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Autore: nightswimming    13/11/2009    1 recensioni
Nessuna sorpresa sino a quel momento, si disse fra sé e sé, i piedi che si accarezzavano lievi fra loro con un movimento ritmico e nervoso. Nessuno stupore. Nessuna stuzzicante anomalia.
Nessun gusto.
E poi lui.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L sorbì coscienziosamente il liquore dal cioccolatino, come un’ape che sugga il nettare da un fiore, poi mordicchiò sovrappensiero gli angoli del piccolo dolce. Il delicato aroma del cacao stemperò presto in una sensazione piacevole il carattere aggressivo del rum, che gli aveva bruciato la gola; e allora L si sorprese a guardare intensamente Light, chiedendosi se il giovane Yagami conoscesse appieno il significato della parola retrogusto.
Naturalmente sospettava, dal momento che era sicuro in grande percentuale di conoscerlo bene, che l’uso di quel vocabolo gli doveva riuscire disinvolto sin dalla più tenere età: anzi, concentrandosi in un lieve sforzo di fantasia, riusciva persino a immaginarsi il bambino Light che a tavola respingeva capricciosamente una pietanza lamentandone il retrogusto troppo amaro.
Ma questo non era il punto, ovviamente. Quel che piuttosto L si domandava, passandosi un dito sulle labbra con un movimento lento e regolare, era sino a che punto Light Yagami conoscesse le varie applicazioni e sfumature di quella parola. La circoscriveva all’ambito gastronomico, come la maggior parte della gente? Oppure ne aveva compreso il senso universale, estendibile anche agli esseri umani?
Per lui era così. Si era scoperto col passare degli anni ad assaggiare letteralmente le persone, a gustarle, a rigirarsele in bocca in cerca del loro sapore autentico, essenziale. Inutile dire che la maggior parte di loro era di una scipitezza rara e sembrava non avere alcun tipo di inclinazione che gli potesse interessare. Fiumi di persone e sempre lo stesso noioso equilibrio di dolce e salato, duro e morbido, pastoso o liquido, buono o cattivo, che alla fine degenerava sempre in quel marciume proprio dei cibi andati a male – o peggio, dei biscotti crepati, delle torte bruciate, delle creme acidule. Degenerazioni inevitabili di una materia scialba e imperfetta.
Nessuna sorpresa sino a quel momento, si disse fra sé e sé, i piedi che si accarezzavano lievi fra loro con un movimento ritmico e nervoso. Nessuno stupore. Nessuna stuzzicante anomalia.
Nessun gusto.
E poi lui. Un portentoso equilibrio di virtù e qualità che prese singolarmente erano già di per sé eccezionali. Un aspetto attraente e ordinato, come di una torta decorata ad arte e perfetta nella sua disposizione di fragole, scaglie di cioccolato, riccioli di panna.
Capacità deduttive, intellettive e oratorie al limite del genio e dell’estro creativo, proprie di un cuoco di prim’ordine, il migliore del mondo, forse persino migliore di lui. Una mente capace di unire armoniosamente concetti ed espedienti lisci e levigati come confetti.
Ed infine, l’ingrediente sorpresa. Quel qualcosa in più che Light Yagami possedeva e che gli era ancora indecifrabile, se non addirittura incomprensibile. La chiave di volta di tutto: di Light Yagami, di Kira, di lui stesso, forse dell’intera ignorante umanità. Qualcosa che quel giovane ragazzo ammanettato a lui aveva saputo nascondergli gelosamente sino a quel momento.
L allungò lentamente una mano al di là delle proprie ginocchia sollevate e prese un altro cioccolatino ripieno al liquore. Amava il piacevole alternarsi di sapori amari e dolci che precedeva la degustazione completa di quella piccola opera d’arte: più di tutto, gli piaceva la svolta improvvisa verso un nuovo orizzonte di sensazione. Quel retrogusto che il cioccolatino gli lasciava in bocca, quell’abile costruzione di equilibri destinati a frangersi contro il suo palato, era una piccola estasi culinaria.
“Ryuuzaki”
Si riscosse lentamente dai propri pensieri, fissandolo negli occhi. Gli porgeva un foglio pieno di dati e liste di nomi.
“Si?”
“Ho effettuato un rapido calcolo delle probabilità su chi potrebbe essere la prossima vittima di Kira. Vorrei il tuo parere” disse, in tono serio. L annuì lentamente.
“Certo” gli rispose pacato, e allungò una mano per prendere il foglio. Un lieve dolore alla punta dell’indice gli fece sfuggire un gemito.
