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Autore: DarkPenn    21/06/2005    9 recensioni
Questa storia è stata scritta a quattro mani. Lina e i suoi compagni raggiungono un misterioso tempio, custode di un importante segreto. Ma ogni segreto ha il suo costo... E a pagarlo saranno un Drago Dorato e un Mazoku.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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SACRIFICE

SACRIFICE

 

 

La notte autunnale priva di luna era silenziosa nel villaggio sonnacchioso dove Lina e il suo gruppo erano giunti, sulle tracce dell’ultima arma creata da Dark Star, la Galveila. Secondo alcune informazioni, nella montagna che sovrastava il villaggio era custodito un importante indizio su quell’arma, indizio di cui Lina e gli altri dovevano assolutamente entrare in possesso per poterla trovare.

“Non ci siamo già stati qui?” La voce incuriosita di Amelia risuonò nell’aria deserta della notte, mentre la principessa di Seilune osservava la vicina montagna, il cui profilo bizzarro era illuminato dai fuochi accesi dagli abitanti del villaggio per scacciare gli spiriti maligni. Lina scrutò la vasta piattaforma naturale in cima al pinnacolo, ma scosse la chioma fulva: “No, qui non ci sono ponti per arrivare in cima, e la sommità sembra essere più solida di quell’altra montagna…”

Senza altre parole, immersi in un silenzio quasi surreale e foriero di sinistri presagi, i sei giovani si diressero verso la loro meta.

 

Al termine di un erto sentiero due bracieri illuminavano il tetro antro di un antico edificio, circondato di colonne e statue erose dal tempo. Lina represse con un brivido la sensazione di essere di fronte a una potenza aliena e misteriosa, mentre si avvicinava al portale, i cui battenti erano caduti e resi polvere. Sull’architrave, appena visibili nella fioca luce dei bracieri, c’erano delle incisioni, apparentemente illeggibili.

La luce di un incantesimo Lighting inondò la zona, cacciando le ombre che sembravano essersi addensate tutto intorno al gruppetto. Ora le iscrizioni erano più definite, ma risultavano scritte in un idioma sconosciuto alla maga. Ma forse c’era qualcuno che poteva comprenderne il significato…

Fece cenno a Philia e Xelloss di avvicinarsi. La draghessa rabbrividì per le oscure sensazioni emanate da quel luogo, ma fece come le veniva chiesto. Il mazoku si appoggiò alla sua staffa e scrutò con attenzione i segni sulla parete.

Passarono lunghi minuti mentre i due vecchi nemici percorrevano i glifi con occhi sempre più attoniti. Philia vacillò e dovette appoggiarsi alla base di una colonna spezzata per non cadere, con gli occhi sbarrati. Amelia le si avvicinò premurosa, ma Philia non accettò il suo aiuto: sembrava sconvolta. Xelloss invece, quasi impassibile, stringeva la staffa convulsamente, mentre continuava a leggere e rileggere quelle scritte misteriose.

Dato che Philia non sembrava in condizioni di parlare, seduta sulla colonna con le braccia strette attorno alle spalle, tremante, Lina si avvicinò al mazoku, con un’espressione inequivocabile sul volto teso: “Xelloss, cosa c’è scritto?”

L’altro rimase in silenzio, assorto. La maga dovette scuoterlo per farsi dare ascolto. Lo sguardo che le rivolse era indecifrabile, tanto inconsueto che Lina rimase senza parole. C’era sorpresa e una punta di afflizione. E anche qualcosa tenuto segreto, che sembrava non potesse essere rivelato.

“Questo tempio è stato eretto in tempi antichissimi dai seguaci delle forze oscure. Al suo interno, nella parte più remota, dietro l'altare sacrificale, vi è uno scudo magico infrangibile a protezione di indicazioni estremamente preziose sulla Galveila, anche se non ho idea di come facessero ad averne conoscenza... Ho detto infrangibile, ma non è esatto… L’unico modo per infrangerlo... è quello di unire Tenebra e Luce...”

A quelle parole Philia chinò il volto, impallidito d’improvviso, e cominciò a rabbrividire violentemente, nonostante il mantello che Amelia le aveva premurosamente aggiustato sulle spalle. Un campanello d’allarme suonò nella testa di Lina, ma ella lo ignorò. Zelgadiss si avvicinò per ascoltare meglio le parole di Xelloss, seguito da Gourry, che sembrava non aver capito molto dell’accaduto. Lina diede un ultimo sguardo a Philia e riportò gli occhi sul mazoku: “Beh, se è solo per questo non sarà troppo difficile risolvere la questione, sarà sufficiente che tu e Philia lanciate due incantesimi contemporaneamente contro la barriera… no?”

L’altro non rispose, ma si volse nuovamente verso il varco. Rimase alcuni secondi in silenzio prima di rispondere: “Non è così semplice… Gli incantesimi non basteranno stavolta. E’ necessaria un’unione più profonda… più… intima… se così capite cosa intendo.”

Zelgadiss e Lina al momento sembrarono non capire, ma subito realizzarono l’enormità di ciò che le parole di Xelloss implicavano. Amelia aveva quasi le lacrime agli occhi, mentre Philia si era piegata ancora di più su se stessa e sembrava singhiozzasse in silenzio. Gourry non aveva capito molto di ciò che era accaduto, ma aveva realizzato che si trattava di qualcosa di gravissimo.

Zelgadiss fece un passo avanti e se Lina non l’avesse trattenuto probabilmente avrebbe sferrato un pugno verso il priest: “Stai scherzando, vero?! Girati, dannato buffone!”

