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Autore: war    10/12/2009    1 recensioni
Vi saranno le demenzialità e le infinite cavolate che la mia mente sotto pressione ha tirato fuori durante la stesura di Siwa. Alcune saranno storielle di più pagine, alcune poche righe, altre ancora solo scambi di battute... La raccolta ha poche pretese, magari solo quella di strappare un sorriso!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Emisi un sospiro stanco. Quella notte non ero riuscita a dormire bene. Il caldo, quello eccessivo, non mi permetteva mai di riposare in modo conveniente. Va bene, era una menzogna bella e buona. Era l'idea di rivederlo, dopo mesi, che non mi aveva permesso di dormire. Ero emozionata e impaziente e volevo che fosse già domani, ma non lo avrei mai ammesso, con nessuno. Potevo farlo con me stessa perchè non ci avrei perso la faccia, ma con qualcun'altro proprio no! Lui sarebbe arrivato al Santuario e vi si sarebbe intrattenuto un paio di giorni. Poco tempo, pochissimo, però potevo rivederlo... Parlarci e magari anche toccarlo, abbracciarlo... Chissà se aveva sentito la mia mancanza. Io sentivo la sua, anche se andavo avanti ogni giorno il pensiero di lui era rilegato in qualche angolo remoto della mia mente e alla sera, prima di dormire e ogni mattina quando mi districavo dalle maglie del sonno, lui era lì. Il suo volto nei miei pensieri, le sue parole nella mia testa, il tocco delle sue labbra sul mio viso...
Ero insofferente.
Le allieve,quelle stupide mi risultavano essere più irritanti del solito.
Come se non sentissi le loro chiacchiere sulla mia isteria e sui miei metodi di insegnamento! Ma cosa si aspettavano? Che il nemico in battaglia riservasse loro gentilezze perchè donne? Allora non avevano capito un tubo su qual'era il vero significato di indossare una maschera!
- Certo che se ne sarebbe potuta scegliere una mano aggressiva. Quella mette paura! - piagnucolò l'ultima arrivata stringendosi al braccio della compagna. Mi venne voglia di batterla come un tappetino ma cercai di trattenermi e presi posto in cattedra.
Durante le mie ore di lezione non si sentiva volare una mosca ed io ero ritenuta il terrore che camminava fra i banchi.
Un po' mi piaceva questa nomea e forse davvero a dieci anni, quando era stato il momento di scegliere la maschera definitiva, non quella semplicemente bianca che portano le allieve, avevo scelto quella che mi aveva maggiormente messo soggezione.
Perchè volevo incutere timore nell'avversario e in chiunque mi si parasse davanti. Non ero mai stata un tipo accomodante e servizievole. Appena introdotta nel campo di addestramento femminile, essendo la più piccola avevo subito atti di bullismo che si erano rapidamente interrotti e non certo per l'intervento di qualcuno.
Avevo subito fino a che non avevo appreso. Appreso come picchiare e fare male. Attaccare con l'intento omicida. Non mi ci era voluto molto: avevo molta rabbia repressa in corpo. Erano bastate qualche ossa rotte e un paio di nasi sanguinanti per mettere in chiaro il concetto di non infastidirmi.
Dopo le lezioni teoriche scendemmo nell'arena.
Deboli.
Troppo deboli per me.
Anche se combattevo senza cosmo e senza armatura.
Mi sentii irritata, perchè consideravo quelle carenze come un mio fallimento.
- Non dovresti essere così severa con loro! Sono giovani e mancano di esperienza. - una voce maschile mi fece voltare di scatto.
- Fuori da qui! Gli uomini non sono ammessi! - ringhiai dirigendomi a grandi falcate verso la figura che stava comodamente seduta sul primo gradino dell'arena.
Per contro egli gettò indietro il capo e scoppiò in una risata genuina.
La maschera aveva i suoi vantaggi: nessuno aveva visto che ero arrossita e che le mie labbra si erano piegate ad un sorriso un po' ebete, come quello di ogni innamorato.
- Mi stai cacciando? - chiese a quel punto Attory, alzandosi in piedi. Nno un solo dubbio su chi fosse il disturbatore. La sua voce, io ero in grado di riconoscerla sempre. Lui invece era sconvolgente.
- Certamente! - dissi ergendomi fieramente davanti a lui. La maschera di nuovo nascose il mio stupore, la mia gioia e il mio desiderio di farmi abbracciare a abbracciarlo a mia volta.
- Quando finisci con le allieve? - chiese lui facendosi serio e lanciando uno sguardo in tralice alle ragazze mi resi conto che ormai la loro concentrazione era svanita e che i loro sguardi erano tutti puntati sul mio uomo. La cosa mi indispettì. Maledette!
- Ragazze! Arrotolate quelle lingue che sembrano tappeti e fate mille addominali, poi andate pure a studiare. Domani test di riepilogo! - Qualcuno gemette ma non si levarono altre proteste.



Camminavamo in silenzio, fianco a fianco.
