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Autore: ElderClaud    14/12/2009    3 recensioni
Perchè una donna bellissima deve essere perfetta sotto ogni punto di vista.
Deve avere un fisico snello anche a cinquanta anni.
Deve essere seducente e ammiccante anche mentre lava i piatti.
Deve avere l'audacia di una ballerina nel letto coniugale, e deve essere sempre disponibile.
E deve sempre e comunque sfornare figli bellissimi al marito che l'ha comprata al supermercato.
[BarraganMatsumoto]
Genere: Generale, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Espada, Jaggerjack Grimmjow, Rangiku Matsumoto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raining Stones'
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Rieccomi ancora una volta con una nuova oneshot in ambito AU (inutile dire che si collega con tutte le altre che ho già pubblicato) e con una nuova coppia crack decisamente singolare.
Si cari signori e care signore, vi presento qui una BarraganxMatsumoto che più crack non si può!
Vi auguro una buona lettura, e per favore non criticate il pairing! Grazie!


Reflection's Morning


Il lunedì mattina non era poi un giorno così diverso da tutti gli altri.

Almeno per Barragan Luisenbarn, pensionato ormai da quasi una ventina di anni, non vi erano grandi differenze. A parte quello di starsene comodamente seduti su di una sedia di vimini sul balcone di casa, ad osservare il vialetto dalle aiuole curate in comune con la villetta a schiera – occupata da studenti universitari – poco distante dalla sua palazzina.
Fumare il tabacco nella vecchia pipa di legno in silenzio, e borbottare un po' seccato quando dalla cucina, giungevano rumori consistenti di padelle mosse, e una voce di donna che cantava – volutamente – con la grazia di un cormorano.
Sua moglie Matsumoto se voleva, sapeva cantare bene. Ma forse anni di alcolici e sigarette, avevano per davvero minato la sua ugola.
E si che alla sera quando stando sdraiata a letto rammendava qualche camicia o fazzoletto, la sentiva canticchiare piano mentre si leggeva il giornale e non aveva una brutta voce.
Nella maggior parte dei casi comunque, era perchè aveva voglia di fargli sentire la propria presenza che iniziava a fare così. Soprattutto quando se ne stava in balcone a non fare niente oltre che fumare quella pipa puzzolente.
Ma dato che comunque – per una ragione nota solo a lei – non gli diceva apertamente “smetti di fumare che poi impregni tutta la casa di fumo”, si metteva a rompere le scatole in tal modo.
Il vecchio tranviere si ritrovò a sbuffare seccato e a roteare gli occhi all'insù, per quella tanto tiepida quiete mattutina che veniva devastata da quella cocciuta ostinatezza al fumo.
Neanche nel giro di pochi secondi poi, un fulmine biondo si precipitò sul balcone munito di sgabello di plastica sotto braccio, e una terrina di plastica contenente un sacchetto colmo di fagiolini verdi nell'altra mano.
Ed ecco che un mugugno irritato sbuffò fuori dalle sue vecchie labbra, come una nuvoletta di fumo che malinconica andava a morire nel cielo azzurrino.
Pacchia finita anche per quella mattina, e per questo si vide costretto a buttare il tabacco ancora bruciante di sotto con la speranza che le pozze d'acqua sul vialetto – la notte scorsa aveva piovuto – lo spegnessero in fretta.
“Uff... Stamattina fa proprio freddino vero?”
Debuttò così sua moglie, non appena lo raggiunse con aria serena e quasi infantile. Sistemando velocemente lo sgabello sul pavimento e sedendocisi sopra con decisione.
Porgendo poi il sacchetto di carta al marito, mentre lei si limitava ad avere in grembo quella vecchia ciotola di plastica. Busta colma di fagiolini verdi che lui accolse un po' seccato.
Inizio quindi pure lui il lavoro di sbucciatura di quella dannata verdura, aiutando in tal modo la moglie a pulire quei fagiolini che quasi sicuramente avrebbero fatto parte della cena quella stessa sera.
In quel momento decisamente, non si sentiva un uomo fortunato come dicevano – azzardavano – alcuni.
Era come avere a che fare con una moglie a cui sei legato da cinquanta anni anziché solo sette. Una seccatura si... Ma di quelle che ormai ci hai fatto l'abitudine e non puoi più farne a meno.
I buffoni, anche i ragazzi che gestivano l'officina che possedeva, gli dicevano che era un uomo fortunato ad avere una così bella donna come sposa.
Ma se solo si fossero azzardati a guardare più a fondo Rangiku e tutto il suo mondo, si sarebbero ricreduti.
Lei era una donna con dei problemi. Con dei problemi psicologici non indifferenti.
Proprio così! Detta come va detta senza troppi giri di parole, dato che non era da lui girare attorno al piatto.
Era una donna che già dieci anni fa, quando era arrivata nella sua palazzina, aveva mostrato un tenore di vita un po' “frivolo”.
Non gli pagava mai l'affitto puntualmente – a differenza degli altri condomini presenti – ed era incredibilmente molesta.
La sera era spesso ubriaca, e chissà perchè andava a cantare con la sua voce di cormorano proprio sotto il suo balcone.
Quante secchiate d'acqua gelida buttate da lassù, solo Dio sapeva il conto preciso.
Lui buttava con gelida fermezza ettolitri d'acqua a quella femmina impertinente, e quella nonostante fosse zuppa dalla testa ai piedi, gli urlava addosso “porco” e altri epiteti poco carini.
Lui, al padrone di tutto il condominio.
E di rimando Barragan non faceva altro che sbottare uno “strega” con una certa enfasi teatrale.
Solo “strega” e basta. Per lui quella femmina era solo quello. Non puttana, non oca, e neppure cagna.
Solo e semplicemente quell'epiteto quasi infantile.
E forse Matsumoto gliene era grata, anche se in una forma tutta sua, dato che sembrava evidente che di parole – a lei – gliene erano state dette di tutti i colori.
Ebbero comunque ben due anni per conoscersi meglio, e in quel lasso di tempo aveva capito con che razza di donna aveva a che fare.
Lei era una autentica maschera.
Che si nascondeva dietro amabili sorrisi, e lacerandosi dentro – rigorosamente in silenzio – per difetti e pregiudizi che avrebbe fatto volentieri a meno di avere incollati.

