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Autore: White Gundam    06/11/2009    7 recensioni
A cosa può portare il dolore di un uomo? Solo ad altro dolore. Cloud Strife, per riportare in vita Zack ed Aerith, scopre su alcuni libri di alchimia la possibilità di compiere uno "scambio equivalente". Due vite per due vite. Ma non è l'unico che ha deciso di compiere tale rituale...
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Sephiroth, Tifa Lockheart, Zack Fair
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un bentornato a tutti i lettori che gia mi conoscono per altre mie fanfiction e un benvenuto a chi mi legge per la prima volta^^
Questa è la seconda long-fi che scrivo su FFVII (ma non vi preoccupate, prestissimo arriverà anche l’undicesimo capitolo di Dream Organization), e, come al solito nasce da una mia idea malata XD
Questa idea mi è venuta mentre studiavo fisica, anche se con la fisica non centra niente XD Vabbeh la pianto di rompere e spero di riuscire ad interessarvi almeno un pochino… Se qualcuno di voi avesse voglia di lasciarmi una recensione questo non solo mi farebbe molto piacere ma mi aiuterebbe anche a migliorarmi^^ Ma ora basta annoiarvi, ed ecco a voi il primo capitolo di Lo scambio equivalente, enjoy you^^


Capitolo 1

Tutto è cominciato così…



Lo scontro con Sephiroth facendo bene attenzione a dove e quando dovrà terminare.
La Buster Sword che impugnerò per l’ultima volta.
Gli strani tatuaggi a forma di lettere che mi salgono dalle mani fin sulle braccia.
Ricordo bene come è cominciato tutto questo, fin troppo bene.


Era passato più di un anno dal mio ultimo scontro con Sephiroth, dalla mia ultima prodezza, dall’ultima volta che avevo salvato il Pianeta. Il mio nome era nuovamente sulla bocca di tutti. Cloud, l’eroe. Cloud il salvatore.
Cazzate. Erano tutte cazzate.
Mi ero illuso di aver finalmente lasciato cadere il passato nelle sue pesanti tenebre ammantate di nero ma… Mi sbagliavo. In realtà non avevo fatto altro che nascondere a me stesso la verità. Fingere che loro non mi mancassero. Eppure è impossibile dimenticare persone quali loro erano state per me, e io potevo solo illudermi di averle lasciate nei miei ricordi. Loro erano il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Lo capii più tardi, dopo poco più di un anno, quando venni a conoscenza di un qualcosa che avrebbe potuto riportarli in vita. Procurarmi i libri di alchimia non fu affatto difficile, e leggerli senza che nessuno sospettasse niente lo fu ancora di meno. Mi bastava chiudermi in stanza, dire a Tifa che ero stanco e volevo dormire; che volevo essere lasciato solo per un po’.
E lì, nel silenzio della mia stanza, sdraiato a pancia in basso sul letto e con le coperte tirate fin sopra la testa, come un bambino che legge dopo l’orario in cui gli è stato detto di andare a dormire, divoravo le nozioni di quei libri. Intorno a me, le foto che li raffiguravano mi guardavano pazienti; insieme alla foto di Tifa, quella di Denzel e Marlene e… Quella di Tifa col pancione. Eh sì, aspettavamo un bambino, presto sarei diventato padre; eppure adesso sono sicuro che non vedrò mai mio figlio, o mia figlia che sia. Ma tutto questo non ha importanza, il succo è che in quei libri trovai la possibilità di riportare in vita le due persone più importanti che per me fossero mai esistite, e questa consapevolezza mi bruciava il cuore e la mente. Leggevo febbrilmente, e in una settimana avevo già divorato più di una ventina di libri. Volevo essere sicuro che il rituale risultasse corretto in ogni sua fase. Quando finii di leggere tutti i libri mi preparari alla seconda fase, ovvero mettere in pratica quanto avevo letto.
Non cercherò giustificazione per quello che ho fatto; non accamperò scuse quali: “Mi mancavano troppo” o “Il passato mi stava distruggendo”, fatto stà che mi ero pienamente convinto di quello che stavo per fare ed ero pronto a soddisfare la legge principale dell’alchimia: lo scambio equivalente.
In alchimia per ottenere qualcosa devi sacrificare qualcos’altro che abbia lo stesso valore di ciò che si vuole ottenere. Due vite per due vite, e questo io feci.

