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Autore: MrEvilside    14/12/2009    3 recensioni
A Veneziano, in fondo, non era mai dispiaciuto essere conquistato da qualche Nazione più potente di lui; inizialmente aveva timore del Paese straniero e trascorreva molto tempo nella stanza che gli veniva assegnata, ma a poco a poco si affezionava all’altro Stato e cominciava a sentirsi a proprio agio in quella nuova situazione. Quando la paura sbiadiva, veniva sostituita dal consueto entusiasmo e l’italiano iniziava a considerarsi a casa propria. E, dal momento che era a casa, si comportava di conseguenza.
Era in seguito ad allora che, solitamente, la Nazione predominante sviluppava uno strano istinto omicida nei suoi confronti.

La Triplice Alleanza.
[Lievissimi accenni Austria x Veneziano; Romano x Veneziano brotherhood]
[IX^ classificata al Flash Contest indetto da Addison89]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gelosia [Di Pasta e di Pizza]

A Veneziano, in fondo, non era mai dispiaciuto essere conquistato da qualche Nazione più potente di lui; inizialmente aveva timore del Paese straniero e trascorreva molto tempo nella stanza che gli veniva assegnata, ma a poco a poco si affezionava all’altro Stato e cominciava a sentirsi a proprio agio in quella nuova situazione. Quando la paura sbiadiva, veniva sostituita dal consueto entusiasmo e l’italiano iniziava a considerarsi a casa propria. E, dal momento che era a casa, si comportava di conseguenza.
Era in seguito ad allora che, solitamente, la Nazione predominante sviluppava uno strano istinto omicida nei suoi confronti.
Feliciano era contento dell’improvviso interesse che l’altro Paese dimostrava di nutrire per lui – interesse che lo portava a seguirlo dovunque il giovane italiano andasse, nel costante timore che potesse abbattere qualche parete, tentare di corteggiare una delle domestiche od ancora insegnare al cuoco quale fosse il miglior modo di cucinare la pasta – e si sforzava il più possibile d’essere d’aiuto con la propria presenza, rendendosi conto con soddisfazione di quanto il suo impegno contribuisse ad aumentare di giorno in giorno quell’interesse.
A Veneziano piaceva abitare a casa di qualche altro Stato e, in particolar modo, aveva apprezzato il periodo passato insieme ad Austria.
Una volta abituato al comportamento severo e – nell’eventualità che una sua azione avesse potuto nuocere a qualcosa che l’austriaco aveva pagato – incline alla violenza del signor Roderich, Feliciano aveva appreso che la sua musica possedeva la facoltà d’incantarlo e di chiudergli la bocca per ore intere.
Al contrario, non sopportava il silenzio ed il senso di solitudine che avvolgevano casa sua come nebbia da quando era tornato in Italia.
Non preoccuparti, fratellino, gli aveva detto Romano con fare rassicurante nel trovarlo nascosto nella sua stanza a casa di Austria durante la terza guerra d’indipendenza, adesso saremo di nuovo insieme.
Quel Romano, tuttavia, era ben diverso dal Romano che ora entrò in cucina e si lasciò ricadere pesantemente su una delle sedie che circondavano il tavolo.
Era un Romano più giovane, quello del ricordo di Veneziano, più risoluto e determinato; il Romano che adesso girovagava con fare assente per l’abitazione, cupo e solitario, non era che il suo vecchio, pallido fantasma. Uno spettro esausto dagli occhi cinti di violacea spossatezza, quasi che la sbornia che si era preso durante i festeggiamenti per la sua ricongiunzione con il fratello non fosse ancora passata.
Eppure, Feliciano lo sapeva perfettamente, l’alcool non aveva nulla a che fare con lo stato dell’Italia Meridionale.