Con scarso interesse, tolse l'ennesima punta al baccello che aveva in mano brontolando per l'ennesima volta.
Prima di gettarlo nella terrina in grembo alla moglie che lo ignorava nella sua protesta, e continuare con quel lavoro infame.
Dicevamo, il problema principale di Rangiku – e questo lo avrebbe appreso col tempo – era nel suo stesso corpo perfetto.
Anche se dire “perfetto” era una parola troppo grossa.
Matsumoto si compiaceva della propria prorompente bellezza, facendone quasi una ossessione.
La casa non a caso, soprattutto l'armadietto in bagno, era cosparso di cosmetici e trattamenti di bellezza vari. Roba che a lui davano profondamente alla nausea ma lasciava correre.
Poiché in quella insana passione verso la cura del proprio corpo, verso la propria bellezza invidiata e ammirati da molti, vi era la volontà di esorcizzare il più grande difetto che una donna potesse possedere.
Ossia, Rangiku non poteva avere figli.
Ancora una volta andava detta così come andava detta perchè, a lui, di ricamare sopra argomenti scabrosi non piaceva affatto.
Di questo se ne rese in parte conto quando lei un bel giorno, gli portò l'affitto chiedendogli pure scusa.
Inchinandosi quasi come se fosse al cospetto di un re, chiese umilmente perdono per le scenate compiute.
Imbarazzata per l'ovvio comportamento infantile, che mal si addiceva ad una donna sulla quarantina d'anni.
Roteando gli occhi seccato, l'aveva invitata dentro casa a prendere un caffè, e schiarirsi un po' le idee. E da li ben due ore di chiacchiere – parlò quasi esclusivamente lei precisiamo – che oltre a farlo un po' esasperare in silenzio, gli permisero di farsi un quadro preciso di che donna fosse questa molesta inquilina.
Solo dopo due anni, dopo chiacchiere e confidenze, dopo aver visto un fiume di lacrime versate perchè trattenute così a lungo che neppure un essere umano normale riuscirebbe a sopportare, aveva capito.
A modo suo, Barragan paragonava la cosa ad una offesa personale al proprio onore.
E Matsumoto era profondamente disonorata da se stessa.

