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Autore: Shainareth    11/12/2009    3 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Athrun le scoccò un’occhiata poco convinta prima di tornare a prestare attenzione alla strada e a premere l’acceleratore non appena l’incrocio si liberò del traffico.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Athrun Zala, Cagalli Yula Athha, Miriallia Haww
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Life goes on




Il meraviglioso broncio infantile esibito dalla Principessa lo indusse a sorridere. Si rendeva conto che il farlo così sfacciatamente avrebbe potuto costargli un livido, ma al momento era troppo intenerito.

   Dopo tre settimane di intenso lavoro, senza che il Governo si fosse concesso un attimo di respiro, ad un certo punto, alla fine dell’ennesima, spossante riunione, uno degli Emiri più anziani aveva preso il Delegato per le spalle e le aveva detto: «Ora che abbiamo risolto le questione più urgenti, prenditi un giorno di riposo.»

   Lei lo aveva fissato come se quello fosse stato pazzo, per cui era intervenuto un altro membro del Consiglio. «Cagalli, capiamo perfettamente il tuo stato d’animo.» Ed era vero, perché tutti erano decisi a ripristinare quella serenità che da sempre aveva caratterizzato la loro nazione, nonostante i piccoli dissidi interni ed i vari, ordinari problemi, tipici di ogni assembramento umano. «Concedi a tutti di riprendere fiato, così che, quando torneremo al lavoro, lo faremo con maggiori energie.»

   Cagalli aveva aperto la bocca per protestare e l’Emiro anziano l’aveva interrotta, alzando lo sguardo sul loro ultimo e prezioso acquisto, entrato da pochissimo all’interno dell’esercito e già insignito di uno dei gradi più elevati per i meriti riconosciutigli durante le ultime fasi della guerra che si erano appena lasciati alle spalle. «Ammiraglio», lo aveva chiamato allora in causa, essendo a conoscenza della lunga, profonda amicizia che lo legava alla Principessa. «Potrebbe farci il favore di tenerla lontana da qui per il resto della giornata di oggi e per tutta quella di domani?»

   E così, in quanto alto ufficiale e guardia del corpo di lei, l’Ammiraglio aveva preso il Delegato e l’aveva caricata in macchina, dove era immediatamente calato un silenzio di tomba.

   «Hanno ragione loro, hai bisogno di distrarti.» Come gli Emiri, Athrun sapeva che Cagalli aveva urgenza di rimediare all’errore commesso firmando un’alleanza con la Federazione Terrestre – errore di cui anche egli si riteneva indirettamente responsabile perché colpevole di averla lasciata sola proprio nel momento del bisogno. «Anche il riposo è necessario per poter ragionare meglio e a mente lucida.»

   Quest’ultima osservazione dovette convincerla alla resa, perché, con la coda dell’occhio, il giovane la vide abbandonare il broncio, chinando il capo e rimirandosi le unghie poco curate, e in parte mangiate a causa del nervosismo.

   «Vuoi andare a casa? O preferisci fare un giro?» Cagalli rispose con un grugnito. «D’accordo», le concesse l’altro, armato come sempre di pazienza, accodandosi ad una fila di autovetture ferme ad un crocevia che li avrebbe portati verso il palazzo degli Athha o, in alternativa, verso il centro urbano. «Girerò a vuoto fino a che non saremo morti di fame o di vecchiaia.»

   La Principessa gli fece finalmente dono di uno sguardo. «A casa. Ci cambiamo e poi andiamo ad ingozzarci come maiali in un fast-food.» Athrun le scoccò un’occhiata poco convinta prima di tornare a prestare attenzione alla strada e a premere l’acceleratore non appena l’incrocio si liberò del traffico. «E dài, non lo abbiamo mai fatto», insistette lei.

   «Sta bene», si arrese subito il soldato, sterzando verso sinistra e decidendo di assecondare ogni suo capriccio, quella sera. Dopotutto, Cagalli non chiedeva mai niente. E se anche così non fosse stato, lui l’avrebbe accontentata comunque. «Anche se non metto piede in posti del genere da quando abitavo a Copernicus City.» Da allora erano passati diversi anni.

