Faceva caldo in quel
piccolo cubicolo.
Più caldo di quanto ti aspetteresti di sentire in una
giornata di ottobre a New York.
Forse era solo una sua impressione,ma si
sentiva più accaldata ora di quanto si fosse sentita fino a poco prima sulla
pista da ballo schiacciata dalla folla.
Le luci azzurrine che coloravano
l'ambiente ammantavano quel momento di irrealtà,come se fosse soltanto un sogno
da cui si sarebbe svegliata fra poco,ma i rumori di sottofondo non le facevano
perdere il contatto con la realtà...E probabilmente era proprio per questo che
si trovava lì.
Fra le sue braccia.
Riaprì gli occhi e mosse leggermente il
viso verso destra,incontrando due occhi nocciola che la fissarono leggermente
annebbiati.
Deglutì cercando di non far vincere la paura,che fino a quel
momento era riuscita a tenere sotto controllo,e avvicinò il viso a quello del
ragazzo.
Appoggiò le labbra su quelle arrossate di lui e lasciò che questi le
circondasse il labbro inferiore,aprendo subito la bocca per far incontrare le
loro lingue.
La vita era davvero strana:fino a una settimana prima non aveva
la minima idea di come si baciava un ragazzo e neanche ventiquattro ore prima
l'avevano definita un'esperta.
Assecondando i movimenti delle sue labbra,lei
si lasciò scappare un piccolo gemito di gola, prima di allacciare un braccio
attorno ai fianchi stretti e l'altro attorno alle sue spalle, attirandolo contro
di sè.
Una mano risalì fino al suo collo,affondando poi fra i riccioli
biondi,ormai irrimediabilmente scompigliati e per qualche istante il suo bacio
divenne più duro,quasi stesse cercando di imporre la sua supremazia su di
lei.
Non volendo dargliela vinta,la ragazza allontanò le labbra dalle sue e
chinò leggermente il capo,finchè non le posò sul collo,poco distante dalla
mascella squadrata e perfetta,seguendone il profilo con la punta della lingua e
le labbra.
Sentiva una mano vagabonda di lui accarezzarle i fianchi e la
schiena,chiaramente interessato al suo sedere,ma ancora indeciso se prendersi
tanta confidenza così presto...Era già tanto che fossero chiusi in quel
bagno!
Ma lui non era l'unico ad essere curioso...
Così con la ferma
decisione di seguire l'istinto,mettendo da parte tutte le insicurezze e le
paure,lei rialzò la testa dal suo collo,mentre la mano sinistra accarezzava il
torace teso e modellato che si nascondeva sotto la camicia bianca,prima di
afferrare con due dita il primo bottone e liberarlo dall'asola.
Un ghigno
malizioso e compiaciuto apparve sul volto del ragazzo,solo per quel gesto,prima
che riavvicinasse il viso a quello di lei e cercasse di nuovo le sue
labbra,assaporando la sua bocca con la propria.
Aprì soltanto i primi tre
bottoni,prima che le mani della ragazza scivolassero al di sotto della camicia e
accarezzassero i muscoli in rilievo del torace e degli addominali,interrotta da
un gesto fulmineo ed inaspettato di lui che la portò con la schiena contro la
porta del cubicolo.
Il corpo del ragazzo quasi completamente contro di
lei.
Quella vicinanza,quella sensazione era qualcosa che da assaporare per
bene,da imprimere nella mente e ricordare per sempre,anche quando quel momento
di pazzia fosse finito.
Sentì chiaramente l'erezione di lui premerle contro
la coscia destra,nonostante i jeans che indossava;un gomito posato contro la
porta all'altezza della testa di lei,il ragazzo fissò lo sguardo in quello di
lei,perdendosi in quelle pozze di cielo che erano i suoi occhi.
-Mi farai
finire nei guai...-le disse in un sussurro roco avvicinandosi a lei.
La
ragazza sorrise e,invece di abbassare lo sguardo come voleva fare,allacciò un
braccio attorno alle spalle larghe di lui.
-Quello che succede a New
York,resta a New York...-gli disse ricordandogli una frase che sembrava essere
diventata il motto di quella vacanza,prima di posare un bacio veloce sulle sue
labbra.
Lui trattenne la sua bocca approfondendo quel bacio,una mano sulla
schiena della ragazza per sollevarla e attirarla contro di sè,mentre l'altra
mano scivolava velocemente lungo il fianco sinistro fino ad arrivare alla
gamba,che l'aiutò a piegare e che portò contro il proprio fianco.