Perchè una donna bellissima deve essere perfetta sotto ogni punto di vista.
Deve avere un fisico snello anche a cinquanta anni.
Deve essere seducente e ammiccante anche mentre lava i piatti.
Deve avere l'audacia di una ballerina nel letto coniugale, e deve essere sempre disponibile.
E deve sempre e comunque sfornare figli bellissimi al marito che l'ha comprata al supermercato.

Bene, lui non ha mai capito cosa fosse realmente successo nel passato di questa donna – cosa l'avesse spinta a peregrinare di città in città – ma doveva essere una cosa che l'aveva sconvolta dal profondo.
Benché poco trasparente, ci pensarono poi le carte mediche a parlare in parte per lei.
Una volta che si erano sposati in comune, e lei si fu trasferita da lui, nel rovistare tra i suoi scatoloni aveva trovato il vaso di Pandora d'eccellenza.
In quelle carte ingiallite dal tempo, vi era la realtà di ben quattro aborti spontanei, avvenuti tutti in archi di tempi differenti tra loro. Il più vecchio risaliva a quando aveva solo venti anni. L'ultimo – il più recente e forse più drammatico – era giunto sino al settimo mese di gravidanza per poi concludere miseramente la sua corsa.
Non un solo bambino che fosse sopravvissuto nel grembo materno tanto a lungo da poter vedere la luce.
Non un solo infante che le desse la gioia di chiamarla “mamma” e di romperle le scatole di continuo.
Solo un completo fallimento del proprio corpo apparentemente perfetto e meraviglioso.
La verità poteva essere incredibilmente dolorosa per una donna orgogliosa come lo era Matsumoto.
Perchè in una società come quella umana, la sterilità in una donna era vista come una menomazione a livello mentale.
E questo l'aveva profondamente ferita dentro, odiandosi a volte per quel corpo che tanto amava.
Esorcizzando il problema, prendendosi cura di esso in un disperato tentativo che qualche premura in più avrebbe risolto il problema.
Nulla da fare sinceramente, e questo aveva un po' minato la sua sanità mentale. Annegando la depressione nell'alcool caro amico di tanti disgraziati, e in tante pasticche colorate che ancora consumava.
Nonostante la serenità ritrovata.

