore te lo preparo tra un attimo!” E così dicendo si diresse ai fornelli.

“Quanto ti fermi Fra?”, chiese la mamma armeggiando con il pentolino.

“Se non è un disturbo, pensavo fino a lunedì prossimo.”

“Ma che disturbo, questa è anche casa tua, lo sai?”

Casa sua? Repressi un grugnito di disapprovazione, quando mi accorsi che Ale aveva avuto la mia stessa reazione. Era più di una settimana, io al posto suo non sarei riuscita a resistere.

La vidi mentre si diceva da sola di restare calma, che non era la fine del mondo, e mi venne da sorridere. Che forte che era la mia Ale.

“Mamma senti noi andiamo di sopra. Ary può stare a dormire vero?”

“Certamente, buonanotte per dopo ragazze!”

“Ciao mamma!”, le schioccò un bacio sulla guancia.

“Buonanotte Anna!”, salutai. “Buonanotte Francesca!”, aggiunsi dopo meno convinta.

“Ciao Arianna! Buonanotte Ale…”, la guardò forse un po’ speranzosa.

Ale si girò e la guardò impassibile negli occhi: “Notte”, sussurrò.

 

 

Fine secondo capitolo! Dai, dai che vi è piaciuto!
Sperèèèm, direbbe Ale! Lei è onnipresente XD

Questo giro tocca a me ringraziare!! Lo faccio più che volentieri!! *.*

layla the punkprincess: Oh, che piacere averti anche qui ^^ Siamo molto contente che ti sia piaciuto il capitolo precedente e che Ale ti sia piaciuta, lei sicuramente era contentissima XD Anche tu hai quel sospetto, eh? Anche io! Ah, Edoardo è il mio preferito di tutta la storia u___u (Ale: Preferisci lui a me? Ary: Sì! u__u Ale: ç__ç cattiva! Ary: XD Scherzoooo Ale: Ah, ecco! u__u) Alla prossima Layla! ^^ 

Tiky: Ciao, chi si rivede! *___* Siamo molto contente che ti sia piaciuto!! Edoardo ha già 2 simpatie, e credo saranno tante!! Per forza, è un amoreee!! *-* Noi invece ti aspettiamo anche al prossimo capitolo! Un bacio, Ale e Ary!

Ania11xD: Ciao! Grazie mille.. *__* 3 per Edoardo ^^ La mamma di Ale è come tutte le mamme, è vero XD Ciao, un bacio anche a te!!

Ed eccomi di nuovo qui a rompervi le balle! No, dovevo ringraziare chi ha letto e basta anche questo capitolo, non mi dimentico di voi!! *.*
Il prossimo capitolo sarà di Ale, e vedremo che combineranno! XD Alla prossima, un saluto a tutti da Ale&Ary! ^___________^

   
 
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