   «Ci andavi spesso con Kira?», si incuriosì Cagalli.

   «Pranzavamo lì tutte le volte che non avevamo scuola.»

   In qualche modo si sentiva invidiosa: Kira era suo fratello, eppure il destino aveva voluto che lui trascorresse l’infanzia con Athrun e non con lei, della quale, invece, all’epoca ignorava l’esistenza.

   «Sarebbe bello andarci tutti e tre insieme», ragionò con un filo di malinconia nel tono della voce.

   «E Lacus la lasciamo a casa?»

   «No, certo», si corresse la ragazza, imbarazzata per la gaffe. Il punto era che, pur non avendo niente l’una contro l’altra e, anzi, riconoscendosi vicendevolmente i rispettivi meriti, lei e Lacus non erano mai riuscite a legare. Erano diverse come il giorno e la notte. «Ma lei è talmente famosa che verrebbe riconosciuta da tutti all’istante e noi potremmo dire addio alla nostra serata tranquilla.»

   «Perché, tu invece passi inosservata?», la prese in giro l’altro.

   «Ha parlato quello che attira sguardi femminili ogni due passi», gli rinfacciò Cagalli, tornando a mettere il muso e a far sorridere il suo accompagnatore.

   Anche se lei aveva preferito prendere tempo sul loro, forse prematuro, fidanzamento, rimandando la questione ad un momento migliore, tra i due non era cambiato poi molto. Anzi, in quei pochi attimi di libertà che si concedevano, avevano deciso di affrontare il loro rapporto in modo più responsabile e maturo, anche in vista della posizione di entrambi agli occhi della politica mondiale. Una gran seccatura, in effetti, ma anche un modo per crescere.

 

Quando Myrna li vide rincasare prima del tramonto, rimase spaesata almeno quanto il resto dei domestici. Temendo quindi che la sua signorina stesse male, la seguì fino in camera da letto e la perseguitò di domande fino a che, persa la pazienza come al solito, la ragazza quasi la cacciò fuori a pedate, assicurandole che non c’era nulla di cui preoccuparsi e che voleva soltanto essere lasciata in pace perché di lì a poco sarebbe uscita nuovamente.

   Per ripicca, allora, borbottando discorsi del tipo “Quand’era piccola era molto più facile da gestire”, e approfittando del tempo che si concesse la bionda sotto un getto d’acqua calda, la donna fece sparire dal suo guardaroba tutto ciò che ai suoi occhi appariva mascolino: se quella sera Cagalli-sama non voleva andarsene in giro nuda, avrebbe dovuto necessariamente indossare qualcosa di grazioso.

   Quella quotidiana lotta fra le due donne, che si protraeva ormai da anni, sarebbe finito in pareggio, poiché, prevedendo che un giorno Myrna sarebbe arrivata a commettere un simile affronto ai danni della sua signorina, quest’ultima gliene aveva fatto uno maggiore: si diresse a spron battuto nella camera del suo amante e vi fece irruzione in accappatoio, mentre anche lui era ancora in procinto di vestirsi.

   «Non vorrei sembrare invadente», esordì Athrun, prendendola palesemente per i fondelli, «ma potrei sapere cosa stai cercando nel mio armadio?»

   «Ricordi quella scatola che avevo nascosto qui l’anno scorso?», gli risposero i piedi di Cagalli, l’unica parte di lei al momento visibile, dato che il resto del corpo era immerso fra gli abiti del giovane. «È tempo di tirarla fuori», continuarono. «Trovata», disse infine la fanciulla al suo complice, facendo capolino fra la fila delle sue camicie.

   L’Ammiraglio la vide incespicare su qualcosa e si mosse a pietà per aiutarla ad uscire da lì dentro prima che potesse rompersi la testa. «Myrna l’ha fatto davvero?»

