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Autore: likeasong    17/11/2009    3 recensioni
Il ragazzo sospirò: non riusciva a ragionare a mente lucida se Jenny gli parlava in quel modo. Non voleva distruggere in attimo tutti quegli anni di amicizia, ma se andava avanti così rischiava solo di rovinarsi e, un giorno, di perderla. L’ultima cosa che desiderava era avere rimpianti. Decise che doveva fare qualcosa.
La vigilia di Natale due amici da tutta la vita scoprono che forse la loro non è un semplice amicizia, ma molto di più.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa dell'autrice: Questa storia è nata durante una pazza conversazione su MSN sul Natale. La dedico alla mia migliore amica, nonchè sorella :) Questo storia non l'ho scritta a fini di lucro e i personaggi non mi appartegono (non ancora xD)

Enjoy it!


 

Ovunque andrai

Londra. Vigilia di Natale. La neve cadeva imperterrita sui tetti spioventi delle case da diverse ore e il manto bianco aveva ormai coperto ogni parte della città, cancellando ogni traccia di qualsiasi altro colore.

 Nel quartiere di Notting Hill non c’era più nessuno in giro. Joe ascoltò il tintinnio della porta che si chiudeva dietro di sé e rimase un attimo fermo in mezzo al marciapiede. Da chissà dove arrivavano ancora le dolci melodie dei canti natalizi intonate dai bambini e sorrise al ricordo di lui come quei ragazzi, alcuni anni fa.

Si avviò lungo la via deserta: il freddo gli pungeva il naso e si coprì la faccia con la sciarpa, stringendosi nel cappotto. I negozianti stavano chiudendo i battenti velocemente, desiderosi di tornare nello loro dimore a godersi il Natale con le proprie famiglie. C’era il silenzio assoluto adesso, rotto solo dalle grida di festa provenienti dalle case lungo la strada: le finestre erano illuminate e all’interno enormi alberi di Natale riempivano i salotti.

Il ragazzo raggiunse la sua destinazione e bussò due volte sulla porta di legno massiccio con le nocche infreddolite. Mentre si scaldava le mani sfregandole l’una contro l’altra, sentì da dentro un vociare di persone e qualcuno che intonava qualche canzone con una chitarra; poi udì un rumore veloce di passi e la porta si aprì di scatto.

- Joe! Sei arrivato finalmente!-  esclamò Jenny, saltandogli praticamente addosso e abbracciandolo. – Devi sempre essere il solito ritardatario, altrimenti non ti chiameresti Joe Jonas, no?- disse scompigliandogli i capelli.

-Ovvio. Ma se ti dicessi dov’ero, potrei dichiarare terminati i miei giorni di vita.- rispose, fissando un punto indefinito al di sopra della testa della ragazza di fronte a lui.

Jenny lo squadrò per un momento. – Ok, ho capito. Ti eri dimenticato di farmi il regalo? Ci avrei scommesso, lo fai ogni Natale.- si zittì un attimo. – Quindi adesso me lo fai vedere?- disse con aria speranzosa.

-Eh no, mi dispiace. Devi aspettare, come sempre. Non mi sembra giusto infrangere ogni nostra tradizione proprio questa volta.- La liquidò entrando in casa e lanciandole un sorriso trionfante.

Lei era Jennifer Stevens, o come tutti la chiamavano da sempre: Jenny. Era amica di Joe da quando entrambi avevano potuto respirare: le loro mamme si erano conosciute lungo i corridoi dell’ospedale, tra una visita ginecologica e l’altra, e il destino aveva voluto che le loro vie si incrociassero fino a fondersi insieme.

Non c’era ricordo di Joe in cui non comparisse anche Jenny: lei c’era sempre stata. Da quanto avevano imparato a camminare in modo buffo, fino alle prime delusione d’amore: si erano aiutati a vicenda, quasi come fratello e sorella.

Quella ragazza, in un 1.65 di altezza scarso, era un concentrato di energia. Era perennemente sorridente ed era la fonte di allegria per tutti quelli che le stavano attorno. Aveva i capelli neri lunghi fin sotto le spalle e gli occhi azzurro cielo osservavano con attenzione qualsiasi dettaglio presente. Il suo viso dalla carnagione candida aveva dei lineamenti morbidi che ricordavano quelli delle bambole di ceramica. Odiava quell’aspetto di sé: diceva che la facevano sembrare delicata. Su questo Joe non poteva darle torto, se c’era una caratteristica che amava e odiava di Jenny è che non ti diceva mai ciò che pensava attraverso giri di parole, ma arrivava sempre dritta al punto, sembrando quasi acida. Ma la verità è che aveva ragione, all’incirca tutte le volte.

