THROUGH
THE DARKNESS
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Capitolo 1 +++
Il maestoso edificio della scuola superiore fra le più grandi della città risaltava nettamente, con i suoi colori caldi, sul verde brillante delle chiome dei rigogliosi alberi del viale e sul pulitissimo azzurro degli sprazzi di cielo terso, ammiccanti tra i tetti delle costruzioni e le folte fronde. In quel mattino inoltrato, verso la fine di una caldissima estate, il sole era già riuscito ad arroventare ogni superficie disponibile, a rendere piuttosto pesante l’aria e a opacizzarla per le esalazioni dell’asfalto bollente.
Per fortuna l’intero edificio scolastico, nonostante l’aspetto non
c’erto d’avanguardia della sua architettura, poteva contare su diverse
attrezzature moderne divenute ormai indispensabili, fra cui un’efficiente
impianto di aria condizionata, alla quale quella erano particolarmente grati i
componenti del piccolo gruppo di genitori e studenti raccolto in uno degli ampi
e puliti corridoi.
Quella mattina alcuni uffici scolastici fra cui l’ufficio della
vicepreside erano stati aperti per un colloquio preliminare con i genitori
degli studenti che si trasferivano quell’anno nella scuola. Ed era infatti nei
pressi della solida porta chiusa dell’ufficio della vice-preside che il
gruppetto era radunato, aspettando ognuno il suo turno non troppo
pazientemente.
I documenti e tutte le altre formalità erano già state sbrigate, ma
sembrava che fosse in uso in quell’istituto che la vice-preside in persona
incontrasse per una semplice presentazione diretta gli studenti che si
trasferivano e i loro genitori; alcuni di questi genitori avevano sentito voci
che affermavano che la cosa era voluta dalla vice-preside stessa, probabilmente
per accertarsi della serietà degli studenti e della famiglia e per scongiurare
l’eventualità di stare accogliendo teppisti o ragazzi particolarmente
problematici. La qual cosa naturalmente non poteva che indurre molti genitori a
uno sdegno sprezzantemente contenuto.
La maggiore speranza era quella di sbrigare la cosa in fretta, così da
rendere ben chiaro a chiunque che i loro figli non avevano nessun problema
disciplinare; eppure già da diversi minuti stavano attendendo il loro turno.
Una ragazza entrata sola ci stava mettendo più tempo del previsto, il che
faceva sorgere diverse idee e considerazioni poco positive sulla reputazione
della ragazza in questione.
La vice preside, donna massiccia e dall’aria perennemente cinica e
sostenuta, alzò il suo sguardo sospettoso dai fogli che stava esaminando, gettò
una rapida occhiata indagatrice alla ragazza che sedeva di fronte a lei
dall’altra parte della grande scrivania e, senza variare minimamente la sua
espressione accigliata, riprese a leggere.
La ragazza si attentò a rilasciare un breve e silenzioso sospiro non
appena lo sguardo non fu più su di lei; osò anche muovere le gambe che
iniziavano a intorpidirsi, sostituendole nella loro posizione e accavvallandole
di nuovo l’una sull’altra e gettò un’occhiata scoraggiata e piuttosto annoiata
ai suoi sandali. Poi fece vagare lo sguardo distratto per la stanza, anche se
aveva già potuto considerare ampiamente ogni aspetto dell’ufficio drasticamente
ordinato e ammobiliato con un’eleganza che aveva poco di piacente e molto di
essenziale. Non lo si poteva dire un luogo accogliente, nè interessante da alcun
punto di vista. Quando terminò la sua breve e disinteressata esplorazione
dell’ambiente, si accorse che la donna la stava fissando nel modo più diretto e
duraturo di quanto non avesse fatto fino a quel momento.
< Kagome Higurashi... >
disse come se stesse pronunciando una qualche sentenza fra sè e sè, o più
probabilmente un sommario ma mirato giudizio sulla sua persona < Allora, il motivo del trasferimento è... >
iniziò, e andò a ricercare con lo sguardo sui fogli che reggeva in mano la voce
del modulo nominata, per completare la frase letteralmente.