-Fratellone.- lo chiamò, incerto.
Lovino sollevò la testa e si massaggiò gli angoli degli occhi con le punte delle dita. -Hm?- borbottò, increspando le labbra in una smorfia. -Che cosa vuoi?- fece in tono brusco.
Avrebbe voluto fare qualcosa di più che temere l’innaturale stato d’animo del fratello, rifletté il Settentrione dell’Italia mentre si rannicchiava istintivamente sulla sedia, un po’ più lontano da lui, e rispondeva con un mesto filo di voce: -Stai… bene?-.
Il pugno che il Mezzogiorno sbatté sul ripiano del tavolo fu tanto inaspettato che Veneziano sobbalzò di terrore. -No.- disse Romano. -No, non sto affatto bene. Non te ne rendi conto? Noi siamo finalmente insieme, ma la nostra popolazione è divisa-. Condusse le mani a comprimersi il capo in un gesto disperato e d’improvviso apparve debole ed indifeso. -Sto facendo il possibile perché si sentano parte di una Nazione, perché noi possiamo essere visti come una cosa sola e non il Nord ed il Sud, e tuttavia non è mai abbastanza. I miei contadini si ribellano ed i miei soldati soffocano le loro proteste nel sangue… Non c’è unità, non esiste amicizia, non si parla neanche una stessa lingua: io non esisto, sono tanto patetico da essere incapace di rendermi esistente…-. La voce si affievolì poco per volta ed infine si spense, sostituita dai singhiozzi che l’italiano si affrettò a tentare di celare dietro i palmi delle mani.
Feliciano si alzò con lentezza dalla propria sedia, si portò alle sue spalle e gli cinse il busto con le braccia, appoggiando il petto contro la sua schiena. -Andrà tutto bene.- mormorò, accarezzandogli dolcemente i capelli con la voce rassicurante. -Te lo prometto, fratellone, riusciremo a divenire un unico Paese… Andrà tutto bene-.
Lo cullò nella sua stretta, seguitando a sussurrargli all’orecchio parole di conforto, fin quando non lo avvertì calmarsi.
-Però- aggiunse allora, considerando che potesse essere il momento favorevole ad introdurre quel che il signor Depretis gli aveva chiesto di riferire a suo fratello -non possiamo riuscirci soltanto io e te. Non ci riusciranno neanche i signori superiori. Non possiamo essere soli-.
Lovino s’irrigidì, mantenendo il silenzio il tempo necessario a scacciare definitivamente le lacrime. -Te l’ha detto Depretis.- si limitò ad affermare, corrugando la fronte.
-Sì.- ammise Veneziano. -Io…-. Esitò, preoccupato della reazione che il Meridione avrebbe potuto avere. Poi riprese: -Io penso che… che il signor Depretis potrebbe avere ragione… Alcune fra le altre Nazioni più potenti sono molto amiche fra loro, mentre noi… non abbiamo nessun altro-. Rivolse lo sguardo permeato di tristezza alle piastrelle che componevano il pavimento. -Persino il fratellone Francia, da quando sono tornato insieme a te, non vuole più parlarmi. Io… sono stanco d’essere solo-.
Romano sciolse l’abbraccio, chinando il capo in avanti e stringendo le mani sul bordo della sedia.
Il fratello attese una risposta furente, mentre lui si limitò a domandare con calma: -Pensi veramente che queste alleanze possano migliorare la condizione della nostra gente?-.
E Feliciano sorrise con rinnovato entusiasmo, perché il Mezzogiorno, sebbene potesse non apparire, avrebbe fatto qualsiasi cosa per il benessere della sua popolazione. -Sì, sì.- cantilenò, assentendo col capo in un gesto esagerato e tendendosi verso di lui per baciarlo su una guancia. -Lo penso!-.
Lovino sfuggì ai suoi occhi, volgendo il viso in una qualsiasi altra direzione affinché non potesse scorgere il lieve rossore del quale si era tinto.
-Non siamo più dei bambini, non c’è bisogno di baciarmi.- brontolò, infastidito.

