Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
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Autore: Frikadelle_    04/11/2009    6 recensioni
“Dove ti portiamo?” Chiese Tom, ricambiando il suo sguardo con uno soddisfatto.
Lei parve ricomporsi e frugò nella sua grande borsa di una marca a lui sconosciuta, ma che suo fratello sicuramente aveva riconosciuto. Ne tirò fuori un foglietto e glielo passò.
“All’indirizzo che c’è scritto lì.”
Tom lo adocchiò frettolosamente, tenendo sotto controllo pure la strada che aveva imboccato per uscire dalla zona dell’aeroporto, e alzò un sopracciglio perplesso.
“Ma è l’indirizzo di un autonoleggio.” Fece confuso. Solo dopo si ricordò che Gustav aveva già accennato a tutti loro qualcosa di simile, dopo la telefonata di Jost.
“Sì, lo so.” Ribatté lei, seria.
“E vuoi andare qui?” sventolò il foglio, dandole un’occhiata dallo specchietto retrovisore.
Lei annuì convinta.
“Ma dai, ti accompagniamo a dove alloggi.” Si offrì lui. “Non è un problema.” Insistette, voltandosi leggermente per vedere che nessuna macchina passasse dalla strada principale nella quale stava per entrare tramite la corsia in cui si era immesso prima.
“No,” persistette lei. “Portami lì.” E distolse lo sguardo dal riflesso del suo.
Tom rimase stupito dalla sua risposta ed inarcò le sopracciglia meravigliato. Certo, era davvero una ragazza decisamente bella, attraente e ben curata, ma non aveva niente a che vedere con la prima sensazione di carattere angelico che si portava così inappropriatamente dietro. Portò gli occhi di nuovo sullo specchietto retrovisore e incrociò lo sguardo di Gustav, che era la copia esatta del suo.
Sì, questa Evans non aveva molto di angelico…
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Making The Video

Making The Video

 

 

Le cose che potrebbero venire bene, vengono fatte sempre nel momento più sbagliato e producono un risultato disastroso.

Legge di Murphy

 

Talking And Flooding

“Allora, che mi racconti?”

“Non saprei, tu cosa vuoi sapere?” sorseggiò il caffè che avevano preso insieme al bar sotto lo studio di registrazione, per poi storcere il naso: il sapore era veramente disgustoso.

“Dimmi come va il lavoro.” Gli sorrise la ragazza, imitandolo.

“Be’,” iniziò lui, sedendosi su una comoda poltrona nera che c’era nella stanza. “Da qualche anno mi hanno affidato un gruppo di quattro ragazzi, ma questo dovrei avertelo già detto.” Osservò la ragazza e abbozzò un sorriso. Era davvero tanto tempo che non parlava un po’ con lei. Una cosa in particolare lo colpì più di tutte: era cambiata. E tanto.

“Sì, infatti.” Annuì lei, bevendo ancora. Cercò con lo sguardo un posto in cui sedersi, per poi trovare una piccola sedia e trascinarla vicina a lui. Accavallò le gambe e si sporse in avanti per continuare a parlare con David. “E come ti ci trovi, ora?”

“Sinceramente non so come risponderti.” Sospirò l’uomo. “Voglio dire, hanno talento da vendere. E altrettanta energia. Ma sono dei ragazzi. Se si calmassero una volta ogni tanto, non sarebbe male.” Spiegò portandosi una mano sugli occhi. Ancora si ricordava tutto ciò che gli avevano fatto passare in quegli anni. E non erano poche le volte che aveva quasi rischiato di prenderli a bastonate uno per uno.

“Anche io sono diventata manager, sai?” gli sorrise entusiasta.

“Certo che lo so, Andie. Ricordati che io so tutto di te.” Ridacchiò, continuando ad osservarla. Chi l’avrebbe mai detto, però, che sarebbe arrivata fino lì? A vederla, nemmeno la riconosceva più. Sembrava proprio tutt’altra persona. Con quegli occhi truccati di nero che davano risalto al suo sguardo scuro e profondo, con quei capelli così curati e legati perfettamente sulla nuca, con quei vestiti sobri, ma eleganti, sembrava una vera donna in carriera. “Accidenti, però. Ne hai fatta di strada.”

“Eh, già. Considerando anche da dove ero partita, il risultato sembra anche più sorprendente.” Rise. Da quel sorriso, Jost capì che, nonostante la grande strada che aveva percorso in tutti quegli anni, era sempre rimasta la stessa Andie che da sempre conosceva.

