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Autore: MrEvilside    21/12/2009    2 recensioni
America, notava Inghilterra, cresceva in fretta da quando si era dichiarato indipendente.
Con una punta di stizza era stato costretto a riconoscere che Alfred era stato capace di raggiungerlo e di strappargli il titolo di prima potenza industriale del mondo – anche quell’idiota di Francia ed altri Stati c’erano riusciti, ma America era diverso: non che fosse meno stupido, tuttavia era stato il suo fratellino per lungo tempo.
Ricordava ancora perfettamente il bambino dall’aria indifesa – che poi, Inghilterra non capiva perché la sua mente seguitasse a definire indifesa una persona che, per quanto giovane, aveva sollevato un toro – che era riuscito ad adottare al posto di Francis – ne bastava uno, di francese pervertito, aveva pensato a quell’epoca.

Riferimenti alla Conquista del West.
[Uk x Us brotherhood; vagamente Francia x Uk]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, England/UK/Arthur Kirkland, France/Francis Bonnefoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Learning to be a Hero

America, notava Inghilterra, cresceva in fretta da quando si era dichiarato indipendente.
Con una punta di stizza era stato costretto a riconoscere che Alfred era stato capace di raggiungerlo e di strappargli il titolo di prima potenza industriale del mondo – anche quell’idiota di Francia ed altri Stati c’erano riusciti, ma America era diverso: non che fosse meno stupido, tuttavia era stato il suo fratellino per lungo tempo.
Ricordava ancora perfettamente il bambino dall’aria indifesa – che poi, Inghilterra non capiva perché la sua mente seguitasse a definire indifesa una persona che, per quanto giovane, aveva sollevato un toro – che era riuscito ad adottare al posto di Francis – ne bastava uno, di francese pervertito, aveva pensato a quell’epoca.
Da allora non erano passati molti anni, in realtà, in confronto alle centinaia che Arthur aveva trascorso su quella Terra; eppure, Alfred era cresciuto rapidamente, sino a divenire quasi più alto di lui – il suo orgoglio inglese si rifiutava di riconoscere l’effettiva differenza d’altezza –, si era sviluppato ed aveva infine deciso di abbandonarlo.
Inghilterra aveva accettato quella dichiarazione d’indipendenza da tanto tempo – in fondo, era un cretino di meno tra le scatole, soleva ripetersi, e con la pericolosa presenza di Francia appena oltre l’oceano avrebbe dovuto sentirsi sollevato –; talvolta, semplicemente, ricordare era ancora troppo doloroso.
-Ammettilo, Inghilterra!- esclamò America, e la sua voce infantilmente orgogliosa riverberò nell’immensa sala delle conferenze. -Ammettilo, che sono stato bravo! La mia impresa è degna d’un eroe!-.
Perché lui non pensava mai. Non pensava che il suo desiderio di ricevere un complimento da Arthur non facesse parte dell’ordine del giorno, non pensava che alle altre Nazioni non avrebbe potuto interessare di meno se Inghilterra trovava che fosse stato bravo o meno, non pensava che Germania – il quale sino a quel momento aveva tentato di proseguire nella discussione con un minimo di ordine – avrebbe seriamente considerato l’ipotesi di toglierlo di mezzo, né che Arthur l’avrebbe volentieri affiancato dopo avere fatto la figura di quello interpellato dall’idiota urlante davanti a tutti gli altri Paesi.
Alfred non si dava mai la pena di pensare. Qualche volta in realtà gli capitava, quando due dei neuroni che galleggiavano nella sua testa urtavano casualmente l’uno contro l’altro, producendo una scintilla di pensiero che durava dai tre ai cinque secondi e mezzo. Quell’effimero ricordo della presenza d’un cervello, tuttavia, godeva d’un’esistenza troppo breve perché potesse evolversi in qualcosa di utile, America stesso ne era perfettamente consapevole.
A questo si doveva, probabilmente, il suo bisogno di sentirsi dire da Inghilterra che era stato bravo quando aveva formulato gli unici due pensieri degni di nota della sua intera esistenza: la decisione di rendersi indipendente e la conquista del West, i due principali motivi – sebbene Arthur preferisse il termine cause – della sua nascita e progressivo consolidamento.
