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Autore: candidalametta    16/11/2009    6 recensioni
Non pensare non pensare non pensare. Ma non posso farci niente, una parte di me, quella che non governo, quella che urla troppo spesso pietà per non essere ascoltata si ribella. Soppressa da una mente troppo invadente, da una fantasia feroce.
Quella parte di me che sa dove vorrebbe essere, che non ha bisogno di pensare per sentirlo, si dibatte impetuosamente nel petto. Il cuore scalpita nella corsa che vorrei fare, da qui, la ragione più in basso d’Italia, fino a lassù, nel paese delle nebbie. Milano, lontanissima e irraggiungibile, come il concerto.
Genere: Triste, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È un giorno che non ci penso.
Non pensarci non pensarci non pensarci.
Come una cantilena, una filastrocca, una formula magica per far avverare un desiderio.
Non pensare non pensare non pensare.
Ma non posso farci niente, una parte di me, quella che non governo, quella che urla troppo spesso pietà per non essere ascoltata si ribella.
Soppressa da una mente troppo invadente, da una fantasia feroce.
Quella parte di me che sa dove vorrebbe essere, che non ha bisogno di pensare per sentirlo, si dibatte impetuosamente nel petto.
Il cuore scalpita nella corsa che vorrei fare, da qui, la ragione più in basso d’Italia, fino a lassù, nel paese delle nebbie. Milano, lontanissima e irraggiungibile, come il concerto.

Il mio povero cuore che ruggisce di una musica che non potrà sentire.

“a te succede mai?” Tomo si gira verso di Tim, per un attimo quieto, senza quel sorriso giocherellone sul volto infantile. È sorprendente vederlo serio. “cosa?” chiede il croato, “sentire la musica. Non nell’aria, non tra le dita mentre suoni, e neanche in testa … sentirlo qui …”, e si poggia una mano sul petto, a sinistra. “sentirla nel cuore, come l’eco del sangue pompato, mentre si spande, in tutto il corpo, come una melodia, sentirlo risuonare nel petto, come se cantasse … a te succede?”. Continua a chiederlo, con le guance vagamente arrossate dall’imbarazzo di una domanda tanto stupida in fondo. E Tomo sorride, poggiandogli una mano sopra la sua, sul cuore pieno di musica, “tutte le volte”.

Non pensare non pensare non pensare.

Non pensare di essere nata dalla parte sbagliata del paese, non pensare che se abitassi più vicino il sogno si sarebbe realizzato e tu saresti li, in quella sala che hai visto solo nei concerti su you tube. Non pensare di avere sbagliato tutto, cominciando dal posto in cui hai visto il sole sorgere per la prima volta.

Non pensare che saresti potuta nascere in un mondo diverso.

“non è un miracolo essere qui?”, Shannon smette di giocare con le sue bacchette per lanciare un’occhiata nervosa oltre i primi metri che li separano dal palco. “non mi sembra, in fondo l’aereo è ancora il mezzo più sicuro per gli spostamenti …”, Tomo sospira cercando di farsi capire oltre l’ansia che ormai attanaglia il batterista. “intendevo dire che è solo frutto di uno stranissimo destino se siamo qui, tutti insieme, io, te, Jared, Tim … pensa che cosa sarebbe successo se non avessimo sfondato, se il gruppo non si fosse formato nemmeno, se io non fossi migrato in America …” e la voce si incrina pensando ad una probabilità troppo grande e ad una vita forse irrimediabilmente spezzata. E Shannon sa cosa fare, stringendogli forte una spalla magra nella mano callosa, “ringrazia il tuo fottutissimo Dio di essere qui con noi Tomo, o avrei dovuto cercarti fino allo sfinimento quell’assurdo paese dove sei nato”. E Tomo sorride, nonostante tutto.

Non pensarci non pensarci non pensarci

Al fatto che senza la famiglia e rimarcare la paura di un volo troppo alto, troppo distante, saresti partita. Se non ti fossi sentita così dannatamente in colpa per le persone che avevano paura per te, se non fossi così maledettamente legata al loro parere, se non avessi ancora bisogno della loro approvazione. Non pensare alla mia bravura come figlia per non richiedere quel sacrificio. Perché ancora nel nido non hai avuto in coraggio di chiedergli qualcosa e chiusa nel tuo mutismo non sei riuscita a farti asciugare le lacrime. Nonostante avrebbero voluto farlo.