Sentì una
mano scendere sul suo top nero,seguendo il contorno del seno sinistro e
accarezzando il capezzolo chiaramente visibile nonostante il tessuto,e sotto
quelle attenzioni,lei inarcò la schiena contro di lui spingendo il proprio
bacino contro quello del ragazzo.
Neanche una vergine come lei avrebbe potuto
fraintendere le intenzioni di Gus...Non venendo a contatto con la sua
eccitazione...
Mentre la sua mano si insinuava lenta sotto la minigonna
nera,con gli occhi chiusi, completamente avvinghiata a lui,Vic diede ascolto per
qualche istante alla parte ancora razionale del suo cervello:dov'erano finiti
tutti i buoni propositi che l'avevano portata a tenerlo a distanza per giorni
fino alla sua partenza per New York?
Aprì gli occhi e fissò i pochi metri
quadrati in cui si trovavano:aguzzando l'udito poteva sentire altre coppie nella
loro stessa situazione,il rumore di uno scarico che veniva premuto e una
conversazione fuori,vicino ai lavatoi,di cui non riusciva a cogliere le
parole.
Ma che accidenti stava facendo?
-Fermo!-
CINQUE GIORNI PRIMA
-Hai preso tutto?-
Era l'ennesima volta
che le faceva quella domanda,ormai aveva smesso anche di
rispondergli!
-Passaporto?Portafogli?Spray al peperoncino?-elencò
imperterrito suo padre.
-Sì,sì e sì,anche se devo dire che quella è davvero
l'ultima cosa di cui ho bisogno!
Credi davvero che se volessero derubarmi li
fermerebbe lo stick dello spray al peperoncino?- domandò la ragazza voltandosi
verso il padre.
Ogni volta che doveva prendere l'aereo per andare a New York
si ripeteva la stessa scena: mentre lei continuava a riempire la propria borsa
sul letto,cercando di non portarsi dietro cose inutili o ingombranti,suo padre
le ronzava attorno come una mosca fastidiosa che non riusciva a fare a meno di
darle fastidio con i suoi consigli inutili!
Non era la prima volta che andava
a New York,ci aveva anche vissuto per i primi tre anni della sua vita,davvero
suo padre credeva che aveva bisogno di queste insulse raccomandazioni?
Sapeva
bene quanto lei che se qualcuno voleva rapinarla o farle del male non lo avrebbe
fermato ne lo spray al peperoncino ne urlare a squarciagola,ma avrebbe fatto
meglio a restare immobile e lasciare che il ladro le portasse via il cellulare e
la borsa senza fare storie.
Almeno in quel modo avrebbe avuto salva la
vita!
-Beh,forse non sarà di grande utilità,ma mi farà stare più tranquillo
sapere che l'avrei sempre con te-ribattè il padre.
Vic scosse la
testa:dov'era Brian quando aveva bisogno di lui?
-Dov'è papo?-chiese infatti
guardando verso la porta,neanche sperasse di vederlo comparire per magia
sull'uscio della sua stanza.
-E' da Gus al loft.Viene a prenderti tua
madre?-le domandò poi l'uomo cambiando argomento.
Vic scosse la
testa.
-No,verranno Janet e Georgia,mamma aveva un'incontro importante con
David Selzman,sai quel nuovo artista?-gli spiegò provando un basco violetto
davanti allo specchio a figura intera.
-Sempre la solita
stacanovista-commentò l'uomo per nulla risentito.
Lei sorrise e,dopo essersi
tolta il cappello,si voltò verso il padre con un sorriso ironico sul
volto.
-Possibile che ogni volta che vado a New York ti preoccupi di più?-gli
domandò chiaramente divertita.
Suo padre la fissò qualche secondo prima di
sorridere a sua volta e passarsi una mano fra i capelli
corti.
-Beh,altrimenti che padre apprensivo sarei?Inoltre ogni volta che vai
a New York aumentano i rischi-le chiese a sua volta.
Vic sospirò e tornò
verso la valigia per infilarvi dentro il cappello e controllare di non aver
dimenticato nulla.
-Papà,ti prego non dirmi che adesso inizierai con le
lezioni sul sesso sicuro perchè veramente mi metto ad urlare-lo
avvertì.
-Tesoro so che mi odi,e credimi neanche a me piace fare quel genere
di discorsi,ma che padre sarei se lasciassi correre?-le domandò facendo un passo
verso di lei.
-Un padre normale?-
Justin sorrise leggermente divertito da
quelle parole,prima di annuire.
-Esatto,e sia tu che io sappiamo che non lo
sono...Quindi ora chiudi il becco e ascolta quello che devo dirti-aggiunse poi
con quello che sperò essere un tono più autoritario.
Vic sospirò e si sedette
sul poco spazio lasciato libero dalla valigia,lo sguardo sul volto di suo
padre.