   «Ero sicura che, dopo tante minacce, prima o poi sarebbe passata alle vie di fatto», annuì lei, lasciando il braccio del giovane per andare ad accomodarsi sul suo letto e aprire con foga la grossa scatola che aveva appena riesumato. Vi curiosò velocemente dentro, frattanto che l’altro finiva di abbottonarsi i pantaloni, e domandò: «Le hai prese tu le mie mutandine?»

   Athrun si girò a guardarla shockato, rivolgendole un’espressione indescrivibile: lo accusava di avergliele rubate in preda ad un raptus di feticismo o perché desideroso di indossarle anche lui?

   Per nulla turbata e con impeccabile serietà, Cagalli spiegò: «È che mi pareva di averci messo anche della biancheria, qui, oltre che ai vestiti.»

   «Fila in camera tua», ribatté il ragazzo, con fare perentorio. Lei si mise la scatola sotto al braccio e obbedì all’istante, ridacchiando come una monella quando lui le colpì il fondoschiena con una manica della maglia che si apprestava ad infilare.

   Tornata a frugare fra i propri cassetti, gli occhi delle Principessa indugiarono su una delle foto che aveva posizionato sul comò tempo prima. Kira e Lacus, seduti sulla spiaggia, la fissavano con i loro occhi chiari e limpidi; dietro, appoggiati ad uno scoglio, lei e Athrun facevano lo stesso. Erano così vicini, all’epoca… tutti e quattro. E, invece, cosa che nessuno mai avrebbe sospettato, una settimana prima suo fratello e la sua bella avevano lasciato Orb per andare a vivere su PLANT. Le sue dita accarezzarono lentamente il bordo del ritratto, seguendo la cornice argentata. Per quanto Cagalli sentisse la mancanza di Kira, era inevitabile che lui seguisse Lacus, appena stata nominata mediatrice fra la Terra e le Colonie. Anche l’ex-idol, a conti fatti, doveva avere parecchie grane, esattamente come lei. Lo sguardo della ragazza si spostò su un’altra foto, dove, insieme a loro quattro, i volti dei sopravvissuti alla prima guerra del Bloody Valentine sorridevano al futuro per cui avevano combattuto. Erano ancora tutti lì, a Orb. Un sorriso le increspò le labbra e, vestitasi in fretta e furia, uscì in corridoio, chiamando ad alta voce il nome della sua guardia del corpo.

   Le rispose invece un urlo scandalizzato. «Dove ha preso quei pantaloni?!» Evidentemente, Myrna era rimasta in agguato nelle vicinanze.

   Cagalli esibì il suo trionfo con una semplice giravolta, mostrandole, dispettosa, gli strappi su quel jeans che un anno prima le andava lungo al punto da strisciare per terra e che invece ora, per quanto risultasse meno largo sui fianchi, era della giusta misura. Quanto al sopra, dal momento che quella che aveva messo nella scatola tempo addietro adesso le andava troppo stretta, si era arrangiata con una delle magliette di taglio femminile che Myrna le aveva lasciato nel guardaroba. La cosa, comunque, non le era pesata troppo perché almeno aveva scoperto di aver conquistato qualche centimetro in più sul petto.

   «È un compromesso, quindi non scocciare», aveva infine risposto, correndo di nuovo verso la stanza di Athrun, anche se con i lacci delle sneakers ancora sciolti. Ci inciampò giusto in tempo per crollargli fra le braccia proprio quando lui le veniva incontro.

   «Dovrebbero darmi una laurea ad honorem in pedagogia», sospirò il giovane, inginocchiandosi per allacciarle le scarpe.

   «Un futuro come maestro d’asilo non sarebbe male», convenne Cagalli, ridendo ed aggrappandosi alla sua testa con entrambe le mani. «Non hai già fatto pratica sulla Minerva?»

   «Quello era niente confronto a quello che mi aspetta ogni giorno qui», replicò l’altro, fingendo di ignorare le dita di lei che giravano in tondo, scompigliandogli i capelli scuri.

   «Possiamo fare una sosta intermedia prima di andare a mangiare?»

   «Perché?»

