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Autore: The Mad Tinhatter    20/12/2009    5 recensioni
"Sicuramente suo padre pensava che lei non l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa. Del resto, per lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che avrebbe mai attirato l’attenzione di sua figlia."
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Misa Amane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 6: Sharing Sweets
 
“It’s a world where madness craves,
It’s a world where hope’s enslaved,
Oh, I tremble for my love always….”

Tremble For My Beloved – Collective Soul
 
“È un mondo dove la pazzia implora,
è un mondo in cui la speranza è imprigionata,
Oh, io ho paura per il mio amore, sempre….”
 
Mentre aspettava che la porta della camera si aprisse in risposta al suo bussare, Sayuri sentì il suo cuore accelerare spaventosamente i battiti. Era qualcosa che sapeva non sarebbe riuscita a controllare tanto facilmente, ma che avrebbe preferito evitare. Era felice, ma non poteva fare a meno di essere nervosa: ora avrebbe visto il comportamento di L nei suoi confronti con occhi totalmente diversi rispetto a prima, e lei stessa si sarebbe rapportata a lui in modo diverso, probabilmente.
La porta, infine, si aprì, ed L accolse la ragazza nella stanza. Non appena Sayuri lo vide, il sorriso che aveva stampato in faccia da quella mattina si allargò ulteriormente.
- Ciao! – disse la ragazza allegramente. Come suo solito, poi, si sedette sul divano e posò la borsa sul tavolino.
L si sedette al suo fianco, mentre lei rovistava nella borsa per tirare fuori ciò che aveva preso da casa.
L osservò stupito i pacchetti colorati che la ragazza stava tirando fuori: si trattava senza dubbio di dolci, eppure stranamente L non aveva mai avuto l’opportunità di assaggiare nulla di simile.
- Guarda cos’ho portato! – esclamò la ragazza, indicando i dolci che aveva appena tolto dalla borsa. – Li ho ordinati dall’Italia, sono buonissimi, assaggiane uno!
Il ragazzo non si fece pregare, e la sua mano si mosse istintivamente verso una delle confezioni doppie di tronchetti di cioccolato. Sayuri lo imitò.
- Che cosa sono? – domandò L.
Per rispondergli, Sayuri osservò più da vicino la confezione, e provò a leggere ciò che vi era scritto su.
- K… I… N… D… E… R… oh, non lo so, è una parola inglese che non ho mai sentito….
- Infatti non è inglese – rispose il ragazzo – è tedesco. Vuol dire “bambino”.
Sayuri scoppiò a ridere. – Grazie, sono proprio un’ignorante….
- Non hai mai studiato tedesco, immagino – disse L.
- No, solo inglese a scuola… è difficile, è così diverso dal giapponese… e tu? Conosci molte lingue?
- Giapponese, inglese, francese, tedesco, un po’ di italiano e qualche parola di russo.
Sayuri lo osservò a bocca aperta.
- Ma… allora puoi leggere tu quello che c’è scritto sulla confezione! – esclamò la ragazza passandogli la sua confezione, dato che ormai L aveva aperto la sua.
Un ottimo modo per sfiorargli “casualmente” la mano, giusto? disse la vocina, con aria complice.
Sayuri la ignorò, pur sapendo benissimo che il suo obiettivo era esattamente quello. Sicuramente il suo cuore non l’avrebbe ringraziata, ma la sensazione che anche quel semplice contatto le aveva fatto provare il giorno prima era stata incredibile. Ora che riusciva a vedere tutto sotto una luce più positiva, anche quella sensazione assumeva un significato diverso.
L prese il pacchetto, usando come sempre solo pollice e indice, e la sola vicinanza delle loro mani bastò a far quasi mozzare il respiro a Sayuri.
E dire che l’avevi quasi premeditato, intervenne nuovamente la voce.
- Il ripieno è alla nocciola – disse il ragazzo – ed è ricoperto di cioccolato.
- Buono, allora! – esclamò la ragazza, porgendo la mano per farsi ridare il pacchetto. Tentò di leggere nuovamente ciò che c’era scritto sulla confezione: - K… I… N… D… E… R… B… U… E… N… O… oh, è inutile, tanto per me è arabo – disse, scartando uno dei due tronchetti contenuti nella confezione e addentandolo.
- Oh, ma è buonissimo, vero?
L annuì. – Hai buon gusto, davvero – disse, finendo il primo Kinder Bueno.
Beh, è un complimento, pensò Sayuri, felice, e inoltre lui è un esperto in fatto di dolci, se mi ha detto che ho buon gusto vuol dire che sono riuscita a colpirlo!
Come se li avessi fatti con le tue mani. La vocina era tornata ad essere la solita: pungente ed implacabile.
- Posso chiederti un favore? – domandò il ragazzo.
- Certo, tutto quello che vuoi! – rispose prontamente la ragazza.
Non ti sembra di star esagerando?
Purtroppo, Sayuri era fatta così: sempre disposta a fare tutto ciò che era in suo potere per rendere felici coloro che amava. E aveva l’impressione che L avesse bisogno di felicità molto più di qualunque altra persona avesse mai conosciuto.
- Avrei bisogno di un cellulare e di un portatile. Devo effettuare delle ricerche, e inoltre vorrei che tu avessi un recapito telefonico che non sia il numero della stanza d’albergo, in modo tale da potermi contattare in qualsiasi momento nel caso in cui ti serva aiuto… ovviamente per quanto concerne tuo padre.
Sayuri sorrise. – Oh, non c’è problema! Ti posso dare il mio vecchio portatile e il mio vecchio cellulare, non saranno gli ultimi modelli, ma… ouch!
L l’aveva leggermente colpita in testa con uno dei Kinder Bueno che aveva in mano. Sayuri si voltò, e vedendo L che ancora brandiva il tronchetto di cioccolato come se fosse stato un oggetto contundente non riuscì a restare seria.
- Scusa – disse lui.
In un’altra situazione e con un altro ragazzo al suo posto, Sayuri avrebbe pensato che fosse pazzo: prima l’aveva colpita, poi si era scusato, non era un comportamento normale.
Naturalmente, L era un caso a parte, e Sayuri non riusciva proprio ad arrabbiarsi con lui.
- Grazie per la disponibilità – continuò L – ma credo che la cosa migliore da fare sia comprare tutto. Anzi, è il caso che anche tu compri un cellulare nuovo. Tuo padre è un uomo molto sospettoso, e anche se non ti sei mai comportata in modo strano di fronte a lui potrebbe aver deciso di spiare le tue telefonate solo per esserne effettivamente sicuro. E, naturalmente, le nostre conversazioni non devono essere spiate, altrimenti tutti i nostri sforzi saranno stati vani.
