Il braccio destro è lasciato scivolare lungo il fianco.
La mano, chiusa spasmodicamente a pugno, va ad impattare contro il tessuto delicato del pigiama di seta, ormai lontano ricordo della vita tranquilla cui ha rinunciato.
Per cosa, poi?
Se lo chiede spesso, mordicchiandosi il labbro inferiore con forza per impedirsi di far trasparire anche solo minimamente il senso di angoscia e di sconforto che intimamente la assale.
Se quel giorno non avesse preso quella decisione, molto probabilmente adesso la sua vita non avrebbe preso una piega tanto particolare - eppure l’aveva messa in guardia, l’altra: era una strada senza sbocchi o vie traverse. Una volta intrapresa, non sarebbe più stato possibile tornare indietro.
Stanca, debilitata ed emotivamente distrutta, si porta una mano tra i corti capelli biondi, spettinandoli più di quanto non lo siano già.
Quel pensiero, adesso più che mai, la tormenta, divorandola silenziosamente dall’interno come uno sciame di tarme senza controllo.
E se…
No. Non deve nemmeno pensarlo.
… se quel giorno avesse scelto di…
No. No. No. Stupidi pensieri vaganti.
… di non intervenire?
Abbandona la fronte madida di sudore contro il vetro della finestra, lasciandosi completamente andare. Socchiude le labbra, respirando affannosamente, e serra con forza le palpebre, portando le lunghe ciglia chiare a contatto con la superficie trasparente.
La fantasia inizia a correre, sbizzarrendosi in tutta libertà; potrebbe essere in qualsiasi altra parte del mondo, impegnata in una qualsiasi attività comune alle ragazze della sua età, libera da qualsiasi preoccupazione. Una vita qualsiasi, insomma.
- Haruka? -
Improvvisamente riprende coscienza, attirata da una voce bassa e melodiosa.
Una calamita attratta dal proprio magnete naturale.
Raddrizza la colonna vertebrale, riposizionandosi in men che non si dica in posizione eretta, e con fare mesto si volta verso la compagna.
- Michiru… - sussurra, abbassando appena il viso scarno per poterla osservare meglio.
Le appare così minuta ed indifesa, avvolta in una semplice camicia da notte turchese, e tanto le riesce difficile pensare che la stessa ragazza timida ed elegante che adesso si trova di fronte può a piacimento trasformarsi in una temibile paladina del Bene, che le viene quasi da sorridere.
E questo piccolo particolare non sfugge di certo all’altra, perennemente sull’attenti nonostante l‘aria assonnata e i capelli scombinati.
- E adesso perché ridi? - chiede, imbronciandosi per dispetto.
E la risata stavolta scoppia davvero, semplice e cristallina. Un suono lievemente gutturale, capace di portare via con sé tutte quelle paure e preoccupazioni che fino ad un istante prima non volevano proprio saperne di allontanarsi.
- Perché mi va! - le risponde, continuando a sorridere.
E la stringe a sé, passandole il braccio attorno alle scapole ossute.
- Oh… - Michiru sussulta, aggrappandosi al pigiama candido della compagna, quasi ne vada della sua stessa vita - L’alba. Non ne vedevo una da tanto, troppo tempo. -
Probabilmente se quel giorno avesse deciso di non intervenire non avrebbe mai preso le sembianze di Sailor Uranus, non avrebbe combattuto contro nemici di ogni sorta e non sarebbe stata sul punto di rischiare di morire ogni volta che usciva da casa.
Ma, adesso, non starebbe respirando la stessa aria di Michiru, in un casa troppo grande per accogliere solo due ospiti.
Beh, si dice, scostando con la mano libera il drappeggio che copre parzialmente la finestra, il gioco vale la candela.
E restano così, strette l’una a l’altra a fissare il nero pece del cielo immergersi nelle tonalità più calde dell’arancio.