Joe si sentì picchiettare sulla spalla. – Hey, sei con noi?-

La testa di Nick gli spuntò davanti, facendolo sobbalzare. –Sì, scusa stavo pensando.-

-Certo, stavi pensando, fissando.. – il fratello minore seguì la direzione dello sguardo di Joe e rimase perplesso -.. Jenny?-

-Nick, non fraintendermi. Non è quello che stai pensando.- esclamò, dopo aver colto il senso delle parole del fratello.

- Ah no? E perché saresti arrossito?- chiese, con occhi indagatori.

-Non sono arrossito!- sbottò Joe e si avviò verso la cucina.

“No, non può essere. Non mi può piacere Jenny. Caspita, è..  Jenny! La considero come una sorella..”Un brivido lo percorse: la sola idea gli sembrava alquanto incestuosa, anche se di per sé non aveva nulla a che fare con quel peccato.

Si appoggiò al tavolo della cucina e fissò l’orologio: erano quasi mezzanotte. Doveva cercarla per darle il regalo; si diresse verso la porta, ma nella fretta si scontrò contro un malcapitato che passava da quella parte. Si voltò per scusarsi, ma era proprio lei. Rimase un istante fermo: fu confortato dal sapere che le persone non potevano leggere nella mente, perché in quel momento provò un senso di vergogna per quello che aveva pensato. Si ricompose e esclamò: -Ti stavo giusto per venire a cercare!-

-Anche io. Scartiamo i regali?- disse sorridendo.

Joe annuì. Il suo sorriso lo stava completamente mandando in confusione. –Andiamo di sopra?-

-Perché?- chiese incuriosita, mentre cercava il regalo di Joe dentro ad una cassapanca.

Il ragazzo alzò le spalle non sapendo cosa rispondere. –Beh.. Il mio regalo è una storia in realtà.-

-Una storia? Joe, mi ha stai tenendo davvero sulle spine. Io comincio a salire, tu prendi il regalo.-

Tenendosi al corrimano cominciò a salire le scale a passo veloce. Aprì la porta della sua stanza e si buttò sul letto, attendendo l’arrivo del suo migliore amico. La sua camera era piccola, ma Jenny l’aveva arredata in modo tale da renderla confortevole: un ampio armadio riempiva tutta la parete a destra della porta, mentre sulla sinistra c’era il suo letto, la scrivania era posizionata vicino ad esso e nel rientro della finestra lei e Joe avevano riempito lo spazio con dei cuscini quando erano piccoli, perché da quel posto sembrava di poter volare al di sopra della città.

La porta si aprì lentamente e comparì Joe, che si avvicinò con passo mesto al letto, indicò la loro finestra e si andarono a sedere in quello spazio che ormai era diventato troppo piccolo per loro, ma che non avrebbero mai abbandonato.

-Sei strano.- disse Jenny, guardando attraverso il vetro i tetti bianchi della città.

-Può darsi. Non posso mentirti, mi conosci meglio di me.- dichiarò Joe, passando il braccio attorno al collo della ragazza, che si accoccolò sul suo petto ascoltando il ritmo del suo cuore: un semplice gesto di amicizia che per anni avevano fatto, ma quella sera stava acquistato un nuovo significato, o almeno per lui era così.

Restarono per alcuni minuti in silenzio, illuminati dalla luce debole che proveniva dal riflesso dei lampioni in strada sulla neve e guardando i minuscoli fiocchi bianchi che continuavano a cadere dal cielo.

Sciogliendosi dall’abbraccio, Jenny scivolò via e ritornò con in mano una busta con un fiocchetto rosso attaccato sopra. Con un ampio sorriso lo porse a Joe. –Aprila!-

Il ragazzo l’aprì e non capì immediatamente di che cosa si trattasse, incominciò a leggere e la sua faccia subì dei cambiamenti nell’arco di pochi secondi. –Jenny.. Non ci credo! Come hai fatto? Questa casa discografica accetta raramente delle richieste dai nuovi gruppi.- esclamò incredulo.