- Va bene – disse Sayuri. La verità era che si sentiva stupida, soprattutto mettendosi al confronto con un ragazzo intelligente come L. Quella sensazione sicuramente doveva essere riflessa nella sua espressione, visto il modo in cui L la stava guardando, sorridendo come se stesse cercando di consolarla.
- Scusa, è che… insomma… quando me ne esco con certe idee mi sento proprio un’idiota – disse lei.
- Invece, io credo che tu non lo sia – disse L. – Fino a questo momento, sei riuscita a tenere tutto nascosto a tuo padre… e tu, che lo conosci da ben diciotto anni, dovresti sapere meglio di me che si tratta di un’impresa ardua.
Un altro complimento? Il secondo in meno di mezz’ora?
Sayuri gli sorrise. – Grazie – disse – anche se non credo di star facendo nulla di particolare al riguardo.
- L’importante è che tuo padre venga a sapere di ciò che stai facendo il più tardi possibile.
- Terrò duro, allora! – rispose la ragazza, aprendo la scatola di cioccolatini dorati che aveva davanti a sé. Anche parlando di un argomento delicato come quello riusciva a restare allegra.
- Tra poco andrò a comprare tutto ciò che mi hai chiesto… ma prima devo assaggiare tutti questi dolci! Con te, rischio di non trovare più nulla al mio ritorno!
Effettivamente, L dovette concludere che aveva ragione: era sempre stato l’unico a mangiare costantemente dolci tra le persone che conosceva, e non era abituato a dividerli con qualcun altro.
Solo quando ebbe assaggiato tutto Sayuri decise di uscire per comprare tutto ciò che serviva.
- Mi raccomando, non finire tutto! – disse, prendendo la borsa e uscendo.
L rimase seduto sul divano, e continuò a mangiare dolci. Ricordava perfettamente cosa era abituato a fare nella sua vita precedente: mangiava in continuazione, senza preoccuparsi di quanto mangiava, sicuro che, terminato il contenuto di un vassoio di pasticcini, Watari sarebbe stato pronto a portargliene un altro. Stavolta, come ormai non faceva altro che ripetersi, era diverso: non solo la quantità di dolci, per quanto comunque impressionante, era nettamente minore, ma addirittura aveva al suo fianco una ragazza che mangiava più o meno come lui e che, naturalmente, voleva la sua parte.
Decise di diminuire il ritmo. Forse masticare più lentamente gli avrebbe dato una mano. Sayuri forse si sarebbe arrabbiata se lui non le avesse lasciato nulla, ma in tutta sincerità non era quello ciò che lo preoccupava. No, non gli interessava l’eventuale ramanzina che gli avrebbe fatto, così come non gli era mai importato per nessun altra persona; semplicemente, non avrebbe voluto vederla triste.
Era strano da pensare, specialmente per uno come lui, ma in qualche modo quella ragazza gli piaceva.
Decise di accendere il televisore, ma sfortunatamente per lui Sayuri aveva poggiato il telecomando accanto allo schermo, così il ragazzo dovette alzarsi per andarlo a prendere. Subito dopo essere sceso dal divano, istintivamente si infilò una mano nella tasca dei jeans, come se si fosse appena reso conto di averci lasciato qualcosa dentro. Le sue dita incontrarono alcuni pezzi di carta. Li tirò fuori dalla tasca e li osservò. Erano delle banconote.
Non si trattava sicuramente di una fortuna, ma erano sufficienti a comprare qualche oggetto di medio valore.
Poi, accadde qualcosa di strano. In quei giorni, L aveva sempre avuto la strana impressione di star dimenticando qualcosa, come se nella sua mente mancasse un tassello importante. Era una sensazione insopportabile per uno come lui, abituato ad avere ogni situazione sempre sotto controllo. Era come se la morte gli avesse portato via alcuni ricordi, e che il ritorno alla vita gliene avesse restituito immediatamente solo una parte. Naturalmente, il suo rinnovato impegno contro Kira gli impediva di soffermarsi su quella sensazione, ma nei pochi momenti in cui ci pensava, lo trovava frustrante.
Gli era bastato uno sguardo a quelle banconote per tornare a ricordare qualcosa.
Fino a quel momento aveva sempre pensato di non avere altro sostegno economico al di fuori di Sayuri, ma ora riconosceva che non era vero.
Quando era ancora in vita, aveva chiesto a Watari di depositare del denaro in banca, aprendo un conto a cui avrebbero avuto accesso solo lui e Watari. L’anziano maggiordomo, al tempo, era rimasto stupito dall’ordine impartitogli da L, domandandosi l’utilità di un conto separato, ma il ragazzo sapeva benissimo ciò che stava facendo. Le condizioni economiche in quel momento erano ancora abbastanza rosee, ma dopo qualche anno la situazione sarebbe potuta cambiare; inoltre, come aveva detto a Watari, nell’eventualità della sua morte i suoi successori avrebbero potuto usufruire del denaro.
Le cose erano andate un po’ in maniera diversa, e Watari era morto assieme a lui, ma L era sicuro che quei soldi, in quell’occasione, gli sarebbero serviti.
Sorse però un altro problema: per poter usufruire del conto avrebbe avuto bisogno di una carta, e naturalmente per farsela fare avrebbe avuto bisogno di documenti. Riuscire a procurarseli legalmente era abbastanza improbabile, senza contare il fatto che non aveva alcuna intenzione di fornire il suo vero nome. Sapeva dell’esistenza di metodi non eccessivamente rischiosi per ottenere documenti falsi, ma in ogni caso non si trattava di un problema immediato, dal momento in cui mancavano ancora vari elementi al suo piano per incastrare Light Yagami.
Accese la televisione, sperando di trovare qualche programma televisivo interessante. Con suo grande disappunto, non vi era praticamente nulla di suo interesse. Si sedette nuovamente sul divano, ad aspettare pazientemente il ritorno di Sayuri.
 
*
 
Sayuri si fermò sul pianerottolo per prendere fiato.
Caspita, questo computer pesa tantissimo, pensò.
Bussò alla porta della camera.
- è aperto – rispose L.
Sayuri entrò, si sedette sul divano e poggiò la busta accanto a sé. Poi lanciò uno sguardo ai dolci sul tavolino, e vide che la maggior parte era ancora lì, intatta.
L allungò la mano sul tavolino, e prese un pacchetto di Kinder Bueno. L’ultimo pacchetto.
- No! – esclamò Sayuri, mentre il ragazzo apriva il pacchetto – L’ultimo Kinder Bueno no!
Incrociò le braccia e assunse un’aria offesa.
Sentì poi qualcosa toccarle la spalla, e si voltò verso L. Il ragazzo le stava porgendo uno dei due Kinder Bueno.