Perché è difficile abbandonare la famiglia e volare con le proprie ali, imparando a sfidare la gravità da sola.

“a volte mi chiedo se riuscirò mai a liberarmi di te”, Jared sorride mentre Shannon mastica nervosamente la gomma, “ne dubito” aggiunge ad una domanda non fatta. “cazzo Jay, l’ultima volta in cui non eri tra i piedi non la ricordo nemmeno!” brontola il batterista stringendo forte le bacchette, “ci credo! Molti studi medici dicono che del primo anno di vita non abbiamo memoria” sbotta Jared sghignazzando. “spiritoso! Molto, molto spiritoso!” e allunga una mano per scombinargli i capelli mente l’altro tenta di coprirsi la testa, “no Shan, tra poco dobbiamo andare sul palco!”. E stavolta è il maggiore a ridere, dandogli un buffetto sulla guancia e guardandolo per un attimo negli occhi chiari, “e va bene fratellino”.

Non pensare non pensare non pensare

E chiusa nella camera non pensi, guardi l’mp3 su comodino. Stesa sul letto osservi i poster attaccati alla parete, e gli album sullo scaffale e una vita che parla di loro. Dei 30 seconds to mars. Di quel gruppo che conosci da poco ma che ti ha cambiato la vita, dei ragazzi che ormai sono come fratelli maggiori, fidanzati mancati, amici di sempre, che popolano i tuoi racconti inventati, che vivono una seconda volta sotto le tue mani. Incarnano paure e fantasie, vivono di musica e poesia. E sei così abituata a loro, a vederli gironzolare come miniature intorno a te, dicendo cose buffe, suggerendo situazioni che ormai vivono con te. Riempiono i tuoi sogni. Regalano del tempo in più per pensare, e maledettamente, distraendoti guardi l’orologio e capisci che tra poco cominceranno lo show. Che al concerto a cui avresti tanto voluto partecipare tu non andrai. E ti senti triste, irrimediabilmente triste, per quelle note che andranno perse, per quelle risate, lacrime urla, che non ti attraverseranno.
Per quegli esseri mitologici, gli Echelon che oggi non incontrerai, non ancora.
Pensi a tutte quelle persone, ragazze, donne, che come te perdono tempo e ispirazione a creare mondi paralleli in cui Marte è dietro l’angolo, a nemmeno 30 secondi da te, realtà inesistenti in cui si cade, si ci rialza, si soffre, si gioisce e si cresce. Scacciando i propri demoni, rendendo la vita un po’ più piacevole. Allora ti fai prendere dalla nostalgia, prendi il quaderno mai troppo lontano e cominci a scrivere, sperando che vada meglio.

Per darti l’illusione che qualcosa possa cambiare.

“Jared …”, Tim chiama il cantante appoggiato in un angolo con un quadernetto sgualcito più piccolo del suo cellulare, prende nota di qualcosa e il bassista sa che è un’ispirazione improvvisa.
Jared non si fa mai scappare un momento del genere.
“ti sei mai chiesto perché lo facciamo?”, Tim sbatte le palpebre un paio di volte, sorpreso, “perché suoniamo? Perché ci esibiamo? Te lo dico io Tim, perché siamo artisti. E gli artisti fanno questo, si mettono in gioco, inventano qualcosa che prima non c’era, un’immagine, una storia, una canzone. E sai perché?” il batterista non si muove, attende il suo pensiero consapevole che aderirà al suo, “perché a volte le persone si dimenticano di quanto sia bella la vita, di quanto sia spettacolare. Per poter sorridere un po’ di più, e ricordare che c’è sempre qualcosa di imprevedibile e magnifico che potrebbe capitare in qualsiasi momento, in qualunque luogo. Persino fra trenta secondi. Persino su Marte”. Tim sorride insieme al cantante mentre l’urlo della folla si fa più forte e Shannon e Tomo si uniscono ai due. Mentre gli Echelon salutano i loro marziani.


“hy Milano!”

Dedico questo … non so come definirlo … a tutte le Echelon che non sono potute andare al concerto, a tutte le Echelon che sono potute partire e ai guys, per continuare a fare musica.
  
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