-Fratellone, fratellone, sei pronto?- chiese Veneziano in tono concitato nell’entrare in camera di Romano.
Questi lo studiò per un lungo istante, meravigliandosi un’ennesima volta di quanto la notizia che avrebbero avuto ospiti avesse acceso la sua vitalità. Sorrise fra sé: era molto che non aveva l’occasione di ammirare l’esaltazione di suo fratello.
Chi avrebbe potuto dirlo, forse quelle alleanze avrebbero davvero portato a qualcosa di buono.
Poi, nel ricordarsi con chi avrebbe sancito quella promessa d’aiuto reciproco, si rabbuiò nuovamente ed incrociò le braccia al petto. Quel qualcosa di buono veniva decisamente meno, se dovevano essere quelli a portarlo.
-Perché devono essere proprio quei Germania ed Austria?- borbottò, irritato.
Il Settentrione dell’Italia gli rivolse uno sguardo d’innocente stupore. -Perché, tu ne conosci altri?-.
E, prima che il Mezzogiorno avesse il tempo di replicare, nello scrutare il paesaggio al di là della finestra Feliciano gli strattonò il braccio in direzione della porta ed esclamò entusiasta: -Fratellone, fratellone, sono arrivati!-.
Quando, trascinato dal fratello, Romano raggiunse il cortile della loro dimora, alcuni domestici erano accorsi a prestare il loro aiuto a Germania ed Austria affinché scendessero dalla carrozza.
-Germania, signor Austria!-.
Saltellava quasi, Veneziano, nell’accostarsi ai due ospiti, mentre alle loro spalle i rispettivi capi di Stato abbandonavano il mezzo di trasporto; Agostino Depretis, in piedi a poca distanza da Lovino, si mosse in direzione dei colleghi stranieri per dar loro il benvenuto: Romano li vide indicare suo fratello che costringeva Germania ed Austria ad un appiccicoso abbraccio di gruppo e Depretis si limitò a scuotere bonariamente il capo innanzi il comportamento esageratamente affettuoso dell’Italia del Nord.
Ed il Sud si limitava a rimanere dove si trovava, a rimuginare incerto sul da farsi e a domandarsi come Feliciano potesse essere tanto contento di incontrare nuovamente il Paese che li aveva divisi per secoli.
-Fratellone!- l’apostrofò Veneziano, volgendosi a guardarlo. -Perché non vieni a salutare il signor Austria e Germania?-.
Lovino si avvicinò di malavoglia e scambiò una stretta di mano con entrambe le Nazioni, masticando a mezza voce che il piacere era suo.
Roderich ricambiò il saluto nel sistemarsi i vestiti spiegazzati dall’effusione di Feliciano, limitandosi ad un impercettibile sospiro di sopportazione; Ludwig indugiò un istante prima di mormorare un esitante Guten Tag, leggermente rosso in viso a causa dell’inaspettata accoglienza che avevano ricevuto.
-Sono felice che abbiate accettato il nostro invito! Era così tanto tempo che non ci vedevamo.- sorrise Veneziano. -Mi ricordo bene quanto schifo facessero le vostre patate,- proseguì, senza notare il sopracciglio che si inarcò sul volto di Germania, -quanto male sentivo ogni volta che il signor Austria mi calpestava perché sbagliavo qualcosa- ed ancora seguitava, incurante dell’occhiata fulminante che Romano scoccò ad Austria -e anche quanto fosse bella la sua musica, quando mi permetteva di ascoltare-.
E parlava, il Settentrione, contento che finalmente quell’insopportabile solitudine che l’aveva accompagnato negli ultimi anni fosse infine svanita.
E non si rendeva conto dell’ostilità che ad ogni sua parola si diffondeva nell’aria al pari del profumo della pizza che Lovino aveva deciso di preparare come secondo piatto, preceduto dall’immancabile pasta del fratello, nel tentativo d’insegnare alle due Nazioni ospiti che cosa fosse la vera cucina.
Mentre proseguiva nel monologo, Romano calpestava Austria con lo sguardo, Austria ricambiava l’occhiata con fare indifferente e Germania li osservava farsi silenziosamente la guerra, stordito dalla voce cantilenante di Feliciano e smarrito innanzi i comportamenti del Mezzogiorno e dell’ex impero.
Infine, Veneziano interruppe il proprio racconto e strinse la mano di Roderich, tirandolo in direzione dell’abitazione ed esclamando, impaziente: -Pastapastapastapastapasta! È pronta la pasta, signor Austria!-.
E Lovino, avviandosi al fianco di Germania alle spalle di Austria e del fratello, si ritrovò ad osservare davvero Ludwig forse per la prima volta: aveva un aspetto altero e deciso, con i capelli biondi ordinatamente pettinati all’indietro ed il portamento fiero, e tuttavia il lieve smarrimento che si poteva leggere nei suoi occhi azzurri rendeva palese quanto poco fosse il tempo trascorso da quando aveva ottenuto l’indipendenza. Dopotutto, ricordò Romano, era stato sotto il dominio di Roderich per secoli anche lui.