- Tieni – disse. La ragazza prese il Kinder Bueno, tornando a sorridere.
- Grazie – rispose.
Sayuri sapeva che probabilmente lui avrebbe preferito tenere per sé entrambi i Kinder Bueno, eppure aveva deciso di darne uno a lei.
Meriterebbe un bell’abbraccio, pensò.
Meglio di no, per ora, disse la vocina. Lui potrebbe, ehm, non essere d’accordo.
Scacciò dalla sua mente quel pensiero, e concluse che avrebbe resistito alla tentazione di abbracciarlo solo e soltanto perché altrimenti sarebbe sembrata troppo intraprendente.
Sono i ragazzi a dover fare il primo passo, aveva sempre pensato.
- Beh, perché invece non apriamo questi? – disse Sayuri, indicando gli ovetti avvolti in carta colorata. L ne prese uno, e glielo porse. Il contatto con le dita di L fu per Sayuri, come già aveva avuto modo di constatare, come una scarica elettrica.
Dovrai abituarti.
Scartò il piccolo uovo, e lo aprì. Dentro c’era una scatolina gialla, che sicuramente conteneva la sorpresa. Sayuri aprì anche quella. Dentro vi erano un sacco di pezzettini di plastica, e un foglietto di carta.
- Oh, credo che sia da montare – disse.
- Passamelo – disse L, tendendo la mano verso di lei. La ragazza gli passò il mucchietto di pezzetti di plastica.
- Aspetta, ti do anche il foglietto con le istruzioni… - disse la ragazza.
- Non ne ho bisogno – disse lui, osservando i pezzi.
Sayuri osservò le mani di L muoversi mentre assemblava il piccolo gioco. Si trattava di una specie di fiore i cui petali si schiudevano schiacciandone lo stelo, rivelando una piccola ape sorridente.
- Che carina! – esclamò Sayuri, mentre L le porgeva il giochino.
- Piuttosto – disse il ragazzo – hai preso tutto ciò che ti ho chiesto?
- Certamente – rispose Sayuri, prendendo la busta che aveva poggiato al suo fianco, e tirandone fuori tutti i nuovi acquisti.
- Ecco il computer – disse la ragazza, porgendogli una pesante scatola rettangolare – ed ecco il cellulare – continuò, mettendogli in mano una scatola più piccola.
- Il tuo? – domandò L.
- Il mio è già al sicuro nella borsetta, non preoccuparti – rispose la ragazza.
L aprì la scatola del cellulare, e lo tirò fuori prendendolo tra pollice e indice e osservandolo con aria sconcertata. Sicuramente l’oggetto che aveva in mano avrebbe eseguito perfettamente il suo lavoro, ma….
- Tutto a posto? Forse non ti piace il colore? – domandò Sayuri.
L scosse la testa.
Un cellulare di colore blu fosforescente. Non si tratta certamente del colore migliore del mondo.
Tuttavia, L dovette ammettere che non era il caso di lamentarsi troppo: era già tanto se ce l’aveva, un cellulare. Purtroppo, il tempo in cui poteva permettersi di pretendere qualcosa di meglio apparteneva ormai a un’altra vita.
Il ricordo del conto segreto aveva significato un passo verso l’indipendenza, almeno dal punto di vista economico.
Ti dispiace la compagnia di Sayuri?
No, la verità era che tutta quella situazione effettivamente non gli dispiaceva, ma talvolta affioravano alcuni particolari pronti a ricordargli che forse, nella sua vita precedente, non avrebbe mai potuto sopportare una ragazza come lei, e probabilmente l’avrebbe scacciata non appena se ne fosse presentata l’occasione. Erano completamente opposti: lui, serio e taciturno; lei, allegra e loquace. Se si fossero trovati in una situazione di vita comune, si sarebbero odiati reciprocamente, con ogni probabilità.
In quel momento, però, sapeva che la ragazza non stava con lui per puro senso del dovere… c’era, anzi, più di una probabilità che Sayuri fosse ancora lì perché effettivamente si trovava bene con lui. La cosa era abbastanza assurda, pur piacevole, ed era per questo che L desiderava al più presto raggiungere la completa indipendenza: riteneva Sayuri non perfettamente conscia del pericolo a cui stava andando incontro, e anche se fosse sopravvissuta sarebbe stata costretta a vedere la morte sua o di suo padre. L aveva idea di cosa significasse guardare la morte in faccia, e non aveva idea di che effetto avrebbe potuto avere su una ragazzina come Sayuri. Era vero, lui aveva cominciato a risolvere casi addirittura prima dei diciotto anni, ma era così diverso da Sayuri e, in generale, da un qualsiasi ragazzo normale che il suo caso non poteva essere considerato più di tanto.
Sayuri apparteneva al suo mondo, un mondo dove avrebbe vissuto spensierata per tutta la sua giovinezza e dove avrebbe condotto una vita normale. Fare in modo che restasse legata a lui avrebbe probabilmente significato ucciderla, in un modo o nell’altro, e questa era l’ultima cosa che L voleva.
Poi, tutto sommato, cosa gli sarebbe servito per portare a termine il suo compito e tentare di vincere la sua sfida contro Kira? Non molte cose, solo un computer e una certa disponibilità finanziaria, e in quel momento lui aveva entrambe.
Ora, l’unica cosa che avrebbe dovuto fare era dire a Sayuri che non aveva più bisogno del suo aiuto, e di continuare per la sua strada senza rischiare inutilmente.
Lei probabilmente si sarebbe offesa e, delusa, se ne sarebbe andata.
Probabilmente l’idea non le piacerà, ma le passerà subito.
Bene, ora non gli restava altro da fare che parlarle del conto in banca segreto, lei avrebbe capito.
C’era tuttavia qualcosa che lo bloccava. Pensò al tempo che aveva passato con lei, e lo mise al confronto con la sua vecchia vita… era come se, in quel momento, avesse qualcosa in più, e, come già aveva concluso da tempo, qual qualcosa in più era arrivato addirittura a piacergli, tanto da non voler, in quel momento, lasciarlo andare.
No, pensò.
Era la regola numero uno per chi lavorava nel suo campo: evitare coinvolgimenti sentimentali di qualsiasi tipo. Lui non aveva mai avuto problemi al riguardo: per carattere tendeva a non legarsi eccessivamente alle persone con cui lavorava.
Affezionarsi ad una persona rientrava nei “coinvolgimenti sentimentali”?
Al 100%, pensò L.
- Allora, non provi il computer? – disse Sayuri.
- Certamente – disse il ragazzo, aprendo la scatola rettangolare.
Aveva deciso di non dire niente, e di lasciare la situazione invariata.