-Ok,senti,io ascolterò tutta la tua predica però ho bisogno di sapere
di cosa hai davvero paura...-gli domandò poi,bloccandolo prima che potesse
parlare.
Justin alzò le spalle.
-Di tutto.
Ormai hai sedici anni,sei
una ragazza bellissima e New York è una città piena di pericoli per le ragazze
come te-
-Oh andiamo,non siamo mica negli anni Settanta:non vado nel
Greenwich Village a rintronarmi di erba!Vado a trovare la mamma!-gli
ricordò.
Suo padre la fissò per qualche secondo,cercando le parole adatte per
farle capire quello che intendeva davvero,poi fece i pochi passi che la
dividevano da lui e le afferrò un polso portandola ad alzarsi in piedi accanto a
lui.
Vic aggrottò la fronte,chiedendogli spiegazioni con lo sguardo,ma suo
padre restò in silenzio,e la guidò davanti allo specchio,sistemandosi alle sue
spalle.
-Cosa vedi?-le domandò.
-Che domanda mi fai?Vedo noi due-ribattè
lei cercando di dare un senso allo strano comportamento dell'uomo.
Justin
annuì.
-Vuoi sapere cosa vedo io?
Io vedo mia figlia:una bellissima
ragazza,nel pieno del suo splendore,dall'aria ingenua,ma allo stesso tempo
provocante,e credimi niente è più intrigante di questo per gli uomini,con uno
sguardo che farebbe cadere ai propri piedi ogni ragazzo o uomo lei volesse nel
raggio di cinque chilometri-
Sul viso di Vic si disegnò un'espressione
scettica,che portò Justin a scuotere la testa.
-Credimi tesoro,non sto
scherzando!Ti basterebbe sbattere le ciglia per avere chiunque tu voglia e
fidati parlo per esperienza-rispose poi.
-Non mi pare che tu abbia
conquistato papà soltanto sbattendo le ciglia-gli fece notare lei.
Justin
scosse la testa.
-No,non l'ho fatto,mi è bastato soltanto appoggiarmi ad un
palo della luce fuori dal Babylon perchè lui mi notasse e non volesse più
lasciarmi andare...-
-Evviva la modestia!-commentò una voce alle loro
spalle.
Vic si voltò e sorrise,allontanandosi dal padre e andando incontro a
Brian che,con un sorriso ironico se ne stava sulla soglia e scrutava la sua
stanza.
-Grazie al cielo sei qui!Diglielo anche tu che non c'è bisogno di
essere così apprensivi-gli disse fermandosi accanto al moro e allacciando un
braccio attorno al suo.
Lui si produsse in uno dei suoi ghigni caratteristici
e lanciò uno sguardo al marito.
-A che livello di pazzia è arrivato?-domandò
guardando la figlia,come se Justin non fosse lì nella stanza con loro.
-Stava
per farmi un discorso sul sesso sicuro!Ti rendi conto?-gli domandò ancora
incredula.
Il ghigno sulla bocca di Brian si allargò illuminando anche i suoi
occhi nocciola.
-Avevi intenzione di insegnarle come si infila un
condom?-chiese poi guardando il marito.
-Brian!-esclamò il biondo con un
espressione sorpresa sul volto.
-Al tuo posto avrei aspettato almeno i
diciassette anni-commentò ancora il moro.
-Beh prima è meglio è,no?-replicò
l'altro.
Brian annuì,succhiandosi il labbro inferiore.
Vic scosse la testa
e si allontanò anche da Brian,tornando di nuovo verso il letto.
-La volete
smettere con questi discorsi o volete che cresca più traumatizzata di quanto già
non sia?-chiese prendendoli in giro.
-Già immagino sia stato davvero
traumatizzante rinunciare alla tua terza testa...-commentò ironico Brian
facendola sorridere.
Justin sospirò e andò a sedersi sul letto,la valigia a
dividerlo dalla figlia.
-Riuscite ad essere seri per almeno due
minuti?-chiese guardando ora Vic ora Brian.
Il moro fece una smorfia
accondiscendente e si avvicinò alla scrivania per essere a portata
d'orecchio.
Ma l'ultima cosa di cui Vic aveva bisogno era un discorso sul
sesso sicuro;così si alzò in piedi e si fermò davanti al padre,le mani su
entrambe le spalle dell'uomo.
-Papà ascolta:ti prometto che starò alla larga
da tutte le droghe possibili ed immaginabili,che non farò tardi la sera e che se
anche dovessi partecipare a qualche festa durante questa settimana,cercherò di
stare attenta a non esagerare con gli alcolici e tornerò ad un'orario
decente...-iniziò lei.
