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Autore: Black_Eyeliner    14/12/2009    5 recensioni
-… Ah, e prima che tu me lo chieda… Sì, è un ordine, Sebastian.
Dopotutto, Ciel non avrebbe mai ammesso di voler ricevere un dono per il suo tredicesimo compleanno...
SebastianxCiel
Yaoi
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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December, 14th

 

 

Mousse

 

 

Al cioccolato

 

 

 

 

-Le mie più sentite scuse, ma mi permetta di farle notare quanto le sue maniere siano parecchio peggiorate ultimamente, bocchan…

 

Una sfumatura di vago sdegno arricciò le labbra di Ciel, rimarcando la sua consueta espressione accigliata; benché, purtroppo, conscio di quanto quello stesso cipiglio ombroso fosse una fonte costante di divertimento per il suo leale servitore, come sempre perfettamente composto, impettito e irto ai piedi dell’ampio letto a baldacchino.

 

-E tu permettimi di farti notare che non ti ho chiesto di venirmi a lesinare le tue solite prediche, Sebastian.

 

Nonostante il tono deliberatamente minaccioso con cui fu proferita l’ultima parola, Sebastian non riuscì a fare a meno di sorridere, quasi intenerito, al crocchio stridulo che, di tanto in tanto, rendeva ancora così deliziosamente infantile la voce del suo signorino; lo scrutò minuziosamente per qualche istante, lasciando che le proprie iridi, come due fiammelle vermiglie danzanti nella penombra, andassero a posarsi come invisibili e devote carezze sui capelli scuri, scarmigliati sul guanciale candido, scendendo poi sulle gote pallide e sempre più emaciate del giovane nobile steso languidamente di fianco sul materasso, fino a giungere alle briciole di marzapane che ancora indugiavano agli angoli delle piccole labbra imbronciate.

 

-Dopotutto è compito di Maylene candeggiare le lenzuola, per cui non vedo il motivo di tanta preoccupazione.

 

Ciel rincarò la dose, cogliendo il guizzo ferino negli occhi allungati ed elegantemente esotici del suo maggiordomo; non smise nemmeno d’affondare i denti nel dessert di panna e lamponi, usando invece la premura di tamponarsi la bocca sporca con la manica della camicia da notte in seta che indossava, esacerbando l’intento puramente provocatorio delle proprie movenze, ingenue eppur oscenamente lascive.

 

Entrambi tacquero, fissandosi in tralice; permisero a un silenzio, pregno di teso attrito, di enfatizzare il gioco di sguardi maliziosi e biechi che li rendeva antagonisti e al contempo complici di una partita senza fine, dove la scacchiera pareva improvvisamente dissolversi, lasciandoli precipitare insieme verso l’angolo più remoto dell’Inferno: pedine avversarie, eppur colpevoli di bramarsi vicendevolmente, d’agognare il piacere e il tormento d’aversi sempre accanto, di vincere e lasciarsi vincere, all’infinito.

 

-Se è di consuetudini che vuole arguire, direi che è stato piuttosto lei a chiamarmi per una delle sue solite richieste, signorino.

 

-Perché, cos’altro avresti potuto aspettarti?!

 

Il fugace inchino del capo fu accompagnato da un sorriso, appena accennato e furbescamente consapevole, di Sebastian, intento ad avanzare di qualche passo e a riporre la scodella di porcellana sul comodino di ciliegio accanto al letto; tuttavia il lieve sussulto che fece fremere le spalle gracili di Ciel, non appena gli si appropinquò, non sfuggì al maggiordomo il quale trattenne l’impulso di avvicinarglisi ancora: avrebbe voluto sentirlo ancora avvinto a sé e alla propria essenza, sentirlo succube del proprio potere, celato dietro ingannevoli sembianze e cogliere ancora le mille sfaccettature di quella creatura tanto umana e fragile, eppur così immensamente desiderabile.

 

Scacciò quello stuzzicante pensiero, dissimulandolo con una mano poggiata sul fronte dell’uniforme scura e gli occhi umilmente rivolti verso il basso, replicando divertito alla domanda rivoltagli.

 

-Non riesco a capire cosa il signorino voglia intendere ma, come vede, non mi aspettavo niente di diverso da questo.

 

Asserì serafico, indicando il tavolo da notte e godendo intimamente del soave rossore a tingere di porpora gli zigomi affilati di Ciel; poi si voltò, proseguendo importuno, l’intento di provocare ancora quel saccente ragazzino e di ammirarne l’imbarazzo troppo prepotente da indurlo a tacere.

