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Autore: Katie88    22/11/2009    2 recensioni
One shot scritta in un momento di nostalgia... Niente di speciale, ma spero vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io & Te

 

 

Ad essere sincera, non ricordo il nostro primo incontro.

Ricordo solo che eravamo piccoli.

Molto piccoli.

Avevamo quanto...?

Quattro? Cinque anni?

Si, più o meno.

Eravamo all’asilo insieme. Sebbene in due classi diverse.

Noi due, poco più che sconosciuti.

Cosa eravamo?

Compagni di scuola, compagni di gioco...

Niente di più.

Poi la scuola “vera”. Quella elementare.

E noi, che ci ritrovammo in classe insieme.

Diventammo amici.

Io e te.

E, a poco a poco, il nostro gruppo di allargò.

Si aggiunsero bambini e bambine sconosciuti.

Tutti diversi.

Tutti speciali.

Ognuno a modo suo.

E tutti insieme crescemmo.

Sempre uniti, legati.

Sempre leali l’uno con l’altro.

Benché tutti gli altri si fossero accorti che tra noi c’era qualcosa di speciale che loro non avevano.

Amicizia? Certo.

Affetto? Naturalmente.

Amore? Ancora troppo presto.

Eravamo solo io e te.

Io. Che avrei volentieri preso a sberle quella sciocca ragazzina che ti seguiva dappertutto con aria sognante.

Tu. Che diventavi scontroso e taciturno quando il bulletto della classe mi faceva la corte..

Io. Che ti guardavo e vedevo un amico fidato. Dolce e premuroso.

Tu. Che non facevi altro che proteggermi e difendermi da tutto e tutti.

E noi. Che riuscivamo a capirci soltanto con uno sguardo. Ma anche a ferirci come nessun altro sapeva fare.

Poi la scuola finì.

E finì anche il “noi”.

Ci siamo allontanati, lentamente.

E per dieci anni non ci siamo più visti.

Tutto il tempo passato assieme pareva essersi dissolto.

Le giornate a scuola.

Le chiacchierate.

Le gite.

Le liti. E sì, che ce n’erano state!

Tutto dimenticato.

Sebbene a volte mi capitasse di ripensare con nostalgia a quell’impacciato ragazzino che mi teneva il posto sull’autobus.

E in quei momenti finalmente capivo.

Capivo che era stato lui.

(Solo lui.)

Il mio primo amore.

 

Poi gli anni sono passati.

Entrambi siamo cresciuti.

Io era diventata una giovane donna per quanto, molto spesso, non mi considerassi affatto tale.

Lui era ormai un uomo. O almeno lo supponevo.

Un giorno ricevetti una telefonata.

La telefonata che cambiò la mia vita.

Era G, una delle mie più vecchie amiche.

Mi disse che aveva organizzato una festa con tutti i nostri ex compagni di classe e che io dovevo assolutamente esserci.

Non mi feci pregare.

Accettai subito.

E così, una settimana dopo, ero lì.

Con G e S, le uniche con cui avessi mantenuto dei rapporti in tutti quegli anni.

Chiacchieravo spensierata, ridendo tranquillamente alle battute dei miei vecchi amici.

Stavo bene...

Poi, la porta si aprì, e il mio cuore perse un battito, emozionato.

Lui era lì.

Dopo tutti quegli anni, il mio primo amore era lì, proprio di fronte a me.

Nel momento stesso in cui i miei occhi verdi, incontrarono i suoi color nocciola, capì il vero motivo della mia partecipazione a quella cena.

Non ero lì per le mie amiche.

(Certo che no! Loro le vedevo comunque!)

Non era per i miei vecchi compagni.

(Della cui maggior parte non avevo sentito neppure la mancanza.)

Era per lui...

Per rivederlo ancora una volta.

Per vedere quanto fosse cambiato.

Per capire se si fosse dimenticato di me.

Per sperare che mi ricordasse.

Ci guardammo per un lungo, interminabile istante, durante il quale tutto, attorno a noi, parve fermarsi.

Mi riscossi solo quando lui abbozzò un sorriso dolce, facendomi arrossire come la bambina che ero tanti anni prima.

Si avvicinò a me e mi prese per mano, invitandomi tacitamente a seguirlo.

Lo accontentai, senza opporre resistenza, ma prima di andarmene, notai le mie amiche scambiarsi uno sguardo felice.