< Motivi famigliari. >
disse Kagome prima di potersi trattenere, con il tono più cortese che le riuscì
per mascherare l’esasperazione < Mi
sono trasferita un paio di mesi fa a casa di mio nonno, perciò ho cambiato
scuola per motivi puramente geografici...sono più vicina... >
< Sì, sì, capisco. > la
interruppe la donna, con fare irritato < La sua spiegazione era già nelle note del modulo d’iscrizione, che
naturalmente ho attentamente letto, e ricordo perfettamente ciò che ho letto!
Stavo facendo il punto della situazione. > disse come se volesse fare un
rimprovero non troppo velato. Si interruppe un attimo, ma dal momento che
sembrava un’interruzione momentanea Kagome non osò intervenire. Nell’arco di
pochi istanti le due si studiarono di nuovo.
Kagome era già stata avvertita del carattere poco disponibile della
vice-direttrice, ma poter attribuire alla persona sulla quale aveva sentito
sciorinare tante critiche e lamentele un’immagine precisa rendeva la cosa
ancora più fastidiosamente reale. Si trattava di una donna dalla corporatura
tozza e massiccia, spietatamente rinchiusa dentro un’impeccabilmente ordinato
completo da ufficio, abbinato a troppi e troppo vistosi monili, alle unghie
dipinte di un acceso rosso cupo e al trucco eccessivamente pesante che rendeva
il grande viso rassomigliante a una maschera da teatro. Le labbra erano sempre
piegate in un’espressione contrariata, critica o sprezzante, accompagnata dalla
fredda ostilità insidiosa dello sguardo. Nel complesso, già la prima
impressione spiegava abbastanza chiaramente a Kagome il perchè dello scarso
consenso che la donna godeva presso gli studenti, come le era stato anticipato.
La vice-direttrice, dal suo canto, non poteva avvalersi di
anticipazioni sulla nuova studentessa che vedeva per la prima volta. Ma questo
per lei non rappresentava un serio problema, essendo un tipo di persona molto
fiduciosa nelle sue abilità di indovinare molte cose su una persona dal
semplice osservarne l’aspetto e i modi. Anzi, era solita definire esattamente
tutto quello che riteneva essere interessante e importante in una personalità
grazie a questa indagine, riponendo sempre la massima fiducia nella ‘prima
impressione’; dopo di che era assai raro che essa potesse cambiare opinione su
una persona per quanto questa potesse smentire in seguito la sua ‘prima
impressione’ di lei. In base a questo suo esame aveva già deciso che Kagome
apparteneva a quel tipo di ragazze che lei disprezzava e disapprovava;
innanzitutto era carina di natura e dimostrava una certa cura nell’aspetto che
le dava una connotazione decisamente frivola, quindi aveva un modo di fare un
po’ troppo sostenuto e sfrontato, e non un atteggiamento di gentile
sottomissione rispettosa e nemmeno un po’ di timidezza. Nel complesso, insomma,
una ragazza fin troppo orgogliosa e spadroneggiante, quasi sicuramente troppo
dedita ai ragazzi e alle frivolezze mondane che al serio impegno scolastico,
all’attento studio e alla serietà adulta e composta. Una ragazza che non
sarebbe mai piaciuta al lei. Se solo fosse riuscita a trovare una qualche prova
più materiale di quello che pensava, non avrebbe esitato a candidarla per la
sua espulsione.
< Il trasferimento dunque è
per motivi familiari e pratici. Bene, e ho potuto accertarmi che i suoi voti
sono stati molto buoni presso l’istituto che ha frequentato in precedenza, se
si eccettua una debolezza in matematica che spero vorrà impegnarsi a
correggere. Il trasferimento non implicherà grandi difficoltà pertinenti al
programma di studio, pertanto non è contemplata alcuna giustificazione per
eventuali peggioramenti della sua media scolastica. Mi auguro, quindi, che i
suoi voti possano mantenersi altrettanto buoni, o magari migliorare, presso il
nostro istituto, e spero di poter considerare una discreta garanzia per la sua
futura condotta i buoni risultati da lei conseguiti fino a questo momento. >
< Certo, la ringrazio.
Credo che non avrò problemi e che potrò continuare senza disturbi gli studi. >
rispose Kagome con tono di circostanza e una leggera sfumatura ottimistica,
ignorando il tono insinuante e quasi minaccioso del discorso della donna. Ogni
speranza di amichevole rapporto era definitivamente sfumata ormai, ma lo aveva
previsto benchè avesse sperato altrimenti fino all’ultimo.