-Inghilterra, America ti sta chiamando.- osservò Francia, incurvando le labbra in un sogghigno canzonatorio, nello sfiorare con il gomito un braccio dell’inglese per attirarne all’attenzione – pur sapendo benissimo che stava ignorando di proposito l’americano.
Arthur si concesse qualche momento per torturare Francis con lo sguardo prima d’incrociare gli occhi azzurri ed impazienti di Alfred – che cosa si aspettava, quell’idiota? Che riconoscesse le sue inesistenti qualità e gli regalasse Londra, forse?
-Per quale motivo dovrei dire che sei bravo, hm?- ribatté infine in tono aspro. -Sei più stupido di quanto mi aspettassi- proseguì, spingendo indietro la sedia e levandosi in piedi, mentre il compiacimento di America si disintegrava ad ogni sua parola -se credi di poter definire bravura tutto il sangue del quale si è macchiata la tua terra. Lo sterminio che hai compiuto per aumentare la tua potenza io lo chiamo vergogna. È davvero questo che ti ho insegnato?-.
-Angleterre...- intervenne Francia, facendo per posargli una mano sulla spalla.
-Shut the hell up, damned France.- l’interruppe Inghilterra, tagliente, rivolgendogli un’occhiata storta.
Poi si volse ed abbandonò la stanza, lasciandosi alle spalle soltanto il suono ritmico dei suoi passi sul pavimento.
-Ehi,- interloquì Alfred, incerto, interrompendo il silenzio confuso che si era diffuso nella sala -ma che cos’ha, quell’insopportabile di England? Ha bevuto il suo stupido tea dalla parte sbagliata della tazzina?-. Nascondeva dietro le parole arroganti l’ennesima spina che Arthur aveva conficcato nel suo cuore e l’irritante coscienza di non averne nemmeno capito il motivo, questa volta.
-Dieu, possibile che non riesci a comprendere?- sibilò Francis, impregnando ogni lettera d’un odio sottile e pericoloso che bruciava sulla pelle di Alfred.
Francia aveva odiato America sin dal primo momento. Da quando si era reso conto del sincero affetto del quale lo sguardo di Inghilterra si velava nel soffermarsi sull’americano, non aveva potuto che odiarlo. Aveva finto di volerlo adottare, aveva tentato in ogni modo di separarlo da Arthur, tuttavia quella piccola, fastidiosa Nazione l’aveva avuta vinta, seppur inconsapevolmente. E, poco a poco, aveva allontanato Inghilterra da lui.
E che quell’idiota che si definiva altezzosamente il fratello dell’inglese non fosse in grado di rendersi conto di quanto Arthur gli fosse affezionato, non poteva accettarlo.
-Non sei altro che un moccioso viziato. Non meriti di essere presente oggi.- riprese, indicando l’intero salone con un ampio movimento della mano. -Senza England- marcò velenosamente la pronuncia il più possibile vicino all’inglese degli Stati Uniti della quale fece uso -non saresti mai cresciuto con tanta rapidità, né saresti divenuto tanto forte. Ed ancora non lo capisci, che Angleterre è convinto che tu abbia iniziato la Conquista del West a causa sua?-.
Alfred sfuggì agli occhi di Francis, tanto chiari e limpidi che l’ira e l’odio in essi erano palesi quanto il fango in una pozza d’acqua color cristallo. -Non… non è vero. England non…-. S’interruppe e scosse la testa, incerto lui per primo su quel che voleva dire.
-Scusate.- intervenne Germania, esitante, schiarendosi la voce. -L’assemblea dovrebbe proseguire-.
Dal momento che era divenuto una delle Nazioni guida in quel periodo di rivoluzione industriale, si sentiva responsabile di quella riunione: aveva anticipatamente stilato una lista dei possibili argomenti di discussione e si era preparato a dover sedare qualche litigio fra i Paesi, come ve n’erano sempre stati – mai, però, avrebbe immaginato che il ruolo che aveva deciso d’assumere si sarebbe accostato tanto a quello della balia.
L’unica connotazione positiva di quella situazione che sfiorava l’infantile, rifletté nel seguire con lo sguardo Francia che si alzava in piedi, porgeva le sue scuse agli altri Stati, spariva oltre la soglia e veniva poco dopo imitato da America, era che Svizzera per il momento non aveva messo mano allo schioppo a causa dell’impazienza di condurre un congresso che possedesse almeno una parvenza di serietà.