“Di chi ti occupi, ora?” si informò David, bagnandosi ancora una volta la bocca con lo squallido caffè del bar sotto lo studio.

“Fa schifo, vero?” Andie indicò il suo bicchierone di cartone con il proprio. Lui annuì e lei rise. “Io ormai ci sono abituata. E penso anche di esserne diventata dipendente.”

“Fai qualcosa per disintossicarti, allora, perché è micidiale. La troppa esposizione a questa brodaglia potrebbe nuocere gravemente alla salute. Più delle sigarette.”

“Va bene, allora il mio proposito per l’anno prossimo sarà di smettere di bere questo cocktail letale. Rinuncio in partenza all’astinenza dalle sigarette.” E sorseggiò ancora del caffè. “Non è ancora l’anno nuovo.” Spiegò, arricciando gli angoli della bocca, per poi mostrare la perfetta dentatura bianca che illuminava il suo viso.

David rise. Aveva sempre adorato l’umorismo di quella ragazza. Non sempre era un elemento esplicito, ma certe sue frasi contenevano quell’ironia che veniva catturata solo da poche altre persone. Una cosa troppo preziosa perché potesse essere compresa da tutti.

“Ad ogni modo,” riprese Andie. “Ora sono alle prese con una ragazza di qualche anno più giovane di me.”

“Ma è almeno maggiorenne?” bevve un altro sorso di caffè, ma poi rinunciò. Non poteva capacitarsi di avere in bocca quel nauseante sapore per più di qualche secondo. Sembrava fango diluito. Posò il bicchiere sul tavolino vicino a loro e tornò a guardare la sua amica.

“No, ha sedici anni.” Rispose. “Ma dovresti sentirla cantare! Sa il fatto suo, te l’assicuro.” Esclamò soddisfatta. “Il suo è un dono.”

“Bene,” sorrise David. “Allora aspetterò di sentirla anche alle nostre radio in Germania.”

“Sicuro!” Andie mostrò un’espressione determinata. “Farò del mio meglio per far diventare Janet la nuova stella della musica!” strinse un pugno davanti al viso, rincarando la sua ostinazione. Jost sapeva che erano pochissime le situazioni in cui la ragazza non arrivava alla meta da lei impostasi. Era una persona straordinariamente determinata, e anche schifosamente testarda. Ma erano tutte caratteristiche a cui andava portato rispetto.

“Come la sua omonima Janet Jackson?” Scherzò David.

“No, dai, forse non così tanto.” Rise. Poi, con aria pensierosa aggiunse: “Ma con il tempo, chissà…”

“Te lo auguro davvero.” David si appoggiò allo schienale di quella comoda poltrona. “E ti auguro pure che abbia un carattere domabile, perché se è come quelli a cui devo badare io, faresti prima a licenziarti e ad abbandonarla sul ciglio della strada.”

“Perché?” si incuriosì Andie.

“Perché?” sgranò gli occhi l’uomo. Poi rise, portandosi una mano sulla fronte. “Tu non hai la più pallida idea di quello che mi fanno passare ogni giorno quei quattro deficienti.” Prima di andare a trovare Andie aveva persino lasciato un Bill Kaulitz sospetto che si aggirava furtivamente nei pressi della stanza del fratello, tenendo tra le braccia un accappatoio arancione e un borsone di prodotti per capelli e corpo. Quella scena non poteva altro che concludersi con l’ennesima catastrofe. Soprattutto se Bill recitava la parte del protagonista.

“Racconta un po’.” Inarcò le sopracciglia, stuzzicata dalla curiosità.

“Allora,” iniziò David, soffiando una risata. “Il cantante ha manie da prima donna, e questo già dovrebbe dirti tutto.”

“È gay?”

“No, ma è quello che pensa metà delle persone che incontra.”

“Dai, se sono solo la metà non è così grave.” Sdrammatizzò lei, bevendo altro caffè.

“Sì, ma l’altra metà pensa direttamente che sia una ragazza.”

“Ah,” Andie dovette ricredersi. “Sì, allora è grave.”

“Ti dirò, nemmeno più di tanto. Alla fine, se sai conoscerlo è un’ottima persona – con un’infinità di difetti: è logorroico, è isterico, piagnucolone, infantile… Insomma, sembra sul serio di avere a che fare con una donna in piena crisi pre-mestruale. Per non parlare del fratello, lui -”

“È un gruppo formato da parenti?” si informò lei.

