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Autore: j3nnif3r    09/12/2009    3 recensioni
... Perché Reno non è quel bambinone idiota che ci hanno mostrato in AC, non è vero?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sei sola?”

Era sola. Si voltò a guardarlo come un animale ferito, i capelli pieni di pioggia le finirono in faccia, le diedero un’aria stravolta. E lui era tranquillo, come se ne vedesse ogni giorno, di donne come lei. Probabilmente era vero.
“Sei sola?” chiese ancora, e lei annuì veloce. Quel ragazzo sorrise, le si sedette accanto, ordinò per lei qualcosa di forte. La donna lo squadrò, il suo corpo sottile, i vestiti larghi.
“Beviamo insieme, allora.” disse il ragazzo, e lei si sentì invadere da un certo calore. Aveva sperato di incontrare qualcuno, chiunque, che le rivolgesse la parola. Qualcuno che potesse farle cambiare idea, riportarla con i piedi per terra. Anche solo per poche ore.
“Grazie.” mormorò, e lui puntò gli occhi nei suoi. Fu costretta ad abbassare lo sguardo sul bicchiere, a fissare la sua immagine riflessa nell’alcool. La debole luce del locale non bastava, vedeva solo una maschera di una donna triste e grigia.
E quella era lei.
“Sei molto bella.” disse il ragazzo con tono tagliente, come se fosse arrabbiato. Lei accennò un sorriso, era strano, non ricordava di essere mai stata definita bella. Riavviò una ciocca con le dita gelide, lui la bloccò e lo fece per lei. La donna ritirò il braccio di scatto. Aveva visto i tagli? Li aveva visti?
“Hai freddo, non è vero?” chiese il ragazzo, e lei annuì poco convinta.
“Molto.”
“Piove da ore.”
”Già.”
”Puoi venire da me.” disse il ragazzo. “Da me non piove mai.” E sorrise, trovava divertente ciò che aveva appena detto.

C’era qualcosa in lui che la impauriva. E... qualche altra cosa, invece, che la rendeva bramosa e languida. Era solo un abbraccio, ciò che voleva. Solo una persona qualsiasi con il suo calore, con le sue grida, la sua carne.
Il ragazzo finì di bere dal suo bicchiere, lasciò una banconota sul tavolo, la afferrò per una mano e strinse. In fretta, senza poter rispondere, la donna si trovò in strada sotto le gocce fredde. Lui quasi correva, i suoi passi erano lesti, le falcate ampie. Non si voltava a guardarla, non parlava. E lei lo seguì.

La casa del ragazzo puzzava di fumo e di chiuso. Il letto era disfatto, le lenzuola sparse intorno. L’aveva gettata sul materasso quasi scoperto, l’aveva spogliata. Aveva succhiato la sua pelle e lei aveva gridato, aveva messo in pratica ciò che sapeva, quel che ricordava. L’aveva solo lasciato fare, mormorando, accogliendolo, incoraggiando le sue mosse. E lui si era preso tutto, l’aveva circondata, soffocata, derubata con le sue mani e la sua lingua e il resto. Il ragazzo non aveva più parlato, non l’aveva guardata negli occhi, aveva solo iniziato quella danza terribile, piacevole, lenta.

Alla fine la donna aveva pianto, senza capire perché. Mentre il rosso si accasciava accanto al suo corpo stanco, chiudeva gli occhi e si dimenticava del mondo, lei aveva pianto. Grosse lacrime le rigavano la faccia, non c’era più nulla di eccitante, tutto era tornato grigio.
Appoggiò i piedi sul pavimento, piccoli passi scattosi. Arrivò in bagno, aprì uno sportello, fece cadere tutto nel lavandino. Nervosa, tentò di raccogliere gli oggetti sconosciuti. Riconobbe una lametta, la prese, la strinse fra le mani.
Come fosse una chiave.
La donna piangeva, quel poco trucco che aveva ancora diventava nero sulle guance, sul collo, sul seno. I capelli erano crespi, ormai quasi asciutti, rovinati dalla pioggia. Si era lasciata cadere sulle ginocchia con un tonfo, ed il dolore l’aveva rassicurata.
Premette la lama sul polso, la premette più forte che poteva, e la pelle cedette subito. Nella penombra, il sangue sembrava nero.
Scattò in piedi appena lo vide. Il ragazzo aveva indossato i pantaloni, li aveva lasciati sbottonati, gli accarezzavano i fianchi. Si affacciò alla porta del bagno, la guardò con occhi spenti.
La donna piangeva, e chinò il capo per nascondersi. Era piena di vergogna. Era spaventata per ciò che aveva fatto. Si guardò il polso, grondante di nero. Singhiozzò. Lui l’avrebbe aiutata, sarebbe rinato qualcosa, c’era ancora da sperare. Forse per questo l’aveva fatto lì, nel suo bagno, come una ladra. Forse per questo.
Il ragazzo si chinò su di lei, le posò una mano sulla spalla e lei sussultò, nervosa. Le prese una mano, la aprì, prese la lametta. Adesso aveva lui la chiave, pensò la donna, e il ragazzo le afferrò il polso senza badare alla ferita, facendola urlare.
“Hai sbagliato.” disse il ragazzo. La donna sgranò gli occhi, tentò di ritrarsi, lui la trattenne. “Non è qui, che devi tagliare. E’ qui.”
La lama penetrò nella carne, recise qualcosa, il sangue rosso fuoco si alzò nell’aria.
   
 
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