Il mazoku si girò, ma non c’era traccia di riso sui suoi lineamenti. Gli occhi viola erano serissimi e le labbra strette: “E’ impossibile equivocare, le incisioni parlano molto chiaro. Non so quali formule abbiano combinato e utilizzato, ma come protezione è dannatamente efficace…”

Non aggiunse altro e tornò a voltarsi verso l’entrata, chinando il capo. Lina lasciò Zelgadiss e si fece più vicina al mazoku, in modo da interporre il suo corpo fra lei e Philia, sicché la draghessa non potesse capire quello che gli stava per dire: “Xelloss, ma hai davvero intenzione di…”

La ragazza non riuscì a terminare la frase. L’altro sorrise amaramente, senza allegria: “C’è scritto qualcos’altro su quell’architrave, Lina. Esiste solo una possibilità al mese di infrangere lo scudo che protegge il nostro obiettivo, solo durante la luna nuova. E questa è una notte di luna nuova.”

Lina stava per replicare, ma la protesta le morì sulle labbra. Con tono insolitamente serio Xelloss diede voce alla verità innegabile che Lina non osava pronunciare: “Sai meglio di me che non c’è tempo da perdere, Lina. Certo, potremmo abbandonare questa pista e cercare altrove. Potremmo anche trovare la Galveila senza eseguire questo sacrificio. Ma per allora Dark Star potrebbe già essere stato scatenato in questo mondo.

Lina avrebbe voluto dire qualcosa, ma sapeva che non c’era nulla da dire. Gli occhi di tutti, tranne quelli del mazoku, erano diretti su Philia.

La draghessa, sorretta da Amelia, si stava rialzando in piedi, la mano destra al volto. Quando però sollevò gli occhi rivelò un’espressione decisa, turbata solo dagli occhi arrossati di pianto. Tuttavia la sua voce, quando parlò, rivelò il turbamento estremo che albergava nel suo cuore: “Aspettateci qui.

Senza voltarsi indietro si incamminò verso l’oscuro antro del tempio maledetto. Xelloss, senza dire altro la seguì. Amelia fece per richiamare la draghessa, ma questa era già sparita, inghiottita dal buio.

 

Il corridoio era avvolto nella penombra, lungo e stretto, e permetteva contemporaneamente il passaggio di due sole persone.

Il Demone e il Drago. L'uno accanto all'altra.

Nessuno dei due osava fiatare.

Non una parola.

Non uno sguardo.

Solo i loro passi che riecheggiavano nel silenzio spettrale di quel luogo angusto.

Dalle loro espressioni non era assolutamente possibile decifrare che cosa stessero pensando in quel momento.

Non era possibile carpire l'angoscia, la confusione e, sì, anche il terrore che, vorticando violentemente nel suo animo quasi fino a farle perdere il senno, si infrangevano contro il senso del dovere e la missione che era stata affidata alla draghessa. Come una mantra, continuava a ripetere nella sua mente, in un’incessante nenia, che si apprestava a sopportare quell’atto solo in nome della salvezza del Mondo.   

Ma in realtà, ciò che non riusciva a comprendere, la vera causa del suo male, era la speranza senza nome cui la sua coscienza, per difendere i precetti e le credenze che le erano stati inculcati e in cui aveva creduto (quegli stessi precetti e quelle stesse credenze che le si stavano lentamente sgretolando tra le dita), impediva di venire alla luce. 

tantomeno era possibile osservare il dubbio, l'incertezza, l'indecisione che si facevano strada nella mente di Xelloss.

E la paura. Sempre che un Mazoku potesse provarne.

No, non era paura, lui lo sapeva. Non si sentiva spaventato dalla situazione. Anche lui aveva una missione da portare a termine. E per poterlo fare doveva assolutamente impossessarsi dell'ultima arma per primo. A qualunque costo.

La collaborazione con i tre invasori non si stava rivelando molto fruttuosa.

Se c'era qualcuno che poteva avere qualche probabilità di rintracciare quell'arma, quella persona era Lina. 

Ed in fondo, il doppio gioco, il triplo in quel caso, era sempre stata una sua specialità.

“Sarà il caso di tenerla d'occhio”, aveveva pensato. E così aveva fatto.

Ma certo, non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi in quella situazione.

Il volto del Mazoku si oscurò.

C'era qualcosa che lo infastidiva. Non il fatto di doversi unire ad un Drago, né quello di dover sostenere i fin troppo abituali sguardi accusatori del gruppo.

Ciò che lo feriva profondamente era il pensiero dell'odio che la ragazza nutriva verso di lui ed il ribrezzo che gli avrebbe mostrato quando, di li a poco, l'avrebbe anche solo sfiorata.

Era sempre stato avvezzo ad adattarsi ad ogni tipo di situazione. Ma questo, non sarebbe riuscito  a sopportarlo.

All'improvviso il silenzio si fece troppo pesante e troppo penoso  per il Mazoku.

Senza voltare il capo verso la figura che gli camminava silenziosamente affianco, le rivolse uno sguardo in tralice.

“Come mai non dici nulla?” chiese serio.

“Non ho nulla da dirti,” fu la risposta incolore che ricevette.

Xelloss, mosso da molteplici sensazioni, non poté replicare. Dinanzi a loro si aprì il naos, saturo di un’atmosfera sinistra quasi palpabile nella sua oscurità. Con una parola incomprensibile Xelloss accese una piccola fiammella nella sua mano, che subito andò ad appiccare il fuoco a due bracieri posti accanto ad un varco nella parete sinistra. Da tale apertura si sprigionava un tenue bagliore verdastro, segno, per chiunque fosse un po’ pratico di magia, della presenza di una barriera. Ma ciò che attirava l’attenzione nel locale spoglio era il grande altare di pietra rosata davanti al varco nella parete a sinistra.