Egoista.
Il computer era di un normalissimo nero metallizzato, ma non era il colore ciò che interessava ad L. Ovviamente, avrebbe dovuto avere un dispositivo per captare la rete wireless (che, quasi sicuramente, era presente nell’hotel), e qualche potenzialità in più gli avrebbe fatto comodo.
Sayuri guardò l’orologio, e si rese conto che era tardi. Aveva perso troppo tempo a cercare le cose migliori per L, e non si era resa conto dell’orario. Inoltre, suo padre sarebbe tornato per cena, e anche se la prospettiva di restare faccia a faccia con lui non le piaceva per niente, sapeva che si sarebbe insospettito se non fosse tornata in tempo. Solitamente tornava a casa tardi soltanto di venerdì o di sabato sera, ed era sicura che suo padre l’avesse notato; il restare troppo fuori casa anche durante la settimana non avrebbe sicuramente dato l’impressione che fosse tutto perfettamente normale. Inoltre, restare lì non avrebbe avuto molto senso: L sarebbe stato troppo preso dal nuovo computer per prestarle attenzione, sarebbe stata soltanto d’intralcio.
- Io… devo andare. Credo che mio padre sia a cena a casa, oggi – disse Sayuri.
- No, aspetta – disse L – Devo installare un programma nei nostri cellulari, per evitare che le nostre chiamate siano intercettate, e ovviamente dobbiamo scambiarci i numeri.
- Va bene – disse la ragazza, tirando fuori il suo nuovo telefono. Era lo stesso modello di quello di L, ma di colore rosa shocking, e la ragazza vi aveva già attaccato una serie di pendagli che assieme, probabilmente, avrebbero pesato più dello stesso cellulare.
L pensò che certi colori sarebbero dovuti essere banditi dal mondo della telefonia, ma purtroppo non era così, e Sayuri era liberissima di scegliersi un cellulare del colore che preferiva, anche se una tinta del genere non sarebbe passata inosservata, nell’evenienza di dover chiamare di fronte ad altre persone.
L non impiegò molto tempo ad installare il programma anti-spia nei loro cellulari, gli bastò una decina di minuti. Non si era lasciato scoraggiare dal fatto che il computer che Sayuri gli aveva dato fosse di venticinque anni più moderno rispetto a quelli a cui era abituato.
- Bene… per i numeri? – domandò Sayuri.
- Sicuramente assieme alle nuove schede ti avranno dato dei fogli con tutti i dati, giusto? – domandò L.
Sayuri annuì, e frugò nella busta per prenderli.
- Ecco, questo è il mio, e questo è il tuo.
- Bene – disse L – Ora tu salverai il mio numero nel tuo telefono, e così farò io con il tuo.
- Perfetto, ma… con che nome ti salvo? Certamente L non va bene… Ryuzaki?
L scosse la testa. Non era un nome eccessivamente comune, e se fosse saltato all’occhio di Light Yagami sicuramente non ci avrebbe messo molto a collegare tutto….
- Hideki. Usa questo nome.
- Oooh, come Ryuuga Hideki! – esclamò la ragazza.
L si voltò verso di lei. – Come? – disse.
- Ryuuga Hideki… è un attore, e un cantante. Ogni tanto mia madre gira qualche film con lui, è abbastanza famoso.
- Che coincidenza – disse L, pur sapendo benissimo che non era così. 
Sayuri salvò il nuovo numero sul suo cellulare, e lo stesso fece L.
- Perfetto. Hai un accendino con te, per caso? – domandò il ragazzo.
- No – rispose la ragazza – Perché, fumi?
L scosse la testa. – Devi bruciare i fogli con i numeri il prima possibile. È l’unico modo per eliminarli.
- Ok. C’è un distributore, proprio qui vicino all’albergo, credo di poterne comprare uno – rispose la ragazza.
- Perfetto. Mi raccomando, cerca di non farti vedere da nessuno.
- Va bene. Ora vado, non voglio che papà si insospettisca.
Sayuri uscì dall’albergo, e prese un accendino dal distributore accanto. Decise di bruciare i fogli lì sul posto, ma avrebbe dovuto trovare un modo per nascondersi: avrebbe attratto parecchio l’attenzione se avesse appiccato un fuoco per strada. Un angolo nascosto sarebbe andato benissimo.
Sayuri sperò solo che suo padre non decidesse di passare per quella strada proprio in quel momento.
Andò tutto bene, e i fogli con i numeri furono ridotti ad un mucchietto di cenere.
La ragazza ritornò a casa in fretta, aspettandosi di trovare suo padre seduto al tavolo della sala da pranzo, magari leggendo il giornale. Invece, non trovò nessuno.
Si affacciò in cucina, e vide Chika che sorseggiava una tazza di tè.
- Ciao, dov’è papà? – domandò Sayuri.
- Non lo so… non è ancora tornato.
- Strano – rispose la ragazza – oggi dovrebbe essere a cena a casa.
Chika fece spallucce.
- Non importa. E non disturbarti per la cena, ho ancora un po’ di dolci da mangiare.
Aprì uno degli armadietti della cucina, e prese un paio di merendine.
- Beh, sicuramente in questo periodo sarai in vena di mangiare cose dolci, vero?
Sayuri sorrise. – Immagino di sì – disse, scartando la prima merendina.
Subito dopo aver mangiato, Sayuri si chiuse nella sua stanza, e si buttò sul letto.
Si sentiva bene. Era vero, quel pomeriggio non era successo niente tra lei e L, ma anche solo vederlo la rendeva felice.
Sei proprio messa male, disse la vocina.
Chiuse gli occhi, e si rilassò. Doveva soltanto stare attenta a non addormentarsi vestita sul letto.
Il cellulare squillò. La suoneria non era familiare a Sayuri, dunque doveva essere il cellulare nuovo. La ragazza si riscosse improvvisamente dal suo momentaneo torpore, e saltò a sedere sul letto.
Era L.
E chi altri avrebbe potuto essere?
- Ciao – disse L.
- C-ciao – rispose Sayuri. Anche il semplice sentire la sua voce aveva un qualche effetto su di lei.
- Come va con tuo padre? – domandò il ragazzo.
- Stasera non è tornato a casa. È strano, ma credo di esserne sollevata. È sempre più difficile sostenere il suo sguardo, sembra che mi stia sempre scrutando, come se volesse carpirmi qualche segreto!
- In effetti, abbiamo qualcosa da nascondere, noi due.
- Certo, sei tu il segreto! Mio padre ha sempre avuto uno sguardo penetrante ma, ecco, sembra quasi che in questo periodo lo sia più del solito. Mi fa paura, a volte.