Il sole stava tramontando ma ci restavano ancora delle ore di luce. Lo sbirciai di nascosto. Erano tre mesi che non ci vedevamo e se fosse stato possibile lui era diventato ancora più bello. Era più alto, con le spalle più ampie e i capelli meno biondi. Gli occhi grigi erano quelli di un uomo e la bella bocca si piegava ad un sorriso maturo e responsabile, non il ghigno da monello che aveva quando ci eravamo conosciuti.
- Ci porti buone nuove? - mi decisi a chiedere.
- Si. Tutto procede nella rinata pace e serenità. Gli uomini sono minacciati solo dai loro egoistici desideri e non da divinità ribelli o folli. Anche se non è un bene, di certo fa parte del processo evolutivo, quindi non dobbiamo essere zelanti nell'interferire. Ho già parlato delle nuove iniziative con Saori Kido e anche lei si dichiara favorevole alle novità che Poseidone e Apollo vogliono inserire.-
- Bene. Sono delle buone basi su cui costruire il futuro. - concordai ad alta voce.
- Stai facendo davvero un buon lavoro con quelle ragazze. Diventeranno in gamba.- mi incoraggiò lui
- A me sembrano delle incapaci, ma se ci lavoro con impegno ne caverò qualcosa di buono, o almeno lo spero! - ammisi, lasciando emergere le mie perplessità e i miei dubbi.
- Sei severa come sempre. - sorrise lui.
- Dici che esagero? - domandai poco convinta
- Mi manchi, Shaina. - disse lui, all'improvviso, fermandosi e prendendomi la mano. Quel contatto mi fece rabbrividire. Era come essere tornata in quel posto che idealmente chiamiamo casa. Il luogo da cui tutto era nato e dove tutto sarebbe finito, disegnando il cerchio della vita. Non riuscii a dire nulla.
- Mi manca tutto di te. Il profumo, il tocco, i rimproveri... So che per adesso non possiamo stare insieme, non come vorrei, però un giorno ci riusciremo, te lo prometto. - disse di nuovo lui, accarezzandomi il volto sopra la maschera.
- Lo so. Credo in te e se tu mi dici che staremo insieme, io non dubito che questo accadrà. E poi... Non è così male stare separati per qualche tempo. Ci permette di continuare a dimostrarci che anche senza il costante supporto dell'altro sappiamo andare avanti, ci premette di continuare ad essere l'io che forma il noi... Capisci? - dissi incerta. Non era facile spiegare quei concetti.
- Si, lo capisco benissimo. Siamo l'incontro di due mondi, non ti chiederei mai di annullare il tuo, ma solo di accettare e condividere anche il mio. Posso baciarti? - chiese lui
- Da quando lo chiedi? - mi informai perplessa. Di solito Attory esternava il suo affetto in modo anche piuttosto imbarazzante ogni volta che ne aveva voglia... Anche se in pubblico aveva imparato a contenersi. Però in quel momento eravamo soli...
Va bene, volevo un bacio! Non aspettavo altro che lui prendesse l'iniziativa!
- Da quando ho iniziato a pensare che... Anche se tu sei mia non devo dare per scontata questa cosa, perchè le vite che conduciamo potrebbero allontanarci e allora... allora io mi impegnerò per conquistarti ogni giorno, come se fosse il primo. - dichiarò lui con gli occhi grigi brillanti di convinzione.
In quel momento, la frasona ad effetto, tipo quel 'ti amo' che le ragazzine sospirano sui loro diari dalle pagine imbrattate di cuoricini ci sarebbe stata davvero bene, ma io... Non ero ancora pronta per dirla.
- Stupido! - sbuffai
Ma la stupida forse, ero io. Che non ero stata capace di chiedergli un bacio, quando lo desideravo comunque tanto.
Il momento passò e l'oscurità della notte ci abbracciò benevola.
- Andiamo, ho prenotato un ristorante giù al porto, così abbiamo ancora del tempo solo per noi due. Voglio portare con me quanti più ricordi possibili di te. - disse lui invertendo il senso di marcia e dirigendosi di nuovo verso il corpo principale del Santuario.
- Posso almeno farmi una doccia prima? Se non te lo ricordi vengo dal campo di addestramento sono sporca e sudata. - gli dissi. Non era che mi volessi imbellettare, non badavo a quelle cose, ma insomma nemmeno andare a cena puzzolente!
- Ma certo! Hai mezz'ora. Ti basta? - chiese lui fermandosi davanti alla foresteria dove era alloggiato.
- Mi basta, mi basta... A proposito, io ti amo - mi uscì così, come se fosse un normale saluto, una frase scontata, ovvia.
Le gote di Attory si tinsero di rosa scuro, anche sotto l'abbronzatura che rendeva la sua pelle simile al miele, i suoi occhi si sgranarono, diventando luminosi e lui sorrise, raggiante.
- Volevo dirtelo io per primo, cattiva! - protestò prima di riportarmi fra le sue braccia e sollevare la mano a togliermi la maschera...
Ma ero davvero così cattiva?
  
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