A quella vista Philia si bloccò e vacillò: fino a che punto avrebbe potuto spingersi prima che la ragione l’abbandonasse? Eppure era necessario, altrimenti non avrebbero potuto trovare la Galveila in tempo. Avrebbe dovuto reggere nonostante tutto. Nonostante Xelloss, nonostante i dubbi nei confronti del suo popolo, nonostante… Nonostante quella speranza segreta, che non poteva e non doveva ammettere nemmeno a se stessa.

Forse Xelloss si accorse del nuovo turbamento della draghessa, o forse cercò solo di esorcizzare un’atmosfera divenuta troppo pesante per i suoi gusti. Fece due passi verso l’altare e la sua espressione rimase di ghiaccio mentre diceva: “Almeno non dovremo farlo per terra.

Philia non gradì la battuta del mazoku, ma era troppo prostrata per litigare, in quel momento. Si avvicinò a sua volta al basso lastrone di pietra.

“Come se qui fosse meglio… Non oso pensare a cosa sia stato fatto su questo altare,” disse, irrealmente fredda, come se ciò che stava per accadere non la riguardasse.

L’altro alzò le spalle. “Se è per questo lo copriremo con i mantelli.”

Rapidamente il mazoku si tolse il mantello, subito imitato da Philia che, lesta, lo drappeggiò sull’altare. Xelloss l’osservò per un attimo, poi lo tirò via.

“Mettilo sopra il mio,” disse, stendendo il proprio mantello nero sulla pietra rosata. Philia rimase ad osservare, sentendo dentro di sé divampare la rabbia per quell’essere che, in un momento come quello, sembrava così freddo da voler imporre il suo modo di fare.

“E perché mai, scusa?!” chiese, pentendosi subito dell’eccessiva veemenza del suo tono.

L’altro non rispose subito, ma la guardò lievemente stupito e risentito. Poi distolse lo sguardo e le voltò le spalle.

“Perché non voglio vederti sdraiata sul nero.

Quelle parole furono per Philia come un fulmine a ciel sereno. Cosa intendeva dire Xelloss con quelle parole? Era forse preoccupato che il nero trasudasse dal mantello e contaminasse il suo spirito? Certo, sarebbe stato gentile da parte sua. Oppure, egoisticamente, non gli piaceva il contrasto tra la sua pelle candida e il nero del mantello. Molto romantico. Però…

Mentre Xelloss si toglieva rapidamente la tunica, rivelando una schiena ben tornita nella luce incerta dei bracieri, Philia non riusciva a pensare ad altro che alla rabbia suscitata in lei dalla sua sfacciataggine. Eppure si sentiva anche… Lusingata. Innegabilmente. Vergognosamente.

In preda alla confusione iniziò a sciogliere i nastri e i lacci che le reggevano la veste. In un attimo fu ai suoi piedi. Si chinò a togliersi le scarpe e la giarrettiera con la mazza, e le appoggiò poco distante. Di fronte a lei, Xelloss si era già girato, nudo, e la stava fissando con occhi di pietra. In quel momento sentì tutta la vergogna e l’imbarazzo che non aveva provato fino a quel momento. Chinando il volto arrossito, si strinse le spalle per coprirsi, per quanto poteva, il seno. Lui, senza una parola, si avvicinò e le posò le mani sui fianchi, attirandola a sé.

A quel contatto rabbrividì, scossa dai suoi stessi sentimenti. Insensibile alla sua angoscia, Xelloss la trasse a sé più forte, ma lei non accennava a sciogliere le braccia, né a sollevare il capo.

“Ti ripugna così tanto guardarmi almeno in faccia?” disse lui, con un’emozione indefinibile nella voce.

In quel momento Philia avrebbe potuto fare qualsiasi cosa: imprecare contro di lui, che doveva averla in qualche modo ingannata per convincerla ad arrivare a tanto, maledirlo, subissarlo di colpi e di incantesimi, trasformarsi in drago e radere al suolo quel luogo, testimone della sua massima vergogna. Oppure…

Oppure avrebbe potuto liberarsi, liberare quella segreta speranza che, da quando erano giunti in quel luogo, si era ingigantita minuto dopo minuto, aprire a lui il suo abbraccio, stringerlo fra le sue braccia, confessargli…

Tra quei sentimenti, scesi in battaglia l’uno contro l’altro dentro di lei, riuscì a trovare il coraggio disperato di alzare gli occhi, vibranti di lacrime, verso quelli del suo persecutore, e di rispondere alla sua domanda.

“Sì, mi ripugna.”

Avvertì un lieve tremito nelle mani di Xelloss, ancora appoggiate sulle sue anche, ma queste subito si ritrassero. Lentamente il mazoku le volse le spalle.

“E pensare che queste cose avrebbero dovuto essere contrarie alla mia natura,” iniziò. Dalla sua voce non traspariva nessuna emozione, se non una nota di amarezza. “Sono stato uno stupido a credere che tu… mi avresti potuto ricambiare… un giorno.

Il silenzio che seguì era rotto solo dal crepitio delle fiamme nei bracieri. Philia, ora libera dallo sguardo inquisitore di Xelloss, non riusciva a muovere un muscolo. Tutto ciò che poteva fare era seguire le linee d’ombra che il fuoco disegnava sulla schiena del mazoku di fronte a lei. Del mazoku che… avrebbe voluto essere ricambiato da lei.

“Ricambiato in cosa?!” era la domanda che, imperiosa, dominava la mente della draghessa. Nell’odio? Nel disprezzo? Nella lussuria? O forse… nell’amore?

Era questo, dunque, ciò che albergava nell’animo di quell’essere dell’oscurità? Ciò che gli impediva di prenderla in quel momento, anche contro la sua volontà, pur di spezzare quel dannato scudo e ottenere ciò che voleva? Ciò che gli impediva di sostenere il suo sguardo velato di lacrime?