< Sarei stata lieta di poter parlare anche con i suoi genitori, ma
mi è stato detto che sono entrambi impossibilitati. E suo nonno ha mandato un
messaggio molto gentile indirizzandolo a me personalmente con le spiegazioni
della sua costretta assenza. Mi ha detto di comunicare a lei effettivamente un
prossimo appuntamento privato al quale sua madre sarà lieta di partecipare in
futuro. Se non sbaglio sua madre sarà disponibile fra due settimane in poi. Può
riferire che al momento mi è difficile stabilire un appuntamento, in quanto sarò molto occupata con l’inizio a breve
dell’anno scolastico. Ma mi premurerò di farle sapere quando sarò disponibile. >
< Bene, la ringrazio. Riferirò. > rispose Kagome sempre
sforzandosi di essere gentile. La lettera con la firma del nonno l’aveva
scritta lei stessa, parola per parola, impiegandoci molti giorni per riuscire a
stilare qualcosa di conciso, cortese e pertinente e che in più potesse sembrare
effettivamente scritto da un tranquillo vecchietto premuroso nei confronti
della sua nipote. Non che non avesse tentato di fare scrivere qualcosa al nonno
stesso all’inizio, ma quello che era l’idea di lettera del vecchio era, a
parere di Kagome e di molti altri, assai lontano dall’idea comune di una
lettera adatta all’occasione. Se solo avesse avuto la possibilità di cambiare
la lettera dopo quell’incontro, riteneva che le avrebbe dato un tono molto meno
gentile.
Finalmente la porta dell’ufficio della vice-preside si aprì e una
Kagome evidentemente sollevata ne uscì quasi frettolosamente. Ignorando gli
sguardi di ragazzi e genitori tutti puntati su di lei, i primi di curiosità e
ammirazione della bellezza, i secondi vagamente sprezzanti, si avvicinò a un
ragazzo che aspettava solo e che si alzò dalla sedia sulla quale aspettava per
venirle incontro.
< Finalmente... > le mormorò quasi ansiosamente < Allora cosa è successo? >
Solo allora Kagome diede un breve sguardo agli occhi incollati su di
loro, intuendo anche lo sforzo dell’udito che i presenti stavano compiendo.
Infastidita e un po’ imbarazzata rispose < Ora ti racconto...ma
intanto...vorremmo iniziare a tornare.... >
Il ragazzo non parve capire, ma la accompagnò lungo il corridoio fino
all’esterno, dove in mezzo all’aria calda si fermarono sui gradini
dell’ingresso.
< Scusami, Hojo, ma mi sentivo così osservata. > iniziò allora
Kagome < E veramente credo di essermi sentita anche piuttosto origliata...ad
ogni modo, avevi ragione riguardo alla vice-direttrice. Ora capisco perchè
avevi tanto da dire su di lei. > continuò divertita, sorridendo al ragazzo
< Mi è bastato anche solo questo primo incontro, davvero! > aggiunse
ridendo.
Anche Hojo rise < Bè, comunque io ti avevo avvertita! Mi è sembrato
il minimo, e potendo ti avrei anche accompagnato, ma conoscendola non credo che
avresti fatto buona impressione...Invece, dici che è andata abbastanza bene? >
Kagome alzò gli occhi al cielo < Bene è una parola grossa...diciamo
che sono sopravvissuta, ma non credo andremo esattamente d’amore e d’accordo. >
disse vagamente preoccupata.
< Sai, se ti può consolare, questo è valido per tutti gli studenti
di questa scuola, quindi non credo sia una cosa veramente preoccupante. Almeno,
avrai qualcosa di cui parlare fin da subito, di certo troverai molte conferme.
Per quello che so l’antipatia per la vice-preside è l’argomento che mette tutti
d’accordo senza eccezioni! > le disse ottimisticamente.