Eppure, al pari di suo fratello, non mostrava alcun risentimento nei confronti di Austria: avevano viaggiato nella stessa carrozza, parlavano fra loro con cortesia ed il Mezzogiorno non aveva mai visto, nello sguardo di Germania, l’ira che al contrario era consapevole caratterizzasse il suo quando si posava su Roderich.
-Non sei arrabbiato?- chiese d’un tratto, contraendo le labbra in una smorfia incredula.
Ludwig, che guardava Italia aggrapparsi affettuosamente al braccio di Austria, si volse nella sua direzione ed inarcò un sopracciglio. -Arrabbiato?- ripeté senza capire.
-Sì.- rispose Lovino, rivolgendo a sua volta un’eloquente occhiata al fratello. -Insomma, sei stato parte dell’Impero Germanico per centinaia di anni, ma non sembri affatto arrabbiato con Austria. Non sei nemmeno un po’ risentito per la prigionia alla quale ti ha costretto?-.
-Non ho mai pensato all’Impero Germanico come ad una prigione.- spiegò Germania, seguendo lo sguardo del Meridione che si soffermava con amareggiato stupore sull’espressione felice del Settentrione dell’Italia, ed accennò un sorriso comprensivo. -In fondo, Austria è mio fratello-.
-E ti ha costretto a renderti indipendente per mezzo della guerra?-. Romano si era voltato d’improvviso ed ora le sue iridi scure ed incredule si riflettevano in quelle limpide di Ludwig, che assentì stringendosi nelle spalle.
-Mio fratello è una brava persona.- replicò. -Ha il difetto di vedere il matrimonio come unica soluzione – l’aveva proposto anche a me, pur di mantenere viva almeno una parvenza d’Impero –, d’essere testardo e di non avere la capacità di dirigere qualcosa, ed ha una mania esagerata dell’ordine e del risparmio. Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenere uniti i pezzi dell’Impero che aveva costruito in tanti secoli, perché vivessimo tutti insieme come quando eravamo bambini. Non ha mai voluto rendersi conto che ormai siamo cresciuti, per questo abbiamo dovuto ribellarci scatenando delle guerre. Però nessuno di noi è arrabbiato con Austria: dopotutto, lui ha sempre tentato di donarci una famiglia, non una prigione-. S’interruppe un istante, studiando l’Italia del Nord, poi concluse: -Anche con tuo fratello, sebbene non fosse un suo consanguineo, è sempre stato molto gentile-.
Da quando si erano ritrovati, l’Italia del Sud non aveva mai chiesto a Veneziano come fosse stato il periodo a casa di Roderich; semplicemente, trovandolo nascosto e tremante nella sua stanza durante il terzo conflitto d’indipendenza ed avvertendo il gelo di terrore delle sue dita che stringevano convulsamente le proprie, non aveva esitato ad immaginare che, quella paura, il fratello doveva averla provata ogni singolo momento che aveva seguito la loro divisione.
Mai l’idea che Feliciano avesse potuto avere un’altra famiglia che non fosse lui stesso si era insinuata nel suo cervello. Che il Settentrione potesse avere trascorso giorni felici anche senza di lui, che potesse avere sorriso al pari delle notti in cui Lovino si rassegnava a concedergli il permesso di dormire nel suo letto, che potesse avere chiesto a qualcun altro quello stesso permesso.
Romano era sempre stato così occupato a concentrarsi su quanto l’Italia del Nord volesse bene a lui che non si era mai posto il dubbio che potesse affezionarsi anche ad altre Nazioni – dopotutto, era con lui che Veneziano avrebbe dovuto formare un unico Paese – né che, se lo avesse costretto ad allontanarsi da esse, avrebbe potuto rattristarsi.
Per questo motivo, la Triplice Alleanza ancora non lo entusiasmava ed avrebbe voluto sbattere Austria fuori dall’Italia a calci – ed avrebbe dovuto essere suo il braccio che Feliciano stritolava con tanta allegria, diamine!
Eppure, se davvero avesse ceduto a quella tentazione ed avesse espresso il proprio disappunto nei confronti di quell’Alleanza, per la prima volta si rese conto che a suo fratello sarebbe dispiaciuto, non tanto perché avrebbe deluso le aspettative di Depretis, quanto più perché si era affezionato ai due Stati con i quali avrebbero stipulato la trattativa.
Non gli avrebbe voluto meno bene – non gliene avrebbe voluto di meno neanche dopo la stesura di quell’accordo –, tuttavia sarebbe stato molto triste, perché voleva bene anche ad Austria e a Germania. E Lovino non avrebbe più potuto contemplare i suoi sorrisi né ascoltare la sua voce acuta ed entusiasta.
Risucchiando l’interno della guancia in un’espressione corrucciata, l’italiano meridionale borbottò una serie di parole confuse in un fitto dialetto del Sud che Ludwig non comprese.
Forse c’entrava con della pasta che, se non si fossero dati una mossa, si sarebbe raffreddata ed una firma su un maledetto pezzo di carta. O qualcosa del genere.