Ehi... Luisenbarn!”
Ad interrompere i tormentati – e seccanti – pensieri dell'anziano proprietario del condominio, ci pensò una voce aggressiva e ben nota.
Grimmjow Jaggerjack, dal balcone accanto al suo, si era affacciato di corsa e con il proprio figliolo sotto braccio.
Una zazzera di capelli chiari come quelli del padre, che già a quattro anni era un autentico terremoto. Almeno in compagnia del proprio genitore, per quanto ne sapesse Barragan, con la madre e con Matsumoto ad esempio, quel bimbo era un santo.
Aveva un aspetto un po' tormentato il suo detestato inquilino. Evidentemente doveva aver dormito poco il ragazzo, causa il lavoro che faceva e il divorzio che da un anno lo tormentava.
“Che vuoi Jaggerjack?” tuonò all'improvviso l'interpellato.
Mentre con una certa malagrazia, cercava di evitare che il ragazzo guardasse il disonore di lui costretto a sbucciare fagiolini. Benché non sembrasse minimamente interessato a quello che i due stavano combinando.
“Non ce l'ho con te vecchio... Ce l'ho con tua moglie!”
A quelle paroline magiche, l'attenzione di Matsumoto venne calamitata unicamente sulle due figure del balcone accanto, e lasciò momentaneamente perdere la verdura da sbucciare.
“Sì, Grimmjow?!”
“Ehi, lo vuoi il bambino...”
Il giovane non riuscì neppure a formulare la domanda, che quella donna rispose con un raggiante “SI” che soppiantò, in tono di voce, il burbero “no” del marito.
Alzandosi in piedi senza neppure scollare gli occhi di dosso dalla piccola preda, poggiò la terrina sullo sgabello e si avvicinò a grandi passi alla balaustra per tendere immediatamente le braccia nel vuoto e raccogliere quindi quel frutto prezioso.
La distanza tra un balcone e l'altro non era poi così ampia. Giusto un metro.
Di conseguenza il giovane poliziotto non ebbe neppure lo sforzo di allungare troppo il braccio per porgergli il molesto bambino.
Che come unica precauzione gli raccomandò di fare il bravo e di dare retta alla nonna. Il tutto detto, precisiamo, con tono poco convinto.
“Jaggerjack, ma che diavolo succede si può sapere?”
La domanda del vecchio Luisenbarn era più che lecita, ma quel giovanotto scapestrato, con indosso occhiaie profonde sinonimo di latente stanchezza, si limitò a ringhiare esasperato e ad allontanarsi con aggressività verso casa.
“Niente, ho un coglione alla porta”
Un coglione? Beh, effettivamente, a Barragan gli era parso che poco prima che la moglie saltasse fuori in balcone, di vedere un tizio vestito piuttosto elegantemente entrare nella palazzina.
Ma non si aspettava che fossero visite per quel ragazzo problematico quanto lo era la sua sposa.
Un giovane che di arroganza e infantilità, ne possedeva parecchia. Giunto nel suo palazzo quattro anni fa, con una moglie incinta e tanti problemi per pagare il mutuo dell'appartamento che avevano comprato da lui, erano immediatamente entrati nelle grazie di Matsumoto.
Quella dannata di sua moglie si era taccata in un modo morboso a quella ragazza di nome Orihime, tanto da diventare quasi una “madre” per lei.
Magari – ed era pronto a metterci la mano sul fuoco – fu proprio nello stato interessante della giovane a suscitare in lei interesse.
Quindi non c'era da stupirsi che si facesse chiamare “nonna” dal moccioso. Una cosa che avrebbe dato rabbia a tante donne, a lei faceva piacere.
Se le due donne si erano coalizzate come galline, i rispettivi mariti si erano messi in disparte come galli.
Guardandosi male e lanciandosi ogni tanto punzecchiature più o meno velenose, con Grimmjow che mal sopportava che Matsumoto gironzolasse attorno alla sua famiglia. E per Barragan quel giovane era un emerito idiota, anche se aveva intuito che a Rangiku mancava qualche rotella seppur piccola.
Quel ragazzo era così impossibile da gestire che persino la moglie lo aveva abbandonato! Ritrovandosi ad avere il bambino solo due volte a settimana. Cioè sabato e domenica.
Un coglione senza dubbio” pensò l'anziano re del palazzo, tornando a finire il lavoro di sbucciatura abbandonato dalla moglie.
Mentre da dentro casa giungevano strilli divertiti di chi stava giocando senza pensare a lui.
Avrebbe potuto riaccendersi la pipa, questo era vero, ma non voleva dare dispiacere alla moglie non facendo quel piccolo lavoretto.

Continuando a sbucciare fagiolini dal gusto insapore, non poté non fare a meno di tirare le somme di tutto quel complicato pensiero che lo aveva accompagnato in quella fredda mattinata.
La sua vita fino a quel momento, era stata insapore come un fottuto fagiolino. Amara e aspra.
Solo verso sera – verso la fine della sua corsa – aveva trovato di che condire quella verdura.
E a cuocerli era stata proprio Matsumoto, che in quel preciso momento si stava divertendo a giocare con il “nipote”.
Vecchio testardo che ora si ritrovava a borbottare mentre continuava a sbucciare con quelle sue vecchie mani, e ritrovarsi quasi perplesso che si fosse “rammollito” solo ora.
Per tutti quegli anni si era ripetuto che sarebbe stato un vecchio avvoltoio solo e indisposto.
Ma quello che era duro da ammettere, era che la solitudine si stava facendo sentire eccome. Per quanto avesse la scorza dura e una testardaggine incredibile, alla fine dei conti anche un re è un essere umano.
Ed esattamente come Matsumoto era umana nei suoi sentimenti di disperazione, altrettanto lo era lui per la solitudine.

Finalmente a lavoro concluso, dopo che anche l'ultimo baccello aveva abbandonato il sacchetto che aveva in grembo, posò tutto sullo sgabello di fianco e sbuffò dalla sollevata seccatura.
Poté quindi riprendere in mano l'adorata pipa, ed iniziare nuovamente a riempirla di tabacco preso direttamente da una busta posta nella tasca interna della giacca.
Dall'interno dell'appartamento, la voce del bimbo e di sua moglie continuavano imperterrite a rovinare quell'ambiente tranquillo con il loro chiasso innocente.
“E voi li dentro... Dateci un taglio con questo casino!”

Ma benché venne ancora una volta ignorato, della cosa parve non dispiacersene affatto.
Per oggi basta pensare.

   
 
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