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Autore: Elbereth    25/06/2005    6 recensioni
One shot scritta in un momento di follia post-Alexander. Bagoa, un eunuco persiano, racconta la sua storia a fianco di Alessandro.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alessandro il Grande, Bagoa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono qui. Non so come, ma sono qui. Al servizio del mio nemico. Del nemico del mio signore Dario, Re di Persia. Nabarzane l'ha ucciso, Besso l'ha tradito, i soldati della Battriana sono fuggiti: soltanto i barbari macedoni sono rimasti al suo fianco.. sino alla fine. Che potevamo fare noi, eunuchi, non più uomini nè addestrati alla guerra, per proteggere il nostro sovrano? Che potevamo fare se non piangere, disperarci e sottostare alla volontà dei nostri carcerieri?
Vidi Boubake morire, e così la maggior parte della scorta reale. Scappai, scappai lontano fino a quando, tra le montagne del Caucaso, affamato e debole, mi imbattei in un accampamento. Il Dio savio non volle che fossi costretto a giacere sotto lo stesso tetto dell'Assassino! Mi disse di volersi arrendere al Macedone, e di sapere quale dono portargli in cambio della sua protezione.
"Esiste un solo vero dono per un uomo come lui."
"Ti sarebbe difficile trovare un dono simile, mio signore, non conoscendo Alessandro."
"Eppure credo di aver veduto proprio quello che occorre."
"Ne sono lieto, mio signore. Di che si tratta?"
Rispose: "Di te."
Cominciò così il mio servizio presso Iskander, come solevano chiamarlo i persiani della corte. Quando mi fu permesso di rivolgermi a lui per nome (e ciò mi stupì molto, poichè re Dario non sopportava neppure che si alzassero gli occhi sulla sua persona), trovò buffo il mio modo di pronunciare il greco e, ridendo, mi pregò di chiamarlo Al'skander, se così mi risultava più facile da pronunciare.
Per imparare il persiano leggeva le imprese di Ciro il Grande. Non volli mai dirgli, invero, quanta realtà ci fosse nelle leggende tramandate da mercanti ellenici di ritorno dai viaggi nel lontano Oriente. Erano favole che a Babilonia venivano a malapena raccontate ai bambini, ma Al'skander ne aveva fatto un fondamento di vita: in sei anni era andato più in là di quanto Filippo avrebbe mai potuto sognare. Era così ricco che il mondo non sarebbe bastato a contenere i suoi tesori, le potenze si inginocchiavano al suo passaggio, i soldati lo amavano.
Era un generale che sopportava le stesse privazioni inflitte ad un soldato semplice; nelle difficoltà aveva una parola di conforto per tutti; i feriti, in punto di morte, ricevevano la sua benedizione. Io, che vidi, lo posso testimoniare.
Per otto anni lo servii, per otto anni lo adorai, per otto anni lo amai. Cosa rimane, ora, del grande Al'skander? Infermo, malato, febbricitante, ha spinto il suo corpo al collasso per amore del suo popolo.. per chi credeva in lui. Il suo respiro, irregolare, a tratti si faceva raschiante. Quando impartiva ordini lo faceva a mezza voce, o semplicemente mi guardava, in silenzio: sapeva che lo avrei capito. Quella mattina, al primo sorgere del sole, quando ancora l'aria risentiva dell'influsso benefico della notte e la lampada proiettava ombre tremule sul suo pallido viso provato dalla malattia, capii.
Al'skander aveva reintrodotto il culto della divinità; a Siwah era stato proclamato il nuovo Osiride, e i suoi capitani si offrirono di partire alla volta dell'Egitto e chiedere all'Oracolo se il suo dio avrebbe guarito il Re. Ma io sentivo, dalla pesantezza del cuore, che l'ora era giunta.
Morì nello splendore della maturità, quando aveva appena toccato i trentatrè anni, i capelli bronzei arruffati per i sussulti della tosse, gli occhi chiusi, il viso disteso. Prima della fine acconsentì che ogni uomo lo desiderasse, financhè il più umile tra i servi, potesse vederlo: a nessuno lesinò l'ultimo saluto, benchè ogni cenno degli occhi gli costasse un alito di vita.
A me non lasciarono nulla, cani maledetti, ma, Mihtra mi è testimone, fu me che vide per ultimo nell'ora dell'addio.
Mi piegai sui guanciali dove era stato poggiato e scostandogli una ciocca dorata dalla fronte gelida, mi feci più vicino bisbigliando: "Ti amo, Al'skander."
Egli aprì gli occhi. Coloro che lo avevano veduto muoversi si alzarono, ma se n'era già andato.
A me era stato dato il compito di affidare le sue gesta alla gloria imperitura.

  
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