-Che intendi per orario decente?-chiese subito il
biondo.
Vic sbuffò e alzò per qualche istante gli occhi al cielo,prima di
tornare a guardare il padre.
-All'una?-tentò.
-A mezzanotte-ribattè pronto
Justin.
-Come una moderna Cenerentola...-commentò Brian a
mezzavoce.
Justin fulminò il compagno con lo sguardo e questo,consapevole
d'aver sbagliato a fare quella battuta,si portò una mano alla bocca facendo il
gesto di tapparla.
-Ok,va bene,a mezzanotte!-accordò Vic-Se serve a farti
stare più sereno-aggiunse poi.
Il biondo fissò la figlia per un paio di
secondi prima di accennare un sorriso.
-Chi l'avrebbe detto che mi sarei
ridotto così...-commentò parlando più a sè stesso che a sua figlia.
Vic gli
rispose con il suo stesso sorriso diede una stretta alla mano posata sulla
spalla sinistra.
-Oh,vedrai che è una situazione passeggera...
E' solo che
qualche volta i geni apprensivi di nonna Jennifer prendono il sopravvento su di
te-gli disse scherzando.
Il sorriso sul volto di Justin divenne più vivido
mentre l'uomo si alzava e poggiava un braccio sulle spalle della
figlia.
-Vuoi portarti anche lui Little Sunshine?Immagina come sarà la mia
vita questa settimana: dovrò sopportare le sue apprensioni,le sue preoccupazioni
e le sue insofferenze...Praticamente passerò il mio tempo con Emmett!-commentò
Brian facendo ridere la ragazza.
-Perchè credi che scappi dalla
mamma?-scherzò lei di rimando.
-Tu continua così e vedrai che uno di questi
giorni riceverai la lettera di divorzio!-disse Justin rivolto a Brian,prima di
tornare a guardare la figlia-E tu...Vedi di non farmi cambiare idea su questo
viaggio!-minacciò ben sapendo di essere poco credibile.
NEW YORK
Vic trascorse il primo giorno sereno.
Ad
attenderla all'aereoporto con un grande cartello di benvenuto,come
promesso,c'erano la zia Janet e Georgia,che la soffocarono in un abbraccio non
appena la videro uscire dagli arrivi internazionali,senza curarsi degli sguardi
che gli altri passeggeri del volo per Toronto lanciavano loro.
Caricati i
bagagli in macchina,le tre donne si erano dirette alla galleria d'arte di sua
madre,non senza prima essersi fermate a prendere un milkshake alla vaniglia nel
loro Cafè preferito.
Una volta alla galleria,Vic aveva trovato sua madre
ancora immersa nelle "discussioni artistiche",come le chiamava lei,con un uomo
alto e dalla corporatura massiccia,il cui mento era seppellito sotto una folta
barba castana,che lei immaginò essere David Selzman.
Sua madre si allontanò
dall'uomo soltanto il tempo necessario per darle un abbraccio e per chiederle se
il volo era stato piacevole,prima di salutarla con la promessa che avrebbero
parlato di più una volta a casa.
-Sta tranquilla,abbiamo una settimana per
rifarci del tempo perduto-l'aveva rassicurata Vic, prima di salutarla e seguire
Georgia fuori dalla galleria.
Una volta a casa,remore delle ultime parole che
si era scambiata con il padre prima di salire sull'aereo,aveva chiamato i suoi
genitori per rassicurarli sul fatto che era arrivata sana e salva a New York
e,soprattutto,che dopo un giro intero passato da sola per quelle strade
pericolose, fosse ancora viva e in perfetta salute.
Ma capì subito,non appena
sentì la voce dall'altra parte della cornetta,che aveva interrotto qualcosa...E
che i suoi genitori non sentivano certo la sua mancanza.
Pensare che avevano
fatto tante storie prima della sua partenza!
-Vic,non mi aspettavo di
sentirti così presto-le disse suo padre.
-Ma se sei stato tu a chiedermi di
telefonarti prima possibile-gli aveva ricordato lei.
-Ah davvero?Scusami
tesoro mi è passato completamente di testa...Tutto bene,vero?-le aveva domandato
prima di sospirare nella cornetta,facendo soffiare la cornetta.
Vic capì che
era inutile rispondergli,tanto non le sembrava molto lucido al
momento...
L'attimo dopo sentì un fruscio e al posto di suo padre le arrivò
la voce di Brian.
-Little Sunshine?Ciao,ascolta,non dar retta alle paranoie
di tuo padre...Divertiti e salutaci le lesbiche-le aveva detto in un
sospiro.
