Io & Te
Ad
essere sincera, non
ricordo il nostro primo incontro.
Ricordo
solo che eravamo
piccoli.
Molto
piccoli.
Avevamo
quanto...?
Quattro?
Cinque anni?
Si,
più o meno.
Eravamo
all’asilo insieme.
Sebbene in due classi diverse.
Noi
due, poco più che sconosciuti.
Cosa
eravamo?
Compagni
di scuola, compagni
di gioco...
Niente
di più.
Poi
la scuola “vera”. Quella
elementare.
E
noi, che ci ritrovammo in
classe insieme.
Diventammo
amici.
Io e te.
E,
a poco a poco, il nostro
gruppo di allargò.
Si
aggiunsero bambini e
bambine sconosciuti.
Tutti
diversi.
Tutti
speciali.
Ognuno
a modo suo.
E
tutti insieme crescemmo.
Sempre
uniti, legati.
Sempre
leali l’uno con
l’altro.
Benché
tutti gli altri si
fossero accorti che tra noi c’era qualcosa di speciale che
loro non avevano.
Amicizia?
Certo.
Affetto?
Naturalmente.
Amore?
Ancora troppo presto.
Eravamo
solo io e te.
Io. Che
avrei volentieri preso a sberle quella sciocca ragazzina che ti seguiva
dappertutto con aria sognante.
Tu. Che
diventavi scontroso e taciturno quando il bulletto della classe mi
faceva la
corte..
Io. Che ti
guardavo e vedevo un amico fidato. Dolce e premuroso.
Tu. Che non
facevi altro che proteggermi e difendermi da tutto e tutti.
E
noi. Che riuscivamo a capirci
soltanto con uno sguardo. Ma anche a
ferirci come nessun altro sapeva fare.
Poi
la scuola finì.
E
finì anche il “noi”.
Ci
siamo allontanati,
lentamente.
E
per dieci anni non ci siamo
più visti.
Tutto
il tempo passato
assieme pareva essersi dissolto.
Le
giornate a scuola.
Le
chiacchierate.
Le
gite.
Le
liti. E sì, che ce n’erano
state!
Tutto
dimenticato.
Sebbene
a volte mi capitasse
di ripensare con nostalgia a quell’impacciato ragazzino che
mi teneva il posto
sull’autobus.
E
in quei momenti finalmente
capivo.
Capivo
che era stato lui.
(Solo lui.)
Il
mio primo amore.
Poi
gli anni sono passati.
Entrambi
siamo cresciuti.
Io
era diventata una giovane
donna per quanto, molto spesso, non mi considerassi affatto tale.
Lui
era ormai un uomo. O
almeno lo supponevo.
Un
giorno ricevetti una
telefonata.
La
telefonata che cambiò la
mia vita.
Era
G, una delle mie più
vecchie amiche.
Mi
disse che aveva
organizzato una festa con tutti i nostri ex compagni di classe e che io
dovevo
assolutamente esserci.
Non
mi feci pregare.
Accettai
subito.
E
così, una settimana dopo,
ero lì.
Con
G e S, le uniche con cui
avessi mantenuto dei rapporti in tutti quegli anni.
Chiacchieravo
spensierata,
ridendo tranquillamente alle battute dei miei vecchi amici.
Stavo
bene...
Poi,
la porta si aprì, e il
mio cuore perse un battito, emozionato.
Lui era lì.
Dopo
tutti quegli anni, il
mio primo amore era lì, proprio di fronte a me.
Nel
momento stesso in cui i
miei occhi verdi, incontrarono i suoi color nocciola, capì
il vero motivo della
mia partecipazione a quella cena.
Non
ero lì per le mie amiche.
(Certo che no! Loro le vedevo
comunque!)
Non
era per i miei vecchi
compagni.
(Della cui maggior parte non avevo
sentito neppure la
mancanza.)
Era
per lui...
Per
rivederlo ancora una
volta.
Per
vedere quanto fosse
cambiato.
Per
capire se si fosse dimenticato
di me.
Per
sperare che mi
ricordasse.
Ci
guardammo per un lungo,
interminabile istante, durante il quale tutto, attorno a noi, parve
fermarsi.
Mi
riscossi solo quando lui
abbozzò un sorriso dolce, facendomi arrossire come la
bambina che ero tanti
anni prima.
Si
avvicinò a me e mi prese
per mano, invitandomi tacitamente a seguirlo.
Lo
accontentai, senza opporre
resistenza, ma prima di andarmene, notai le mie amiche scambiarsi uno
sguardo
felice.