Guten Tag: buongiorno.



Note storiche, senza senso et similia:
Alcune fra le altre Nazioni più potenti sono molto amiche fra loro, mentre noi… non abbiamo nessun altro. [...] Persino il fratellone Francia, da quando sono tornato insieme a te, non vuole più parlarmi. - cit.
Riferimento all'annessione di Roma al Regno d'Italia: inizialmente, nessuna Nazione riconobbe la presa della città come legittima. Questo è infatti uno dei motivi che hanno spinto Agostino Depretis a stipulare la Triplice Alleanza, ossia affinché l'Italia uscisse dal suo isolamento dagli altri Stati europei.
Ha il difetto di vedere il matrimonio come unica soluzione – l’aveva proposto anche a me, pur di mantenere viva almeno una parvenza d’Impero –, d’essere testardo e di non avere la capacità di dirigere qualcosa, ed ha una mania esagerata dell’ordine e del risparmio. - cit.
Descrizione di Roderich ispirata ad una breve presentazione dei personaggi di Hetalia scritta da Himaruya stesso e trovata in giro per il Web.
Pastapastapastapastapasta! - cit.
Sono cinque volte, di seguito. E' più complicato del previsto sfidarsi a scrivere una parola cinque volte o più di seguito senza mai sbagliare, soprattutto se, cadendo in errore, si ricomincia daccapo. Ma voi ignorate le sfide che mi lancio, sono cretine.
Ah, e Depretis esiste. Cioè, è esistito. Sul serio.

E' la prima volta che tratto con tanta profondità i due fratelli italiani. Beh, diciamo che è anche la prima volta in generale che li tratto in una FanFiction.
Mah, forse è perché, amando alla follia Veneziano, alla fine un pochino anche Romano ha cominciato a starmi abbastanza simpatico.
E poi, la Triplice Alleanza era troppo ispirante. Le pagine del libro sembravano stare sussurrandomi "FanFiction, FanFiction", mentre tentavo di prestare attenzione alla lezione.
Non posso assicurare nulla sull'In Character, in particolare parlando di Lovino; da parte mia, mi sembra d'aver fatto un buon lavoro.
Ad ogni modo, ci terrei che il rapporto Romano / Veneziano non venisse visto in un contesto boy x boy. Insomma, anche io ho dei fratelli e qualche volta  quando non attento alle loro vite mi comporto anche io in questo modo con loro. Non per questo, però, ne sono in qualche modo innamorata. Altrimenti tutti i fratelli si amerebbero, non pensate? Oppure, rimanendo a parlare di yaoi e yuri, tutte le coppie di ragazzi e ragazze migliori amici si amerebbero, o sbaglio?
Non nego che esistano l'incesto e l'omosessualità, no, dico soltanto che non è il caso di esasperarli, altrimenti alla fine diventa stressante. Stesso discorso per l'etero, ovviamente, ma ho notato che i suddetti "campi" sono molto più colpiti dal sopraccitato fenomeno.
Tornando alla FanFiction, sono molto soddisfatta di questa mia trasposizione "hetaliana" di fatti storici realmente accaduti e spero sia piaciuta almeno un poco anche a voi.
Ah, soltanto un'ultima cosa: non inserite nei Preferiti, se non avete intenzione di recensire. Lo trovo molto ipocrita.

EDIT: La storia si classifica nona - con quattro punti e mezzo di distanza dalla prima e su trenta partecipanti - al Flash Contest indetto da Addison89.
Chu.

Saeko no Danna, il Giullare
  
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