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Autore: elyfull    10/11/2009    1 recensioni
Un'afosa giornata d'estate e l'ufficio deserto. Roy e Riza soli che, abbandonandosi ai ricordi, prendono coscienza del fatto che il loro è un rapporto irrisolto. Ma il lieto fine non è dietro l'angolo. Prima fic, siate clementi! Tiene conto del manga sino all'ultimo numero uscito in Italia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nei suoi occhi, nella mia mente
Nei suoi occhi, nella mia mente

Era una giornata particolarmente afosa. Non che la si potesse paragonare alla calura delle estati di Reole, ma quell'anno Central era intrappolata sotto una cappa d'umidità opprimente.
Anche svolgere le più semplici mansioni d'ufficio sembrava insostenibile e persino il Tenente Hawkeye non dimostrava la solita alacrità nel lavoro. in quel momento si trovava presso la scrivania del Colonnello, controllando con fare pigro e distaccato che il suo superiore stesse effettivamente leggendo e firmando i pochi rapporti pervenuti quella mattina. L'estate non era una stagione di lavoro caotico..il mese d'agosto men che meno!
Come al solito il Colonnello Mustang svolgeva i suoi doveri nella più assoluta svogliatezza e, mentre tutti gli altri componenti della squadra si dirigevano mollemente verso la mensa, lui era obbligato alla scrivania dalla sua Tenente, nella speranza che finisse di leggere il rapporto che aveva tra le mani prima di staccare per la pausa pranzo.
Quest'ultima, portata al limite della sopportazione dal caldo e spazientita dalla lentezza del Colonnello nel leggere, decise di tornare alla propria postazione per ordinare i rapporti già controllati ed approvati così che, terminata la pausa, sarebbero già stati pronti per essere mandati agli archivi dell'HQ.

Riza trasse un profondo sospiro. avrebbe voluto sfilarsi la giacca della divisa, ma ragioni di etichetta militare glielo impedivano. Ragioni che peraltro non toccavano minimamente il suo superiore, coperto solo dal sottile strato della camicia più leggera che possedeva, ovviamente non quella fornita dall'esercito. guardandolo con un pò d'invidia, si limitò a sbottonarsi i primi bottoni della giacca. Prese posto alla sua scrivania e cominciò a passarsi languidamente una mano sulla nuca e, per quanto possibile, sul collo sotto il lupetto, cercando di rilassare i muscoli e riprendere almeno un briciolo della sua calma ordinaria.
Non riusciva a ricordare un'estate altrettanto calda, nemmeno risalendo agli anni trascorsi a EastCity, ma forse...si! tanti anni prima, quando ancora risiedeva nella casa di suo padre, aveva patito un caldo simile. La sua casa, una vecchia residenza signorile, si trovava in una vasta area pianeggiante e per questo motivo ogni estate della sua infanzia era stata caratterizzata dall'afa. Lei ovviamente non badava nemmeno al caldo soffocante, ci si era abituata, ma ricordò con un sorriso che Roy non riuscì mai ad adattarcisi e tutte le estati che passò in quella casa si dedicò solamente allo studio individuale, nemmeno il burbero Maestro Hawkeye era stato in grado di placare la sua frustrazione e obbligarlo a seguire delle lezioni.
Dopo qualche secondo, rendendosi conto che il suo non era un comportamento da tenere in ufficio, un comportamento che nemmeno il caldo poteva giustificare, alzò lo sguardo sul Colonnello per controllare se avesse finito o meno di leggere il rapporto, sperando inoltre che non avesse notato il suo stato catalettico...