- Cerca di stare tranquilla – disse il ragazzo. Il fatto che si preoccupasse di come si sentisse era una cosa carina da parte sua.
- Ci proverò.
- Beh, credo che sia tutto, per stasera – disse il ragazzo.
Sayuri prese fiato, come se avesse voluto dire qualcos’altro. La verità era che aveva la mente completamente vuota. Non voleva chiudere la telefonata, e avrebbe voluto dire a L che le sarebbe bastato sentire la sua voce, che avrebbe potuto parlare di ciò che voleva, e lei non avrebbe fatto altro che ascoltarlo… si sarebbe addormentata sentendo la sua voce….
La troverebbe una cosa assurda, disse la solita, realista vocina.
- Io… volevo prima ringraziarti.
- Per cosa?
- Per ieri. La lezione di matematica. Il compito è andato benissimo.
- Figurati. Per me non è stato un peso aiutarti. Ora però devo lasciarti.
Preferisce collaudare il computer nuovo piuttosto che parlare con te, insinuò la vocina.
Gli serve per le indagini, immagino che ora sia piuttosto impegnato, devo capirlo.
- Certo. Ci sentiamo, allora.
- Va bene. Buonanotte.
- B-buonanotte anche a te. Dormi… dormi bene.
Aveva già chiuso.
“Dormi bene”? Tutto questo è ciò che sai dire?
Non si trattava certamente della cosa più intelligente da dire.
Oh, beh, certamente meglio di fare scena muta, ribatté Sayuri, infilandosi il pigiama.
 
*
 
La scuola, forse per l’inizio dei rientri pomeridiani sempre più concentrati sugli imminenti esami, si era fatta sempre più impegnativa. Ogni giorno Sayuri tornava a casa che ormai era ora di cena, stanchissima. Lei e i suoi compagni ormai non aspettavano altro che l’inizio delle vacanze per il Capodanno. Ciò che infastidiva Sayuri, però, non era tanto il fatto di fare lezione fino a tardi. Le sembrava quasi incredibile, ma anche in quei pochi giorni di lontananza L le mancava.
Beh, certo, avrebbe potuto chiamarlo, ma probabilmente sarebbe sembrata invadente, e a lui non sarebbe piaciuto.
Inoltre, se lui avesse voluto sentirla, avrebbe chiamato.
In ogni caso, ogni sera gli aveva mandato un messaggio, giusto per informarlo della situazione. Effettivamente, c’era poco da dire. Suo padre non era quasi mai in casa, e Sayuri era molto sollevata di questo. In diciotto anni di vita, Sayuri non si era mai resa conto di quanto gli occhi di suo padre potessero essere freddi e minacciosi, e la sensazione era amplificata dal fatto che lei avesse effettivamente qualcosa da nascondere. Casa sua era sempre stata per lei un luogo in cui sentirsi sicura; l’allarme teneva lontani i malintenzionati, e il fatto che suo padre lavorasse dalla parte della giustizia le dava l’impressione di essere invulnerabile.
Era tutto cambiato. Lei era alle prese con un segreto e con una responsabilità più grandi di lei, sapeva che anche un dettaglio, una distrazione sarebbero potuti essere fatali; casa sua, specialmente con suo padre dentro, era diventato un luogo da evitare.
A tutto ciò, ovviamente, si aggiungevano i problemi di una normale ragazzina.
In ogni caso, Sayuri non aveva né il tempo né la voglia di provare paura, almeno finché non fosse stato necessario. La sua mente era proiettata verso il giorno seguente: ormai la settimana era finita, l’indomani sarebbe stato sabato e lei sarebbe finalmente andata di nuovo da L.
In quel momento era in piedi davanti all’armadio, senza avere la minima idea di cosa indossare il giorno seguente.
Se ci fosse mamma saprebbe come consigliarmi, pensò.
Alla fine riuscì a scegliere cosa si sarebbe messa per andare in discoteca l’indomani notte, ma per l’indomani pomeriggio niente da fare.
Kaori le aveva chiesto di andare a ballare con lei, e ovviamente lei non si era fatta pregare. Amava ballare, e nonostante tutta la situazione questo non era cambiato.
Il fatto che avesse già scelto i vestiti per una serata in discoteca e non quelli per quella che poteva dirsi una semplice uscita, però, era assai grave.
Ho tutto il tempo per pensarci domani mattina, pensò Sayuri, sbadigliando.
No, rispose la vocina, domani mattina devi andare a prendere il regalo per L, te ne sei per caso scordata?
Oh, certo, il regalo. Sapeva già cosa comprare, ed era sicura che sarebbe stato un regalo azzeccato. Era sempre stata brava a fare regali, e particolarmente in quel caso non avrebbe dovuto fallire.
Quando si svegliò, il giorno dopo, si sentiva piena di vitalità. Rimandò la scelta dei vestiti da indossare per l’incontro con L a quel pomeriggio, si vestì con le prime cose che le capitarono sottomano e uscì.
Ritornò a casa con un pacco piuttosto voluminoso, qualche pacchettino per le sue amiche, un quotidiano e un settimanale di sudoku. Infilò i giornali nella borsa, e nascose il pacco grande nell’armadio.
Arrivò il fatidico momento di scegliere definitivamente come vestirsi. Sayuri rimase qualche minuto ad osservare con aria sconsolata i capi appesi nell’armadio. Non poteva dire di non possedere roba da vestire, ma in certe occasioni sembra sempre di non avere nulla di adatto.
Avanti, disse la vocina, nemmeno si accorgerà di ciò che indosserai. Non è il tipo che si rende conto di certe cose. Inoltre, non credo sia il caso di preoccuparti troppo. Hai sempre avuto un ottimo gusto nel vestirti.
Oh, e va bene! pensò, prendendo dall'armadio le prime cose che non la facessero assomigliare ad uno spaventapasseri, ossia un maglioncino viola a righe e un paio di jeans scuri.
Era in tremendo ritardo.
Ma se non è nemmeno un appuntamento, ribatté, e non a torto, la vocina.
Era vero, ma in ogni caso, dovendo tornare a casa prima per prepararsi ad uscire con Kaori, non avrebbe avuto molto tempo per stare con L, e avrebbe fatto meglio a muoversi.
Prese la borsa e uscì, infilandosi le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie. Cominciò a canticchiare la canzone che stava ascoltando; sapeva che la gente avrebbe pensato che fosse pazza, ma in quel momento non le importava.
Non appena entrò nella camera e vide L, la prima tentazione fu quella di abbracciarlo, tuttavia si limitò ad un semplice - Ciao - .
- Entra - disse L, e lei si addentrò nella stanza.
Era cambiato qualcosa rispetto all'ultima volta: sul tavolino, i dolciumi circondavano il computer portatile, aperto e in funzione.