Conoscendolo Vic sapeva che le avrebbe attaccato il telefono in
faccia di lì a qualche secondo,così lo richiamò ad alta voce per attirare la sua
attenzione.
-Sì Little Sunshine?-aveva chiesto Brian dall'altra parte del
telefono.
-Potreste,per favore,evitare di lasciare tracce della
vostra...vacanza-aveva improvvisato senza sapere bene come chiamarla-al mio
ritorno a casa?-
-Puoi contarci Little Sunshine-l'aveva rassicurata
Brian,senza neanche bisogno di chiederle spiegazioni o al contrario provare a
smentire le apparenze,come avrebbe fatto chiunque al suo posto.
Una volta
tornata a casa sua madre aveva voluto essere aggiornata su tutto quello che le
era successo negli ultimi mesi,con un'attenzione particolare alle nuove amicizie
che aveva sviluppato a Toronto,i suoi studi e come stava affrontando il
cambiamento da una nazione all'altra.
-All'inizio credevo che non mi sarei
mai abituata,che nonostante le sue tante pecche mi sarebbe mancata
Pittsburgh...
Ma mi sono ricreduta molto presto:ho incontrato Rhyes e Carly e
grazie a loro ho fatto amicizia con altri ragazzi al liceo e sono entrata a far
parte della redazione del giornalino scolastico.
Poi ovviamente c'è sempre
Hunter che si prende cura di me-aveva aggiunto con un sorriso affettuoso nel
nominare l'amico.
-Già,credo che il tuo futuro marito sarà molto geloso della
vostra intimità:a vedervi insieme sembrate due amanti-aveva commentato sua
madre.
Vic l'aveva fissata con aria stupita:ma come le veniva in
mente?
Hunter la conosceva dalla nascita,la sola idea di considerarlo
diversamente dal suo migliore amico era impensabile.
-Mamma!-l'aveva
rimproverata.
-Tesoro non dirmi che non te ne eri mai accorta?Io ho sempre
pensato che avessi una specie di cotta segreta per lui...Altrimenti come spieghi
questo bisogno di raccontargli sempre tutto quello che ti succede?-le aveva
chiesto ancora sua madre.
-Perchè è il mio migliore amico?-aveva detto la
ragazza.
Sua madre aveva alzato le spalle,non del tutto convinta di quelle
parole,lasciandole capire con quel gesto che per il momento era disposta a
lasciar cadere l'argomento ma che l'avrebbero affrontato di nuovo il prima
possibile.
Ma quando erano andate a letto,Georgia aveva rimpiazzato la madre
con la propria curiosità.
-Ok forse Hunter non è la persona che ti interessa
veramente,ma ti conosco e so che mi nascondi qualcosa-le aveva detto non appena
si erano chiuse la porta della camera alle spalle.
Per qualche istante Vic
era stata tentata di minimizzare e dirle che era tutta una sua fantasia, un volo
della sua immaginazione,ma poi non ebbe il cuore di farlo:lei e Georgia
passavano già così poco tempo insieme,sarebbe stato crudele non renderla
partecipe della sua vita.
Così le raccontò del primo incontro con lo
sconosciuto che poi aveva scoperto essere Gus,il figlio di Brian,passando poi a
raccontarle di Matt e di come si sentisse combattuta fra i due
ragazzi.
-Cavolo!Possibile che le fortune capitano tutte a te?-le aveva
chiesto la sorella con una punta d'invidia nella voce.
Vic aveva sorriso e le
aveva tirato addosso un piccolo cuscino che ornava il suo
letto.
-Scema!Questa è una situazione che non auguro a nessuno:non so
veramente cosa fare;da una parte c'è Matt,che mi ha fatto capire fin dal primo
momento in cui ci siamo incontrati di essere interessato a me,e dall'altra...
-aveva detto lasciando la frase a metà.
-Dall'altra?-l'aveva incalzata la
sorella.
Vic aveva sospirato.
-Dall'altra c'è Gus,che mi fa incazzare ogni
volta che ci troviamo nella stessa stanza,ma allo stesso tempo mi fa schizzare
il cuore in gola-le aveva confessato,sentendosi idiota per quelle parole
tipicamente adolescenti.
Sua sorella l'aveva fissata per qualche secondo
incerta prima di annuire.
-Ok,d'istinto se dovessi dirmi chi vorresti qui con
te in questo momento,chi sceglieresti?-le aveva chiesto cercando i suoi
occhi.
Vic aveva sospirato e,nei pochi secondi di silenzio prima della
risposta,fece scrocchiare le nocche della mano destra,un gesto l'aiutava a
riflettere.
