Un
incubo iniziato in un
giorno qualunque…un incubo che devastò tutti noi
e distrusse definitivamente il
paradiso che con tanta fatica ci eravamo costruiti. E una mattina come
tante
successe.
Eri
in ritardo, e questa era
la prima volta da quando i GazettE si erano formati. Ti eri sempre
vantato del
tuo record di puntualità, prendendo in giro Ruki
perché se non arrivava almeno
mezz’ora dopo l’inizio delle prove non era lui. E
tu spezzasti quel motivo di
vanto senza apparente motivo.
Reita:
ragazzi, qualcuno di
voi ha idea di che fine abbia fatto Aoi?
Guardai
i presenti mentre
parlavo. Uruha stava litigando col jack della chitarra, Ruki
giocherellava col
microfono, Kai era seduto alla batteria con il cellulare in mano e
un’aria
preoccupata sul volto.
Kai:
è la quarta volta che lo
chiamo e continua a non rispondermi…
Quelle
parole così
preoccupate uscite dalla bocca del nostro solitamente fiducioso leader
furono
fulminanti. Io, Uruha e Ruki ci gelammo sul posto e lo guardammo
proprio mentre
la porta dello studio si apriva ed entravi tu. Non avrei mai voluto
vederti
così: magro più del solito, pallidissimo, bagnato
fradicio per la pioggia, il
trucco sciolto e gli occhi spenti come fiammelle su cui ha appena
soffiato un
crudele vento invernale. Tutta la tua bellezza sembrava essere
scomparsa, tutto
ciò per cui ti riconoscevo era svanito nel nulla, lasciando
davanti a noi solo
un guscio vuoto, pallida imitazione di ciò che eri un tempo.
Ruki:
A…Aoi? Yuu…?
Aoi
alzò lo sguardo su di lui
con aria leggermente sorpresa, come se lo vedesse per la prima volta,
poi si
sciolse in un sorriso che per un momento illuminò il suo
volto, rendendolo
perfetto e splendente come prima. Non guardò nessuno di noi
negli occhi, lo
ricordo bene, ma si ostinò ad ignorarci…tutti,
tranne uno.
Aoi:
Yutaka, posso parlarti
un momento?
Rabbrividimmo
quando Aoi
parlò con voce non sua, bassa e roca. Dov’era
finito l’Aoi che conoscevo?
Dov’era il suo sorriso raggiante? E le sue battute tanto
stupide da lasciarti
con il sorriso sulle labbra?
Vedemmo
Kai annuire e seguire
Yuu fuori dallo studio di registrazione. Cadde il silenzio. La pioggia
battente
rimase l’unica voce che si faceva udire mentre, in silenzio,
ognuno di noi
sperava di essere caduto solo in un brutto incubo. L’orologio
da parete vicino a
me scandiva i secondi, i secondi scandivano i minuti, e
all’improvviso un gong
come di pendolo uscì da quel maledetto apparecchio, come un
gong di morte. Come
attirati da quel rumore, Kai e Aoi uscirono dalla stanza, ed entrambi
erano
diversi. Kai aveva gli occhi gonfi di lacrime, il sorriso tirato e un
braccio
intorno alle spalle di Aoi, che invece si appoggiava a lui e sorrideva
per la
prima volta sereno.
Aoi:
grazie, leader sama.
Non
avevamo mai visto Kai
crollare in quel modo, ma fu devastante vederlo scoppiare
improvvisamente in
lacrime e abbracciare forte Aoi, nascondendo il volto
nell’incavo del suo
collo. Il mondo stava impazzendo? Forse, ma non avevo mai provato
desiderio più
forte come quello che in quel momento mi spingeva a pregare che tutto
tornasse
come prima, che Aoi saltellasse allegramente per la sala e Kai
sfoderasse il
suo sorriso da mamma chioccia che gli schiudeva le fossette al lato
della
bocca.
Invece
no. Loro restavano lì,
abbracciati dolcemente e con volti del tutto ignoti a tutti noi, forse
anche a
loro.
Kai:
ti voglio be…bene, Yuu…
E
un’unica, solitaria lacrima
scivolò lungo la guancia di Aoi mentre scioglieva
l’abbraccio, poneva un bacio
sulla guancia di Kai ed usciva dalla sala, comportandosi come se gli
altri tre
membri del gruppo non fossero mai esistiti.
Era
passata una settimana da
quel buffo avvenimento, e il gruppo non era più lo stesso.
