Quella mattina non era una bella mattina. Era da quando si era alzata che se lo sentiva. Sulla pelle, un brivido, lento, che la trapassava. Una sensazione, un velo … e poi il congelamento di tutto ciò dentro di lei. La penetrava, smorzanodole quasi il respiro. Quando aveva una brutta sensazione non era mai buon presagio, perché le sue sensazioni, molto spesso, andavano a braccetto con la realtà.

Quella sarebbe stata una pessima giornata, una da dimenticare. Anche se la maggior parte delle sue giornate erano da dimenticare. si alzò troppo presto per i suoi standar, e anche quello non era un buon presagio - la prima volta che arrivava in orario a lezione da quando aveva iniziato il corso di studi, incredibile ma vero. Forse , di per se, già quello era un piccolo miracolo personale. Arrancò fino alla toiletta antica, regalatagli dai genitori per il suo quindicesimo compleanno. Il bello di quella specie di scrivania con specchio era il doppio fondo dove nascondeva … bè, nessuno l’avrebbe mai detto, ma invece delle armi teneva i romanzi di Jane Austen. Non era una tipa romantica, non credeva all’amore. Non si era mai neanche fidanzata, o posta la questione. Andava avanti, e così era ok. Forse doveva sorridere di più, ma sapeva di aver un orribile sorriso … allora perché farlo? lanciò un occhiata laconica a quei romanzi, che nessuno doveva sapere possedesse. Erano un po’ come la sua parte debole e vulnerabile. Quei romanzi erano un po’ come lei … troppo orgogliosi per riconoscersi. Avanzò fino al bagno, e con molta calma si preparò alla giornata. Evitò il trucco, del tutto inutile, e , senza preavviso, usci. Alla sorella sarebbe sicuramente venuto un colpo a non trovarla a casa. Ma la sorella era diversa. Forse un po’ introversa, certo, ma era comunque meglio di lei.

A scuola … bè aveva la sua fama. Il suo aspetto era una carnagione pallida e diafrana, ma non malsana, arrossata un poco sulle gote, ma non in modo da renderla una Heidi due. Le labbra carnose erano accese di rosso di loro, ma solo di tanto in tanto, se no erano esangui e cadaveriche, un po’ come lei. I capelli erano di un anonimo castano, come gli occhi. Insomma, era una ragazza banale, che per qualche assurdo motivo era conosciuta. Forse perché neanche lei se ne rendeva conto, ma metteva un po’ in soggezione. La sua era una bellezza comune ma particolare, e forse, quel suo starsene da sola, le dava un aria superiore. Ma lei non voleva essere così. Lei aveva le sue amiche, quelle vere, poi le ammiratrici. Forse qualche ragazzo … ma , si sa, una che legge romanzi rosa dell’ottocento non può accontentarsi di un qualunque bifolco metropolitano. E poi, naturalmente, a cosa serviva l’amore se non a complicare la vita di chi c’è dentro? era come una droga, che molti della sua età avevano provato. Ricordava le prime cotte delle sue compagne, alle quali, fin dall’asilo,aveva dato delle stupide. Ricordava che, un periodo, c’era anche la gara “fai sorridere Alice” nessuno ha mai vinto.

Ma, quel giorno, non le importava di niente.

Perché, quel giorno, sarebbe stato la fine e l’inizio di tutto.