-Forse Gus,perchè abbiamo talmente tante cose in sospeso...Tante
questioni ancora da chiarire...-aggiunse poi.
Georgia aveva annuito.
-Chi
lo sa,magari grazie allo spirito della festa,il tuo desiderio si
realizzerà...-
Di ritorno da un giro per negozi,Victoria e
Georgia decisero di passare per la galleria d'arte e fare un saluto alla
madre.
Magari,se la donna non fosse stata troppo impegnata,sarebbero riuscite
a convincerla ad allontanarsi il tempo necessario per mangiare qualcosa
insieme.
-Mamma siamo noi!-disse Georgia aprendo la porta di vetro
infrangibile della galleria e incamminandosi con disinvoltura per i
locali.
Le due ragazze,fin da quando erano lattanti consideravano quel posto
il loro parco giochi dato che la madre,troppo impegnata con il lavoro ed
impossibilitata ad accompagnarle in un vero parco,stendeva una coperta in
un'angolo appartato del parquet e le sistemava lì con i loro giocattoli in modo
da non perderle mai di vista.
Vic,chiuse la porta e seguì la sorella
lasciando i vari pacchetti accanto all'entrata,lanciando un' occhiata ai quadri
che in quel momento erano in esposizione.
-Mamma!-chiamò ancora
Georgia.
Pochi istanti ed un rumore di passi si sentì dal corridoio più
lontano della galleria,sempre più vicino,finchè sua madre non si palesò davanti
a loro.
-Ragazze...Giornata di shopping selvaggio?-disse indicando le borse
che Georgia teneva ancora in una mano prima di avvicinarsi e darle un bacio fra
i capelli.
-Macy's ha dei saldi pazzeschi,dovresti approfittarne-le disse la
ragazza per nulla preoccupata.
Vic sorrise e si avvicinò alle due per
salutare la madre.
-Siamo venute per invitarti a pranzo-le disse poi.
Fu
proprio in quel momento che una figura uscì dal corridoio da cui poco prima era
apparsa sua madre.
Fermo a pochi passi di distanza da sua madre,Gus la
fissava con un'accenno di sorriso a stirargli le labbra sottili.
Che
accidenti ci faceva lì a New York?No, quello le interessava relativamente,che ci
faceva lì nella galleria d'arte di sua madre?
-Gus,ciao...-disse per non
sembrare scortese,anche le sue parole suonarono leggermente strozzate.
Sentì
su di sè lo sguardo di Georgia,chiaramente curioso,prima che questo corresse a
posarsi su Gus.
-Victoria-la salutò con un leggero cenno del capo.
Era una
sua impressione o nella voce c'era un'accenno di ironia?
-Georgia,tesoro,lui
è il figlio di Brian,il marito di tuo padre.
Gus lei è la sorella di
Vic-disse sua madre facendo le presentazioni.
Il ragazzo rivolse a Georgia un
vero sorriso,mettendo in mostra leggermente i denti,e le tese la mano che
Georgia strinse dopo un'istante di esitazione.
-Piacere di conoscerti;sapevo
che lo zio Jus aveva un'altra figlia,ma non immaginavo fosse così grande-disse
parlando più con la loro madre che con le due ragazze.
-Stai per caso
insinuando che sono vecchia?-domandò la donna con un sorriso ironico.
Gus
scosse la testa ghignando.
-Per me resterai sempre la stessa,lo sai.
Credo
che anche fra trenta,quarant'anni ricorderò sempre le volte che facevamo il falò
sul tetto del tuo palazzo-ricordò.
Sophia rise e posò una mano sulla spalla
sinistra del ragazzo,in un gesto complice che fece indispettire
Vic.
Possibile che quel ragazzo fosse sempre fra i piedi?
Poteva capire il
rapporto speciale che c'era fra lui ed i suoi genitori,visto che Brian era suo
padre,ma perchè doveva avere dei ricordi anche di sua madre?
Lei non aveva
quel tipo di rapporto con Mel e Lindz,quasi non sapeva distinguerle l'una
dall'altra!
-Allora mamma pranzi con noi o no?-chiese tornando a guardare la
madre con aria indispettita.
La donna tornò a guardarla e alzò le
spalle.
-Sì certo perchè no?Però dobbiamo restare qui,magari andiamo a
prendere qualcosa dal take-away cinese all'angolo.
Gus tu resti con
noi?-domandò poi guardando il ragazzo alla sua sinistra.
Vic si accorse dello
sguardo fulmineo che le aveva lanciato,ma decisa a non dargli
soddisfazione,allontanò il suo posandolo su uno dei quadri appesi alla parete
alla sua destra.
-Come potrei rifiutare?-gli sentì dire poi.