“No, solo loro due sono imparentati. Il cantante ed il chitarrista. Gli altri sono loro amici da anni, però.” Chiarì. Era normale che lei non sapesse praticamente niente dei Tokio Hotel. Non avevano molto successo oltreoceano. Non ancora.

“Capisco,” e portò il proprio bicchiere davanti alla bocca. “Devono essere affiatati.” Concluse, finendo quell’acqua marrone che David si rifiutava anche solo di guardare. Posò, infine, il bicchiere vicino a quello ancora pieno di Jost e tornò a seguirlo, invertendo la posizione delle gambe accavallate.

“Sicuro.” Rispose senza esitazione. Era una risposta automatica. Erano affiatatissimi. “Ma lo sono anche per combinare danni.” Aggiunse ridacchiando. Ormai, non sapeva più se la risata gli saliva in bocca per la disperazione o altro. “Ti dicevo di questo Tom.” Riprese il discorso precedente. “Non sai quante me ne ha fatte passare con le sue notti di passione.”

“Scusa, ma quanti anni hanno?”

“Forse tre anni meno di te in media.”

“E fanno già tutto questo casino?” alzò un sopracciglio. “Spero per te che si tranquillizzino con l’età.”

“Purtroppo non credo nei miracoli.” Scherzò David. “Come non credo che Tom la smetta di finire sulla prima pagina delle riviste scandalistiche ogni volta che se ne porta a letto una diversa.” Sospirò. “Non sai quanto mi ha fatto dannare all’inizio. Ho dovuto farmi in quattro per tamponare le varie fuoriuscite di notizie. Per non parlare di quando si mette a litigare con il fratello.” Continuò. “Litigano anche per solo un’ora, e poi tutto torna come prima.”

“Ma immagino cosa possa succedere in quell’ora.” Lo anticipò lei.

“Esatto,” annuì Jost. “Potresti aspettarti pure l’esplosione della Terra.”

Andie rise, portandosi una mano sulla bocca.

“Ammetti però che ti diverti con loro.” Lo guardò negli occhi.

“Be’, non lo nego.” Glissò lui.

“Dai, ti si legge sul viso. Quando parli di loro sembri esserne proprio fiero. Sono convinta che -”

Improvvisamente il cellulare di Jost suonò, interrompendola.

“Scusami.” E si frugò in tasca per cercare il suo BlackBerry.

“No, figurati.” Si appoggiò allo schienale della sedia, nonostante non fosse comoda come la poltrona di Jost.

“Pronto?” Rispose in tedesco l’uomo, facendo strusciare i piedi per terra per voltarsi dall’altra parte con la poltrona mobile, in modo tale da dare le spalle alla ragazza.

David, abbiamo un problema.” La voce dall’altra parte dell’apparecchio non prometteva niente di buono. E il fatto che fosse Gustav dall’altra parte del telefono, rendeva tutto ancora più spaventoso. Che fosse l’Apocalisse?

“Dimmi tutto.” Fece esasperato, portandosi una mano sugli occhi, come se il gesto di tapparsi la vista potesse aiutarlo ad affrontare la situazione.

Ehm, come dire…” boccheggiò Gustav. “Vedi, la stanza di Bill si è…” Indugiò ancora un po’. “Be’, sì, si è allagata.”

“Cosa?!” La mano che aveva sul viso ebbe l’impulso di strangolare qualcuno, ma venne trattenuta dalla forza di volontà del produttore, che se la passò tra i capelli, mentre gli occhi quasi gli schizzarono fuori dalle orbite. “Cosa vuol dire che la stanza di Bill si è allagata?”

Si è intasato il cesso e ora, come apri un rubinetto, l’acqua non scorre più.” Spiegò il ragazzo. Di sottofondo Jost poté sentire l’acuta voce del cantante disperarsi per le scarpe rovinate. “No! No, no e no! Erano anche nuove!

“Ma io lo uccido!” si alzò in piedi, iniziando a percorrere tutta la piccola stanza in lungo ed in largo per far scemare la rabbia. “Possibile che sia sempre lui a causare la maggior parte dei danni?”

Io consiglierei di soffocarlo con del cotone.” Osservò Gustav, il tono più alto, come se volesse far sentire ciò che stava dicendo anche al diretto interessato, che doveva essere poco distante da lui.