Anche Roy sospirò. Questo era IL campanello d'allarme: il rapporto sarebbe stato firmato solo nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo. Si stiracchiò come un gatto, allungando il busto e le braccia verso l'alto; appoggiò poi i gomiti sulla scrivania e posò il volto sulle mani incrociate con fare sconsolato. fissò lo sguardo su un punto indefinito di fronte a sè e si perse a contemplare il nulla.
Dal cortile esterno giungeva il frinire delle cicale e null'altro, e dai corridoi e gli uffici adiacenti non proveniva alcun rumore. Nonostante tutto - si ritrovò a pensare - quello era un momento di pura pace e, arsura a parte, sarebbe stato meraviglioso poterlo fissare nel tempo e farlo durare il più possibile. In eterno.
Si trovava solo - senza occhi estranei puntati addosso, che non potevano capire - con l'unica persona che lo comprendeva. L'unica con cui realmente, e profondamente, condivideva i propri valori. La donna con cui condivideva la storia della propria vita.
Con la mente Roy non si trovava più in quell'ufficio, la situazione lo aveva fatto sprofondare nei ricordi. Era tornato ai tempi dei pomeriggi estivi passati alla residenza del suo Maestro quando, riparato all'ombra delle fronde di un albero, leggeva libri d'alchimia. Riza, al suo fianco, sbucciava e tagliava mele per entrambi.
Riemerse dalla dolcezza di quei ricordi per spostare lo sguardo sulla persona con la quale li aveva vissuti e...

...d'un tratto si dimenticò della sua missione, di Ishbar, di King Bradley e degli Homunculus. Pensò che, in realtà. era già così felice, aveva già tutto ciò di cui avrebbe mai potuto avere bisogno che, forse, anzichè lottare per una colpa incancellabile e una redenzione irraggiungibile, avrebbe soltanto dovuto prendere la decisione di uscire da quella porta, uscire dall'esercito, con la persona seduta alla scrivania a fianco, per non fare più ritorno.
Sempre vicini eppure così distanti: la minaccia di poter uscire dal loro cammino, scelto volontariamente, in cui i passi affondavano e s'invischiavano nell'amarezza e di cui non si riusciva a scorgere la fine, non aveva fatto altro che allontanarli.
Sapeva che se si fossero riavvicinati, come quando erano solo dei ragazzini, tutto sarebbe andato perduto, ed i pensieri che ora gli passavano per la testa ne erano la conferma.
Ci volle non poco contegno, ed una buona dose di autocontrollo, per rimanere immobile sulla sua seduta. In quel momento pesino dire "é iniziata la pausa pranzo, andiamo in mensa" sembrava un'affermazione con tutt'altro significato, un codice che solo l'altro avrebbe potuto decifrare. Quell'"andiamo" era pregno del suo desiderio, della sua colpa.
Quasi si mise a sorridere, un sorriso beffardo e di scherno contro di sè, perchè si rese conto che le illusioni di fuga che stava formulando erano latenti da sempre, ora avevano fatto solo un piccolo passo avanti apparendo con maggiore chiarezza nella sua mente, e questa nuova consapevolezza avrebbe un prezzo, da pagare con la moneta del dolore. Sapeva che era una persona importante, molto importante, ma da quando si erano rivisti ad Ishbar, entrambi in divisa militare e con occhi da assassini, non aveva più approfondito la ricerca della natura del loro rapporto.Ciò che erano stati, ciò che sarebbero voluti essere, era stato rinchiuso dietro le spesse pareti di casa Hawkeye e seppellito nei ricordi. Ora erano solo soldati, superiore e subordinato, che combattevano una battaglia per la quale avevano sacrificato tutto il resto e finchè non l'avessero vinta - la sconfitta non era contemplata, oltre esisteva solo la morte - non si sarebbero dedicati ad altro. Questa era la penitenza per l'assoluzione dei loro peccati.
Ma al momento risultava arduo resistere alla tentazione incarnata in quella splendida figura, la più bella, la più pura sulla quale aveva mai posato lo sguardo. Non avrebbe mai potuto smettere di desiderare quel miraggio di perfezione che si trovava innanzi...

La finestra sbatté improvvisamente. Si era alzato del vento e all'orizzonte si levavano minacciose nubi nere cariche di pioggia.
Solo in quel momento si accorsero di essere entrambi incantati, uno perso nello sguardo dell'altro.

Imbarazzata, Riza dedicò tutta la sua attenzione a sistemare le carte che si trovavano sopra la sua scrivania, già perfettamente ordinate, allineandole con esattezza millimetrica agli spigoli della stessa.
Roy si girò di scatto verso la finestra e, nel ricevere in pieno volto un soffio d'aria fresca, tentò di usare a proprio vantaggio il repentino cambiamento climatico cercando di rilassarsi e schiarirsi le idee. Si lasciò quindi andare contro lo schienale della poltrona e rimase immobile ad occhi chiusi, inspirando a pieni polmoni la brezza che giungeva dall'esterno.

