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Autore: Stray cat Eyes     04/11/2009    4 recensioni
[Implied Germania/N. Italia]
In quella strana aria, soffocante e dolciastra, Feliciano gli sembrava sempre più simile ad un insetto cristallizzato in una goccia d’ambra. Un’ape gabbata dal suo stesso miele.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Syllables of time'
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Questa fanfiction è stata scritta per la writing community Syllables of Time.




Titolo: Love of war
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi/Coppia: Germania/Nord Italia (implied), America, Sud Italia.
Rating: PG
Prompt: 1. Lento come il miele (Progresso 4/7)
Conteggio parole: 848
Avvertenze: Shounen-ai; ambientata nel periodo del dopoguerra.
Disclaimer: I personaggi qui descritti appartengono all'autore, Hidekazu Himaruya.

Link alla Tabella.







[Love of war]





Alfred indugiò sulla soglia di casa Vargas, inspirando la strana quiete che vi regnava.
In realtà, avrebbe dovuto essere nella sua stanza a preparare i bagagli - finita la Guerra, finito il suo compito nello Stivale, era il momento di tornare - ma non riusciva a calmarsi davvero.
Percepiva un senso d’inquietudine, fra quelle mura.
Solitudine. Tetra, dilagante solitudine.

*

Sentiva i suoi sospiri. I singhiozzi senza lacrime.
Ogni singola parola era un distillato di tristezza e rassegnazione.

“Questa guerra ti ha lasciato così distrutto?” Gli chiedeva.
“Non è questo. È che... mi manca.”
“Manca? La guerra? L’ami così tanto da sentirne la mancanza?”

Feliciano gli rispondeva in una sola maniera.

. Ma non è la guerra che mi manca.”

E poi spariva. Materialmente restava lì, ma i suoi occhi si spegnevano, piano piano, come la fiammella di una candela senza più cera da consumare.
Trascorreva le giornate seduto nella veranda, prigioniero del languore dell’ultima estate, dei vapori leggeri che scambiavano per nuvole, della luce lontana del pieno giorno e quella del tramonto che scivolava lenta e compatta lungo le pareti, come fosse sciroppo d’acero.
In quella strana aria, soffocante e dolciastra, Feliciano gli sembrava sempre più simile ad un insetto cristallizzato in una goccia d’ambra. Un’ape gabbata dal suo stesso miele.

Quando la sera discioglieva l’incantesimo e rinfrescava le menti, facendo sì che il tempo riprendesse a scorrere veloce, il giovane italiano era già scomparso in un anfratto qualsiasi della grande casa impolverata e ornata di crepe e spifferi.

Ma lui non riusciva a capire.
Non è la guerra che mi manca.
Non riusciva a capire.

*

Nel pomeriggio, la sua figura gli apparve dal nulla silenzioso in cui era immersa la villa.
I capelli castani sfiorati appena dai raggi del sole morente. Gli occhi tristi, sotto sotto un po’ - tanto - arrabbiati.

“Hai presente quando devi lasciare una persona, malgrado tu voglia restarle accanto? Quando sei costretto a separartene perché, nonostante sia tutto il tuo mondo, sai che sta facendo qualcosa di sbagliato e non può o non vuole darti ascolto?”

Alfred osservò quel ragazzo - come una strana visione, il sogno evanescente di un tardo pomeriggio, la sua voce che sembrava vibrare per la prima volta - e annuì.
“Sì, ho presente.”
Ora capiva. Ora iniziava a comprendere.

“Queste interminabili battaglie hanno portato morte e disperazione in molti Paesi, eppure ci tenevano vicini. E allora, sì, qualche volta penso addirittura di sentire la mancanza della guerra, del costante pericolo, del terrore al fronte, della... della consapevolezza di poter morire ad ogni passo.”

E lì se ne accorse. Da quel qualcosa di diverso che aveva intravisto nei suoi occhi infuriati, identici e tuttavia dissimili da quelli vuoti che vedeva ogni giorno affacciarsi alla veranda.