-Semplicissimo, è bastato fregare un vostro demo dalla camera di Nick  e consegnarlo alla segretaria del direttore che mi ero fatta amica mentre facevo uno stage.- disse con l’aria di chi la sa lunga. –So che questo regalo non è solo per te, ma anche per i tuoi fratelli e così ho rimediato prendendoti un’altra sorpresa. Non vale molto, ma per me è simbolico.- tirò fuori da dentro una tasca un braccialetto e prese il polso di Joe. –Ne ho uno uguale, così quando diventerai una star, girerai il mondo e io sarò troppo impegnata con gli studi e il lavoro per starti dietro, sarò sempre con te con il pensiero. Ovunque andrai. Ora, ti puoi mettere a ridere per questo regalo: stupido e infantile.-

-Stai scherzando, vero? Perché è stupendo. E volevo farti sapere che quando tu sarai una manager di successo e io un vecchio cantante senza più nessun soldo, sarò sempre con te. Ovunque andrai.- rispose Joe. Tipico di lui, spezzare quel velo sottile di tristezza che si era venuto a creare con qualcosa di divertente.

-Ma smettila. Io credo in te, in Nick e in Kevin. Diventerete famosi e migliaia di ragazzine urlanti vi correranno dietro, ovunque andrete.- lo battibeccò sarcasticamente Jenny.

-Così mi fai passare la voglia di diventare famoso.- incrociò le braccia al petto e poi si sporse per prendere il suo regalo che aveva posato sulla scrivania. –Ecco qua.-

Jenny incominciò a togliere la carta lucida che avvolgeva l’oggetto all’interno. Estrasse un libro con una rilegatura antica e con le loro iniziali sulla copertina. Lo aprì e scoprì che si trattava di un album fotografico: guardò la prima foto e si girò esterrefatta vero Joe: -Tu, come hai potuto?- gli disse con voce accusatrice, indicando la foto di loro due nei lettini dell’ospedale poche ore dopo il parto. –Guarda che faccia che avevo!-

-Che tenera bambina!- sghignazzò, imitando la voce di quelle vecchiette che per strada si fermano a guardare i neonati dentro i loro passeggini.

Jenny continuò a sfogliare le pagine, ricordo dopo ricordo, le riaffioravano in mente memorie che erano rimaste sepolte nel suo inconscio.

-Guarda questa.- la fermò Joe. Era stata scattata nel retro delle casa di Jenny: lei era seduta per terra, con le mani sugli occhi, mentre di fronte a lei Joe teneva una mano su un fianco e una bambola nell’altra. Avevano cinque anni all’epoca.

-Questo me lo ricordo. Ero rimasta sconvolta per giorni!- disse ridendo Jenny.

 

- Ridammela. È mia!- frignò la ragazzina.

-Da adesso non più: userò la tua bambola per salvare il mondo. Ormai Superman non c’è più e ci devo pensare io.- Joe si arrampicò sul piccolo albero del giardino e si sedette sulla piattaforma che il signor Jonas aveva costruito apposta per loro. Incominciò a far dondolare la piccola bambola con il vestitino rosa, finché non gli scappò di mano e cadde a terra.

Jenny le corse incontro, ma ritrovò soltanto quel piccolo oggetto senza un braccio che si era staccato per la caduta. Tirò su con il naso un paio di volte e poi gridò: -Mamma!-

Joe continuava a rimanere sull’albero, conscio che la reazione della sua amica sarebbe stata tutt’altro che buona. Jenny si avviò veloce verso i gradini che portavano alla sua abitazione, incespicando un paio di volte nei suoi stessi piedini. Spinse con forza la porta, arrivando a malapena alla maniglia, e si diresse verso lo zaino che Joe aveva lasciato all’entrata. Frugò dentro finché non trovo la sua palla da baseball preferita, la prese e tornò in giardino. La sollevò come un trofeo e la lanciò nel giardino accanto, ascoltando soddisfatta l’abbaiare del cane. Joe sbarrò gli occhi e scese dall’albero.

-Non dovevi farlo.- disse con voce tremolante.