 

Il suono insistente del campanello la fece imprecare ad alta voce. Qualcuno osava interrompere la sua cena, e senza essere stato invitato, per di più. Se andò ad aprire la porta fu unicamente perché timorosa che potesse trattarsi di qualcosa di urgente. Per sicurezza, comunque, diede una sbirciata dallo spioncino, e quello che vide le fece corrucciare la fronte.

   «Ehi… È successo qualcosa?», domandò, togliendo la catenella dalla porta e spalancando l’uscio ai suoi amici. In risposta, si sentì strattonare sul pianerottolo del condominio in cui era andata ad abitare da sola dopo il diploma. «Cagalli!»

   «Scusa se siamo venuti senza preavviso.» Come al solito, spettava ad Athrun dare spiegazioni sui gesti impulsivi della sua protetta. «Ma le è venuto un attacco di infantilismo, oltre alla voglia di rivederti e di invitarti a cena fuori.»

   Miriallia ripensò al piatto che aveva lasciato in cucina, pieno di uno di quei risotti precotti che sapevano di appiccicaticcio. Non era brava in cucina e lo sapeva. «Vengo», assicurò poi, senza aspettare ulteriori delucidazioni. «Datemi solo cinque minuti.»

   «Grande», esclamò la Principessa, lasciandola andare e seguendola dentro casa senza essere stata invitata. Si voltò verso l’Ammiraglio, rimasto educatamente sulla soglia. «Non vieni?»

   Lui scosse il capo, guardandola con bonario rimprovero, e mise mano al cellulare, cercando un nome nella rubrica e non trovandolo. «Miri, hai per caso il numero di Ssigh? Ero convinto di averlo, e invece…»

   La fotoreporter si affacciò nel piccolo ingresso in cui aveva accolto i suoi due aggressori. «Viene anche lui?»

   «Ovvio», annuì Cagalli, mettendo le mani sulle anche.

   L’altra frugò nella borsa che aveva portato con sé dalla camera da letto e cacciò da lì il telefonino, affidandolo al giovane. «Tieni, dovrebbe essere qui.» Athrun la ringraziò, mentre lei si chinava sulla piccola scarpiera nascosta dietro la porta per decidere quale paia di scarpe indossare. Dall’abbigliamento sportivo dei suoi aspiranti rapitori intuì che quello in cui andavano non doveva essere un locale elegante, per cui si adeguò senza tanti sforzi.

   «Preferivo l’effetto sorpresa», si lamentò la bionda, quando il Coordinator terminò la chiamata.

   «Ha detto che viene?», domandò invece Miriallia, infilando la chiave nella serratura principale di casa e girandola tre volte.

 

«Seriamente, non mi aspettavo il vostro invito.»

   «Non lamentarti e accetta la generosità di Cagalli-sama», scherzò la sua vecchia amica.

   Seduto accanto a lei sul sedile posteriore dell’auto di Athrun, Ssigh sorrise. Adesso lavorava come assistente in un centro di ricerche sulla robotica perché desideroso di pagarsi da solo gli studi universitari. Un giorno, diceva, gli sarebbe piaciuto tornare ad affiancare i suoi ex-commilitoni a Morgenroete; e poco importava se era soltanto un Natural, perché, come gli aveva insegnato Kira tempo prima, anche se gli mancavano determinate abilità fisiche o intellettive rispetto ai Coordinators, di sicuro possedeva delle capacità che nessun altro, a parte lui, poteva vantare.

   «Non mi sto lamentando, anzi. È solo che sono sorpreso. È da molto che non ci vediamo, e con tutto il lavoro che avete, credevo che non aveste tempo per una rimpatriata.»

   «Mi spiace se abbiamo mandato all’aria i programmi della tua serata», si scusò l’Ammiraglio, guardandolo distrattamente attraverso lo specchietto retrovisore posizionato all’interno dell’abitacolo.

   «Nessun problema. E poi non avevo molta voglia di stare in casa», assicurò l’altro giovane. «Non è un buon periodo per nessuno, per cui penso che sia desiderio comune staccare la spina dai problemi, ogni tanto, altrimenti si rischia di impazzire.»

   Miriallia si preoccupò. «Tutto bene?»

