The frozen truth
behind that glass
{Dedicata a Martina, grazie per l'eterno sostegno.}
Abbiamo sempre creduto che, una volta finita
questa guerra santa, il mondo sarebbe diventato come lo
volevamo noi.
Sgrani gli occhi.
Non hai nemmeno il tempo di
ribattere, non te lo lascia.
È troppo veloce, troppo veloce persino per te.
È un demone, un demone molto più cattivo di te.
Non hai nemmeno il tempo di
capacitarti di quell’unica parola, scandita con lentezza esasperante da quelle
labbra grigie, malvagie.
Una parola. Un nome. Quattro lettere.
A l m a .
Se solo tu ne avessi il tempo, urleresti fino a perdere la voce. Ma il Noah ti
colpisce ancor prima che tu te ne possa accorgere.
Una forza invisibile ti travolge, ti spinge con violenza, tremi e boccheggi,
senza poter reagire.
E piangi, per la prima volta
dopo…dopo…Quanto tempo è passato, dall’ultima volta che l’hai fatto?
Saranno all’incirca nove anni, ventotto giorni, sei ore, quarantadue
minuti e dodici secondi, attimo più, attimo meno, no? Di certo, però, non è come
quella volta. Questa volta a piangere non è il piccolo Yu.
Non c’è tempo per singhiozzare sul cadavere ancora caldo della persona che più
amavi al mondo, come quella volta, nove anni fa.
Perché tu non ami più.
Non hai più tempo per le lacrime da coccodrillo.
C’è solo un Esorcista che
piange lacrime rosse. Ed è tutto rosso in pochi attimi.
Il sangue non si ferma, cola inarrestabile dai tuoi occhi. Occhi vitrei, sempre
più opachi.
Cos’è quel bagliore sgradevole nei tuoi occhi, Yu? Non si addice di
certo a te.
Non sarà mica…
Le gambe cedono, e cadi
verso la terra.
E muori ancor prima di aver toccato il suolo.
…Non sarà mica paura?
È buio
È freddo
…
Sei morto per davvero
questa volta?
Non così in fretta. Dove
credi di andare? È troppo presto per morire. O credi di aver già espiato tutte
le tue colpe? Credi forse che il servizio che hai prestato a quel Dio di cui non
ti importa nulla sia sufficiente per lavare via i tuoi peccati?
Sai benissimo che non è così. Il riposo eterno non può di certo essere concesso
a un orrendo mostro come te.
Senti dolore.
Prima fievole, ti risveglia pian piano dal vuoto in cui l’attacco del Noah ti
aveva fatto precipitare.
E che avevi accolto come fosse una liberazione.
Poi lo senti acuto, intenso,
martellante.
Come se un lungo chiodo arrugginito stesse penetrando nella tua testa.
Eppure non è così, eppure quel tuo cervello che senti esplodere si sta
riparando.
Pian piano, a quel dolore lancinante si sostituisce un suono ovattato; poi senti
delle voci.
Hai ripreso conoscenza.
Continui ad ascoltare le voci di coloro che si trovano attorno a te, voci
spaventosamente familiari.
Decidi di aprire gli occhi, anche se hai come la sensazione che sia molto più
saggio rimanere ad occhi chiusi, disteso sul pavimento gelido, limitandoti ad
ascoltare discorsi del tutto privi di significato per te.
È il tuo sesto senso che te lo dice.
Che è meglio non sapere.
Eppure li apri.
Impieghi parecchio tempo per mettere a fuoco il luogo in cui sei finito senza sapere nemmeno il perché.
C’è una figura che ti
sovrasta. Non sarà mica…?
Ma sì, è proprio lui! È il Noah che ti ha ucciso. Si accorge che sei sveglio, ma
ti ignora. Sorride bieco, e continua ad osservare compiaciuto il teatro
dell’orrore che si svolge attorno a te e lui.
Vorresti girare il capo per fare altrettanto, ma temi di farti ancora male.
Preferisci alzarti con calma. Fai leva sulle braccia, ti metti in ginocchio. Una
fitta alla testa. Ti fermi, apri gli occhi e guardi in direzione del pavimento.
E lo vedi.
Sotto di te, sotto quel pavimento vitreo c’è proprio lui, lo sguardo fisso su qualcosa di impreciso.
Sembra puntato su di te.
Tremi.
I suoi lunghi capelli –privi di colore, ormai corrotti dalla morte- ondeggiano
dentro la prigione ghiacciata di acqua e vetro in cui per nove anni è stato
segregato.