-Tu non dovevi usare la mia bambola per salvare il mondo.-

-Non ti parlerò mai più. Da oggi in poi non sei più mia amica.- Così dicendo si avviò verso la casa.

-Neanche tu lo sarai più. Sei stato cattivo.- gli urlò dietro Jenny.

 

-Mi avevi davvero fatto arrabbiare, era la mia bambola preferita quella!- ridacchiò Jenny, ricordando quella storia.

-Ma tu non avevi ragioni per buttare la mia palla da baseball a quel cane assatanato dei vicini! Fin da quando eri piccola, sei sempre stata vendicativa. Devo ricordarmi di non farti mai alcun torto, potrei ritrovarmi senza capelli.- disse passandosi una mano fra i suoi capelli neri, che aveva tagliato di recente.

Jenny scosse la testa e indicò un’altra fotografia. –Questa quando l’hai fatta?-  Era immortalata una vecchia altalena in un piccolo parco del quartiere: la luce del tramonto rendeva tutto più caldo e le ombre era già lunghe, segno che la notte si stava per avvicinare.

-L’avevi fatta tu con la mia macchina fotografica: hai sempre avuto un debole per le foto d’effetto.- spiegò Joe. –L’hai scattata quella sera, quando Mark ti aveva lasciata.-

Jenny annuì con la testa: si ricordava bene quel ragazzo.

 

L’altalena cigolava. Era da tanto tempo che non si recava in quel parco giochi, da piccola ci aveva passato giornate intere. La luce del sole stava pian piano spegnendosi, portando con sé anche l’aria calda del pomeriggio, lasciando posto a quella della sera. Lacrime amare le solcavano il viso e cercava di pulirsi con il palmo della mano, rendendo la situazione ancora peggiore, dato che il trucco ormai era tutto sbavato. Muoveva i piedi avanti e indietro sul terreno, facendo alzare la polvere che sporcava le sua vecchie All Star.

Un brivido la fece sobbalzare e, in quel momento, qualcuno poggiò una maglia sulle sue spalle.

-Non dovresti startene da sola qui nel parco, Jenny. A quest’ora arrivano individui poco raccomandabili.-

-Lasciami in pace Joe!- sbottò fissando a terra.

Il ragazzo non se n’è andò, ma rimase zitto a fissarla sedendosi sull’altra altalena. Passarono diversi minuti, finché Jenny non riacquistò la parola: -Mi ha lasciato. Quel bastardo mi ha lasciato per un’altra. Avrei dovuto sospettarlo che una storia come la nostra non poteva durare e io invece, da stupida, ci ho creduto. A lui non importava un fico secco di me!-

Joe la lasciò sfogare e, quando lei alzò il viso e i loro sguardi si incrociarono, aprì le braccia e Jenny si fiondò addosso a lui, nascondendo la testa nell’incavo fra la sua spalla e il collo. –Avevi ragione, Joe. Avevi ragione su tutto. Era solo uno come tanti. Non ero niente per lui! Ti dovevo dare ascolto molto tempo fa.-

 La maglia del ragazzo si stava pian piano bagnando, ma quello era l’ultimo dei suoi pensieri. –Jenny, non è colpa tua. Tu hai seguito il tuo cuore e hai fatto bene, è lui che non ha capito nulla di te, perché se veramente ti avesse guardato dentro, avrebbe visto che tu sei unica e lasciarti scappare è solo una sua perdita. Credimi, Jenny, non serve sprecare lacrime, per un ragazzo del genere.-

Il suo corpo era scosso dai singhiozzi che lentamente svanirono; la ragazzo alzò la testa e fissò negli occhi il suo amico: -Grazie. Senza di te non so come farei.-

Joe le sorrise e le porse una macchina fotografica: -Tieni, ho pensato che per sfogarti ti andava di fare un po’ di foto.-

Jenny la prese e si allontanò dall’altalena: -Joe, spostati da lì. Mi rovini la foto.- Il ragazzo si alzò di colpo e corse verso di lei; fece appena in tempo ad immortalare quel luogo che si ritrovò a correre per non farsi prendere da Joe. –Così non vale, tu corri più veloce!-

 

-Come hai fatto in tutti questi anni a sopportare le mie crisi adolescenziali?- chiese esterrefatta Jenny.

-Le ho sopportate allo stesso modo in cui tu hai fatto con le mie.- rispose pragmatico Joe, abbracciandola stretta nel freddo di quella notte di Natale.

