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Autore: Blanca Neri    22/11/2009    6 recensioni
La luna gettava una leggera ombra sulla parete dov’era poggiata Candy, la piccola bambola di porcellana dai lunghi capelli rossi che la vecchia zia Mildred le aveva regalato per Natale. Era l’unica bambola su quello scaffale: le altre si trovavano sulla libreria al lato opposto della stanza, quello che restava totalmente al buio.
(Meno di una flash-fic, più di una drabble: 382 parole scritte per Fanfic Italia)
Genere: Sovrannaturale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lovely doll


La luna gettava una leggera ombra sulla parete dov’era poggiata Candy, la piccola bambola di porcellana dai lunghi capelli rossi che la vecchia zia Mildred le aveva regalato per Natale. Era l’unica bambola su quello scaffale: le altre si trovavano sulla libreria al lato opposto della stanza, quello che restava totalmente al buio. Ma non quella: Eva voleva tenerla d’occhio, voleva essere sicura che non potesse muoversi di lì. Non che questo avesse senso… ma tante, troppe notti da quando le era stata donata aveva sentito strani rumori durante la notte, e negli ultimi giorni anche altre cose strane erano accadute: le sue coperte che si muovevano senza che lei facesse nulla, il calore sul suo collo che sembrava quasi il fiato di qualcuno chinato su di lei… per questo l’aveva spostata, in modo che rimanesse visibile.
E da qualche giorno questi strani fatti erano cessati, fino a che erano tornati a verificarsi non appena chiudeva si addormentava.
I continui risvegli la stavano portando sull’orlo dell’esaurimento nervoso, e il terrore che provava le impediva di dormire.
«Sarà solo frutto della tua immaginazione!» continuava a ripeterle sua madre. Ma lei non era lì presente, non poteva capire cosa la figlia provasse.
Provò a chiudere gli occhi, ma subito sentì un movimento. Poi un altro.
“Non ce la faccio più,” pensò, “questa situazione deve finire…”
Fu così che accese la piccola abat-jour accanto al suo letto, si recò vicino lo scaffale e la prese. Aveva deciso: l’avrebbe gettata via.
Percorse a piedi nudi le fredde scale di marmo che la conducevano in cucina, accompagnata solo dalla fioca luce che usciva dalla porta della sua stanza e dalle luci degli elettrodomestici e del televisore, ancora attaccati alle rispettive prese. Aprì la porta cigolante che dava in giardino, uscì senza curarsi dell’erba bagnata che gli sporcava i piedi e le gambe. Doveva solo gettarla via, e così fece.
Con un sospiro di sollievo, chiuse il coperchio del cassonetto nero e rientrò in casa.
Ripercorse la cucina, le scale, aprì allegramente la porta della stanza, quando la vide: la bambola era nuovamente sullo scaffale, un sorriso diverso dal solito dipinto sul suo volto. Ed una vocina riecheggiava nelle orecchie di eva:
«Non puoi liberarti di me… tu sei la mia bambolina, Eva. E sei la mia preferita…»


[ FINE ]

  
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