Per la seconda volta in un solo giorno senti il forte desiderio di urlare.
Di urlare il suo nome.
Senti l’impulso frenetico di frantumare la barriera gelata che vi divide, di
stringerlo tra le tue braccia, di chiedergli perdono in tutte le lingue che
conosci, di promettergli che questa volta non lo abbandonerai più, che non gli
farai mai più del male. Che questa volta è davvero per sempre.
Gemi.
Sai che non puoi farlo.
Abbassi la testa, ti avvicini quanto puoi, pochi centimetri separano la tua
fronte dalla sua. Ma non osi appoggiarti di nuovo al vetro, sai che non potresti
più staccarti.
Che non potresti più
lasciarlo.
Afferri Mugen, come sempre al tuo fianco, fedele come un segugio, un’eterna
maledizione che, lo sai bene, ti accompagnerà fino alla fine di questa guerra
ingannatrice e immotivata.
Con la solita velocità sovraumana che ti contraddistingue come il più veloce tra
gli Esorcisti, ti avventi contro il primo nemico che ti trovi davanti, pronto a
dare man forte ad Allen.
Da dove è saltato fuori? Eri troppo distratto per accorgertene. Ormai lui
combatte da parecchi minuti, in questa stanza putrida e soffocante stracolma di
ricordi e angosce.
Ma tu non ti eri accorto di nulla.
Perché tu eri lontano dal mondo,
perché ogni tuo singolo pensiero era dedicato a
lui.
Ma adesso sei di nuovo presente a te stesso. Fendente, dopo l’altro, colpo su colpo, attacchi il tuo nemico senza dargli tregua. Non importa chi sia. Non importa più niente. Devi solo ucciderlo, devi ucciderli tutti. Devi spargere quest’ultimo mare di sangue, per far contento il tuo Dio spietato e crudele, e poi, forse, potrai ottenere la pace che tanto desideri.
Anche se il senso di sporco
la colpevolezza che porti indosso
non si dissolverà mai
e lo sai bene.
Sei costretto ad una pausa di qualche attimo, ti volti a guardare quella lastra di ghiaccio, ti volti a guardare lui. Ti chiedi per quanto tempo tu abbia aspettato questo momento, e non trovi risposta.
O forse lo sai troppo bene, forse hai contato anche i secondi.
Ma cosa importa, adesso? Lui
è freddo, è sotto una lastra di ghiaccio, i suoi occhi non sono più illuminati
da quella gioia che ti coinvolgeva e ti dava un motivo per andare avanti, per
vivere.
Lui non vive più.
Lui è morto.
Non ti lascerai ingannare da quei demoni, non infangherai così la sua memoria.
Perciò combatterai, andrai avanti e vincerai, anche per lui.
-Yu, senti, noi siamo amici vero? Siamo migliori
amici, non è così?
Allora me lo prometti che non mi lascerai mai? Che questa guerra la vinceremo
insieme?
Noi staremo per sempre insieme, non è vero?
Non è vero, Yu?-
Combatterai, e alla fine di
questa guerra, o forse prima, i petali del fiore di loto al quale la tua vita è
legata indissolubilmente appassiranno e cadranno.
Nessuno potrà fermare il corso della tua breve vita, non puoi farci nulla.
Ma prometti che, ovunque sia, quanto tutto questo finirà, tu tornerai da lui.
-Sì…Io…
…Te lo prometto.
Io te lo prometto,
Alma.-
Note dell'autrice: D.Gray-man è stato per lungo tempo uno dei miei manga
preferiti. Ormai non posso più annoverarlo tra essi per il semplice fatto che
gli ultimi svolgimenti della storia mi lasciano perplessa e scontenta. Ma,
nonostante questo, sono rimasta molto legata ai personaggi, in particolare a
Kanda, che sembra quasi la vittima della situazione nelle mani della "perfida"
Hoshino. Spero sinceramente di sbagliarmi, ma ho comunque scritto questa breve
storia, raccontando pochi attimi del capitolo 188 per come io stessa li ho
vissuti. Nella speranza che io mi stia sbagliando, e che almeno per Kanda possa
esserci un lieto fine.
Ed ecco la mia prima fanfiction, con la quale ho finalmente deciso di debuttare
su questo sito. Spero che sia piacevole da leggere, e che riceverò qualche
commento per migliorare e capire di non aver sbagliato nell'iscrivermi qui,
illudendomi di saper scrivere. ♥
Ps: questa fanfiction è stata scritta ascoltando per un centinaio di volte
Frozen dei Within Temptation.