Il garage dove tenevo la Fenrir, la mia fida motocicletta, era spazioso abbastanza da consentire l’adempimento del rituale alchemico.
Dissi a Tifa che quella sera sarei uscito per andare in garage a lavorare sulla mia motocicletta, di non preoccuparsi se sentiva dei rumori, e quella stessa notte mi recai lì.
Accesi la lampada interna e con un libro in una mano e un gesso nell’altra cominciai a tracciare i cerchi alchemici, stavo attento a copiare giustamente ogni minimo particolare, alle distanze giuste tra ogni tratto; seguivo in maniera febbrile ogni minima descrizione, volevo che tutto fosse perfetto, quando in realtà stavo per fare quanto di peggio un padre possa commettere.
Lesssi ad alta voce ciò che diceva il manuale, tanto ero preso da ciò che stavo facendo. Ricordo bene le pulsazioni ritmicamente accelerate del mio cuore, l’adrenalina che mi scorreva forte nelle vene, il respiro talmente accelerato da risultare quasi ansante. Dovevo apparire pazzo o, per meglio dire, stavo per commettere una pazzia enorme.
Mi ero anche procurato i due sacrifici, le due vittime che avrebbero consentito a Zack ed Aerith di ritornare in vita, ed esse stavano placidamente dormendo, da me legate ed imbavagliate nel sonno, nell’angolo buio del garage.
Quando ebbi completato tutti i preparativi abbassai leggermente la luce della lampada ad olio e mi preparai ad entrare nel vivo del rituale, estrassi la Buster Sword e tranciai di netto quelle due vite, poi la stanza si illuminò.
Ricordo che la luce era talmente forte che non riuscii a tenere gli occhi aperti, li chiusi di getto, sentendo che comunque le mie retine si sarebbero bruciate. Tuttavia ciò non accadde, perché dentro ai due cerchi, nei punti esatti dove avevo infine posizionato i sacrifici, vi erano loro: uno Zack ventenne che si guardava intorno smarrito e si tastava il petto come a chiedersi come facesse ad essere nuovamente vivo; e una Aerith di due anni prima con lo sguardo perso nel vuoto.
Mi avvicinai a loro con le lacrime agli occhi ed entrambi si voltarono a guardarmi; non sapevano ancora cosa fosse successo, ma mi abbracciarono felici di rivedermi.
Dopo l'abbraccio Zack mi strinse forte le spalle e mi sorrise:
“Ti sei fatto grande.”
Affermò ridendo e io mi strinsi a lui, come fossi ancora quel ragazzino che aveva bisogno della sua protezione.
Aerith mi carezzò i capelli:
“Sono felice di rivederti.”
Disse solo questo, ma con la sua voce dolce, in grado di riscaldarmi il cuore; poi Zack mi tempestò di domandee io dovetti rispondere e raccontargli tutto ciò che avevo fatto.
“Sono fiero di te, eroe.”
Mi disse, scompigliandomi i capelli biondi. A quelle parole mi sentii raggelare. Fiero di me.
Fu quando tornai in stanza e li invitai a sdraiarsi nella stanza degli ospiti che mi accorsi, togliendomi i guanti, di avere due lettere come tatuate a fuoco sulle mani.
La mia mano sinistra raffigurava una D e quella destra una M.
In quel momento mi diressi in bagno e vomitai. Pensai però che fosse solo un modo per ricordarmi sempre il tremendo peccato che avevo compiuto ma… Mi sbagliavo di grosso.
   
 
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