   Lui fece spallucce, ma non rispose. La verità era che la sua ultima ragazza aveva deciso di trasferirsi su PLANT insieme alla famiglia in seguito agli avvenimenti dell’ultima guerra, poiché delusi dal Delegato Athha per l’accordo firmato con la Federazione Atlantica che aveva portato Orb al centro di un devastante conflitto armato. Ssigh non la vedeva allo stesso modo, perché due anni prima aveva vissuto sulla propria pelle una situazione analoga nonostante la loro nazione non si fosse mossa in favore di nessuno dei due schieramenti in lotta. La politica era complicata, e la guerra lo era anche di più, per cui egli non se la sentiva di rimproverare né Cagalli né nessun altro.

   «Piuttosto, come vanno le cose in Parlamento?»

   Athrun fece una smorfia: almeno per una sera avrebbe voluto che la sua compagna non pensasse al lavoro. «Benino, per fortuna», sorrise invece lei, sporgendosi indietro per guardare il suo interlocutore. «Stiamo discutendo di una nuova finanziaria che possa cercare di tappare i buchi lasciati durante l’ultima amministrazione.» Non volle dire il nome dei veri responsabili, preferendo addossare anche su di sé il mal governo dei Seiran, troppo impegnati a badare ai propri interessi con i Logos piuttosto che al resto.

   «Ho visto con quanta rapidità state mandando avanti l’opera di ricostruzione delle zone colpite dai bombardamenti e ne sono rimasto davvero contento», proseguì Ssigh, sincero.

   «Ogni cosa si aggiusta, ci vuole solo un po’ di tempo.»

   Lo sguardo dell’autista si soffermò questa volta su Miriallia, verso la quale egli non riusciva a non provare un senso di protezione per il dolore causatole involontariamente in passato. Era bello sentirle ora pronunciare frasi tanto significative per tutti loro. Soprattutto per i due ospiti del Delegato: avevano entrambi perso la persona a cui tenevano di più, eppure erano tornati a sorridere e ad amare.

   «C’è gente idiota, però, che questo non lo capisce.»

   Ssigh sorrise, comprensivo. «Ancora quel tipo?»

   «Già», sbuffò Miriallia, preferendo volgere gli occhi al di là del finestrino per cercare di nascondere il nervoso.

   «Continua a farsi sentire?»

   «Quando può», rispose. Né Athrun né Cagalli chiesero nulla in proposito per non sembrare indiscreti, ma ambedue morivano dalla curiosità di sapere se si trattasse di Dearka o meno. Altro motivo per cui non si azzardavano ad indagare era che non appena si nominava il giovane di PLANT, Miriallia pareva quasi cacciare saette dalle sue belle iridi azzurre.

   «Dal modo in cui reagisci sembra davvero che tu sia ancora presa dalla cosa», osò Ssigh, togliendosi gli occhiali e pulendone con meticolosità le lenti colorate prima di rimetterseli sul naso. L’altra si volse a guardarlo indignata, ma non proferì parola. «Se così non fosse, lasceresti correre.»

   Calò il silenzio per qualche istante, come a sottolineare che quell’ultima frase nascondesse una somma verità. «Ecco, adesso ho voglia di abbuffarmi.»

   «Siamo in due, Miri», le diede man forte la bionda.

   «Tu hai sempre voglia di abbuffarti», l’accusò l’Ammiraglio, continuando a guidare, serafico.

   «Sono un tipo attivo, ho bisogno di energie», spiegò lei. «E comunque sempre meglio che costringersi a seguire una dieta per pura vanità.»

   «Non è bello neanche cadere nell’errore contrario.»

   «Non ho la tendenza ad ingrassare, lo sai.»

   «Io sì, ma per una sera ho deciso di fregarmene», affermò Miriallia ad alta voce, le sopracciglia ancora aggrottate.

   «E fai bene», le resse il gioco Ssigh. «Kira?», chiese poi, cambiando improvvisamente oggetto del discorso.