Lei lo disprezzava per la sua natura di mazoku, lo odiava per ciò che aveva fatto al suo popolo… Ma, nonostante tutto ciò, quella speranza, quell’ineffabile sentimento che si era ingigantito per tutto il tempo ora premeva inesorabilmente nel suo cuore di drago. Ora, rispecchiato nel sentimento di Xelloss, il suo amore per lui premeva per essere riconosciuto, al di là dei vincoli del loro passato e della loro natura.

Quasi automaticamente il corpo di Philia si mosse. Le braccia si dischiusero, avvolgendo il torace di Xelloss in un abbraccio stretto e disperato. Il suo volto, rigato di lacrime liberatorie, si premette contro la schiena del mazoku.

Questi rimase immobile, stupito dal gesto della draghessa. Si sarebbe aspettato quasi di tutto: che lei si rivestisse e se ne andasse, che imprecasse furibonda contro di lui, che lo cogliesse di sorpresa con un incantesimo divino, spazzando via in un attimo la ragione della sua vergogna e del suo dolore. Ma non si sarebbe certo aspettato che facesse ciò di cui più aveva bisogno.

Sentiva il calore del suo corpo spandersi nelle sue membra rese fredde dalla tensione, il suo cuore come impazzito martellare la sua schiena, le sue lacrime scorrergli lungo la spina dorsale. E le braccia della draghessa lo avvolgevano con una forza e una delicatezza insospettate.

Perché quel gesto? Se fosse stata una mazoku come lui, probabilmente avrebbe sospettato una trappola, un intrigo per umiliarlo e distruggerlo. Ma lei non era una mazoku. La sua essenza era incapace di mentire, incapace di fingere un sentimento come… l’amore.

Delicatamente si districò dall’abbraccio di Philia, tenendo le sue mani fra le proprie e si volse verso di lei. Ora lo stava guardando negli occhi con le sue profondità blu velate di lacrime, ma non erano lacrime di sofferenza. Erano lacrime che imploravano perdono ed esultavano di gioia. E traboccavano d’amore.

Con una dolcezza che non sapeva di possedere, Xelloss portò la mano destra ad accarezzare la guancia di Philia. Ella chiuse gli occhi, rabbrividendo al contatto. Ma era un brivido ben diverso da quello di prima. Lentamente, la mano del mazoku si spostò all’indietro, ad accarezzare la tempia, i capelli, il lungo orecchio della draghessa. Affondò nella massa dorata fino a raggiungere la nuca e ad assestarsi laggiù come se fosse la cosa più naturale del mondo. Chinò leggermente il capo, e lei sollevò un poco il suo. Le loro labbra si sfiorarono e si congiunsero, come avrebbe dovuto avvenire da tempo.

 

Per l’ennesima volta Amelia passò davanti all’oscuro antro in cui Philia e Xelloss erano scomparsi, ormai un’ora prima. Aveva cercato invano di calmarsi, ma non vi era riuscita: il suo pensiero correva incessantemente a ciò che stava accadendo nel naos. Xelloss aveva parlato di un’unione più “intima” di tenebra e luce, e la principessa di Seilune non riusciva ad accettare che si riferisse a… quello.

Guardò per l’ennesima volta Lina, ma la maga non aveva detto una parola da quando la coppia era sparita nell’oscurità, e si era seduta sui resti di una colonna, lo sguardo fisso nel vacillante fuoco che avevano acceso. Non sapeva cosa le poteva passare nella testa. Forse era semplicemente in attesa…

Zelgadiss, invece, era seduto più distante, a un lato del portale, le braccia conserte e il capo chino, meditabondo. Raramente l’aveva visto veramente in collera, e le parole di Xelloss l’avevano fatto imbestialire. Amelia, nel suo afflitto girovagare, si portò accanto a lui, ma Zelgadiss non diede segno di essersi accorto della sua presenza. Perché si era arrabbiato tanto all’idea che servisse proprio quel gesto per infrangere lo scudo? Forse temeva che Xelloss avesse mentito solo per umiliare Philia? No, anche lei poteva leggere quelle scritte ed era rimasta sconvolta dal loro contenuto. Però non era un mistero che a Zelgadiss il mazoku non era mai piaciuto. Di sicuro si stava lambiccando il cervello per scoprire cosa stesse tramando in realtà…

Amelia non aveva potuto fare niente quando Xelloss pronunciò quelle parole come un’inesorabile sentenza. Aveva solo potuto sentire vicino a sé Philia tremare sotto le sue parole come sotto colpi di maglio. Avrebbe voluto imporsi, ridurre in cenere quel tempio, lo scudo e le sue maledette informazioni con un Dragon Slave, evitare in tutti i modi quella tremenda ingiustizia, ma tutto ciò che era riuscita a fare era stato di trattenere le lacrime per non rendere a Philia più penosa la situazione.

Zelgadiss invece si era inalberato, e se Lina non l’avesse trattenuto avrebbe colpito Xelloss, riversando su di lui tutta la rabbia che provava per quell’assurda beffa. Però anche lui sapeva che si trattava di un’ingiustizia inevitabile. Se non avessero infranto quello scudo, probabilmente Dark Star sarebbe riuscito a distruggere il loro mondo. Perciò, l’unica cosa da fare era sedersi ed aspettare.

Zelgadiss l’aveva fatto, ma lei proprio non riusciva. Sentiva le gambe muoversi quasi di propria volontà, camminando avanti e indietro nella luce flebile dei bracieri e del fuoco da campo. Non poteva farne a meno. Fosse stato per lei sarebbe già andata a controllare ciò che stava succedendo nel naos del tempio, ma un dubbio atroce l’aveva bloccata ogni volta che i suoi passi la portavano davanti a quell’oscura apertura. Non avrebbe mai potuto reggere la vista di ciò che stava capitando se i suoi peggiori timori fossero stati confermati.