Kai era diventato
triste ed irritabile, nessuno di noi azzardava più a porgli
domande su cosa si
erano detti lui e Yuu quel giorno, Uruha era così
soprappensiero che sbagliava
spesso l’attacco delle canzoni, Ruki era silenzioso e apriva
bocca solo per
cantare. E io? Io cercavo di impegnarmi. Non ci riuscivo. Eppure
nessuno me ne
faceva una colpa. Tutti noi guardavamo spesso l’amplificatore
abbandonato della
seconda chitarra, eppure la polvere non si depositava mai su di esso.
Solo Kai
si era accorto che tutti i giorni io venivo mezz’ora prima in
sala prove per
pulire gli attrezzi di Aoi in solitudine e con tanta
caparbietà.
E
fu proprio mentre mi
impegnavo a passare il panno della polvere su una delle sue chitarre
che la
porta si aprì, ma non mi girai.
Rei:
Kai, sei arrivato un po’
presto o sbaglio?
Aoi:
infatti non sono Kai.
Mi
irrigidii, guardando il
panno che mi sfuggiva di mano. Aoi era lì, fermo davanti
alla soglia della
porta spalancata, un dolce sorriso ad illuminargli il volto magro e
pallido più
di prima. Eppure ora potevo distinguerlo, distinguevo colui che amavo
più di
ogni altra cosa al mondo sotto quell’inquietante
diversità dal suo io passato.
Reita:
Y…Yuu…
Aoi
avanzò di un passo e posò
a terra la custodia della sua chitarra personale. Notai che ogni suo
gesto era
stanco e affaticato.
Aoi:
suoniamo?
Non
mi aspettavo una proposta
del genere così all’improvviso. Non mi aveva
salutato, abbracciato, o anche
solo chiesto scusa per le assenze continue. No, niente di tutto questo.
Aoi
voleva suonare con me, e i suoi occhi mi implorarono di esaudirlo. Ed
io lo
esaudii. Basso e chitarra unirono i loro suoni in una melodia serena,
pacata e felice
che forse nessuno dei due conosceva.
E
rividi in ogni nota un
momento passato insieme, un sorriso sincero, un abbraccio affettuoso e
mai
dimenticato.
Risentii
la risata divertita
di Kai.
Rividi
Uruha che tirava un
affettuoso scappellotto a Ruki, intento a liberarsi dal filo del
microfono,
imprecando come uno scaricatore di porto.
Ogni
momento passato, ogni
lacrima di felicità, ogni segreto rivelato. La gioia di una
vita passata
insieme, vissuta appieno in compagnia di coloro che ami.
Qualcosa
mi diceva che avrei
dovuto aspettarmi anche un fondo di malinconia in quella canzone,
eppure non ne
trovai traccia. Aoi era felice, sinceramente gioioso di essere
lì in quel
momento insieme a me, a suonare come avevamo già fatto tante
volte.
E
vidi per l’ultima volta il
magnifico chitarrista splendere più che mai, accarezzando le
corde con le dita
snelle.
Gli
occhi riacquistarono il
loro antico splendore, la pelle diafana non era più di quel
bianco cadaverico
ma di un candore quasi lunare, i capelli lucenti come le piume di un
corvo.
Bello più che mai, perfetto più degli dei. Seppi
così che era l’ultima volta
che suonavamo insieme, l’ultima volta che Yuu Shiroyama
stringeva a sé la sua
adorata chitarra.
E
la canzone finì con
un’ultima, lunga nota. Era una nota argentina, melodiosa,
quasi rappresentasse
il coro degli angeli.
Aoi
posò la chitarra a terra
e mi si avvicinò. Vidi i suoi occhi splendere
un’ultima volta prima di
chiudersi. Appoggiò le labbra fredde sulle mie, ancora
calde. Non era un bacio
profondo né passionale. Era un bacio semplice, quasi da
bambino, ma per questo
reso speciale più di qualsiasi altro bacio.
Ci
separammo, e lui rise di
felicità, accarezzandomi la guancia. Si appoggiò
un dito sulle labbra piegate
all’insù, come a volermi dire di fare silenzio, e
si voltò. Varcò la soglia
della porta per l’ultima volta, sparendo sotto la pioggia
battente e custodendo
un pezzo del mio cuore ancora battente grazie a lui.
Nessuno
lo rivide mai più.
