Il buio mi sta terrorizzando, ma non
voglio dirlo a nessuno perchè lo so bene che non abbiamo nessuna alternativa.
All'inizio della giornata volevamo solamente andare a casa dei nostri amici
lontani, ma per colpa di un brutto temporale siamo costretti a passare la notte
in una casa, che si mostra ai nostri occhi abbandonata. Le sue finestre,
dipinte di nero, con il vento sembrano possedute da uno spirito. Il suo
giardino, così grande e illuminato da un filo di luce dalla luna, possiede un
cimitero pieno di tombe. Io ho suggerito ai miei amici che era meglio se
rimanevamo a dormire dentro la macchina, ma loro non mi hanno dato ascolto e mi
hanno comunque costretto ad andarci. Qualcosa mi diceva che quel posto non era
per niente affidabile e che non dovevamo andarci per nessuna ragione al mondo.
Superato il cancello principale, che già mi faceva paura, ci troviamo davanti
all'enorme porta nera e proviamo ad entrare spingendo verso il suo interno. La
porta, senza nessuna difficoltà, si apre alla prima spinta che le viene data. I
brividi non ci mettono tanto a raggiungermi e forse mi sbagliavo ma era meglio
se passavo la notte in macchina da solo.
- Che cosa fai? - mi chiede un mio
amico appena vede che indietreggio. - Hai forse paura? Stai tranquillo, qui non
c'è nessuno e poi è solo finché il temporale non si sarà fermato! -
Insieme entriamo, ma una sensazione
improvvisa mi ricorda in un brevissimo arco di tempo di avere dimenticato di
chiudere la macchina. La zona è deserta, ma non riesco ad essere tranquillo. Esco
dalla casa fino a poco prima vuota, assicurando i miei disinteressati amici.
Mentre cammino, un lampo si fionda di fronte a me in un millesimo di secondo,
tempo necessario a far sì che il mio cuore cominci a battere irrefrenabilmente.
Spaventato, corro il più velocemente possibile verso l'auto, la chiudo e, con
la stessa velocità, ritorno dentro la casa. Quando mi trovo davanti al portone
che segnava l'accesso all'interno della casa, comincio a pensare che in fondo,
escludendo il tempo orribile, tutto quella sera sarebbe andato bene. In effetti
questo luogo è talmente deserto che trovo impossibile la presenza di
qualcun'altro oltre a me e ai miei amici. Entro per la seconda volta in quella
casa. Questa volta è l'ultima...
Un rumore improvviso e violento si
alza alle mie spalle. Il mio cuore palpita violentemente. Mi giro di scatto e
miei occhi si spalancano. Come è possibile che una porta sbatta così
violentemente e il tutto senza un supporto umano? Questa domanda rimane
sigillata tra i miei pensieri per ore ed ore.
Trascorriamo questa piovosa notte
tra risate e scherzi tipicamente maschili. La cena non è il massimo che si può
desiderare, ma riusciamo ad accontentarci. La nostra pigrizia ci spinge a
lasciare le lattine di birra e i resti dei nostri piatti abbandonati sul
bancone polveroso della cucina. Andiamo al piano di sopra, salendo gli scalini
scricchiolanti. Scopriamo che ci sono solo due camere e un bagno lurido e
sporco. In ogni camera c'è solo un letto singolo e noi siamo in cinque.
Decidiamo di lasciare i due letti al ragazzo che ha guidato per tre ore ore
intere e al suo aiutante che per quelle tre ore ha decifrato una cartina di
un'altra epoca, la nostra unica risorsa per raggiungere quel luogo
indescrivibile. Noi altri ci dividiamo tra le due stanze, arrendendoci all'idea
di dover dormire su di un pavimento completamente coperto di polvere. Io scelgo
di dormire con il mio migliore amico, l'autista della situazione. Insieme,
andiamo in una delle due camere. Entrando, posiamo i nostri pesantissimi zaini
sul pavimento, provocando una nuvola di polvere.
-Io vado a farmi una doccia.- mi
dice il mio amico.
