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Autore: Rowena    15/12/2009    6 recensioni
Prese le forbici e gliele porse, accennando un sorriso: «Fammi sembrare umano».
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia è un regalo di Santa Lucia per Roby...




Un colpo di forbici, un semplice colpo di forbici.
Fresco di doccia, stanco come mai avrebbe ammesso dopo l’ultimo allenamento, Vegeta osservava quello sciocco arnese che aveva trovato in uno dei cassetti del bagno.
Era tornato in vita, e con le sfere del drago e la sconfitta di Bu la vita sulla Terra era tornata normale, perciò lui come da copione si era rintanato nella camera gravitazionale, come suo solito. Aveva ripreso ad allenarsi, perché voleva raggiungere il terzo livello del Super Sayan.
C’era riuscito lui, e da morto per altro, perciò anche lui doveva ambire a quel traguardo. Ne andava del suo onore, non poteva arrendersi!
Però… Però Vegeta non era più solo il principe dei Sayan, il guerriero più forte dell’universo.
 Era un padre, una specie di marito poiché, anche se lui e Bulma avevano ufficializzato, non si poteva considerare un consorte decente. Una persona buona, visto che Shenron aveva deciso di riportarlo in vita con gli altri, secondo il desiderio espresso. Che un’azione giusta potesse cancellare una vita passata a fare del male?
Forse era una seconda occasione, più che un dono meritato, un’altra possibilità per gustarsi quello che la vita sulla Terra, quell’odiato mondo che a malapena era riuscito a sopportare per lungo tempo, lui e i suoi odiosi abitanti, gli aveva concesso. Una donna, per lui che era convinto di rimanere solo, un figlio, per lui che credeva di essere l’ultimo della sua specie.
Insieme a Kakarot, certo, ma lui non contava. Si era calato troppo nei panni del terrestre per contare, e non importava niente se fosse lui il solo ad aver raggiunto il terzo livello del Super Sayan. Niente!
Ora non era più solo, non più. Aveva una famiglia, ed era arrivato il momento di assumersi le giuste responsabilità, specie nei confronti di Trunks, perché se con sua madre il rapporto era sempre stato strano, e implicito… Il figlio meritava il suo affetto, il suo orgoglio, meritava un padre migliore, meno freddo e rigido di quello che era toccato a lui. Gli era servito rendersi schiavo di un mago abbastanza patetico e morire, per rendersi conto della fortuna che stava sprecando.
Un taglio col passato, ecco cosa serviva, e voleva suggellare il cambiamento con un gesto importante. Solo… Pur avendo deciso, non se la sentiva.
Aveva le forbici in mano, avrebbe potuto farlo, ma non ne aveva il coraggio. Aveva bisogno di una mano, era arrivato il momento di chiedere. «Bulma? Puoi venire qui un attimo?»
 
«Potresti anche tagliarti quei capelli, sai?», si lagnava Bulma dal giardino. Adesso non aveva più così paura di lui, si era abituata ad averlo in giro per casa… E iniziava a prendere confidenza.
Confidenza che lui non le aveva concesso, ovviamente, ma che la ragazzina si era conferita senza tanti mezzi termini; lui odiava cose del genere, non era abituato a essere trattato in quel modo, ma nessuno sulla Terra sembrava capirlo.
«Sembri un ananas, anzi, una carota tirata fuori dal campo troppo presto».
Non rispose, di nuovo, sperando che quella stupida si decidesse a stare zitta e a tornare alla sua frivola rivista femminile. Si stava allenando quel giorno, come tutti gli altri del resto, determinato come non mai a battere Kakarot e a dimostrare la sua superiorità. Lui era il Principe dei Sayan, nessuno poteva batterlo, tanto meno un inferiore cresciuto come un terrestre come lui.
«Se te li tagliassi, potresti sembrare normale, forse; la gente parla di te, si chiede chi sia il tizio strano che sta a casa nostra».
Certo, il problema erano i suoi capelli che sfidavano la gravità, erano quelli a far parlare la gente! Non che uno sconosciuto particolarmente simile a uno dei due Sayan arrivati dallo spazio per distruggere la Terra abitasse a casa della famiglia Brief… Non che a lui importasse molto, anzi, ma Bulma riusciva a farlo andare ai pazzi con una facilità incredibile, a mettere in fila tutte quelle sciocchezze.
Lui amava i suoi capelli. Lo facevano sembrare più alto, tanto per cominciare, che non era poco: i reali dovevano avere un aspetto fiero e soprattutto poter guardare tutti dall’alto in basso, e con la sua statura non era cosa facile, dannazione! E poi, erano un simbolo della sua dinastia, tutti i suoi antenati avevano i capelli così. Bulma, però, non poteva saperlo.
«Potresti… Sembrare umano, forse».
 
A quanto pareva, finalmente era arrivato il momento in cui voleva sembrare, essere più umano! E per farlo, aveva bisogno di lei. Di cominciare da capo, con lei.
Bulma avrebbe capito. Forse, o forse lo avrebbe mandato al diavolo dicendo di piazzarsi le sue paranoie in posti poco raccomandabili. Quella era Bulma…
«Che c’è, tesoro?», domandò la donna entrando nella loro camera da letto. Era vestita da lavoro, probabilmente quando l’aveva chiamata stava apportando delle modifiche alla camera gravitazionale.
Prese le forbici e gliele porse, accennando un sorriso: «Fammi sembrare umano».

 

   
 
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