- Come procede? - disse la ragazza, indicando il pc.
- Non come speravo - rispose il ragazzo.
- Come mai? - domandò Sayuri.
- Non so se te l'ho già detto, ma ho vissuto tutta la mia infanzia in un orfanotrofio, la Wammy's House, in Inghilterra.
- Un orfanotrofio? Ma allora….
- Non so cosa sia successo ai miei genitori, ero troppo piccolo per ricordarlo. Comunque, non è questo ciò che importa, adesso.
- E allora cosa c'entra?
- Lasciami parlare. Anche i miei successori sono stati ospitati nella Wammy's House. Li ho scelti io, personalmente. I loro progressi mi sono sempre stati comunicati attraverso un'area protetta del sito dell'orfanotrofio, di cui eravamo a conoscenza soltanto io, il direttore dell'orfanotrofio e il vicedirettore. Ovviamente, l'accesso all'area riservata sarebbe stato successivamente garantito ai miei successori, e se tutto fosse andato come previsto, anche ora sarei potuto accedere al sito, e sapere se i miei successori, o almeno uno di essi, sta ancora dando la caccia a Kira, o se invece sono entrambi morti.
- Invece?
- Invece pare che il sito sia stato reso inutilizzabile. Qualsiasi azione io compia, a parte accedere all'home page, mi viene negata. Ora, questo può voler dire due cose. La prima, nonché quella più auspicabile, è che i miei successori abbiano deciso di modificare il sito, sentendolo magari minacciato da Kira, ma che stiano ancora cercando di portare a termine la loro missione. La seconda eventualità è che i miei successori siano morti, e che i dati siano stati nascosti per un qualche motivo.
- Che cosa vorresti fare? - domandò Sayuri.
- Cercherò prima di tutto di entrare forzatamente nel sito. Nel caso in cui ciò sia possibile, e dell'area segreta del sito sia rimasto qualcosa, suppongo non ci vogliano più di due giorni. In caso contrario, dovremo cercare un modo diverso per capire cosa sia successo ai miei successori… e l'unico metodo che mi viene in mente è controllare se i loro nomi sono scritti su uno dei quaderni di tuo padre, dato che è molto probabile che tuo padre abbia usato come arma un Death Note.
- Beh, allora posso semplicemente dare uno sguardo non appena torno a casa! Anzi, se vuoi vado adesso e torno subito! - disse Sayuri, alzandosi dal divano.
- No! - esclamò L, e la ragazza si bloccò.
Perché non la vuoi far andare? Certamente ti risparmierebbe un bel po' di tempo e di fatica, pensò L.
È troppo pericoloso, concluse. Ha già avuto troppa fortuna, sperare che non venga scoperta un'altra volta è troppo. La sua presenza è troppo preziosa.
- È meglio evitare pericoli, se non è necessario. Non che pensi che tu sia tanto stupida da entrare in azione mentre tuo padre è in casa - disse, vedendo che la ragazza apriva la bocca per ribattere - ma tuo padre è un uomo difficile da prevedere. Ha i suoi mezzi per scoprire ciò che vuole, ed è attento ai minimi dettagli. Meno hai a che fare con ciò che lo riguarda direttamente, meglio è.
Si preoccupa per me, pensò Sayuri, sorridendo.
- Bene, allora cosa posso fare, ora?
- Resta qui mentre lavoro al computer. Qui sei più al sicuro che in qualsiasi altro luogo, e poi….
- … e poi, non ti va di stare da solo, vero? Ok, tanto mi sono portata un paio di sudoku da fare, e un giornale da leggere… non ti disturberò!
Naturalmente avrebbe di gran lunga preferito che lui trovasse un po' di tempo per lei invece di stare davanti a quel computer, ma già il fatto che le avesse detto di restare lì con lui era notevole. Qualsiasi cosa lui avesse potuto dire sulla sicurezza e su suo padre, Sayuri era sicura che L la volesse lì con lui semplicemente perché se lei non ci fosse stata ne avrebbe sentito la mancanza. La sua non era una certezza, piuttosto era qualcosa che intuiva.
Prese il giornalino di sudoku e la matita, e cominciò a risolvere uno schema, mentre L era concentrato sullo schermo del pc.
Tra loro regnava il massimo silenzio, rotto ogni tanto solo dal ronzio del computer.
- Uff - fece ad un tratto Sayuri. Era arrivata ad uno schema piuttosto difficile, e si era appena resa conto di aver messo la maggior parte dei numeri al posto sbagliato. Prese la gomma per cancellare tutto.
- Ferma.
Sayuri non si era resa conto che L si era mosso dalla sua posizione davanti al computer, e ora sentiva la sua voce pericolosamente vicina al suo orecchio.
- Ti do un indizio - disse il ragazzo - il cinque è qui - e indicò uno dei quadrati dello schema, poggiando così la sua spalla su quella di Sayuri.
E calmati, ordinò Sayuri al suo cuore, che sembrava battere più veloce di un cavallo al galoppo.
- G-grazie - disse Sayuri.
- Di niente - rispose L - mi piacciono i sudoku.
Sayuri immaginava qualcosa del genere, e sarebbe stata felice di risolvere qualche schema con lui, tuttavia il ragazzo tornò immediatamente al lavoro, senza lasciarsi distrarre.
Sayuri terminò la griglia che stava svolgendo, poi si alzò e andò dietro al divano, proprio nel punto in cui L era seduto.
La ragazza lanciò un'occhiata allo schermo del pc. Vide una casella con una serie di numeri, che venivano digitati freneticamente da L.
- Hai bisogno di una mano? - domandò Sayuri.
- Forse - rispose il ragazzo - anche se non credo che tu abbia le conoscenze di un hacker.
- No, per niente - ammise la ragazza - Ma se c'è qualcos'altro di cui hai bisogno….
- … potrò contare su di te. Me l'hai già detto un sacco di volte - disse L girandosi. Sul suo volto c'era l'accenno di un sorriso.
- Era proprio quello che volevo dire - rispose Sayuri, sorridendo a sua volta.
La ragazza poi si girò. La risposta di L, nonostante il suo sorriso, le aveva dato l'impressione di aver esagerato.
Forse dovrei smettere di essere così… oppressiva, pensò, mentre si avvicinava alla finestra per guardare fuori. La vista non era un granché, trovandosi l'albergo nel centro di Tokyo, ma era sicuramente meglio di niente.
Non appena Sayuri si affacciò, vide che fuori era diventato tutto bianco.
- Wow! - esclamò, rivolta ad L - Vieni, nevica!