< Bè, posso capirlo... > replicò Kagome < Comunque, questa
era l’ultima cosa da fare. Ora non ci tengo a tornare nei dintorni della scuola
per altre due settimane, quel poco che rimane di vacanza...Sarà meglio tornare
a casa, vado a dire al nonno che la sua lettera è piaciuta. >
< Cioè, lui è ancora convinto che tu le abbia dato quella lettera
che aveva scritto lui? > chiese Hojo divertito
< Già... > rispose Kagome con aria un po’ colpevole < Non che
mi piaccia ingannarlo così...ma lo farò molto più contento. Lui sarà
soddisfatto di quella...’cosa’ che aveva scritto con tanta convinzione, e la
vice-direttrice è stata soddisfatta dalla mia smielata lettera. Nella sua
ottica probabilmente mio nonno è un vero gentiluomo assennato. Inoltre, quella
dev’essere l’unica lettera e gli unici complimenti così gentili che lei abbia
mai ricevuto da un uomo nella vita... > mormorò maliziosamente. Hojo si
espresse in grandi risate che continuarono mentre si incamminavano entrambi
verso la sua auto.
Una vecchia auto se ne stava parcheggiata da diverso tempo lungo il
viale, all’ombra dei grandi alberi, con i finestrini spalancati che lasciavano
spandere intorno la musica dell’auto-radio ad alto volume. I due proprietari
erano rimasti per tutto il tempo a bordo, e il maggiore movimento che aveva
fatto uno di essi era stato allungare il braccio, tenuto disteso sul finestrino
abbassato con distratto tamburellamento di dita a tempo di musica, per cambiare
la stazione radio.
Quando eseguì il movimento per l’ennesima volta, una voce di malumore
borbottò < La potresti smettere di
cambiare ogni due secondi? >
Il ragazzo, un giovane di bella presenza con i corti capelli neri
legati in un corto codino dietro la nuca, si fermò a metà del gesto e guardò
l’altro passeggero, una ragazza abbandonata sul sedile un po’ inclinato, con le
gambe allungate e i piedi nudi appoggiati sul cruscotto. Si soffermò qualche
istante a percorrere con sguardo ammirato la forma slanciata delle gambe
distese, poi si dedicò al viso, al momento totalmente celato dal libro aperto
che la ragazza vi teneva appoggiato sopra.
< Sei di malumore Sango? >
chiese serio
< Può darsi. > replicò
l’altra sbrigativamente < Ti sto
solo chiedendo di provare ad ascoltare una canzone fino alla fine ogni tanto. >
< Humm...non è che ti sarà
venuto mal di testa? Con tutto questo caldo... > accennò il ragazzo,
avvicinando il viso al libro e provando a sollevarlo lentamente dal viso di lei
per spiarne l’espressione < Sei
ancora viva? > chiese allegramente davanti alla sua espressione decisamente
nervosa. La ragazza afferrò il libro e gli diede uno schiaffo con quello,
facendolo allontanare.
< Non parlarmi di caldo! > protestò < E neanche di mal di testa, finchè ci sei > aggiunse a denti stretti.
< Va bene, va bene. Capisco, il caldo è un vero flagello...un
intralcio più che altro... > aggiunse lui maliziosamente appoggiando con
disinvoltura una mano sulla gamba della ragazza e iniziando ad
accarezzargliela. L’istante successivo il libro atterrò pesantemente sulla sua
testa, con raddoppiata violenza rispetto al primo colpo.
< Ti assicuro che il caldo non è niente in confronto a te. E se
fossi in te avrei almeno il fegato di smettere di attribuire alla temperatura i
tuoi ultimi fallimenti di approccio con le donne. > commentò Sango diretta,
mettendosi più comodamente a sedere e lasciando ricadere la testa con aria
esausta; i capelli castano scuro, lunghi e lisci, legati in un’alta coda di
cavallo ricaddero oltre il sedile. < Basta, domani me li taglio. Non ne
posso più... > mormorò a sè stessa. Il ragazzo accanto a lei però ebbe un
forte sussulto.
< No!! > gridò, spaventandola < Non farlo, Sango! I tuoi
splendidi capelli noooo! > prese a implorarla afferrandola per un braccio.
La ragazza gli dedicò un’occhiata omicida, e lui riprese un contegno. Le prese
la mano e la guardò negli occhi con tutto il sentimento che trovò < In altre
parole, Sango, i tuoi capelli sono una cosa così splendida, ti prego, non devi
nemmeno pensarci a far loro questo... > disse in tono conciliante.