Osservando la nuvoletta di vapore che si spandeva nella gelida aria della notte dalla sua bocca, ritornò alla sua occupazione.

 

Alla tremula luce della torcia improvvisata, Gourry misurava a piccoli passi il sentiero che li aveva portati al tempio. Incapace di reggere la cupa atmosfera in cui la lettura di quei geroglifici li aveva gettati, aveva deciso di fare quattro passi attorno al tempio, in modo da liberarsi da una certa inquietudine e controllare che nessuno li avesse seguiti.

Doveva essere qualcosa di veramente bruto quello che il mazoku aveva letto su quell’architrave, per far piangere a quel modo Philia, far arrabbiare Zelgadiss e gettare nello sconforto Amelia e Lina. Lui aveva capito solo che si trattava di fondere Luce e Tenebra, ma che un incantesimo combinato di Xelloss e Philia non sarebbe bastato. Tuttavia non riusciva ad immaginare cos’altro potrebbe implicare quell’informazione…

Fosse stato per lui, non avrebbe dato molto peso alla cosa: di sicuro non si trattava di un sacrificio umano, anche se le reazioni dei suoi amici l’avevano lasciato presagire. Essendo qualcosa legato alla magia, lui non sarebbe mai riuscito a capirlo. E, per esperienza, le cose legate alla magia erano meno gravi di quanto apparissero. L’aveva capito seguendo Lina, che in un attimo si poteva sbarazzare degli avversari più pericolosi.

Certo, ogni tanto avevano avuto dei problemi… Con Rezo e la sua copia era arrivato a pensare che non avrebbero potuto farcela, con Phibrizio ne aveva avuto quasi la certezza, ma Lina era sempre riuscita a risolvere la situazione, pur se con difficoltà. Ma ciò che per lei era grave, per lui era apocalittico. Quindi, ciò che per lui era grave, per lei, o per chi conosceva la magia, doveva essere semplice.

O almeno così pensava lui. Tanto più, Philia e Xelloss erano creature sovrannaturali, e forse erano ancora più avvezze di Lina a queste cose. Non avrebbero avuto nessun problema a “fondere Luce e Tenebra”, Gourry ne era certo.

Scacciando le preoccupazioni e tornando con l’abituale buonumore, deviò dal sentiero e si addentrò nell’oscurità, per girare attorno al tempio e ritornare al campo.

 

Le mani di Xelloss corsero febbrili a circondare i fianchi di Philia. Lei rabbrividì alla carezza di quel corpo da lungo tempo amato, e gli portò le braccia al collo, quasi abbandonandosi al suo abbraccio. Tremando un po’, lasciò che la lingua di Xelloss raggiungesse la sua, l’assaporasse, vi si fondesse. Come fosse senza peso, si lasciò appoggiare sull’altare e vi si sedette. Xelloss si sedette accanto a lei, una mano sul suo fianco, l’altra sulla sua schiena, inebriato dai suoi baci. Ma non era invadente: non si stringeva a lei, preparandosi a compiere l’inevitabile, non la spingeva a stendersi sull’altare. Lei sarebbe rimasta in quella posizione per secoli. E in effetti le parve di restarci per un tempo immemorabile. Poi sentì dentro di sé ciò che non poteva più negare: non poteva più resistere.

Sistemandosi meglio a sedere sulla fredda pietra, appena ammorbidita dai loro due mantelli, Philia si fece indietro, traendo a sé il mazoku che amava. Nella fredda aria della sala i loro respiri si fusero in uno solo. Lo scudo vibrò.

 

Amelia chiese per l’ennesima volta quanto tempo fosse passato, e Lina rispose per l’ennesima volta che non lo sapeva. Probabilmente erano passate circa due ore, e ancora non c’era nessun segno che fosse accaduto qualcosa. Sempre se si fosse potuto sentire dall’esterno.

La maga aveva abbastanza conoscenza della magia da intuire che, se quelle erano le condizioni poste dal creatore della barriera, essa poteva essere abbattuta solo in un modo, per quanto aborrito potesse essere. Tuttavia non conosceva abbastanza quell’incantesimo da poter dire cosa sarebbe successo una volta abbattuto lo scudo. Poteva solo rimanere lì ed aspettare, mantenendo tutti i suoi sensi all’erta per percepire ogni minimo effetto magico proveniente dall’interno del tempio.

Fino ad allora, non aveva avvertito nessun cambiamento. In effetti l’ansia di Amelia poteva essere giustificata: considerando le particolari circostanze dell’avvenimento, sarebbe stato possibile che Philia e Xelloss non perdessero tempo e sbrigassero la questione il prima possibile. Ed invece, ancora nulla…

Finalmente Gourry ritornò con la legna per il fuoco, e Amelia parve calmarsi un attimo: forse la tensione aveva sopraffatto la sua resistenza. Zelgadiss lo notò e le fece cenno di sedersi vicino a lui: “Amelia, vieni qui, siediti…”

Era la prima volta che parlava da quando Xelloss e Philia erano entrati, e il suo tono era stanco ma al tempo stesso conciliante e premuroso: l’ultimo tono che ci si sarebbe aspettati di sentire da un individuo dall’apparenza così fredda e distaccata. La ragazza annuì sorridendo e si accoccolò sul sedile di roccia. La chimera attese che si fosse sistemata e le circondò le spalle con un braccio, prima di appoggiarsi ai resti di una colonna. Zelgadiss, che aveva sopportato il suo andirivieni continuo per tutto il tempo e che ora, nonostante l’apparenza glaciale e scontrosa, la abbracciava teneramente per farla dormire al caldo.