Si vergognò immediatamente del suo eccessivo entusiasmo, e immaginò che la reazione del ragazzo sarebbe stata un semplice girarsi, per tornare immediatamente dopo al suo lavoro, così aprì la finestra per godersi da sola lo spettacolo.
Non temeva il freddo, almeno non quando si sentiva felice come in quel momento, ed era sicura che anche per L era così.
Poggiò le mani sul davanzale, e si concentrò sullo spettacolo che aveva davanti; solo dopo qualche minuto si accorse di un'altro paio di mani, anch'esse appoggiate al davanzale, a pochi centimetri dalle sue. L era accanto a lei, e anche lui ammirava lo spettacolo della neve.
Sayuri ritrasse le mani, come se si fosse scottata.
- Tutto bene? - disse il ragazzo, con aria preoccupata.
- S-sì. Tutto a posto. Non sapevo che la neve piacesse anche a te.
- Credo che sia perché sono ventiquattro anni che non ne vedo neanche un fiocco. E, anche precedentemente, non ne ho vista molta.
- Ma in Inghilterra, dove vivevi prima, non hai mai visto la neve? So che lì nevica molto….
- Non ho mai amato restare all'aperto - disse L, continuando a guardare la città innevata - e poi, ho trascorso solo una piccola parte della mia vita alla Wammy's House. E anche il tempo che ho passato in Giappone, l'ho trascorso concentrato sui casi che mi venivano affidati. Non ho avuto molti attimi di tregua.
- … e ora? - domandò la ragazza.
- Ora, sicuramente la situazione è molto più distesa. Sento di avere tutto sotto controllo, molto più rispetto a ventiquattro anni fa. Stiamo andando incontro a vari ostacoli, ma sto riuscendo a trovare delle soluzioni alternative. Stavolta, sono sicuro di vincere.
- Meglio così. Speriamo bene - disse Sayuri.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, intenti ad osservare la neve che cadeva.
L, ad un tratto, si voltò verso Sayuri. La ragazza era troppo concentrata sulla neve per accorgersi del suo sguardo.
Osservò il suo volto sorridente, e il suo corpo leggermente proteso in avanti fuori dalla finestra. Infine, il suo sguardo si soffermò sulle mani della ragazza, ancora poggiate al davanzale. Sayuri non ci aveva fatto caso, ma c'era un piccolo ragno sul marmo, che camminava diretto verso le sue mani.
Era un ragno minuscolo, del tutto incapace di fare del male a qualcuno, tuttavia gli sembrò gentile avvertirla.
- Sayuri - disse, e la ragazza si voltò verso di lui - hai un ragno vicino alla mano.
La reazione della ragazza fu imprevedibile: dopo essersi voltata e aver visto il ragno, cacciò un urlo spaccatimpani e cercò rifugio nel luogo in quel momento più vicino, ovvero fra le braccia di L.
Il secondo dopo, Sayuri si era già scordata del ragno che, fino a un attimo prima, minacciava di attaccarla.
Sentì le braccia di L che si chiudevano sulla sua schiena, come per proteggerla, ed ebbe la sensazione di essere assolutamente invulnerabile. Sentiva il profumo del ragazzo… profumo di dolci… naturale, essendo il suo unico cibo….
Chiuse gli occhi, sperando di poter far durare quel secondo per sempre….
- Sayuri… il ragno è andato via - disse L, e Sayuri sciolse lentamente l'abbraccio.
- Scusami… - disse la ragazza.
- Non è colpa tua se hai paura dei ragni - rispose L. Sembrava un po' imbarazzato.
- Certo, non è colpa mia se i ragni mi fanno reagire in questo modo, ma… insomma… da quanto ho capito, non gradisci un certo tipo di… contatto.
Cominciò a prendere il giubbotto. Stava cominciando a farsi tardi, e ancora si sarebbe dovuta preparare.
- Bene, allora io… - fece la ragazza, prendendo la borsa.
- Quello che hai detto è vero - disse L improvvisamente. Sayuri si bloccò.
- Può darsi, però, che con te ciò non valga - continuò il ragazzo.
Sayuri sgranò gli occhi, incredula. Poi disse, sorridendo: - Oh, beh… grazie! Ora però devo proprio scappare, sicuramente Kaori mi starà già aspettando sotto casa… dobbiamo andare in discoteca, e domani dobbiamo fare le torte di Natale assieme… quindi, credo che tornerò qui lunedì… proprio il giorno di Natale!
- Non lo passi con la tua famiglia? - domandò L.
- Oh, no… i miei sono impegnati, e poi devi aprire il tuo regalo!
Regalo? pensò L. Non aveva mai festeggiato il Natale in quel modo. Certo, Watari gli regalava sempre qualcosa, ma si trattava perlopiù di dolci, e ne era perennemente circondato, dunque non contavano….
- Non era necessario… - disse.
- Beh, siamo compagni di avventura, un regalo a Natale mi pare il minimo!
L scosse la testa. Sapeva quello che le parole di Sayuri implicava, e si meravigliò di non averci pensato da solo, indipendentemente dalla ragazza: anche lui avrebbe dovuto farle un regalo. Probabilmente lei non se lo sarebbe aspettato, credendolo completamente privo di finanze. Anche senza scomodare il conto segreto, le banconote che si era ritrovato in tasca sarebbero bastate per qualcosa di adatto. L'indomani sarebbe uscito per prendere qualcosa; sicuramente in quel periodo molti negozi sarebbero stati aperti anche la domenica.
- Bene… allora io vado! - disse Sayuri, infilandosi il giubbotto e dirigendosi verso la porta.
- Stai attenta - disse L. - Tuo padre non è l'unico pericolo, a questo mondo.
Sayuri si voltò. Sicuramente L non aveva un'alta opinione delle discoteche.
- Non preoccuparti… so badare a me stessa. Grazie per il pensiero, comunque - rispose la ragazza, uscendo dalla stanza.
 
*
 
- … e poi, mi ha detto di stare attenta, stasera. È stato davvero carino - disse Sayuri a Kaori, mentre si truccavano allo specchio. Kaori aveva voluto sapere tutto quello che era successo quel pomeriggio, e Sayuri, nei limiti del possibile, l'aveva accontentata.
- Wow - disse Kaori, prendendo una boccetta di smalto per le unghie dorato, che si abbinava perfettamente col vestito che indossava - Allora, è quasi fatta!
- Non parlare troppo presto - rispose Sayuri, mettendosi l'ombretto.
- Oh, un po' di ottimismo non fa mai male… piuttosto, perché non l'hai invitato? Così sei uno schianto, non sarebbe riuscito a resisterti!
- Non è tipo da discoteca, ecco… - rispose Sayuri, sistemando l'elastico con cui teneva legato il codino su un lato della testa.
- Beh, in effetti… sai, sembra davvero un tipo strano, sai?