Sango represse un sorriso divertito trasformandolo prontamente in una
smorfia infastidita e spostando lo sguardo.
< Ma insomma, che vuoi? I capelli sono miei e ci faccio quel che...
> si interruppe all’improvviso, fissando qualcosa fuori dall’auto.
< Che c’è, che c’è?? > chiese curioso il ragazzo.
< Eccola...sono usciti finalmente. > disse Sango, spostandosi
sul sedile per spiare attraverso lo specchio retrovisore i due ragazzi appena
usciti dalla scuola alle loro spalle, fermi sugli scalini d’ingresso a parlare.
Anche il ragazzo prese a spiare attentamente, ma molto più esplicitamente.
< Hey, è proprio lei! Ah, guarda un po’...è con il suo ragazzo. No,
aspetta un istante, quello non può essere il suo ragazzo! > esclamò
all’improvviso.
< Miroku...cosa stai dicendo? > chiese irritata Sango.
< Quello, quel tipo...come si chiama...quello è Hojo qualcosa! >
esclamò di nuovo.
< E allora? Che ha fatto quest’Hojo? >
< No, Sango, dico sul serio, sei assolutamente sicura che quello
sia il suo ragazzo? > chiese Miroku guardandola con grande serietà.
La ragazza iniziò a preoccuparsi < Perchè? Scusa, guarda che queste informazioni le avete raccolte tu
e Kaede, cosa vuoi che ne sappia io? Ma che cosa significa, insomma?? Chi è
quest’Hojo? > chiese spazientita Sango.
< Non è possibile...non è
possibile... > mormorò per un po’ sconsolato Miroku, appoggiando la fronte
su una mano e nascondendo il viso con la medesima.
< Cosa?? > incalzò
ansiosa Sango
< Vedi, Hojo è....un idiota > confidò Miroku con estrema serietà
< Prego? Ma stai delirando?? > replicò Sango confusa
< No, è un idiota sul serio! Imbranato, inesperto, infantile,
sempliciotto, con un senso dell’umorismo penoso...insomma, un completo
disastro! Com’è possibile che una ragazza carina come Kagome stia con quel
disastro completo?? Inammissibile! >
< Tu sei inammissibile! Non puoi essere serio una volta tanto?! >
gridò Sango perdendo la calma
< Ma io sono serissimo! > insistesse l’altro, prendendo un po’
le distanze per prudenza.
Sango diede in un lungo sospiro e cercò di calmarsi.
< Comunque... > mormorò dopo un poco, guardando i due ragazzi
che si allontanavano attraverso lo specchio retrovisore < non parlare di lei
come se la conoscessi... >
< Oh, bè, comunque la conosceremo presto, no? > replicò
ammiccante Miroku < Allora, che
fanno? >
< Vanno alla loro auto. >
< Li seguiamo? > chiese Miroku con malizia professionale
< No, non è necessario. Staranno andando a casa, o forse a fare
cose private che non ti permetterò di spiare!> stabilì con decisione Sango
< Tanto vale che ce ne torniamo a casa anche noi...ho bisogno di dormire... >
mormorò stancamente la ragazza, avviando il motore.
< Hum, d’accordo > rispose Miroku < Hey, vuoi che dorma con
te? >
< No, grazie! > replicò prontamente Sango, come se si aspettasse
una simile proposta. Prima di partire, gettò un’ultima occhiata ai due lontani
ragazzi che camminavano tenendosi per mano.
< Eppure... > sussurrò Sango
< Mh, cosa? >
< Dicevo...insomma, sembra una ragazza così normale... >
< Già, normalissima a vedersi e anche notevolmente carina.>
disse Miroku, ma sembrava serio nel vero senso della parola < Ma non
possiamo ancora dirlo, convieni che è presto per saper dire una cosa del
genere. E comunque, tu non sarai mai convinta. >
< Bè, può darsi...pare che io non riesca proprio a fare a meno di
essere scettica. > constatò Sango
< Non credo sia sbagliato. Anzi, i punti di vista scettici sono
generalmente un’ottima cosa. Splendido antidoto contro l’illusione troppo
avanzata, o con la speranza troppo audace... >
< .....Miroku. >
< Mh? >
< Non fare il filosofo, non ti si addice per nulla, fidati. >
disse Sango, con un breve accenno di sorriso.