Lina sorrise fra sé: era proprio vero che certe cose si trovavano dove meno ce le si aspettava. In meno di cinque minuti Amelia era già addormentata.

Anche Gourry sorrise a quella vista: lo si sarebbe potuto definire stupido, tonto e in molti altri modi poco lusinghieri, ma persino lui si era accorto che Zelgadiss e Amelia erano innamorati l’uno dell’altra.

Lo spadaccino aggiunse della legna sul fuoco e si avvicinò a Lina.

“Sono ancora dentro?” chiese a bassa voce per non disturbare gli altri due. La maga annuì senza parlare.

“Ci stanno mettendo molto…”

Lei lo guardò: forse non aveva ben capito cosa stava succedendo nel tempio. Era naturale che ci mettessero molto. Cioè, sarebbe stato naturale se la cosa fosse stata voluta. In quel caso…

Gourry si sedette di fianco alla maga e lei in quel momento sentì tutta la tensione e la stanchezza di quella notte senza luna piombarle sul capo. Avrebbe voluto essere come Amelia, essersi agitata per tutto il tempo in modo da poter piombare in un sonno ristoratore ed evitare quella continua tortura dei nervi.

Gourry dovette notare qualcosa, perché le posò una mano sulla spalla, facendola sobbalzare: “Hai un’aria molto stanca, perché non dormi un po’? Rimango io a fare la guardia al campo.”

Gourry, sempre premuroso e più sensibile di quanto l’apparenza potesse suggerire… Lina sorrise ma scosse il capo: “No, devo stare sveglia per capire quando la barriera cadrà… Credo che farò due passi per sgranchirmi le gambe.”

L’altro annuì mentre lei si alzava e si accoccolò nell’incavo della colonna. Anche se non lo dava a vedere, doveva essere anche per lui una prova difficile quella.

La maga gettò uno sguardo su Amelia, abbracciata al torace di Zelgadiss, addormentata profondamente. Gli occhi della chimera erano chiusi, come quelli del suo antico maestro Rezo, ma il corpo in tensione faceva capire che era perfettamente sveglio, anch’egli concentrato per percepire la rottura della barriera.

Stringendosi nel mantello, Lina si apprestò ad iniziare la sua passeggiata, quando una vibrazione nell’aria la fece raggelare. Era come se, non molto lontano, si fosse manifestata una forte presenza magica, oppure…

Repentinamente guardò Zelgadiss, che aveva spalancato gli occhi e li aveva alzati sul portale. Pochi secondi dopo dall’oscurità sgorgò un tremendo frastuono di vetri infranti, tanto acuto da svegliare Amelia e da far balzare in piedi Gourry, la mano già sulla spada.

Il suono perseverò un po’ nell’aria, rifrangendosi contro le rovine ed echeggiando nella notte silenziosa, poi si spense, come se nulla fosse avvenuto. Ma i quattro amici, che si guardavano a vicenda negli occhi, avevano capito che era avvenuto ciò che stavano aspettando.

Amelia scattò in piedi e sfuggì dalla presa di Zelgadiss, troppo sorpreso per reagire.

“Avete sentito?! Di sicuro era lo scudo che si infrangeva! Ma è stato un rumore fortissimo, chissà che dimensioni aveva quella cosa! E Xelloss e Philia erano là! Potrebbero essere rimasti feriti, dobbiamo andare a controllare!”

Gourry annuì e si accinse a prendere un pezzo di legno da usare come torcia, ma Lina gli fece cenno di fermarsi: “No, aspettiamo ancora.

Amelia stava per sbottare, ma l’espressione decisa ed in qualche modo sofferente di Lina la fece esitare. Zelgadiss si alzò e si avvicinò ad Amelia: “Ha ragione Lina, è presto.

E se fossero feriti?!” riprese Amelia, quasi in lacrime per l’agitazione. La chimera le posò le mani sulle spalle e scosse la testa.

“Sono un drago e un mazoku, sapranno cavarsela.

Il tono fermo e deciso di Zelgadiss calmò Amelia, che annuì riluttante e fece qualche passo in direzione dell’entrata. La chimera e Lina si scambiarono uno sguardo significativo: se fossero andati adesso, Philia non li avrebbe mai perdonati.

Gourry posò il pezzo di legno e si avvicinò a Lina.

“Sei sicura di quello che fai?” le chiese a bassa voce, ancora dubbioso. La maga annuì: “Dobbiamo aspettare ancora. Se domattina non saranno ancora usciti, allora li andremo a cercare. Ma non prima. Intesi?”

I due ragazzi annuirono. Gourry tornò vicino alla sua colonna e si sedette, e Zelgadiss si avvicinò ad Amelia. Solo allora la ragazza smise di singhiozzare e si strinse a lui.

Con una vaga inquietudine, Lina si aggiustò il mantello sulle spalle e si sedette su un masso roso dal tempo: non aveva più voglia di passeggiare.

 

Il rumore assordante dello scudo che si infrangeva risuonava nelle sue orecchie, ancora vibranti dell’ansito di Philia, tremante sotto di lui. Credeva che sarebbe stato un attimo, ed invece era durato un secolo: ed ora erano lì, il Drago e il Mazoku, ansimanti. Avevano compiuto la loro missione. Avevano compiuto molto di più.

Philia riaprì gli occhi, velati di lacrime di passione, e cercò i suoi. Gli occhi che per tanto, troppo tempo l’avevano guardato con disprezzo, ora traboccavano di un turbine si sensazioni che rendevano il suo sguardo esausto, ma felice.

Senza muoversi da dov’era, Xelloss si chinò, trattenendo di nuovo il respiro, e baciò le labbra ansanti che avevano bisogno di lui.