Uscimmo in giardino.

Era una notte meravigliosa.

(O forse sembrava a me.)

Ci sedemmo sul prato, l’uno accanto all’altra, in silenzio.

Mi voltai appena verso di lui e, studiando il suo affascinante profilo, sentii che qualcosa mi turbava.

Ritrovavo poco in quel giovane uomo del bambino magrolino e lentigginoso dei miei ricordi.

E, per un attimo, ebbi paura.

Paura che, per lui, non fosse lo stesso.

Paura che io non fossi più la stessa, per lui.

Paura che tutto quello che avevamo passato, avuto, condiviso non contasse più nulla..

Poi, d’un tratto, mi guardò e sorrise.

Un sorriso vero, stavolta.

Ampio, radioso.

Lo stesso sorriso che mi regalava ogni mattina, appena mi vedeva scendere dall’auto di mio padre, proprio davanti scuola.

Un’ondata di felicità mi avvolse e, d’istinto, lo abbracciai.

Lui mi strinse tra le braccia, accarezzandomi dolcemente i capelli.

Solo adesso, a distanza di tempo, mi rendo conto che, in quel momento, ho mostrato un coraggio che non sapevo affatto di possedere.

Non pensando al fatto che lui avrebbe potuto respingermi.

Dirmi che era felice, solo perché aveva ritrovato una delle sue più care e vecchie amiche.

Dirmi che io non significavo per lui quello che lui significava per me.

Forse sono stata troppo coraggiosa...

Troppo avventata...

La dolce presa di mio padre sul mio braccio mi riporta alla realtà.

Sollevo il viso e lo guardo.

I suoi occhi, gemelli dei miei, sono felici, raggianti eppure un po’... tristi?

Si, forse è così.

In fondo da oggi cambierà tutto.

Gli sorrido rassicurante e lui fa lo stesso.

Poi entrambi prediamo un bel respiro ed iniziamo a camminare lungo la navata.

Mi torna in mente la domanda di prima...

Troppo avventata?

E mentre tento di darmi una risposta, i miei occhi incontrano i tuoi, proprio davanti all’altare.

Dio, come sei bello...

I capelli rossi un po’ spettinati.

(Persino oggi.)

Lo sguardo profondo.

(L’unico che riesca a scrutarmi fin dentro l’anima.)

Le labbra seducenti.

(Ormai così conosciute e familiari.)

Finalmente arrivo davanti a te.

Mio padre lascia il mio braccio e mi guarda orgoglioso.

Mi posa un bacio sulla fronte e ti sorride brevemente, prima di sedersi accanto a mia madre, già annegata nelle lacrime.

Mi avvicino a te e tu, prontamente, mi prendi la mano, stringendola forte.

Non posso fare di sorridere, quando noto che la tua è tutta sudata.

Perché ora, più che mai, quest’uomo di fronte a me mi ha ricordato lo stesso bambino timido e imbranato di tanti anni fa.

Ricambio la stretta e tu mi regali un sorriso meraviglioso, che mi mozza il fiato.

E, in quel momento, ripenso ad una frase letta su qualche libro tanto tempo fa...

Aspetta... com’era?

Ti avvicini appena a me e, mentre il sacerdote inizia a parlare, mi sussurri dolcemente: “Ti amo...”

Una lacrima di gioia scivola giù lungo la mia guancia e, all’improvviso, mi torna in mente quella benedetta frase:

“Il primo amore è sempre l’ultimo...”

Bè, nel mio caso, mai espressione fu più azzeccata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so davvero da dove sia uscita questa “cosa” strana... L’ho scritta di getto, praticamente in 20 minuti, e ho cercato di descrivere come ci si sente a scoprire che il primo amore è stato quell’amico speciale che ti è sempre stato accanto, ma che non ti sei mai resa conto di amare... Spero solo che riusciate a comprendere questa mia contorta spiegazione perché non saprei proprio come fare ad essere più chiara. Concludo dicendo che una piccola parte di questa storia è autobiografica...

Fatemi sapere cosa ne pensate e se fa pena, cosa di cui sono convinta, ditelo pure con tranquillità.

Ringrazio anticipatamente tutti coloro che avranno la pazienza di leggere questo mio piccolo sfogo e di recensire. Grazie!

A presto!

  
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