   Fu la volta di Cagalli di mettere il muso. Athrun le passò una veloce carezza sulla mano più vicina a lui. «È ancora spaesato nella sua nuova realtà, ma non credo incontrerà grossi problemi di sopravvivenza.»

   «Morirà di noia perché nessuno giocherà con lui.»

   «Cagalli, non è un cane.»

   Stizzita, lei scacciò le dita dell’amante e si zittì. Non aveva mandato giù con molta facilità il fatto che, secondo lei, Lacus Clyne non si era impegnata a dovere nel risollevare il morale di Kira quando lui era stato vittima di una lunga depressione che lo aveva soggiogato al termine della prima guerra. Agli occhi di Cagalli, la ragazza si era limitata a cantare e a stare con i bambini di cui fino a poco tempo prima si erano presi cura insieme al Reverendo Malchio, ma non si era soffermata a sufficienza a discutere con il giovane, a differenza di quanto aveva invece fatto alla morte di Fllay, al fine di scuoterlo da quello stato catatonico in cui era crollato. Di diverso avviso, Athrun cercava di fare ragionare la sua innamorata, appellandosi al fatto che non si poteva giudicare il comportamento di Lacus in base a quanto vedevano loro in quelle sporadiche volte che lasciavano Orb per andare a trovare i loro amici: la vita quotidiana, ripeteva, era un’altra cosa, e lui era certo che, in assenza di ospiti o di terze persone, la figlia dell’ormai defunto Presidente Siegel Clyne avesse avuto il suo bel peso nella ripresa di Kira, adesso tornato grossomodo alla normalità. Cagalli esagerava, diceva l’Ammiraglio Zala, probabilmente perché preda dell’ansia e dell’affetto per suo fratello. Oltretutto, il giovane era convinto che, dovendo ora lavorare a stretto contatto con Dearka e, soprattutto, con Yzak, la vita di Kira sarebbe stata tutto fuorché noiosa.

   «Certo che ne ha avuto di fegato a passare dall’EAF a Orb e da Orb a ZAFT.» Questo pensiero di Ssigh era comune un po’ a tutti, poiché nessuno aveva mai dubitato del fatto che Kira avesse scelto di arruolarsi in ZAFT unicamente per seguire Lacus, lasciandosi alle spalle non soltanto i vecchi amici, ma anche sua madre e sua sorella. «Non che voglia rimproverargli qualcosa, sia chiaro. Anzi, dopo tutti i suoi sforzi, merita davvero di essere lasciato in pace e di decidere in piena autonomia», si affrettò a spiegare l’ex-soldato dell’Alleanza.

   «Beh, dopotutto è stato uno scambio equo», cominciò Miriallia. «Noi abbiamo perso Kira, ma abbiamo guadagnato Athrun.»

   «Dal mio punto di vista tanto equo non è stato», iniziò a ribattere Cagalli. La sua guardia del corpo sospirò pesantemente e lei si interruppe, voltandosi a guardarlo. «Perché sbuffi? Non ho ancora detto niente.»

   «Non sbuffo. Sospiro pazientemente.»

   Gli altri due iniziarono a sghignazzare e il Delegato fu incoraggiato a continuare nel suo show. «Al contrario di quel che pensi, stavo per fare un complimento a te, sciocco.» Athrun le scoccò un’occhiata scettica. «Sul serio», insistette lei. Almeno tu non piangi ogni due minuti, come fa Kira.»

   «Lo fai tu per me», la prese in giro lui, cercando un parcheggio libero nei dintorni del fast-food che aveva consigliato loro Ssigh.

   Quando Miriallia aveva sentito che si trattava di un locale del genere non aveva esitato a manifestare la propria delusione: non che si fosse aspettata di essere condotta in un ristorante di alta classe, ma aveva in mente qualcosa di meglio di un hamburger, per quella sera, visto che era la Principessa in persona a volerle offrire la cena. Eppure capiva il desiderio di Cagalli di volersi tenere lontana per qualche ora da tutte le cerimonie che la sua pozione sociale richiedeva, per cui non aveva protestato oltre e aveva deciso di abbandonarsi con lei ad una sana scorpacciata come se entrambe avessero ancora avuto quattordici anni.