 

-Conosco fin troppo bene le sue debolezze, da prevederne persino i desideri. Solo m’aspettavo volesse un tortino alla frutta, o un parfait al cioccolato, per soddisfare il suo palato raffinato. Ma, evidentemente, anche la sua tipica capacità di spiazzarmi è divenuta routine, non è forse così… Bocchan?

 

Dalle arcate delle grandi finestre della stanza, le stelle sembravano piccole luci sospese al soffitto di un teatro senza pareti, pronte a schiantarsi in scie brillanti sulla platea vuota, inondando d’oro e d’argento il palco della lussuria, dove i due debuttanti dedicavano desideri turpi e impudiche fantasie alla loro caduta.

 

Ciel represse l’impeto d’assestare un sonoro ceffone sulla gota altera di quell’essere tanto imperscrutabile e sfuggente, come un’ombra allungata sulla propria sofferta esistenza, imprendibile, irraggiungibile, oscura, tanto; si sarebbe perlomeno compiaciuto di vederlo capitolare sotto la propria furia, malgrado fosse consapevole che non bastava certo un manrovescio a scalfire la crudeltà di un demone: eppure il giovane conte riuscì a non scomporsi, preferendo scuotere via le briciole che si erano annidate tra le pieghe della sua veste e sorridendo sardonico tra sé e sé, quando quell’ennesima riflessione balenò nella sua mente.

 

-Cosa c’è, Sebastian? Credi che ordinarti una semplice mousse al cioccolato anziché uno dei tuoi soliti e stucchevoli dessert mi renda meno avvezzo al peccato di gola? Eppure dovresti saperlo che essere schiavo di un peccato non è una cosa che m’impressioni.

 

-Naturalmente, signorino. E’ per questo che, nonostante tutto, riesce sempre ad interessarmi oltremodo. Dopotutto è tipico degli esseri umani soccombere alle tentazioni e lasciarsi abbindolare dalle lusinghe. Piuttosto, ecco il suo cucchiaio… Oh, non mi dica che, per le sue abitudini, preferisce servirsi direttamente con le mani… ?

 

L’iride sinistra di Ciel brillò nel buio della stanza, come una lastra di vetro appannata dal respiro caldo di Sebastian che, nonostante la conveniente distanza, sembrava bruciare sulle sue gote arrossate, lungo la curva morbida e aristocratica del collo, sotto la leggera stoffa della camicia, sulla sua pelle; fissò per un breve lasso di tempo la punta arrotondata del cucchiaio d’argento, lambito dal riverbero perlaceo dello spicchio di luna oltre le vetrate, come ipnotizzato dallo scintillio del raffinato metallo: intanto, le parole del demone ancora echeggiavano nell’atmosfera densa di appassionata lotta per un potere cui ciascuno anelava, allargandosi in simboli e lettere scarlatte, come una macchia d’inchiostro vermiglio sulla carta bianca dell’anima.

 

-Parli tanto di debolezze. Ma io so che anche tu hai le tue debolezze, Sebastian. Cosa credi, che io, forse, non ti osservi?

 

Inquisì mordace, leccandosi appena le labbra ancora dolciastre per il dessert assaporato poc’anzi; si sporse in avanti, sedendosi sul bordo del letto sfatto, dove ancora le briciole e la piccola conca al centro del materasso rammentavano la presenza del suo piccolo corpo.

 

-Cielo, cielo. Credevo che il mio signore fosse oberato dal lavoro, e non che sprecasse del tempo prezioso solo per osservare un umile servo, qual io sono…

 

Con la punta del piccolo naso all’insù, Ciel toccò il cucchiaio ancora sospeso a mezz’aria, scostandolo via dal suo viso, contro il quale era stato fermamente puntato, senza fare una piega; poi riaprì l’occhio sinistro, sorridendo d’ambigua ed effimera dolcezza, nettamente in contrasto con la replica che seguì.

 

-In veste di tutore non sei poi così perfetto come pensi d’essere. Le tue lezioni di storia sanno essere molto, molto noiose, Sebastian.

 

Sebastian l’osservò con passionale trasporto; non a caso aveva scelto quel presuntuoso e arrogante signorino londinese da divorare: e, con ogni giorno trascorso, mai tale scelta si era rivelata tanto azzeccata.

 

Quello sguardo colmo di rancore, quell’ostinata voglia di sopravvivere ad ogni costo, la voglia di vendicarsi della barbarie subita, lo affascinavano, costantemente; così come quell’intelligenza che mai aveva scorto in nessun altro, se non nel suo prezioso signorino, indaffarato nell’affondare, in maniera impacciata e puerile, le diafane e piccole dita affusolate nella scodella sul comodino, portandosele poi alle labbra e succhiandole con fare strafottente, senza distogliere né abbassare lo sguardo.