“Ahi” disse, strascicando ogni singola lettera con fare annoiato. Light aggrottò un sopracciglio.
“Che ti succede?”
L non gli rispose subito. Rimase ad osservarsi il dito, ponendoselo a pochi millimetri dagli occhi, lo sguardo fisso e piatto. Light incrociò le braccia sul petto.
“Penso di essermi tagliato con quel foglio” disse infine, indicando con la mano sana il documento poggiato sulla scrivania davanti a sé, curandosi di non distogliere gli occhi dal dito ferito.
“Scusami, Ryuuzaki. Devo avertelo porto con troppa foga”.
L’aveva sentito davvero o era stata solo una sua impressione? L non lo sapeva. In quel momento quel breve taglietto sul polpastrello sembrava catalizzare tutta la sua attenzione, e con un lento movimento saturo di concentrazione si portò il dito ferito alle labbra. Il sapore del sangue gli si insinuò nella bocca. Conosceva bene quel sapore. Dentro di sé si era sempre vantato di saperlo fiutare.
“Fa niente” disse, più a sé stesso che a lui o al vuoto che li circondava.
Si rese improvvisamente conto che quell’associazione mentale fra il sangue e Light, fra il sapore ferroso e dolciastro di quel fluido vitale e l’impressione di caustica cortesia che quel ragazzo gli suggeriva, era totalmente sbagliato. Se Light era veramente Kira, il sangue centrava, eccome se centrava. Ma non direttamente. Era un’associazione di sapori troppo grezza e frettolosa per essere veramente gradevole e perfetta. Non era quello il retrogusto che cercava in lui: troppo ovvio. Troppo ovvio classificarlo soltanto come assassino o giustiziere o distratto amministratore di destini cruenti.
Si stiracchiò lievemente, tornando ad accarezzarsi i piedi l’uno con l’altro. La carta che Light gli aveva passato era ancora lì davanti a lui. Dopo un lieve attimo di esitazione, ne prese gli angoli superiori fra pollice e indice e cominciò a leggere. Il suo lavoro proseguiva.
Di una cosa era sicuro: moriva dalla voglia di scoprire quale fosse quel tocco segreto che rendeva il giovane Yagami così speciale – così… ma sì, perché negarlo. Così simile a lui. D’altro canto, la tentazione era troppo forte. Un dolce così strutturalmente complesso e meravigliosamente composto sembrava fatto apposta per la sua bocca avida di nuovi sapori. Di nuove sorprendenti combinazioni di gusto.
Ed era invitante a vedersi, ma L sapeva che quelle prime impressioni che si era fatto, seppur quasi sicuramente fondante e combacianti alla realtà, non significavano ancora niente. Non si poteva indovinare la natura di un dolce semplicemente guardandolo da dietro una teca di vetro. Bisognava saggiarne la qualità direttamente sul proprio palato.
Basta una piccola sbavatura a rovinare un’opera perfetta.
L si chiese con una certa irrequietezza se, una volta giunto l’agognato momento, il retrogusto sarebbe stato amaro o dolce, piacevole all’inizio e pungente alla fine oppure il contrario. Con tutta sincerità non riusciva ad immaginarselo.
Una piccola distorsione è sufficiente a distruggere un ragionamento compiuto.
Sapeva però che per quel che poteva dedurre da Light, e per quanto gli fosse potuto piacere o no quell’ultimo sapore che ancora bramava di scoprire, con molte probabilità il dolce sarebbe stato colmo di veleno.
“Non posso che concordare con te, Light. Deduzione impeccabile”.
Qual’era dunque il punto, infine? L lo discerneva chiaramente, ma per la prima volta in anni tentennò prima di far proseguire le proprie ipotesi lungo quel percorso. Non aveva mai concepito un pensiero che sapesse toccarlo così nell’intimo, tanto meno nel corso di un’indagine.
La più piccola traccia di male offusca irrimediabilmente ogni sentimento di bene.
  Il quesito era di una semplicità disarmante; tuttavia, né lui né Light erano ancora riusciti, nonostante la loro prodigiosa intelligenza, a trovargli una soluzione che fosse al contempo sicura, sincera e soddisfacente.
“Grazie, Ryuuzaki” gli rispose Light, tornando immediatamente a rivolgere l’attenzione al computer. L, non visto, si lasciò scivolare sulla faccia un lento sorriso.
“Di niente, Light. E’ un piacere per me”.
Sarebbe riuscito ad avvertire in tempo il sapore letale del veleno?
   
 
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