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Autore: JulyAneko    27/11/2009    0 recensioni
Dopo gli avvenimenti della puntata 5x09. April viene a sapere ciò che è accaduto ad Aaron.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaron Hotchner, Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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AUTORE: JulyAneko
TITOLO: Hearth
RATING: Verde / G
GENERE: One-shot. Introspettivo.
PERSONAGGI: April Johnson, Aaron Hotchner.
SPOILERS: la storia è ambientata poco dopo la puntata 5x09 - 100.
DISCLAIMER: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: Cronologicamente la storia è ambientata parecchio dopo "Will Never Be a Mistake" ed April, nipote di Gideon, non lavora più al BAU ma vive a New Orleans con Ethan il vecchio amico di Spencer(Ricordate?! Dalla puntata 2x18 - Jones). Ergo per cui non importa aver letto "Will Never Be a Mistake".

HEARTH

Il telefono era rimbalzato a terra tante di quelle volte che il suo suono era arrivato alle mie orecchie come una cantilena nervosa a scandire i battiti accelerati del mio cuore.
Avevo sentito la voce di Jennifer chiamarmi per qualche attimo ancora prima di sentire la chiamata staccarsi. Probabilmente aveva capito che mi ero isolata nel mio mondo, nel mio spazio interiore per assimilare la notizia.
Muovo un passo in avanti e sento le mie gambe rigide ricordarmi che sono ancora viva, che sono ancora persa in un mondo che non riesco più a capire, ad accettare.
No, non poteva essere vero. No, non poteva essere successa una cosa simile. Era impossibile.
Sento la voce di Ethan attutita da un fischio sordo che non vuole andarsene dai miei timpani. Sento la sua mano sfiorarmi l'avambraccio in una calda carezza che mi fa tremare. E lui se ne accorge perché senza dire parola, mi abbraccia e mi stringe forte fra le sue braccia facendomi sentire tutta la sua umanità, tutto il suo appoggio, tutta la sua amicizia.
E' un attimo e le lacrime cominciano a sgorgare dai miei occhi lentamente, come perle preziose che non devono essere sciupate, come cristalli che segnano l'importanza per una vita spezzata troppo presto, per un figlio lasciato senza mamma.
-Sssh.- mi sussurra Ethan accarezzandomi la schiena con le sue grandi mani.
E dentro di me sento qualcosa accartocciarsi su se stesso e morire nel mio animo scioccato.

Scendo dall'aereo senza preoccuparmi di dove sono, senza rendermi conto di come quel posto abbia segnato la mia vita come un marchio a fuoco, come le persone che potrei incontrare mi abbiano, inevitabilmente, incatenato il cuore al loro.
Con la mente libera da ogni mia preoccupazione mi dirigo all'uscita dell'aeroporto. Adesso non posso pensare alla mia vita, ai miei problemi, alle persone che ho deciso di difendere finendo per fare del male a me stessa. Adesso non posso.
Prendo dalla borsa la mia agenda e leggo al tassista il nome della via che devo raggiungere.
Non sono mai stata in quella casa. Le poche volte che ci siamo incontrati dalla mia partenza, lo abbiamo fatto a metà strada in qualche locale dalla luce soffusa e dalla musica jazz.
Per tutto il viaggio tengo i palmi delle mani ben aperti sulle mie cosce. Mi fa calmare stare in quella posizione, senza stringere i pugni e mostrare la rabbia, la tensione, la tristezza di cui è colmo il mio cuore in quel momento.
No, non posso mostrare questi sentimenti, non posso farmi vedermi debole. Non in quel momento. Adesso dovevo solamente mostrare il mio amore verso quell'uomo che mi aveva insegnato a vivere nei migliori dei modi: ascoltando me stessa, ascoltando la mia morale, la giustizia.
Appena il taxi si ferma sento un tuffo al cuore. Una capriola che mi fa girare la testa.
Chiudo gli occhi e respiro a fondo prima di pagare e uscire.
Resto ad osservare la macchina allontanarsi e lasciarmi nell'oscurità di quel quartiere che sembra immobile, isolato su se stesso e pronto ad essere inghiottito dalla nebbia della sera.
Salgo i gradini del condomino con una certa lentezza ed assicurandomi di non incontrare nessuno. Solo all'ultimo cambio percorso e mi fermo in un vano dietro le scale.
Sento dei passi scendere e due voci chiacchierare sommessamente. Sono voci tristi, voci pacate, voci calde. Voci che non mai avrei scordato.
Devo trattenere ogni mia singola parte del corpo per non tornare su quelle scale e rivedere, finalmente, due delle persone più importanti che abbia mai conosciuto.
Devo resistere anche solo all'affacciarmi da quel vano che mi protegge dalla vista di quei due uomini. Perché lo sapevo, se solo l'avessi visto, il mio cuore sarebbe scoppiato ed in un attimo mi sarei ritrovata a sfiorare quel corpo che ancora concedevo alla mia immaginazione.
Sento una delle due voci farsi sempre più forte dentro la mia testa, come un richiamo da dover combattere.
E' così ma per il suo bene devo rimanergli lontana.
E le mie labbra si schiudono in un muto nome. Spencer.

