But blood drags me away, I can’t
escape.
Con
la vita negli
occhi e la morte nel cuore.
Mi spiace, mi spiace
di non essere ciò che volevi.
C’è sangue: tanto, parecchio, quasi ovunque decisamente troppo.
Ci sono mani e ci sono unghie.
Com’è fredda la notte per uno come lui, com’è triste la vista di tutte quelle carcasse rischiarate dalla luna, ma com’è confortante la vista di quel sangue.
Patetico, invece, è il suono del suo cuore che batte: ancora vivo, sempre presente, stupidamente pesante.
Mezzo demone, lo avevano chiamato, sporco mezzo demone avevano urlato, e nel nome del sangue donato da sua madre li aveva fatti a pezzi.
Tutti, tutti a pezzi.
Quando il sole scalda il mondo il buio viene divorato, da quando il suo viaggio viene accompagnato da quello dei suoi amici le risate divorano il silenzio.
Ma c’è qualcosa, in lui, che non va.
Forse si è rotta nei silenzi prolungati di cui solo la solitudine sa farti dono.
Forse non c’è mai stato, magari è venuta a mancare.
O forse a nessuno è mai importato cercarla, forse nemmeno a lui.
E si ritrova, InuYasha, in una sorta di calma apparente, sospeso in una serenità che da tempo lo circonda ma che non riesce a vivere, vivere davvero.
Labbra che non si sono mai piegate in sorrisi che non son ghigni, gola che mai ha partorito risa, se non per deridere il nemico caduto.
E il sangue rimbomba nelle vene e nelle orecchie, in questo silenzio ostinato, annidandosi nell’irrequietezza del suo animo a metà; vivendo in una calma apparente, echeggiando negli incubi peggiori.
Tu-tum, tu-tum,
tu-tum.
Ed è un patetico cuore quello che batte, è una vita – lunghissima- quella che scorre a rilento, è un cuore che continua a pulsare sangue che distrugge un cervello sempre più stanco.
[Queste piaghe di giorno in giorno,
di giorno in giorno…]
“Ce la farai”, gli ripete lei e sorride, Kagome, appena lo vede arrivare.
Ma non c’è niente a cui sorridere, non c’è più nulla da rincuorare.
Se lei sapesse, se lei vedesse, se lei capisse … quanto lo odierebbe?
Ma lei sorride, ignara e fiduciosa, semplicemente troppo Kagome per poter anche solo pensare…
Con quel sangue sulle
mani, quel sangue che non se ne va più via…
Quel sangue che gli rimbomba nelle tempie, che non lo lascia in pace, che non lo fa dormire.
Quella voce che lo tenta e lo accarezza, con mani di velluto e voce di miele.
“Uccidili, uccidili tutti.”
Ma Kagome sorride.
[Potrai mai notare che sono andato via?]
“Uccidili. Fallo e starai bene.”
Ed è come miele, come miele che sa di fiele.
Arriverà la notte, di nuovo il silenzio, e gli occhi di tutti si chiuderanno, come se fossero morti.
E le promesse fatte a lei gli rimbomberanno nella testa.
“ So che non lo farai più, ma promettilo. Promettilo a te stesso.”
Come se ci si potesse fidare di quell’ambiguo ‘te stesso’.
Ma Kagome sorrideva e alle volte si arrabbiava, Kagome viveva e voleva che lo facesse anche lui.
Kagome lo guardava e sorrideva e lui l’amava ma… Kagome non sapeva.
Kagome
dormiva.
[Mai stato perso, né trovato.
E non fa differenza perché tanto non ci sono mai stato.]
Unghie
che affondano in carne tenera, urla roche che
stridono nella calma apparente della notte
che è il momento migliore per
dormire.
Gemiti e suppliche vengono vomitate da labbra pallide e codarde come vermi.
Mostro, avevano urlato, e mostro era diventato.
“Siete contenti, siete
contenti ora?”
Sangue che macchia il terreno, un sorriso che mostra denti affilati.
La luna occhieggia la scena da lontano ma non ci fa caso e se lo fa finge di non vedere.
L’ultimo corpo, gli ultimi occhi che lo guardano terrorizzati, un’ultima vita che scorre via – velocemente, velocemente! Non come la sua – l’ultimo sangue che macchia il terreno.
“ Cos’hai fatto?!”
E lei è lì, di nuovo lì, il sole è arrivato e non se n’è accorto, ed ama mostrare colpe che la luna brama celare.
C’è dolore nella sua voce, lacrime nei suoi occhi. Disgusto!, urlano i pori della sua pelle.
Lei che non merita quel dolore e lui che non può far altro che regalarglielo, lasciandosi schiacciare da un senso di colpa senza fine, pregando affinché lo uccida.
“Perché?” la domanda che le deturpa le labbra, in un pallido tentativo di non piangere.
Non lo so, non lo so ma non lo sai nemmeno tu! vorrebbe gridarle contro, ma si limita a respirare.
Ora che nessuno dorme più, ora che sono di nuovo vivi, vorrebbe che anche quei cadaveri – perché di uomini si tratta - rischiarati un tempo dalla luna si svegliassero di nuovo.
Ma c’è sangue per terra, sulle mani e sulle vesti, sangue anche in faccia e tra gli artigli.
Sangue nel cervello che martella forte, che non lascia vie di fuga, che non lascia vivere.
Il sangue mi trascina
via, il sangue mi… Ma è come miele che sa di
fiele, che scivola via, ed è quasi un sollievo.
“Mi dispiace”, riesce a dirle, prima di ridere e piangere insieme.
E forse ha capito, ha capito che cos’è che non va, cos’è che gli manca:
La sanità mentale.
Tra
brividi di freddo e silenzi senza fine.
Mi
spiace di non riuscire a
vivere come
volevi.
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Non so da dov'è
uscita nè perchè.
Diciamo che è una What if..?, ambientata più o
meno dopo l'uccisione da parte di InuYasha del demone falena e dei suoi
sottoposti umani.
La Takahashi è troppo buona, ha reso InuYasha troppo forte.
Io l'ho reso più debole, forse più umano.
Bye, bye.