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Autore: Mikiri_Tohoshima    18/11/2009    2 recensioni
"La bambola di porcellana di Varsavia, regalo di compleanno da parte dei suoi genitori, fu testimone della violenza consumata su di lui da parte di un viaggiatore in cerca di lavoro" Questa è praticamente la mia seconda FF su APH, quindi siate clementi, non conoscevo ancora bene la storia, e non mi ricordo il cognome di Polonia...
Genere: Triste, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lituania (Toris Lorinaitis), Polonia (Feliks Łukasiewicz), Russia (Ivan Braginski)
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bambola

Titolo:Bambola

Rating: Arancio

Personaggi: Russia (Ivan Braginski) Lituania (Toris Laurinatis) Polonia (Feliks)

Avvertimenti: AU, yaoi

Riassunto: La bambola di porcellana di Varsavia, regalo di compleanno da parte dei suoi genitori, fu testimone della violenza consumata su di lui da parte di un viaggiatore in cerca di lavoro

L’avevano comprata in un negozio di porcellane di Varsavia, e le si erano subito affezionati. Aveva dei grandi occhi verdi e i capelli biondi fatti di fili sottilissimi di lana. Sui capelli era adagiata una corono di girasoli, e vestiva un abito rosa confetto con le maniche corte a sbuffo, le lunghe calze bianche e le scarpe di pelle nera con la fibbia dorata. Un capolavoro di manifattura a grandezza naturale. La riportarono in patria, in Lituania, e la misero in una stanza piena di giocattoli rari e costosi, dove lei fu posta nel posto d’onore, in una vetrina e su un divanetto di stoffa rossa, poiché le si potevano piegare le giunture. Il loro unico figlio quindicenne, Toris, causa il duro inverno, dovette passare l’inverno in casa. Quando notò per la prima volta quella bambola, nella stanza dove andava a leggere o giocare, ne era rimasto spaventato, credendola vera. Poi, aveva notato che lo sguardo di quella creatura non proveniva da altro che occhi di vetro, e che la pelle non sarebbe mai stata morbida o calda al tatto, ma solo dura e fredda. Chiedendo alla madre il permesso, una volta aprì la vetrinetta, e si sedette accanto alla bambola, sul divanetto. Era poco più bassa di lui. E lei, viveva in un eterna primavera. I giorni passavano, e Toris si ritrovò sempre più spesso nella stanza dei giochi a guardare la bambola. Non che facesse piacere ai suoi genitori, che consumasse ogni suo momento libero in quella stanza, ma non potevano impedirgli di stare con l’oggetto che almeno distraeva un po’ il giovane dal lungo inverno.

Una sera di tempesta, s’udì bussare alla grande porta. Era un viaggiatore dagli occhi d’ametista, che chiese ospitalità e lavoro. Mentre parlava con il padrone, il suo sguardo fu deviato dal passaggio di Toris verso la stanza della bambola. Toris sentì su di se uno sguardo, come sensazione sgradevole, e si voltò a guardarlo, turbato. Ivan, questo era il nome del viaggiatore, riportò i suoi occhi sul padrone, sorridendo. ≪Certo, signore, sono pronto a fare tutto, affinché mi facciate restare, sono disposto a fare tutto quello che desidera da me!≫. Ma Toris non si sentiva al sicuro, con il russo in giro. Lo trovava dappertutto! Quando era a leggere in biblioteca, lo guardava dal giardino, a tavola, lo notava dietro la porta dei servitori, una notte si svegliò di colpo, credendo di essere spiato. Infatti, trovò qualcosa di bagnato vicino al suo cuscino, come se dell’acqua avesse gocciolato dal soffitto. Tutto questo “spiare” metteva i brividi al giovane lituano, e l’unico luogo dove si sentiva al sicuro era nella stanza della bambola.

Una sera, i padroni uscirono, lasciando il figlio con i domestici, che ne approfittarono per fare baldoria in cucina. Ivan non si unì alla festa, preferendo andare a cercare il padroncino, che trovò nella stanza della bambola.≪Buona sera, signorino, tutto bene?≫. Toris sobbalzò, voltandosi di scatto. Notando che era soltanto Ivan, tornò a posare gli occhi sulla bambola. ≪Si... signore.≫. Ivan si sedette accanto a lui. Per qualche minuto rimase in silenzio ad osservare, per poi pronunciare. ≪È molto bella ...≫. ≪ Non è una femmina. ≫ Osservò Toris. ≪ Ha i lineamento meno morbidi, e le manca il seno.≫. ≪ Allora è un maschio travestito da femmina?≫. ≪ Credo di sì. Io lo chiamo Feliks.≫. ≪E lei... posso avere l’ardire...≫. ≪Mi chiamo Toris. ≫. Ivan si mise più vicino al giovane, osservando nello sguardo assorto del giovane come un senso di malinconia. ≪ Le piace Feliks?≫. Toris arrossì piano, segno che aveva fatto centro. ≪ è una bambola... una bambola di porcellana. Non potrei mai ammetterlo, Ivan. Io sono umano.≫. Ivan portò una mano sulla spalla del ragazzo, rimanendo concentrato sulla bambola. ≪ e... non c’è nessuno che le piace, di umano?≫. Toris annuì, sconfitto. Il braccio scese verso la vita. ≪ Io sono umano, Toris.≫. Disse piano, Ivan, quasi sottovoce, per voltare verso di lui il giovane. ≪Ivan? Cosa stai...≫. Ivan lo fece cadere, mettendosi su di lui, strappandogli la camicia. ≪Io sono un essere umano, signorino Toris, io posso amare, e sono caldo, tanto caldo, specialmente quando lei è nei paraggi!≫. La lunga sciarpa che il russo non toglieva mai andò sulla bocca del ragazzo, per impedirgli di gridare. I suoi occhi slittarono sulla bambola, testimone impotente della violenza consumata su di lui.

Quando i genitori appresero la notizia, cacciarono il russo, che fece in tempo a scoccare a Toris, ancora sotto shock, uno sguardo liquido. “Tornerò” diceva “tornerò e ti farò a pezzi”.

La primavera fu annunciata dai fiori e l’erba che spuntava. Toris tornò a scuola, e trovò un lavoro nell’azienda di suo padre. Passarono lunghi anni, anche se da quella notte Toris smise di passare le ore davanti alla bambola, che finì dimenticata nella sua vetrinetta. La guerra era alle porte, e l’azienda cominciò a produrre armi da mandare al fronte con i suoi operai. Anche Toris fu spedito a combattere. Un giorno, mentre passava in missione per la campagna innevata, qualcosa lo afferrò dai bordi della strada, facendolo finire in un fosso. ≪ Toris, signorino Toris, è molto cresciuto! Non si ricorda di me?≫. Occhi d’ametista. Ivan. Toris si divincolò, ma i suoi tentativi di liberarsi furono vani. Ivan lo prese, feroce, assaporando la sua vendetta, e quando lo ebbe finito, lo uccise, lasciandolo in mezzo alla neve. ≪Прощание, хозяий...≫ sibilò in russo, andando per la sua strada.

Fine

  
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