Avevo davvero riservato per te quell’angolo della mia mente,
alla destra dei colori, sul lato del mio cuore nero, l’avevo
conservato vuoto per te, vuoto troppo a lungo, si è riempito
di ragnatele. Nella mia testa camminano i ragni, ma è bello,
i loro passi mi addormentano. Mi è sempre piaciuto dormire.
Sono inciampata in un
corpo sdraiato. L’ho maledetto, e sono finita
all’inferno. Era il mio.
Quando ti ho detto che ti odiavo mentivo. Ti detestavo con tutto il mio
cuore. Ogni fibra del mio corpo era in fiamme per te, quegli occhi che
hai annegato di sale una volta quando eri ubriaco si chiudevano da soli
per non vederti camminare con quel passo cadenzato e quelle scarpe alla
moda che avrei inchiodato al muro, crocifisse con quelle ossa che mi
hai rotto troppe volte. E come chiamarlo amore, come volerlo migliore?
I fiori ondeggiano in
questo vento che puzza di morte. Posso contare tutte le mie ossa.
E ogni tanto mentre mi mordo le dita per non vomitare il veleno che ho
dentro penso al colore aveva il tuo respiro freddo sulla mia pelle
bianca, e rido forte. Pensavo fossi tu a sospirare, ma era solo il
vento. E salendo sugli alberi per scappare da me stessa sono cresciuta
a caso, ma perché quando ti imploro di spingermi ti limiti a
sorridere con quelle labbra sole che sanno di musica e storie
raccontate al tramonto, e non lo fai? Scrivo il tuo nome nel vento e
sull’acqua che scorre.
La chiave girala tu, io
non so più respirare.
Chiamiamola pure malinconia. Continuo a pubblicare roba vecchia e precedentemente accantonata ultimamente.