   «Taci e pensa a posteggiare», ordinò la bionda, fingendosi nuovamente offesa.

   Il suo malumore, come al solito, non durò che una manciata di secondi, perché non appena scesero dall’auto, dietro ad un palazzo, scorsero le rovine di un altro edificio ai margini di un cratere di media grandezza, delimitato da delle barriere di metallo provvisorie a segnalare la zona di pericolo ed il divieto d’accesso. Lì accanto erano state lasciate alcune macchine addette ai lavori che avrebbero dovuto smantellare quanto era rimasto e poi riempire la grossa buca. Ciò che aveva detto prima Ssigh era vero, e cioè che gli Emiri si erano mossi immediatamente affinché fosse prestato soccorso alla popolazione e fossero riparate le aree più colpite dalla guerra, tanto che avevano deciso di lasciare per ultimi quelle voragini che sfiguravano gli eleganti giardini del Parlamento ed i dintorni degli altri edifici governativi – uno dei quali era stato anche danneggiato, collassando in parte e facendo diverse vittime proprio fra alcuni dei membri del Consiglio.

   C’era ancora molto da lavorare, però, Cagalli se ne rendeva conto, ed era per questa ragione che si era dimostrata restia ad accettare di prendersi un giorno di vacanza. Quello era il paese che il grande Uzumi Nara Athha, morendo, aveva affidato a sua figlia, e lei lo aveva ridotto in quel modo. Si rendeva conto, la ragazza, che anche se non avesse accettato di firmare quell’accordo, anziché ZAFT, si sarebbe di nuovo ritrovata a combattere contro la Federazione Atlantica. E allora, non riusciva a fare a meno di continuare a domandarsi, quella gente che, come loro, chiedeva solo di vivere in pace, senza che delle maledette discriminazioni potessero raggiungerla, era destinata a morire per forza per mano degli uni o degli altri?

   Miriallia la prese sottobraccio e la sospinse via da lì, mentre tutti e quattro sfilavano davanti a quel cimitero di ruderi in rispettoso silenzio.













Non mi convince. Non ha senso. Non lo so, aiutatemi. XD
Va beh, intanto che sclero, ringrazio Atlantislux per il betaggio e per avermi fermata giusto in tempo per non commettere una follia. Scrivendo questa shot (la novantasettesima sulla serie, mi pare), ho finalmente scoperto perché mi soffermo molto su Athrun e Cagalli: in quest'ultima riverso la mia parte emotiva (e si nota dalle accuse mosse a Lacus) e nell'altro la mia parte razionale (tant'è che subito dopo difendo la idol). Insomma, sarà anche questo il segreto del loro andare tanto d'accordo? Perché si compensano a vicenda? XD
A parte tutto, sono contenta di essere riuscita ad inserire non solo Miriallia, ma anche e soprattutto Ssigh. Non che faccia molto in questa fanfiction, però c'è. Mi era rimasto sempre un po' indigesto il fatto che in Destiny nessuno mai si fosse preso la briga anche solo di nominarlo, visto che, dopotutto, anche lui aveva avuto un ruolo di rilievo all'interno della prima serie. Non che io impazzisca particolarmente per questo personaggio, ma, appunto, la sua importanza l'aveva avuta soprattutto per Kira e per la sua crescita interiore. Quindi perché farlo sparire nel dimenticatoio così come Kuzzey? (Di quest'ultimo, a dire il vero, suppongo che non importi nulla a nessuno, visto che non ha lasciato niente... Anzi, per quanto umano possa essere, come personaggio, più che aiutare Kira lo aveva quasi ostacolato andando a spifferare agli altri che forse non combatteva seriamente perché in ZAFT c'era un suo amico d'infanzia. Roba da prenderlo a ceffoni... ¬_¬)
Bon, concludo ringraziando tutti i lettori e tutti coloro che mi lasciano due righe per farmi sapere la loro opinione (positiva o negativa che sia) e/o che aggiungono le mie storie fra quelle preferite.
Shainareth





  
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