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Autore: Lou Asakura    07/11/2009    5 recensioni
[Spoiler chapter 378]
Non a causa della maschera che sembrava gravargli sul viso sempre più pesante.
Erano gli occhi vuoti, si disse Rukia, e quel qualcosa di diverso e fuori posto nelle sue movenze e nelle parole dure che rivolgeva ad alleati e nemici, che lo facevano apparire come l’immagine distorta di ciò che Kurosaki Ichigo era stato.
Non a causa della maschera. E Rukia si scoprì preoccupata, mortalmente e dannatamente preoccupata, per l’uomo dietro quella maschera.
Lo sai, vero? E’ tutto a posto. Puoi respirare, adesso».
Ichigo la guardò. La guardò con occhi non più bianchi e neri e, semplicemente, capì
].
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Now you can breathe again

Now you can breathe again

 

 

 

Ichigo sentì la maschera sbriciolarsi sul suo volto per l’ennesima volta mentre, con uno scatto tempestivo, balzava di lato per evitare l’assalto di Yammi. Gli abiti erano laceri e sporchi di terra, il viso incrostato di sangue [il sangue di un suo compagno].

Ichigo sentì un conato di vomito torcergli lo stomaco e riuscì a malapena ad evitare l’ennesimo fendente dell’Espada che, ridendo rozzamente, si preparò nuovamente all’offensiva.

Muoversi era diventato doloroso, pensare era doloroso e ricordare era doloroso. Ichigo riusciva solo a vedere gli occhi spenti di Inoue [tu non sei Kurosaki-kun], quelli gravi e severi di Ishida [se lo farai non sarai più umano], gli occhi verdi di Ulquiorra [sei diventato più simile a un hollow].

La voce nella sua testa rideva mentre, la presa stretta sull’elsa di Tensa Zangetsu, Ichigo sentiva di star camminando sul fondo del mare.

 

[And this is how it feels when I ignore the words you spoke to me
And this is where I lose myself when I keep running away from you
And this is who I am when I don't know myself anymore
And this is what I choose when it's all left up to me]

 

Era rannicchiata al suolo e seguiva il lampo arancione e nero che schizzava da un lato all’altro del campo di battaglia con gli occhi blu troppo sgomenti e troppo spalancati, ed i piccoli pugni troppo stretti e troppo tremanti.

Rukia sentiva ogni cellula del proprio corpo tendersi ed invocare aiutalo, aiutalo, aiutalo, mentre la parte razionale di se sapeva che ancora una volta non avrebbe potuto far nulla e che lui stava combattendo per lei, per loro, per i compagni, per Karakura.

In uno slancio di risolutezza, conficcò le unghie nell’avambraccio ed impose a se stessa di restare immobile e non intervenire, [ancora una volta] perché quella era la sua battaglia [ancora una volta].

La battaglia di Ichigo che aveva vinto ma che non aveva gli occhi di un vincitore.

Guardandolo da lontano, spiando con occhi sbarrati ogni suo movimento ed immaginando ogni espressione che gli attraversava il volto, Rukia ebbe per un istante l’atroce ed agghiacciante sentore che quello che combatteva dinanzi a lei non fosse più lo stesso Ichigo.

Non a causa della maschera che sembrava gravargli sul viso sempre più pesante.

Erano gli occhi vuoti, si disse Rukia, e quel qualcosa di diverso e fuori posto nelle sue movenze e nelle parole dure che rivolgeva ad alleati e nemici, che lo facevano apparire come l’immagine distorta di ciò che Kurosaki Ichigo era stato.

Non a causa della maschera. E Rukia si scoprì preoccupata, mortalmente e dannatamente preoccupata, per l’uomo dietro quella maschera.

 

[And this is how it looks when I am standing on the edge
And this is how I break apart when I finally hit the ground
And this is how it hurts when I pretend I don't feel any pain
And this is how I disappear when I throw myself away]

 

Reggendosi a fatica sulle gambe e facendo leva su Sode no Shirayuki, la lama candida macchiata di sangue, Rukia si mise in piedi. Le ginocchia tremavano e le dita esili erano strette febbrilmente attorno all’elsa della spada.

Ichigo era davanti a lei ed incrociava la katana nera col gigantesco l’Espada numero zero. Ed osservandolo, finalmente Rukia comprese cosa c’era che non andasse in lui: non respirava. Le diede l’innaturale e sgradevole l’impressione di star trattenendo forzatamente il respiro. Per non sentir l’odore del sangue?

[Il sangue dei suoi compagni ormai rappreso sull’elsa di Tensa Zangetsu].