 

-Se era tanto annoiato, poteva anche farmelo presente in quella stessa occasione. In modo tale che avrei potuto aiutarla ad annoiarsi di meno, assegnandole qualche compito in più.

 

-Qualche compito in più non mi avrebbe distratto comunque dal pensiero che anche tu hai le tue debolezze. E sbagli se pensi che io non le conosca.

 

Le dita di Ciel affondarono ancora nella mousse tiepida; stavolta, però, appena le ebbe immerse fino alle nocche, non si fermò: vi affondò entrambe le mani, godendo per un istante del dolce tepore e sporcandosi fino all’orlo delle maniche.

 

-Siediti pure sul letto. Anzi, distenditi. E no, non accetterò le tue scuse, come vedi il letto è già abbastanza lercio.

 

-Invece dovrà accettarle, necessariamente.

 

Il sorriso, che era svanito dalle labbra di Sebastian, riapparve beffardo, tendendogli sensualmente gli angoli della bocca; soffermò lo sguardo sui minuti piedi scalzi sul legno d’acero del parquet, risalendo, con gli occhi ottenebrati da un ineffabile velo di tenera cupidigia, lungo i polpacci snelli ed agili, giungendo poi sulle cosce nivee e fermandosi laddove l’orlo della veste da notte celava ciò che quel corpo avrebbe potuto offrirgli e che, pensò, avrebbe oltremodo gradito.

 

-Le chiedo umilmente perdono, difatti, ché se ha pensato che i dolci potessero essere per me una debolezza, dunque mi consenta di dirle che ha dedotto qualcosa di inesatto. Onestamente non so come si faccia ad essere corrotti da una tentazione simile, eppure so che gli esseri umani trovano questi dolci deliziosi…

 

Tacque, non sapendo come continuare; osservò l’espressione di Ciel mutare, le sopracciglia scure aggrottate in una grinza di rabbia incontrollata e il suo silenzio più minatorio di una sequela di insulti urlati a gran voce: ciò nonostante Sebastian sgranò gli occhi, sgomento, quando avvertì Ciel afferrarlo per le spalle e, malgrado la differenza in statura, spintonarlo di malgarbo contro il letto.

 

-Ora basta con le tue idiozie. E tanto per essere esatti: io non deduco mai nulla di inesatto!

 

Sebbene la spinta di Ciel fosse stata qualcosa di goffo ed incredibilmente debole, considerata la sua umana natura e la forza fisica quasi nulla del ragazzino, Sebastian ne assecondò l’impeto, esterrefatto per il modo in cui il suo signore lo aveva costretto ad assecondare ancora una volta la sua volontà; adorava la sua arguzia, quella sadica prepotenza che gli si leggeva negli occhi, ogni qualvolta gli impartiva un nuovo ordine e il barlume del cinismo che rifulgeva nell’iride destra, con ogni pulsazione del suo fragile cuore intrepido, con ogni pulsazione di luce violacea del pentacolo, pegno dell’anima tanto bramata.

 

Strabuzzò ancor di più gli occhi quando vide il signorino salire sul letto con un balzo veloce, sovrastandolo con la sua gracile e minuta figura e osservandolo austero dall’alto; tuttavia si rifiutò di dar adito alla tentazione di strattonarlo e invertire quella posizione di squisita e adorabile sottomissione.

 

Sebastian rimase immobile, schioccando la lingua al palato e serrando la mascella quando si vide stringere tra le gambe di Ciel, ora seduto a cavalcioni sopra di sé; non osò proferir parola alla sensazione inebriante di quel debole peso sul proprio bacino, mordendosi poi il labbro inferiore al solo pensiero d’essere tra le cosce del suo signorino: trattenne il fiato, per non sorridere quando le proprie parole di qualche attimo prima riecheggiarono nella sua mente.

Effettivamente, il suo bellissimo, eccitante, sicuramente sadico signorino davvero non cessava mai di stupirlo; ed ogni volta era come se lo avesse evocato per la prima volta, risoluto, deciso, impudente: mai nessuna esitazione ne turbava gli intenti, parimenti nessuna bellezza era paragonabile all’anima, che si dibatteva incarnata in quelle nobili e seducenti fattezze umane, intrisa d’odio, di passione, d’eccentrico e perverso amore.

 

-L-le piace vedermi così, bocchan?