Cosa? Perché mi vuoi soffocare con del -” la voce di Bill si interruppe. “No! Non gli avrai detto che sono stato io con il cotone!” si lamentò, impaurito. “Gustav, perché l’hai fatto? Ora Jost mi soffoca sul serio con quello…”

“Bill!” berciò David al suo BlackBerry, con la speranza che il suo tono incazzato potesse raggiungerlo. “Ma quante cazzo di volte ti avrò detto di non buttare il cotone nel cesso?” Agitò convulsamente la mano libera in aria e per poco non fece cadere un quadro appeso alla parete.

Abbiamo già chiamato l’idraulico, ma intanto la stanza è allagata.”

“Come ha fatto ad allagarsi la stanza, scusate, se sapevate che l’acqua non scorreva?” chiese sospettoso Jost, fissando furente il vuoto davanti a sé. Avesse avuto quel ragazzo tra le mani gli avrebbe asportato tutte le unghie con le pinzette da sopracciglia per evitare che ne usasse altro, oltre che ad emettere un’ordinanza restrittiva che avrebbe obbligato Bill Kaulitz a girare alla larga da ogni confezione di cotone potesse esistere al mondo.

Il rubinetto del lavandino era rimasto aperto.” Rispose Gustav.

“Ehi, non guardarmi così!” borbottò Bill, evidentemente vicino all’amico. “Non sono stato io!”

Bill continua a difendere la sua improbabile innocenza.” Aggiunse, quindi.

David cadde senza forze di nuovo sulla poltrona, che aveva costeggiato più volte durante la sua frenetica camminata all’interno della stanza. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa sull’alto schienale.

“Gustav, di’ a Bill che si faccia trovare con un’armatura addosso quando tornerò in hotel, perché potrei trafiggerlo anche solo con la forza del pensiero.”

Bill, ha detto Jost che sei morto.” Tagliò corto il ragazzo.

Ma non è colpa mia se non c’era il cestino nel bagno!” si discolpò ancora il cantante.

“Bill, almeno stai zitto! Potresti disgraziatamente fare la parte di quello dispiaciuto?” Lo riprese Gustav.

BILL!” Tuonò ad un certo punto un’altra voce. “Cosa cazzo hai fatto in bagno in camera mia?” la voce si faceva sempre più vicina e più aggressiva. Era Tom. Un Tom incazzato fino al midollo, oltretutto. Doveva essere la reazione a ciò che David aveva visto quella mattina prima di andare allo studio di registrazione per parlare un po’ con Andie.

Tomi…” farfugliò Bill. “Ho solo fatto una doccia, e -”

Appunto!” berciò il fratello. “I tuoi capelli ora stanno decorando tutta la parete del bagno! E non solo!”

“Tomi, calmati…”

Calmati un cazzo, Bill! Vai subito a pulire il bagno!”

David sentì quasi un’irrefrenabile voglia di piangere. Perché ne combinavano sempre una più del diavolo? Non poteva essere possibile. Cosa aveva fatto di così grave, Jost, per meritarsi una tale pena? Le piaghe d’Egitto sarebbero state molto più sopportabili.

“Ma tanto poi viene il servizio di pulizia…” continuò a difendersi il fratello, la voce sempre più lieve, forse per la distanza, forse per la paura.

Già, peccato che siano le sei della sera e loro vengono alle dieci del mattino.” Ruggì Tom.

“Gustav, evita che si azzannino ed aspettami. Ora vengo.” Sospirò esausto David. “Dammi un quarto d’ora.” E chiuse la chiamata. Si rimise il BlackBerry in tasca e si passò per l’ennesima volta una mano sul viso, come per tentare di non pensare a ciò che lo avrebbe atteso nel giro di qualche minuto.

La risata di Andie, però, lo riportò al presente ed alla tragica realtà.

“Ti diverti?” domandò rassegnato.

“Ah, scusa.” Fece lei, asciugandosi le lacrime agli occhi. “È che facevi certe facce…!”

“Guarda, non hai idea di cosa hanno combinato quei quattro idioti.” Dondolò la testa verso il basso per la stanchezza.

“Sì, invece. Un po’ ho capito.” Sorrise lei.

“Stai imparando il tedesco?”