Uscimmo
in giardino.
Era
una notte meravigliosa.
(O forse sembrava a me.)
Ci
sedemmo sul prato, l’uno
accanto all’altra, in silenzio.
Mi
voltai appena verso di lui
e, studiando il suo affascinante profilo, sentii che qualcosa mi
turbava.
Ritrovavo
poco in quel
giovane uomo del bambino magrolino e lentigginoso dei miei ricordi.
E,
per un attimo, ebbi paura.
Paura
che, per lui, non fosse lo stesso.
Paura
che io non fossi più la
stessa, per lui.
Paura
che tutto quello che
avevamo passato, avuto, condiviso non contasse più nulla..
Poi,
d’un tratto, mi guardò e
sorrise.
Un
sorriso vero, stavolta.
Ampio,
radioso.
Lo
stesso sorriso che mi
regalava ogni mattina, appena mi vedeva scendere dall’auto di
mio padre,
proprio davanti scuola.
Un’ondata
di felicità mi
avvolse e, d’istinto, lo abbracciai.
Lui
mi strinse tra le
braccia, accarezzandomi dolcemente i capelli.
Solo
adesso, a distanza di
tempo, mi rendo conto che, in quel momento, ho mostrato un coraggio che
non
sapevo affatto di possedere.
Non
pensando al fatto che lui
avrebbe potuto respingermi.
Dirmi
che era felice, solo
perché aveva ritrovato una delle sue più care e
vecchie amiche.
Dirmi
che io non significavo
per lui quello che lui significava per me.
Forse
sono stata troppo
coraggiosa...
Troppo
avventata...
La
dolce presa di mio padre
sul mio braccio mi riporta alla realtà.
Sollevo
il viso e lo guardo.
I
suoi occhi, gemelli dei
miei, sono felici, raggianti eppure un po’... tristi?
Si,
forse è così.
In
fondo da oggi cambierà
tutto.
Gli
sorrido rassicurante e
lui fa lo stesso.
Poi
entrambi prediamo un bel
respiro ed iniziamo a camminare lungo la navata.
Mi
torna in mente la domanda
di prima...
Troppo avventata?
E
mentre tento di darmi una
risposta, i miei occhi incontrano i tuoi, proprio davanti
all’altare.
Dio,
come sei bello...
I
capelli rossi un po’ spettinati.
(Persino oggi.)
Lo
sguardo profondo.
(L’unico che riesca a
scrutarmi fin dentro l’anima.)
Le
labbra seducenti.
(Ormai così conosciute e
familiari.)
Finalmente
arrivo davanti a
te.
Mio
padre lascia il mio
braccio e mi guarda orgoglioso.
Mi
posa un bacio sulla fronte
e ti sorride brevemente, prima di sedersi accanto a mia madre,
già annegata
nelle lacrime.
Mi
avvicino a te e tu,
prontamente, mi prendi la mano, stringendola forte.
Non
posso fare di sorridere,
quando noto che la tua è tutta sudata.
Perché
ora, più che mai,
quest’uomo di fronte a me mi ha ricordato lo stesso bambino
timido e imbranato
di tanti anni fa.
Ricambio
la stretta e tu mi regali
un sorriso meraviglioso, che mi mozza il fiato.
E,
in quel momento, ripenso
ad una frase letta su qualche libro tanto tempo fa...
Aspetta...
com’era?
Ti
avvicini appena a me e,
mentre il sacerdote inizia a parlare, mi sussurri dolcemente:
“Ti amo...”
Una
lacrima di gioia scivola
giù lungo la mia guancia e, all’improvviso, mi
torna in mente quella benedetta
frase:
“Il primo amore
è sempre l’ultimo...”
Bè,
nel mio caso, mai
espressione fu più azzeccata.
Non
so davvero da dove sia uscita questa “cosa”
strana... L’ho scritta di getto,
praticamente in 20 minuti, e ho cercato di descrivere come ci si sente
a scoprire
che il primo amore è stato quell’amico speciale
che ti è sempre stato accanto,
ma che non ti sei mai resa conto di amare... Spero solo che riusciate a
comprendere questa mia contorta spiegazione perché non
saprei proprio come fare
ad essere più chiara. Concludo dicendo che una piccola parte
di questa storia è
autobiografica...
Fatemi
sapere cosa ne pensate e se fa pena, cosa di cui sono convinta, ditelo
pure con
tranquillità.
Ringrazio
anticipatamente tutti coloro che avranno la pazienza di leggere questo
mio
piccolo sfogo e di recensire. Grazie!
A
presto!