 

Il sole appena sorto aveva riscaldato solo un po’ la fredda aria del monte. I bracieri che avevano illuminato il sentiero per la cima si erano spenti, e così pure il fuoco da campo nello spiazzo davanti al tempio. Amelia fece passare rapidamente gli occhi blu dal sole nascente a Lina, come esprimendo una muta domanda. Gourry si stiracchiò e raccolse le sue cose. Zelgadiss attendeva l’ordine di muoversi. Lina era seduta a capo chino, sembrava meditare.

D’un tratto si alzò in piedi, annuì ad Amelia e si diresse risoluta verso l’entrata del tempio. Da quando la barriera era stata infranta non ne era uscito nessun suono, e né PhiliaXelloss si erano fatti vivi. Era mattino, e come stabilito sarebbero andati a cercarli.

Lina lanciò un Lighting, e una piccola sfera di luce si manifestò nella sua mano. Senza dire una parola si addentrarono nell’oscurità persistente del tempio.

Il corridoio, fiocamente illuminato dalla sfera di energia, era appena largo per procedere a coppie, e il soffitto si perdeva nell’oscurità in alto. Dalle pietre secolari colava dell’acqua. Il silenzio era totale.

Quando Lina ebbe cominciato a chiedersi quanto era lungo quel corridoio intravidero una tremula luminosità rossastra in lontananza. Fiamme ardenti. Sicuramente accese quella notte.

Amelia fu la prima a scattare in avanti, seguita immediatamente dagli altri. Giunta al termine del corridoio, che dava su un’ampia stanza spoglia, illuminata da due bracieri, la ragazza si bloccò, gli occhi sbarrati.

Abbandonato a terra, nella sala vuota, vi era il bianco mantello di Philia, macchiato di sangue. Poco più distante dall’entrata giacevano, scomposti, gli abiti di Philia e Xelloss, appoggiati sopra alla mazza della draghessa. E vicino alla parete di sinistra, illuminati dalle fiamme di due bracieri, seduti su un ampio e basso altare rosato, c’erano i loro due amici.

Seduta sulla gamba destra di Xelloss, avvolta dal suo nero mantello, Philia sembrava addormentata, stretta fra le sue braccia, il capo appoggiato alla sua spalla sinistra. Il mazoku, d’altronde, aveva il capo chino sui suoi capelli dorati e sembrava assorto. Salvo per i calzoni di lui, i due giovani sembravano nudi.

Il Lighting scemò nel nulla allorché Lina vide la scena. Mentre Amelia rimaneva a bocca aperta, appoggiata allo stipite di una porta ormai svanita, la maga entrò a grandi passi nella stanza, il volto contratto dall’ira.

Xelloss, cosa le hai fatto?!”

D’un tratto il mazoku sollevò il capo, come ridestato dalle parole furenti di Lina. Aprì appena gli occhi, uno sguardo serio e stanco. E intimamente felice.

“Lina, non gridare,” sussurrò, muovendo inconsapevolmente la mano destra in una lieve carezza sulle spalle di Philia. “La sveglierai.”

L’inattesa dolcezza di quelle parole spiazzò la maga, che si sarebbe aspettata di trovare tutt’altro. Cercò di scrutare il volto di Philia, nascosto in parte dal braccio di Xelloss. In effetti, sembrava stesse dormendo quieta, un sonno pacifico, abbracciata al torso nudo del mazoku. Lina quasi non credeva ai suoi occhi: sembrava quasi più serena di quanto non lo fosse mai stata. Dal suo volto disteso era sparita ogni traccia del turbamento della notte prima e dell’orrore per le rivelazioni avute sulla sua razza.

Amelia fece un passo incerto nella stanza, permettendo ai due ragazzi di entrare a loro volta. Deglutì più volte prima di riuscire a parlare.

Xelloss… Avete…”

“Avete infranto la barriera?” concluse per lei Zelgadiss. La risposta era ovvia, ma quella domanda aveva impedito ad Amelia di esprimere il suo turbamento. Xelloss annuì e indicò il varco alla sua destra, in mezzo ai due bracieri. Con uno sguardo d’intesa a Lina, Gourry entrò, schivando i vestiti ammassati per terra, e oltrepassò in silenzio l’altare, sparendo nell’oscurità. Quando uscì appariva perplesso.

“Qua dentro c’è solo un vecchio scrigno chiuso, Lina, il lucchetto sembra arrugginito,” disse il giovane.

Gli altri lo raggiunsero, lasciando Xelloss e Philia seduti sull’altare. Lo scrigno era piuttosto grosso ed incrostato di calcare. Rifiutando l’aiuto di Gourry, la maga raccolse lo scrigno, posandolo con cautela sull’altare. Xelloss la guardò, senza allentare la presa su Philia.

“Lo apriamo?” chiese Lina. Il mazoku parve riflettere un attimo, poi scosse la testa.

“Aspetta, Lina. Dacci il tempo di rivestirci. Intanto, prendete lo scrigno e portatelo fuori, noi arriviamo subito.

Philia si mosse leggermente, segno che si stava per svegliare. Lina comprese che era meglio non farsi trovare lì al suo risveglio, quindi fece cenno a Gourry di prendere lo scrigno e di seguirli fuori. Il Lighting ricomparve e il piccolo gruppo lasciò la draghessa e il mazoku nel naos.

Una volta all’aperto, Gourry appoggiò lo scrigno nella spianata antistante l’entrata del tempio, e gli altri lo circondarono. Un oggetto piuttosto brutto, a dire il vero, che non sembrava contenere qualcosa di così prezioso. O che valesse il sacrificio che era stato pagato.

Amelia lo guardò a lungo prima di parlare: “Apriamolo subito, vediamo se ne è valsa la pena.”