Sentì il
mugugno compiaciuto che sua madre emetteva sempre quando qualcosa andava secondo
i suoi piani e quando riportò lo sguardo su di lei,la vide passarle accanto e
avvicinarsi al bancone dietro il quale erano conservate le brochure,da dove si
azionava il sistema d'allarme e dove sua madre custodiva tutte le sue cose
personali.
Con passi lenti,seguita da Georgia e poi da Gus,Vic le si avvicinò
e la vide prendere il portafogli dalla borsa e tirare fuori una banconota da
cinquanta dollari.
-Ci pensate voi?Mr Wong sa cosa ordino di solito, basta
che gli dici che è per me,poi ordina tutto quello che volete-disse dando i soldi
a Vic.
La ragazza annuì e si voltò verso Georgia,che sembrava impegnata a
studiare una brochure su una mostra sugli Impressionisti.
-Tu vieni con
me?-le domandò.
-Forse è meglio che resti qui...Sai tutta quella puzza di
fritto mi si attacca ai vestiti e ai capelli- le disse con una smorfia.
-E
come pensi che riesca a portare tutto da sola?-le domandò Vic implorandola con
lo sguardo.
Sapeva benissimo qual'era il gioco di Georgia,cosa stava cercando
di fare,ma non glielo avrebbe permesso!
Ma inevitabile arrivò la frase che
segnò la sua sconfitta.
-Se vuoi posso accompagnarti io-le disse Gus.
Lei
lo guardò e per qualche secondo i due si limitarono a fissarsi,ingaggiando una
silenziosa lotta agli sguardi per stabilire chi fosse il più forte.
-Credi di
farcela da sola?E poi ho bisogno di avere il menù davanti per fare una scelta-le
disse ancora lui schiacciando così ogni sua resistenza.
Vinta,Vic sospirò e
fece un cenno con la testa.
-E va bene...Fa come ti pare-
Gli voltò le
spalle e si avviò verso la porta della galleria,senza preoccuparsi della
possibilità che lui non la stesse seguendo.
Perchè era lì?
Era andata a
New York con la speranza di allontanare la mente dai problemi,di rilassarsi per
una settimana,ed invece i problemi l'avevano seguita fin lì.
Ora che altro
sarebbe successo?
Per qualche minuto camminarono uno davanti all'altra nel
più completo silenzio,Vic troppo impegnata a macerarsi nelle sue domande e Gus
completamente indifferente di quello che la ragazza stava
pensando.
Svoltarono un'angolo,allontanandosi dal caos della strada
principale e alzando lo sguardo lei riuscì ad intravedere la loro
destinazione.
Gus affrettò il passo e le sistemò accanto,sulla destra.
Vic
poteva sentire la sua presenza,il braccio che sfiorava inavvertitamente quello
del ragazzo e quando si trovò ad alzare gli occhi su di lui,lo vide guardare
dritto davanti a sè.
-Si può sapere che ci fai qui?-si decise a
chiedergli.
Gus voltò leggermente la testa dalla sua parte e incontrò i suoi
occhi,senza però smettere di camminare.
-Sono qui per presentare dei
lavori.
Ogni tanto,grazie ai contatti di mia madre,riesco a mostrare i miei
lavori a qualche critico o a qualche galleria d'arte per vedere se riesco a
piazzarne qualcuno...-
-E in questi giri d'affari rientra anche la galleria
di mia madre?-gli domandò sospettosa.
L'altro scosse la testa.
-Mai
mischiare affari e piacere.
Conosco Sophia e Janet da quando ho sei anni e
ogni volta che posso,che mi trovo a New York ne approfitto per andarle a
trovare-le disse.
Lei restò in silenzio,indecisa se credergli o
meno.
-Credevi che fossi a New York per te Sweetie?-le domandò lui
sorprendendola,una risata nella voce.
Vic sentì il proprio viso scottare per
l'imbarazzo e capì di essere diventata rossa,se non proprio viola.
Anche se
sapeva che era assurdo c'era stato un brevissimo istante,quando Gus era apparso
nella galleria,in cui la sua mente aveva accarezzato quel pensiero.
-Non
preoccuparti Ginger,so che non saresti mai così romantico...
Specialmente con
me-gli disse prima di allungare il passo e allontanarsi da lui.
Per qualche
istante camminò davanti a lui,con passi cadenzati neanche stesse affrontando una
marcia,finchè non si sentì afferrare per il braccio e,con un gesto
veloce,voltare all'indietro.
Le labbra di Gus si posarono sulle sue in modo
così impetuoso,così fulmineo da impedirle anche di protestare:le sentì
accarezzarle le labbra andarle incontro e a sfiorarle con la punta della
lingua.