“Sì,” rispose prontamente e con soddisfazione. “Qui all’agenzia mi stanno facendo fare un corso di lingue. Per ora sto studiando lo spagnolo, l’italiano ed il tedesco. Le français, je le connais déjà.” Sorrise orgogliosa.

“Brava.” Le sorrise a sua volta, infilandosi la giacca. “Scusa, però. Ora devo proprio andare. Non vorrei che si allagasse tutto l’albergo.”

“Ok, sentiamoci ancora, mi raccomando!” e si alzò per accompagnarlo all’uscita.

“Certamente.” Afferrò la sua borsa e guardò dubbioso il bicchiere di caffè ancora sul tavolino.

“Oh,” fece lei, prendendolo. “Questo lascialo pure a me. È la mia droga quotidiana. Ne farò buon uso.” E ne sorseggiò un po’.

“Cavolo, sei masochista!” disse, esibendosi in una smorfia di disgusto.

“Senza dubbio.” Continuò a sorridere, nascondendo le labbra dietro al grande bicchiere di Jost.

“Allora, alla prossima.” Le diede un piccolo bacio sulla guancia. “E salutami tuo padre.”

Lei alzò il pollice e lo salutò con un altro raggiante sorriso, mentre David oltrepassava la soglia, pronto a mettere fine alla vita di un ragazzo, soffocandolo con del cotone. Magari con lo stesso cotone con cui quello stesso ragazzo aveva intasato il cesso.

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Bene, si direbbe che sia l'ora di presentare le due menti criminali che hanno ideato questa storia, che prevede ancora non si sa bene quanti capitoli, visto che è ancora "Under Construction": Martina e Silvia, conosciute forse meglio come kit2007 e Irina (vero? xD)

Come avete potuto vedere questo è solo il prologo, quindi la storia ancora rimane un mistero. Potete solo immaginare cosa accadrà, vista la citazione iniziale che abbiamo scelto: ci sembrava decisamente adatta e sibillina... ^^" Ah, tra l'altro, specifichiamo che questa cosa delle citazioni sarà una caratteristica che tenteremo di portare avanti per ogni capitolo, quasi come se volessimo riassumerlo in poche righe ad effetto. Ci siamo sbizzarrite a trovarne di ogni tipo, in modo da avere un catalogo da consultare ogniqualvolta ce ne serva una: citazioni da film, da aforismi, da testi di canzoni...!

Di questa storia non vogliamo svelarvi nulla per non rovinare la vostra lettura. Diciamo solo che forse la parte più divertente e anche più impegnativa è stata per noi conciliare le idee e soprattutto, tra impegni, distanza e quant'altro, scrivere tutto. Questo è una sorta di esperimento che abbiamo voluto provare: abbiamo la storia già bella pronta in bozza ma ovviamente non tutti i capitoli sono pronti. I primi saranno un po' transitori, anche se a qualche occhio un po' più attento non dovrebbero sfuggire i dettagli che abbiamo disseminato qua e là e che serviranno per aiutarvi a comprendere tutto quanto. =P

L'idea della Fan Fiction a quattro mani è stata di Irina, ma il succo della vicenda si deve a kit2007. Tutto il contorno è venuto fuori grazie alle nostre menti perverse (soprattutto di Irina che si sparaflasha con le peggiori serie TV possano esistere a questo mondo, rendendo il suo povero cervellino ancora più folle di quello che già è) che unendosi hanno creato scene su scene - decisamente troppe scene, infatti alcune le abbiamo dovute cassare - che movimenteranno la vicenda dall'inizio alla fine, da un loro futuro traumatico risveglio ad altro che non si può dire per non svelare troppo. Ecco come si svolgevano le nostre conversazioni:

Kit: "Ci vorrebbe qualcosa che potesse dire xxx..."

Irina: "Ehi! che ne dici di: X va da Y, parlano, poi Z arriva e dice: xxx!" Attimo di pausa e poi: "Poi potremmo mettere che X e Z...!" E ancora: "Quindi Z e Y cominciano a...!"

Kit: "o.o"

Quindi, dopo questa nota lunga quasi quanto l'intero capitolo, vi salutiamo, sperando che questa prefazione vi abbia invogliato a seguire questa nuova Fan Fiction. Inoltre, visto che questo è un esperimento, il migliore regalo che possiate farci è commentare! E perché no? Anche criticare! ^^

Alla prossima!

Frikadelle_

Ps: c'è un motivo anche per la scelta del nostro nick, ma lo scoprirete con il tempo... xD

  
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