Io annuisco prontamente. Non appena
si allontana, io, voltandomi verso il muro, afferro il pigiama penzolante dallo
zaino. Quando mi volto nuovamente, sento il pigiama sfuggire dalla mia presa,
incurante della mia volontà di tenerlo in mano. Qualcosa che fino a poco prima
era esattamente vicino alla piccola finestra della stanza, ora non c'è più. Non
qualcosa di piccolo come un mazzo di chiavi o addirittura una tessera
dell'autobus, ma qualcosa che a mio giudizio non può sparire in un tempo così
limitato. Eppure è così. L'unico letto presente nella stanza non c'è più.
Improvvisamente, sento uno strano rumore provenire dal piano di sotto.
Riprendendo i sensi, corro in gran fretta scendendo due a due i gradini.
Dirigendomi a sinistra, controllo la sala più polverosa della casa, che ai miei
occhi sembrava essere un soggiorno malridotto. Quella stanza non ha nulla di
diverso da pochi minuti prima. Mi dirigo dalla parte opposta in cui si trova la
cucina. Entrando, mi fermo ad un particolare che attira la mia attenzione. Sono
di fronte al bancone e osservo il punto in cui prima vi erano le nostre cinque
lattine di birra vuote. Faccio un passo indietro, ma un rumore mi blocca.
Guardo in basso e noto che quattro lattine sono ai miei piedi mentre la quinta
si trova a distanza di poco più di un metro da me. La quinta lattina è quella a
cui ho dato un calcio. Le lattine che fino a poco prima erano sul bancone, ora
sono sul pavimento. Non mi preoccupo. Sono certo che sia stato il vento. Quando
mi giro, rimango deluso e terrorizzato al medesimo istante. La finestra della
stanza è chiusa e molto bene rispetto alle altre della casa. Voglio fuggire
immediatamente. Corro subito fuori della stanza, salendo le scale allo scopo di
raccontare l'accaduto al mio migliore amico, per cui mi precipito verso il
bagno. Ancora terrore. Il mio amico è un tipo riservato, che odia occuparsi
della propria igiene in pubblico. Eppure la porta del bagno è socchiusa e il
rumore dell'acqua si nota. "E' impazzito" penso. Mi avvicino a passo
lento alla porta socchiusa. L'acqua continua a scorrere. Io continuo a
camminare e alla fine arrivo alla mia meta. Busso alla porta, ma non ricevo nessuna
risposta in cambio. Comincio ad entrare, potendo notare che non ci sono vestiti
appoggiati da nessuna parte. Avanzo più velocemente.
Il mio cuore manca di qualche
battito. Ciò che vedo è troppo, troppo per un ragazzo della mia età, troppo da
sopportare. I miei occhi si riempiono di lacrime irrefrenabili. Un'immagine
rimane stampata nel mio cervello: il mio migliore amico disteso su di un lago
di sangue ed acqua, indossante vestiti impregnati di sangue. Sotto i vestiti
posso vedere la forma di qualcosa. Cercando di farmi forza, mi avvicino il più
possibile a lui e, tremante di dolore e paura, alzo la maglietta. Sento la cena
sullo stomaco. Un enorme pezzo di legno massiccio è infilato nel petto del mio
amico. D'istinto, mi affretto a raggiungere la piccolissima finestra del bagno,
in cerca della via di fuga più vicina. Ancora una volta, il mio cuore manca di
un battito. Guardo giù e di nuovo assisto ad uno spettacolo terrificante. Gli
altri miei compagni di avventura sono distesi sul prato, privi della loro vita.
Ad uno di loro manca una gamba. Io fuggo, non so cos'altro fare in questa
situazione orribile in cui mi trovo. Corro...percorro tutta la casa. Mentre
corro, mi chiedo per quale motivo io sono l'unico ad essere ancora in vita. Mi
chiedo cosa stia succedendo, eppure sono in un luogo deserto, tutto questo non
doveva accadere. Scendo nuovamente al piano di sotto e comincio a respirare
affannosamente. Non so più dove andare. Decido di uscire fuori, l'unico luogo
in cui non sono stato durante la mia fuga è solo quello. Nell'ultimo gradino
inciampo. Mi rialzo il più velocemente possibile. Apro la porta e sento un
dolore fulminante colpire il mio petto. Sto cadendo lentamente. Prima di
raggiungere completamente il pavimento, riesco ad intravedere il volto di un uomo,
poi il corpo fino alle gambe, fino a che la vista non mi abbandona insieme alla
vita.