Non so per quanto resto in quel vano, col cuore in gola, con la speranza di vedere due occhi da cucciolo affacciarsi e scoprirmi. E trovarmi sempre innamorata.
Ma già lo so, lui se ne è andato insieme a quella seconda calda voce. Insieme a quell'amico che mai lo avrebbe abbandonato e che io avevo trascurato. Derek.
Sospirando torno sulle scale e riempio il vuoto che mi divide da quell'appartamento nel quale so che c'è lui.
Tendo una mano verso il campanello ma le mie dita non ce la fanno a muoversi. Nessun suono invade la casa al di là della porta.
Sospiro portando la testa all'indietro. Devo trovare la forza, devo trovare il coraggio.
Ma qualcuno sembra pensarci al mio posto.
Un suono, una chiave che gira nella toppa, e mi ritrovo davanti un sorriso triste che si imbambola a guardarmi.
Forse è più sorpresa di me.
Senza dire una parola l'abbraccio stringendola forte al mio corpo e, dopo un attimo di stupore, sento anche le sue braccia cingermi con la stessa forza.
La guardo mentre lei scuote la testa senza farmi sentire il peso di tutto quel tempo che sono stata lontana. La guardo e scopro nei suoi occhi soltanto un barlume di speranza per quell'uomo che sento parlare pacatamente col proprio bimbo nell’altra stanza.
Abbasso la testa in cerca di qualche spiegazione ma so già che Emily capisce perfettamente le mie ragioni. Le ragioni per la mia fuga e per quel ritorno così improvviso che deve restare e rimanere in quella casa, in quell'appartamento. Insieme ad Aaron e a Jack.

Chiudo la porta alle mie spalle dopo aver salutato quell'amica che mai mi avrebbe giudicato e alla quale avevo riservato il saluto anche per tutta l'intera squadra che non sarei riuscita a vedere, che non potevo vedere. No, non potevo.
Allungo una mano a lasciare a terra la mia ventiquattrore e sento un'altra fitta al cuore. Un qualcosa di più intenso, una sensazione che mi invade il corpo ma mi lascia lucida: nessun fischio alle orecchie, nessun giramento di testa.
Lentamente metto i miei piedi uno avanti all'altro e con una fatica immensa mi ritrovo sulla soglia di quella fredda cucina che mi vede partecipe dell'amore di un padre per il proprio figlio.
Aaron sta accarezzando la testa di Jack seduto al tavolino mentre colora chissà quale disegno.
Mi mordo il labbro inferiore in cerca delle parole giuste da dire ma la mia bocca sembra aver scordato come si fa a muoversi.
Sospiro e mentre muovo qualche altro passo vedo quell'uomo malinconico girarsi dalla mia parte e bloccarsi in un’assoluta apatia.
Il mio viso si contrae in mille espressioni fino ad assumere un sorriso triste contornato da un rossore che mi vede infuocata dall'emozione.
Lo vedo lasciare il fianco del bimbo mentre due lacrime calde gli imperlano il volto stanco.
E' questione di un secondo, i miei piedi si muovono da soli, il mio corpo reagisce da solo. Di slancio mi avvicino e cingo il suo collo in un amore che mai gli avevo fatto sentire prima.
Sento le sue braccia forti circondarmi la vita, le sue mani stringersi alla mia giacca in pugni di contrazione, il suo volto nascondersi fra i miei capelli castani.
Non so per quanto restiamo in quella posizione, per quanto le mie spalle si bagnano di lacrime che so, mai avrebbero potuto assaporare se non fossero successe così tante cose, se tutte quelle emozioni non fossero esplose in un unico e preciso momento di sollievo.
Abbasso la testa ad incontrare quella spalla che tante volte mi aveva sorretto, che, lo sapevo, tante altre volte mi avrebbe aiutato.
In quel momento non eravamo nessun altro se non un uomo e la sua seconda ragione di vita, quella ragazza che il suo più caro amico gli aveva affidato, quella ragazza che aveva condiviso con lui gioie e paure. Quella ragazza che meglio di chiunque avrebbe potuto raccontare di Haley.
Ed Aaron lo sapeva, lei era lì non soltanto per lui anzi, probabilmente, era lì molto di più per lei... per quella donna con la quale lo aspettava a casa quando rientrava tardi dal lavoro, per quella donna che le aveva permesso di tenersi il suo piccolo ometto per intere giornate quando era occupata.
Sospiro.
Sento la sua stretta farsi più debole e chiudo quell'abbraccio spostandomi dal suo corpo ma continuando a tenere la mani ben salde sui suoi pettorali.
Lo guardo in quell'abisso che i suoi occhi sono diventati ormai da troppo tempo.
Lo guardo e una nuova sensazione invade il mio corpo nell'attimo in cui sento quella vocina amorosa chiamare il mio nome.
Mi giro e sorrido a quel bimbo che mi tende le mani come a volere anche lui un abbraccio forte.
Lancio un'ultima occhiata ad Aaron prima di concentrare la mia tenerezza sul piccolo Jack che mi chiama, semplicemente, zia April.

 

  
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