- Ma è per questo che mi piace… piuttosto, il tuo ragazzo?
- Lasciamo perdere… l'ho mollato stamattina, stavo cominciando ad annoiarmi, con lui….
- Vedrai, prima o poi incontrerai anche tu quello giusto - rispose Sayuri, aprendo l'armadio per scegliere la giacca da indossare.
- Speriamo, prima o poi… ma stasera si fa baldoria!
Sayuri scosse la testa. Al contrario dell'amica, quella sera non aveva alcuna voglia di esagerare.
Dopo aver finito di prepararsi, raggiunsero la discoteca in metropolitana.
Appena entrate, si buttarono nella folla di gente che ballava.
Sayuri si sentiva bene. Il motivo principale per cui le piaceva andare in discoteca non era bere, o per i ragazzi, ma semplicemente ballare.
Amava muoversi a tempo di musica, lo trovava abbastanza liberatorio. In quel periodo, poi, aveva particolarmente bisogno di svagarsi.
Kaori era entrata decisa a restare accanto a lei, ma era sparita non appena un ragazzo l'aveva invitata a ballare.
- Tra poco arriverà anche il tuo momento! – le urlò l’amica.
Sayuri, invece, preferì continuare a ballare da sola. Ogni tanto, Kaori tornava da lei. Sembrava che si stesse divertendo un mondo.
- è fantastico! – urlò Kaori, cercando di sovrastare la musica e facendo una giravolta.
Molto probabilmente doveva aver bevuto qualcosa, dato che proprio per Kaori non ci sarebbe dovuto essere nulla di speciale in una discoteca, visto che ci andava quasi tutti i sabati.
Sayuri, al contrario, decise di avvicinarsi al banco del bar solo quando cominciò a sentirsi troppo stanca per ballare. Si sedette su uno degli sgabelli e ordinò un drink.
- Offro io – disse un ragazzo accanto a lei. Sayuri si girò verso di lui, per vedere se si trattava di qualcuno che conosceva. Non l’aveva mai visto.
- Grazie – disse, tuttavia. Era una cosa carina, sempre se lui si fosse limitato a bere qualcosa con lei.
- Ti ho vista ballare, prima – disse il ragazzo. Era carino, ma forse troppo comune.
Beh, dopo che hai a che fare con uno come L, tutti i ragazzi ti sembrano comuni, pensò Sayuri, sorseggiando il suo drink.
Il ragazzo stava parlando, ma Sayuri non riusciva a captare bene le sue parole, forse perché la musica era troppo alta.
- … allora, beh, pensavo che magari potremmo finire i nostri drink e conoscerci meglio in un posto più tranquillo. Ti va?
Sayuri ormai sapeva benissimo cosa intendessero quasi tutti i ragazzi con “conoscerci meglio” . E, almeno in un ambiente come quello di una discoteca, raramente si trattava di fare semplicemente una chiacchierata.
- Mi dispiace, sono fidanzata – rispose Sayuri. Naturalmente era una bugia, ma dire qualcosa del genere sarebbe probabilmente stato l’unico modo per uscirne tranquillamente.
- Sai, con un tipo alto, muscoloso – continuò la ragazza enfatizzando il tutto con i gesti - … e molto, molto geloso.
Il ragazzo davanti a lei sembrò capire l’antifona.
- Scusami, allora – disse, finendo il suo drink e ritornando sulla pista da ballo.
Sayuri rimase seduta ancora qualche minuto, cercando l’amica. Kaori era più vicina a lei di quanto si immaginasse.
- Ehi! – esclamò Kaori, spuntando da dietro e andando a sedersi nel posto lasciato vuoto dal ragazzo, un po’ barcollante. – Quel tipo, l’hai mandato via tu? – disse. Ora, sembrava davvero che avesse bevuto qualche drink di troppo.
- Sì – rispose Sayuri.
- Aaah, cattiva! Non si trattano così i ragazzi! Ti ha almeno offerto da bere?
Sayuri annuì.
- Solo lui?
- Sì… tu, invece….
- Oh, beh, sì, un paio….
Un po’ troppi, mi sa….
- Ma non ho esagerato, come puoi vedere! – continuò Kaori. – Possiamo permetterci un altro bicchierino, vero? – disse, colpendole il gomito.
- Per oggi, credo basti così.
- Vabbè, ma possiamo continuare a ballare! – esclamò Kaori, scendendo dallo sgabello e tirando con sé Sayuri, cercando di farle fare una giravolta.
Dal momento in cui non avrebbero avuto nessuno ad accompagnarle a casa, sarebbe stato meglio mantenersi sobrie per prendere tranquillamente la metropolitana. Viste le condizioni di Kaori, probabilmente avrebbero comunque dovuto prendere un taxi, ma sarebbe stato meglio tenere la ragazza sott’occhio, cosa che Sayuri non era affatto sicura di riuscire a fare, in mezzo a tutta quella gente.
- Forse è meglio se torniamo a casa – disse.
- Ma no! La festa non è nemmeno ancora iniziata! – urlò Kaori, delusa.
Sayuri scosse la testa.
- E dai! Possiamo far tardi! I miei non ci sono!
Sayuri dovette trascinarla fuori dalla discoteca di peso. Una volta fuori, chiamò un taxi per portarle a casa di Kaori.
Si sentiva un po’ la guastafeste della situazione, forse l’amica non aveva tutti i torti. La verità era che vedere Kaori in quelle condizioni (che, a ben pensarci, non erano nemmeno poi così gravi) le aveva dato una brutta sensazione. Forse frequentare L la stava inducendo a pensare come lui, chissà.
Raggiunsero casa di Kaori. – C’è nessuno? – disse la giovane padrona di casa, entrando nell’appartamento.
Ma se è stata lei a dirmi che saremmo state sole in casa, pensò Sayuri.
Trascinò l’amica in camera, e le diede una mano ad infilarsi il pigiama, dopodiché si infilarono sotto le coperte.
- Uff – bofonchiò Kaori, dimenandosi nel letto – E pensare che potremmo essere ancora lì a scatenarci! È troppo presto!
- Kaori… sono quasi le due – replicò Sayuri, sbadigliando.
- è comunque troppo presto, e tu non hai bevuto proprio niente!
Meglio non vedermi ubriaca, sicuramente, pensò Sayuri.
Kaori poi scoppiò a ridere. – Però – disse, tra una risata e l’altra – Certo che l’amore ti rende strana, eh! Se fa quest’effetto, non credo di volermi innamorare anch’io!
Era vero. Almeno in parte, lei era cambiata. Per la prima volta in tutta quella serata, Sayuri si ritrovò a ridere assieme all’amica.
   
 
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