Lina scosse il capo: “Probabilmente, qualunque informazione ci sia lì dentro sarà scritta nella lingua dei creatori di questo tempio, e non riusciremmo comunque a decifrarla. Abbiamo bisogno di Xelloss e Philia, tanto vale aspettarli.

Nessun altro parlò. Pochi minuti dopo il mazoku e la draghessa uscirono dal tempio.

Lui non sembrava cambiato, e solo i suoi movimenti tradivano un lieve imbarazzo. Chi invece aveva il volto completamente arrossito era Philia. Coperta dal mantello nero del mazoku, teneva gli occhi colmi di vergogna chini a terra. Contrariamente alle aspettative di Lina, però, non sembrava disperata o distrutta da ciò che era accaduto. Solo molto imbarazzata. La maga decise che, se necessario, gliene avrebbe parlato in seguito. Forse, in fondo, le cose non erano andate come si era prospettata.

Il silenzio generale fu rotto da Xelloss, che assunse la sua abituale aria colloquiale.

“Uhm… Buon giorno ragazzi. Che ne dite, lo apriamo?”

Senza che nessuno facesse riferimento a ciò che era accaduto, gli altri assentirono. Gourry diede un secco calcio al lucchetto, che cadde a pezzi, e sollevò il coperchio dello scrigno. Al suo interno le fodere in seta pendevano ormai a brandelli attorno ad una pergamena ingiallita e stracciata.

La mente di Lina fu invasa da un brutto presentimento. Serrando la mascella, raccolse con cautela il documento, ma questo si disfece fra le sue mani. Piccoli frammenti di carta fradicia e marcia caddero sul fondo del contenitore. Lina cercò spasmodicamente all’interno segni di qualcos’altro, un altro documento intatto che contenesse le informazioni che servivano loro per trovare la Galveila, ma non c’era nient’altro. Il loro obiettivo, il documento costato un così grande sacrificio che conteneva le informazioni sulla Galveila si era disintegrato, fatto a pezzi dal tempo. Era stato tutto inutile.

Nessuno parlò, ma gli occhi di tutti si posarono su Xelloss e Philia. Entrambi scrutavano l’interno del contenitore, increduli. Lina sentiva di aver distrutto con le sue mani quella pergamena, anche se sapeva bene che quello era stato l’effetto del tempo e dell’umidità. Ciononostante si sentiva la morte nel cuore per aver vanificato il sacrificio della sua amica.

Ma la più sconvolta era senza dubbio Amelia. Quando ciò che era accaduto si manifestò alla sua coscienza con tutto il suo significato, realizzò che era stato tutto inutile, che Philia aveva dovuto subire quella tremenda ingiustizia per niente. Aprendo la bocca, si accasciò al suolo, cercando di trattenere le lacrime. Subito Zelgadiss si accovacciò dietro di lei, reggendola per le spalle. Dentro, la chimera ardeva di rabbia, perché nonostante la pena che tutti avevano dovuto sopportare quella notte, la pergamena era ridotta così già da tempo, ed in nessun modo sarebbero riusciti ad usufruirne. Ma ora ciò di cui si doveva preoccupare era Amelia, sull’orlo del pianto.

Gourry scrutò per l’ennesima volta lo scrigno e la figura accovacciata di Lina davanti ad esso, rendendosi conto che, qualunque cosa fosse successa in realtà dentro quel tempio, non era servita assolutamente a nulla. Sapeva che gli altri dovevano essere arrabbiati, ma non c’era più nulla da fare lì. Tanto valeva rimettersi in marcia, cercando altre informazioni. Raccolse da terra le sue cose, ma rimase accanto a Lina, ancora seduta per terra.

Xelloss si chinò, come a scrutare meglio l’interno dello scrigno, poi si rimise in posizione eretta. Poi sorrise nel suo solito modo: “Beh, a quanto pare dovremo cercare altrove.”

Si diresse senza dire altro verso il sentiero. Gli altri lo guardarono allibiti. Non aveva altro da dire? Era davvero così insensibile? Un essere spietato… Però aveva ragione. Non potevano permettersi il lusso di recriminare: Dark Star incombeva e loro dovevano trovare la Galveila il prima possibile. Era proprio per quel motivo che Philia si era sacrificata. Un sacrificio inutile.

Zelgadiss aiutò Amelia ad alzarsi e si avviarono dietro al mazoku, verso valle, subito seguiti da Gourry. Philia guardò ancora una volta lo scrigno, in modo enigmatico, poi si apprestò ad andarsene. Subito Lina scattò in piedi e la fermò, prendendola per un braccio. La draghessa si volse, un po’ sorpresa da quel gesto e dallo sguardo sofferente, tanto inusuale per la maga.

Philia…” incominciò quest’ultima, rendendosi subito conto di non sapere cosa dire. “Mi dispiace…” riprese. “E’ stato tutto inutile.”

Philia chinò gli occhi, pensierosa. Poi li sollevò, guardando la schiena di Xelloss che già si stava allontanando, tenuto lontano dagli altri tre, e, inaspettatamente, sorrise.

“No,” rispose. “Non è stato inutile.”

Troppo stupita da quelle parole per ribattere, Lina lasciò andare la draghessa, che le sorrise e si affrettò a raggiungere gli altri.

Se non era stato tutto inutile, allora… tutto quadrava. Il modo in cui li aveva trovati, la sua serenità, la sua tranquillità…

Anche Lina sorrise. Se era successo quello che pensava, allora davvero non era stato tutto inutile. Con il cuore più leggero e più gioioso per l’amica, corse dietro agli altri, abbandonando quel tempio maledetto, inondato dalla luce del sole ormai alto nel cielo.

  
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