Yuu Shiroyama scomparve nel nulla come un’ombra scompare
quando il sole
tramonta, ma lui non era un’ombra. Alcuni lo ricordano come
un grande
chitarrista, altri come un semplice ragazzo che aveva avuto il suo
periodo di
gloria e poi magari si era suicidato.
Noi
no. I the GazettE
ricordano Aoi come l’angelo più bello del
paradiso.
Un mese dopo:
Ruki:
URUHAAA DOVE CAVOLO HAI
NASCOSTO IL MIO MICROFONOOO
Uruha:
e chi ti ha nascosto
niente?????
Ruki:
BUGIARDO, SEI STATO
TUUUUUUUUUUU
Uru:
non è vero!
Ruki:
Sì!!!
Uru:
no!!!
Ruki:
sìììììì!!!!!!
Uru:
nooooo!!!!!!
Sospirai
mentre guardavo quei
due che litigavano al pari di due bambini come facevano ogni santo
giorno.
Reita:
se non la finiscono li
ammazzo tutti e due…
Kai
rise.
Kai:
questa è ordinaria
amministrazione, Rei-chan!!!
Rimanemmo
in silenzio a
guardare Ruki e Uruha azzuffarsi amichevolmente, diventando un unico
ammasso di
fili e vestiti.
Kai
si schiaffò una mano
sugli occhi in segno di resa.
Reita:
Kai?
Kai:
mh?
Mi
voltai a guardarlo,
sereno.
Reita:
cosa ti disse Aoi quel
giorno?
Kai
alzò un sopracciglio, sorpreso
dal fatto che mi fossi azzardato a toccare l’argomento. Per
un attimo temetti
che si sarebbe infuriato, poi lo vidi ridacchiare.
Kai:
e chi lo sa?
Gli
tirai dietro un pacchetto
di fazzoletti che avevo trovato sull’amplificatore.
Reita:
rispondi, batterista
da strapazzo!
Kai:
qualunque cosa mi abbia
detto, sono felice di aver acconsentito.
E
le sue labbra si
sigillarono mentre cominciava a trafficare con gli spartiti, un sorriso
stampato in faccia e l’aria gongolante. Sempre il solito.
Risi
a mia volta e afferrai
il basso, indossando la tracolla con un gesto fluido.
Kai:
Reita, hai fatto
qualcosa al tuo basso?
Mi
voltai a guardare Kai con
un sopracciglio alzato, chiedendomi se non fosse impazzito.
Rei:
no, perché?
Kai:
indicò con una delle
bacchette della batteria una parte del basso, vicino alle corde. Chinai
lo
sguardo mentre un fascio di luce solare illuminava la meravigliosa
“A” tribale
stampata sul mio strumento. La sera prima non c’era, ne ero
certo…ma allora…
Kai:
che dire? Aoi ha davvero
stile!
Guardai
il mio batterista e
sorrisi, alzando lo sguardo al cielo illuminato dal sole splendente.
Qualcosa
brillò, attirando la mia attenzione. Un battito di candide
ali piumate, e
quell’abbagliante apparizione svanì…ma
feci in tempo a distinguere due occhi
sereni e un luminoso sorriso di soddisfazione, subito riflesso sul mio
volto.
Grazie, Aoi. Ti amo.
Aoi: ti devo chiedere un favore,
Kai.
Kai: tutto quello che vuoi.
Aoi: prenditi cura di loro.
Un momento di silenzio, scandito
solo dai battiti
accelerati dei loro cuori.
Kai: dove vai?
Aoi ammiccò.
Aoi: dove non dovrò
più lasciarvi, ovvio.
Kai inclinò la testa,
capendo lentamente il
significato di quelle parole scandite con tanta giovialità.
Eppure Aoi non
mostrava segni di paura, tristezza o dolore. Solo pacifica accettazione
della
morte che per qualche motivo l’avrebbe preso.
Kai: te lo prometto.
Aoi sorrise e tese una mano,
stringendo quella del
leader.
Aoi: grazie, leader. Ci
rincontreremo quando vorrai…ti
basterà chiudere gli occhi e potrai vedermi.
Kai: lo so…non ci hai
mai lasciati.
Dedicato
alla mia sorellona, a colei con cui sono cresciuta e
che ora è andata via. So che tu ci sarai, e scusami per
tutte le volte in cui
ti ho trattata male, non l’hai mai meritato. Scusa, amore
mio. Aiutami da lassù
e asciuga le mie lacrime che ancora sfuggono dai miei occhi.
Ti
Voglio Bene, Stellina