Stava camminando sul fondo del mare, Ichigo. Camminava ed affondava di più ad ogni passo, coi polmoni ricolmi d’acqua salmastra, ed allora annaspava per tornare a galla e finiva ancora più giù, incapace di risalire.

E l’acqua di mare raschiava la gola e inondava le narici, ed allora ecco che anche respirare diventava doloroso.

 

Rukia, guardandolo, capì. E desiderò raggiungerlo e rassicurarlo. Sussurrargli “è tutto a posto, ormai, ci siamo noi. Adesso puoi respirare ancora.

Ma intanto lui annegava.

 

 

***

[Breathe your life into me, I can feel you
I'm falling, falling faster ]

I raggi tiepidi del sole al tramonto accarezzavano la pelle di Rukia, ancora solcata dalle ferite della battaglia. Ma gli abiti che indossava non erano lisi ed incrostati di sangue, e profumavano ancora della lavanderia di Yuzu. Le mani ormai ruvide non stringevano l’elsa di una spada macchiata.

Accanto a lei, Ichigo teneva gli occhi ambrati fissi sul disco solare semi nascosto dalle nuvole. La guerra era un ricordo lontano, insieme all’odore pungente e ferroso del sangue ed al clangore nauseante delle spade. Eppure, lui non ancora non lo faceva. Ancora non respirava.

Rukia avrebbe voluto dirglielo, che l’orrore di sentire l’odore del sangue imprimere i propri vestiti era svanito. Che non c’era più pericolo, adesso, se avesse ripreso a respirare.

Con un sussulto, la shinigami lo sentì stiracchiarsi accanto a se e fare uno sbadiglio soffocato, prima di voltarsi e rivolgere le spalle al tramonto.

«Né, Rukia. Torniamo a casa?».

Annuì. Ma qualcosa, forse nel colore rosso vagamente nauseante di quel tramonto, continuava a riportarla col pensiero alla battaglia ormai lontana combattuta nell’Hueco Mundo.

«Ichigo?». Chiamò il suo nome prima che potesse rendersi conto di averlo fatto.

Lui si voltò a guardarla, il profilo delineato dagli ultimi raggi del sole. Quanto tempo ancora avrebbe resistito cosi, senza respirare?

Ed allora glielo disse. Spontaneamente, come se i giorni e i mesi non fossero mai trascorsi.

«Lo sai, vero? E’ tutto a posto. Puoi respirare, adesso».

Ichigo la guardò. La guardò con occhi non più bianchi e neri e, semplicemente, capì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice.

Dunque, dunque, dunque, dunque. Innanzitutto -yatta!- sono riuscita a pubblicare un’altra fanfic quando pensavo ormai che scrivere non facesse più per me. Invece, a quanto pare ogni tanto qualcosa di decente riesco ancora a cavarlo fuori ;___; Che dire, sono felice ù___ù Non totalmente soddisfatta, ma comunque felice di questa fanfic che mi è venuta fuori. Ovviamente è basata sul capitolo 378, eyes of the victor nel quale abbiamo avuto dopo mesi il famoso LATER! promesso da Rukia. E non è stato da meno alle nostre aspettative, certamente.

Oh, nessuno sguardo particolare, dite? Nessun particolare segnale Ichiruki? Hmm. Se devo essere sincera, per me il solo fatto che Rukia si sia resa conto IMMEDIATAMENTE del cambiamento spirituale di Ichigo, solo guardandolo negli occhi, può considerarsi il segnale Ichiruki più importante e profondo di tutto il manga. Ovviamente ciò non implica la coppia, ma comunque contribuisce a rafforzare la mia concezione del loro legame come qualcosa di speciale ed unico. Ed allo stesso modo vediamo una Rukia che, davanti all’Ichigo Hollow, non si preoccupa minimamente della maschera bensi dell’uomo dietro quella maschera, a dimostrazione che per lei ciò che conta davvero è l’Ichigo interiore –quello che, per intenderci, ora si logora per aver ferito un compagno-.

Che dire, che dire? Ovviamente, Ichigo non ha davvero smesso di respirare, giusto per capirci. E’ retorico, e si rimanda alla cover del capitolo, per me davvero significativa. Vediamo un Ichigo dallo sguardo spento e gli occhi bassi totalmente immerso sott’acqua, e perciò incapace di respirare.

Non so perché abbia usato Breathe into me dei Red come theme song, forse semplicemente m’ispirava il tema di respirare o la trovavo adatta, e poi l’ho ascoltata durante la stesura della fanfic ùwù.

E a questo punto non so davvero che altro dirvi ;_____; Un saluto alle blackberries, che certamente (spero) staranno leggendo. Ah, ed un consiglio: chi non l’ha ancora fatto si guardi Tales of the abyss ù____ù.

 

 

Bye, Lu’

 

   
 
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