“Lovino...?” Farfugliò, sentendosi sciocco per non averlo notato prima. “Anche tu, allora…?”

“No, hai capito male.” L’interruppe. “Mio fratello, è lui che se n’è... innamorato. A me quello non manca - capirai, non sono mai stato d’accordo con l’alleanza. Ma vedo lui così... e provo nostalgia per quel periodo, quando Feliciano era ancora se stesso e il dannato mangia-patate aveva il potere di farlo sorridere. Così com’è adesso... è come se fosse morto.”

Il loro piccolo mondo d’ambra e miele amaro tacque, e il vento decise di fuggire via fra le foglie degli aranci in giardino.

Alfred attese; Romano si sedette, stanco e arrabbiato, sui gradini della veranda.

“Credi che ce l’abbia con me?”
“Perché sei tu che li hai separati? No, non penso.” Socchiuse le palpebre, distendendo le gambe sugli scalini. “Feliciano non è in grado di prendersela con chicchessia. E poi lo sa anche lui, chi era dalla parte del torto.”

Lui si sfilò gli occhiali, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

“Dici che è solo triste, allora?” Tentò; malgrado tutto, non gli piaceva essere la causa del dispiacere altrui.
“Certo che lo è. Anch’io.” Lovino si schiarì la gola, accostando la spalla ad uno dei pilastri di legno. “Anch’io lo sarei.”

Un lieve sospiro irruppe fra le sue labbra.

“Come fai ad immedesimarti così tanto in lui?” Domandò.
La schiena del giovane bruno s’irrigidì; l’americano intuì così d’aver toccato un tasto dolente, per quanto ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Se non altro, si disse, era un tipo di tasto che ancora doleva anche a lui.

“A tutti può capitare di perdere qualcosa d’importante.” Rispose infine Lovino.
“O qualcuno,” volle suggerire Alfred.
L’altro non diede segno d’averlo sentito. Era piuttosto assorto nell’ammirare l’ultimo bagliore di verde intenso del fogliame nel giardino.
Inforcando di nuovo gli occhiali e sospirando appena, il giovane si rimise in piedi, deciso ad ultimare il bagaglio per tornare a casa il prima possibile - ma i suoi propositi dovettero attendere.

“E tu? Sei davvero meno superficiale di quel che sembra?”

Alfred chiuse gli occhi, nella mente un verde molto simile a quello da cui Romano pareva essere tanto attratto.

Davvero. Sì, davvero... meno di quel che sembra.”

Verde. Qualcosa gl’insinuò il dubbio che anche lui, magari...

“Lovino? Per caso conosci qualcuno con gli occhi verdi?”
“Eh?”

E l’espressione colpevole e stupita sul suo viso diceva tutto.






*


Piccola nota di fine pagina:
La fanfiction deve il titolo alla Track #22 dell’album contenente la colonna sonora del film d’animazione Howl’s moving castle (Il castello errante di Howl).
Fra l’altro erano due o tre mesi che riposava nel mio pc, ma è riuscita a venirne fuori soltanto grazie alla community; in origine, avrei voluto lasciarla per ultima - proprio perché è la prima che ho scritto XD - ma poi ci ho ripensato. Anche perché la prossima che posterò, e che è già completa, sarà collegata a questa. ^^

Ah, voglio condividere con voi un segretuccio: com’è nata questa oneshot.
Un giorno me ne stavo lì, ascoltando gli OST di Howl, ed ho pensato “Ehi, sia Antonio che Arthur hanno gli occhi verdi!”. Ecco, da questo flash è partita - e finita, come potete vedere - tutta la manfrina. XD
Con la fanfiction così com’è venuta dopo, non c’entrerebbe praticamente niente, ma siccome volevo infilarcela lo stesso, ‘sta scoperta... trallallero. XD

Grazie infinite per la lettura! ^^


  
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