Quasi guidate da una volontà propria,le sue braccia si erano strette
attorno ai fianchi di Gus, sentendo quelle del ragazzo fare lo stesso e premere
il suo corpo contro quello solido del ragazzo.
Sotto l'invito di Gus,Vic
dischiuse la bocca e lasciò che la sua lingua incontrasse quella di lui,
concedendosi una nuova lentezza per assaporare meglio quelle sensazioni
nuove:quello era il suo secondo bacio,voleva un ricordo chiaro di quello che
stava succedendo.
La sua mente era completamente svuotata:aveva dimenticato
dov'era,che ci faceva in mezzo a quella strada,aveva anche dimenticato la rabbia
e l'imbarazzo che l'avevano colta per il commento del ragazzo.
Sapeva solo
che ora erano lì,soltanto loro due e quel nuovo momento di pazzia che entrambi
sapevano di non potersi concedere,ma a cui era impossibile rinunciare.
Con un
ultimo sfioramento di labbra,Gus si staccò da lei,cercando il suo sguardo non
appena i loro occhi tornarono ad aprirsi.
Le labbra gonfie ed arrossate,Vic
lo fissò in silenzio,in attesa di qualcosa,anche se non sapeva spiegarsi
cosa:era lui quello che doveva parlare per primo,quello che doveva chiarire la
situazione fra di loro,specialmente adesso che l'aveva baciata per la seconda
volta.
-Sarà meglio andare se non vogliamo far preoccupare tua madre...-disse
infine lui.
Certo non era quello che si era aspettata.
Ma in fin dei conti
aveva ragione.
Così annuì e si allontanò da lui,non prima però di ricevere
un'ultimo bacio lieve a fior di labbra dal ragazzo,che la lasciò,se possibile
ancora più confusa.
Quella non era la vacanza che si era immaginata al
momento della partenza da Toronto.
Non sapeva ancora perchè,ma aveva la
sensazione che quella sarebbe stata una vacanza che non avrebbe dimenticato
tanto facilmente...
TO BE CONTINUED...
Salve a tutti!!! E buon week-end
Quanti di voi mi stanno odiando per aver spezzato il capitolo a metà?Credo sia la maggioranza.
Perciò vi spiego subito il perchè di questa mia scelta:mentre immaginavo questo capitolo e tt quello che sarebbe successo a Gus e Vic durante il soggiorno a New York,mi sn accorta che se lo avessi lasciato cs come lo avevo impostato mentalmente sarebbe stato lungo una quaresima.
Così ho deciso di dividerlo in una prima parte "introduttiva" che mette in luce le premesse di quello che succederà poi nella seconda parte...in cui ci saranno anche dei barlumi della vita da "scapoli" di Justin e Brian.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura o di ortografia.
Il titolo del capitolo è preso da una canzone omonima degli U2.
E ora i ringraziamenti:Sweey(Già,ci voleva proprio,cs chiunque avesse ancora dei dubbi sul reale desiderio di Brian di avere un figlio li ha abbandonati all'istante...Mi sa che con questo capitolo non ho fatto che aumentare la tua curiosità,eh?),Angel_SG(Benvenuta!E fra parentesi,tu nn rompi mai le scatole!Tecnicamente Gus e Vic nn sono veri parenti,hanno genitori diversi e se nn fosse x il destino nn si sarebbero mai incontrati.Ma ovviamente,visto l'intreccio di parentele e relazioni che legano i protagonisti del telefilm sarà un pò scioccante qnd tt verrà a galla...Ma x qll ci vuole ancora molto tempo),Stellina87_87(Benvenuta!E grazie x i complimenti! Scrivere di qst personaggi è qs naturale,qs stessi parlando di persone reali,l'unico che mi da problemi è Emmett che ho paura ogni volta di trasformare in una macchietta...Raccontare il passato di Justin e Brian è secondo me importante perchè in caso contrario sarebbe sembrato assurdo,quasi improbabile la visione di un Brian completamente monogamo,fedele e felice della nuova vita che sta conducendo con JUstin),Yumisan(Eccoti accontentata:che ne pensi?),Mizar(E' difficile essere il "Dio" dei gay,avere tt gli uomini ai propri piedi, e sperare di poter creare una propria famiglia con una sola persona...Per questo era necessario dare un taglio a tutto:ai locali,a Pittsburgh e alla solita vita...In fondo per quanti anni Brian avrebbe potuto continuare con quel ritmo?),Jo87(Che significa "wubbare"?).
Bene per il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...
"In the city of blinding lights (parte seconda)"
Baci,Eva.
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