-Grazie per tutto.- sussurrò la ragazza, alzando gli occhi verso Joe. – Cosa sarebbe successo se non fossimo nati lo stesso giorno? Non riesco a immaginarmi una vita senza te.-

Il ragazzo sospirò: non riusciva a ragionare a mente lucida se Jenny gli parlava in quel modo. Non voleva distruggere in attimo tutti quegli anni di amicizia, ma se andava avanti così rischiava solo di rovinarsi e, un giorno, di perderla. L’ultima cosa che desiderava era avere rimpianti. Decise che doveva fare qualcosa.

Le prese la mano e cominciò a giocherellare con le sue dita: -Neppure io riesco ad immaginare una vita senza te. Ma se non fossimo stati amici? Ad esempio, se io fossi più di un semplice amico?-

Jenny capì dove voleva andare a parare, era troppo semplice capire cosa stava pensando, anche solo da come si comportava; decise di reggere il gioco: se le intenzioni erano quelle che sospettava, non vedeva l’ora di giungere all’arrivo. –Beh, se tu fossi stato il mio ragazzo, sarei stata contenta di questo. O almeno fino al momento in cui tu mi avresti lasciato.-

-E se, adesso, il nostro rapporto dovesse cambiare?-

Jenny si drizzò sulla schiena, senza lasciare la sua mano. –Potrei essere d’accordo.-

I loro visi erano vicini tanto da sentire il respiro caldo l’uno dell’altro. Joe avvicinò la mano libera alla pelle candida di Jenny e con un gesto delicato accarezzò la sua guancia. La ragazza chiuse gli occhi assaporando il momento, ispirò l’aria cercando di non dimenticare il suo profumo e si avvicinò ancora di più al corpo del ragazzo di fronte a lui. Con un po’ di esitazione e imbarazzo tipica dei primi amori, le loro labbra entrarono in collisione. Un bacio puro e semplice, ma carico di sentimento.

La notte di Natale era ancora loro e non l’avrebbero fatta fuggire. La neve continuava a scendere silenziosamente su Londra, ormai addormentata. Il silenzio avvolgeva ogni cosa con il suo freddo calore e nell’ombra di una piccola finestra, era nato un nuovo sentimento sognato e desiderato inconsciamente per diciannove anni, pronto a regalare nuovi sentimenti ai protagonisti di questa nuova storia da scrivere.

 

[Un anno dopo]

Il caos regnava nell’aeroporto. Chi arrivava, chi partiva, chi aspettava, chi salutava: ognuno con un bagaglio di ricordi dietro di sé.

La valigia era ai suoi piedi, mancavano pochi minuti e poi sarebbe dovuto imbarcare sul suo aereo per Los Angeles.

-Mi mancherai.- sussurrò Jenny, stringendosi al suo petto. Per la prima volta nei suoi venti anni, si ritrovava a salutare Joe senza sapere quando l’avrebbe rivisto. Tra una settimana, un mese, sei mesi? Una voragine enorme si stava aprendo nel suo cuore e sapeva che di lì a poche ore si sarebbe sentita anche peggio.

-Tu mi manchi già.- dichiarò Joe, cercando di non lasciar percepire il tremolio della sua voce, ma con scarsi risultati.

L’altoparlante chiamò nuovamente il suo volo e furono costretti a staccarsi: ultime occhiate, ultimi sorrisi, ultimi abbracci, ultimi baci. Poi tutto sarebbe finito una volta che Joe avrebbe mosso il primo passo verso il suo nuovo futuro, fatto di musica e concerti. Non avrebbe più avuto tempo per lei: fu una separazione silenziosa, ma tutti e due sapevano ciò che avrebbe significato questo nuovo lavoro di Joe.

Il ragazzo consegnò il suo biglietto e seguì i fratelli verso l’interno, si girò un’ultima volta e fece un cenno con la mano, poi sparì dietro il vetro scuro.

-Ovunque andrai. Io ci sarò.- sussurrò a sé stessa, non più convinta di quelle parole.

Jenny comprese solo in quel momento che con l’addio di Joe aveva finito di scrivere la sua pagina dall’infanzia  alla maturità. Si avviò verso l’uscita: doveva ricominciare con il mondo reale.

  
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