 

-Oh, non immagini quanto, Sebastian…

 

Il respiro caldo s’infranse lungo il collo del maggiordomo, fin sotto il lobo; e presto quel sussurro licenzioso si condensò sulle pelle gelida di Sebastian, sciogliendosi in un brivido lungo la schiena, che non sfuggì a Ciel, mentre questi nel contempo si era seduto nuovamente su di lui, sollevandosi sulle ginocchia e sorridendo sinistro, malevolo.

Invisibili scintille danzarono nell’ombra, rimbalzarono sulla pelle accaldata, correndo nelle vene, in ogni fibra, davanti agli occhi vitrei, per poi spegnersi in un voluttuoso languore; rimasero fissi, sulle mani del giovane conte che si mossero tremule, insicure e inesperte, ma decise; Ciel tracciò più volte i contorni delle proprie ginocchia, poi salì lentamente, scostando l’ingombrante stoffa non più candida della veste da notte.

Sebastian dischiuse le labbra per ribattere, ma solo il respiro, come sempre composto, ne uscì; il cioccolato, sulla pelle eterea del giovane conte, sembrava colare denso e scuro sulla panna montata, fiotti tiepidi e dolci lungo le gambe dischiuse a macchiarne peccaminosamente il lindore, in attesa d’accogliere il piacere proibito a lungo desiderato.

 

-Com’è che i dolci non ti tentano?

 

Strinse volutamente le gambe attorno alla vita di Sebastian; rise, voltandosi per afferrare il cucchiaio, puntandolo come fosse un’arma verso il suo maggiordomo, ancora sconvolto da quel gesto, tuttavia piacevolmente appagato alla vista del cioccolato che, tra le gambe, continuava a gocciare silenziosamente.

 

-Ecco il tuo cucchiaio… O preferisci servirti direttamente con le mani? Oh, considerate le tue abitudini di fedele ed umile cagnolino, immagino che anche le mani non ti servano, non è così, Sebastian?

 

Lo stridio metallico del cucchiaio che cozzò malamente contro la spalliera del letto accompagnò l’avanzare gattoni di Ciel sul materasso, imbrattando l’uniforme dell’uomo che, impassibile, continuava a scrutarlo curioso; finquando giunse all’altezza del viso, lo scintillio della vittoria scoppiettante nella superba iride turchese.

 

-Assaggiala…

 

Impercettibile, la benda nera cadde, adagiandosi sulle lenzuola come una foglia imbrunita nell’aria dicembrina; il sorriso di Ciel divenne una breve risata trionfante, le sue iridi specchio di stelle cadute sul palcoscenico della lussuria, specchio del piccolo cuore danzante nel suo petto, specchio del sapore marcio del nuovo peccato a sporcargli l’anima.

 

-… Ah, e prima che tu me lo chieda… Sì, è un ordine, Sebastian.

 

Il sorriso beffardo, a malapena trattenuto, tornò ad increspare la labbra del demone; e solo allora Sebastian lasciò che le proprie mani, adagiate sul materasso, si sollevassero in uno slancio incontrollato: ghermì i fianchi acerbi e stretti del suo signorino, lambendogli con la lingua, in tocchi brevi e bollenti, la gamba destra, affondando poi il viso nella morbida piega tra la coscia e l’inguine, incurante del cioccolato ad imbrattargli la pelle e il colletto candido della camicia.

 

-Yes, my lord.

 

 

 

Era solo che lecito, dopotutto, aspettarsi per quel giorno particolare, che il suo padrone gli chiedesse di ricevere un dono del genere: il più grande dei piaceri, nonché il più squisito dei peccati.

 

Solo Sebastian sapeva che Ciel, nonostante i suoi gemiti acuti e i movimenti istintivi e sempre più frenetici dei suoi fianchi, era fin troppo orgoglioso per ammettere di voler ricevere un regalo per il compimento dei suoi tredici anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nda: No, uffa, no, non doveva venire così!! Ma la Toboso è crudele, nel disegnare le gambe del bocchan *ççç*.

Ad ogni modo, come potete vedere, la febbricitante passione per il pairing è nel pieno della sua forma acuta e a quanto pare è anche virale, quindi tende ad infettare sempre più fan girl innocenti XD

 

Questa fic è ispirata principalmente al fatto che, nel manga, Sebastian solo soletto in cucina si chiede come possano i dolci essere trovati deliziosi dagli esseri umani: naturalmente è colpa della costituzione proteica etc etc, ma la spiegazione più plausibile è che essendo un demone non ha senso del gusto XD

 

Avrei voluto scrivere una bella lemon, ma non si può, sempre per via del pairing shota e così dicendo.

 

Ad ogni modo spero possiate apprezzare questa shot senza pretese, scritta appositamente per il 14 Dicembre.^^

 

A presto.

 

Stè.

   
 
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