"Colonnello, siamo in ritardo per la pausa pranzo. Tra pochi minuti la mensa verrò chiusa, sarebbe il caso di an...avviarsi."
"Certo Tenente, an...Lei vada pure avanti. La raggiungerò immediatamente."

Riza si alzò. Accennò, impeccabilmente, il saluto militare e sparì dietro la porta. Dopo averla chiusa vi si dovette appoggiare contro: era in preda alle vertigini ed era perfettamente cosciente del fatto che queste non erano causate ne' dal caldo ne' dal movimento fulmineo con cui si era alzata e precipitata fuori dall'ufficio.
Si sentì ancora più in imbarazzo. La sua temperatura corporea aumentò repentinamente - ne erano prova le guance arrossate - e sentì gli occhi pizzicarle per le lacrime. Stava letteralmente morendo di vergogna. Vergogna per sè stessa e per il suo comportamento. Come aveva potuto dimenticare, anche se solo per un attimo, la sua missione? Come dimenticare la corruzione che albergava nell'esercito?
Si ricompose all'istante e, con passo deciso, prese la direzione opposta alla mensa, dirigendosi verso i poligoni. Ricomporre i propri pensieri con il Colonnello vicino sarebbe stato impossibile.

Nel frattempo Roy era ancora seduto sulla sua poltrona, lo sguardo puntato sulle nuvole che, veloci, si avvicinavano alla città.
Inarcò le labbra in una smorfia di disgusto: aveva dimenticato il suo obiettivo, aveva dimenticato che, oltre alla sua personale felicità, esisteva un bene più grande, che avrebbe portato una felicità ben diversa - la speranza - alla popolazione della nazione intera, nonché a quella dei paesi confinanti con i quali Amestris era sempre in guerra.
E aveva dimenticato che lei, per ben due volte, si era fidata di lui e lo aveva seguito proprio per quegli ideali che lui, in un attimo di follia, aveva relegato in un angolo buio della sua mente, non raggiunto dal lume della ragione.
Prese coscienza del fatto che se non avesse portato a termine la sua missione non sarebbe più esistito un noi a cui aggrapparsi, che non avrebbe potuto sperare che lei lo seguisse nelle vesti di uomo e non di superiore, dato che lui era la causa ultima della maggior parte delle sventure della sua esistenza. Se non avesse adempiuto ai suoi doveri, e quindi redento la sua anima dalle colpe di entrambi, non avrebbe nemmeno più avuto il diritto di desiderarla.
Dall'esterno giunse l'eco di un tono, di lì a poco in città si sarebbe rovesciato un'acquazzone. Il consueto senso d'inutilità che s'insinuava in lui nei giorni di pioggia emerse più opprimente del solito, e poteva sentirlo distintamente, fisicamente, una fitta all'altezza del petto che gli toglieva il respiro.


...non è ancora tempo nella mia mente...ma nel mio cuore...





Un grazie a tutti/e coloro che hanno avuto il coraggio di leggere e arrivare alla fine di questa ff!
Mi rendo conto che è la sagra del già detto ma per iniziare (eh si..è la prima, e immagino che lo stile lo riveli) mi sono buttata sul classico e comunque..sono Roy e Riza..passerei le ore a leggere/scrivere ff per sviscerare il loro rapporto o crearne nuove possibilità di sviluppo.
Spero non ci siano troppi errori (lo spero proprio tanto, soprattutto per i tempi dei verbi) e sia per questi che per la scontataggine dell'argomento trattato mi scuso!!!
Passando ai "commenti dell'autore" veri e propri vorrei solo far notare il parallelismo tra Roy e Riza in tutto ciò che hanno pensato: dai ricordi d'infanzia, al flusso di pensieri (ok, inevitabile ai fini della ff), alla consapevolezza finale alla quale entrambi giungono e che entrambi si negano, anche se solo per il momento.
Concludendo..il caldo tira brutti scherzi!

baci88
  
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