-Also,- affermò infine in tono incerto, esaminando l’ordine del giorno -se nessuno di voi ha particolari questioni da introdurre, pensavo che si potrebbe discutere di…-.
-Germania, Germania!- intervenne Veneziano, agitando un braccio nel tentativo d’attirare la sua attenzione. -Io ho qualcosa di molto importante da dire!-.
Ludwig gli concesse la parola con un cenno del capo. -Di’ pure, Italia-.
-Ecco,- attaccò Feliciano con entusiasmo -io pensavo che la mia popolazione non abbia abbastanza pasta…-.
E Vash esplose. -Una volta tanto, non potremmo terminare questa riunione con un minimo di decenza? Mein Gott, la pasta!- sbottò in tono pericolosamente irritato, imbracciando il fucile.
Accompagnandosi ad un sospiro, Germania si passò stancamente una mano sul volto.

Quando gli fu permesso d’entrare ed ebbe mosso qualche passo all’interno della stanza, Alfred sollevò lo sguardo dal pavimento ed osservò il profilo di Arthur che, con un gomito appoggiato sul davanzale della finestra ed il mento riposante sul dorso della mano, studiava il paesaggio al di là del vetro. -Che cosa vuoi, America?- chiese l’inglese, neutro.
Ad America non piaceva avere torto, men che meno se accadeva in una discussione con Inghilterra. La consapevolezza di non essere nel giusto lo infastidiva, sebbene dovesse ammettere che poche cose riguardanti Arthur non lo infastidivano, a cominciare dal suo atteggiamento superbamente orgoglioso per terminare con quel suo terribile the.
Ad Alfred non piaceva nemmeno chiedere scusa. In realtà, l’ipotesi d’aver commesso qualcosa di sbagliato non lo sfiorava minimamente, lui che era forte ed eroico – perché avrebbe dovuto scusarsi? Per essere tanto perfetto?
-Francia mi ha detto che-. Si fermò volutamente, sull’orlo di quel che – non una sospensione, né per riprendere fiato né ad effetto –, perché per America il discorso non necessitava d’ulteriori spiegazioni. Dopotutto, adesso Inghilterra si sarebbe voltato a guardarlo, gli avrebbe ripetuto quel che Francis gli aveva per l’appunto detto, decorando le frasi con qualche insulto in più, molto probabilmente, ed avrebbero fatto la pace.
Evidentemente Arthur non lesse la sua mente, dal momento che non mosse nient’altro che la lingua per ribattere in tono asciutto: -Ti ha detto che cosa, idiot?-.
Alfred non si aspettava di dover rispondere una seconda volta ed approfondire l’argomento e permase con la bocca socchiusa per qualche istante ancora, a domandarsi che cosa fare.
Infine replicò: -Mi ha detto che… ehm-.
Forse, se avesse aggiunto qualcosa come impulso, Inghilterra l’avrebbe compreso, che doveva essere lui a parlare.
Questi d’improvviso si volse e gli scoccò un’occhiata esasperata. -Oltre che stupido, hai anche perso improvvisamente il dono della parola?- borbottò. -E dire che avevi soltanto quello…-.
America non capiva: eppure il suo intento di far proseguire Arthur era stato talmente esplicito – perché doveva fare sempre tutto lui?
-Francia- attaccò per la terza volta -mi ha detto che tu ti senti in colpa. A causa mia-.
Inghilterra distolse nuovamente gli occhi dai suoi. -Ah sì?- replicò in tono distaccato. -Francia è un cretino almeno quanto te, nonché un emerito maniaco spara cazzate. E questa è una delle solite-.
-Perché allora te ne sei andato in quel modo?- obiettò Alfred, fastidiosamente inopportuno. -Perché eri tanto arrabbiato? E perché…-.
-Oh, shut up.- l’interruppe acidamente Arthur. -Tu te ne sei andato, no? Non c’entri più nulla con me. Che t’importa se mi arrabbio? Che t’importa se decido di non partecipare alla riunione? Non t’interessa, no? In fondo, you are the hero, America, o sbaglio?- concluse sarcastico, sottolineando con irritazione quell’hero.
-M’importa, se è con me che ti arrabbi.- ribatté l’americano. -E non perché sono un eroe – ma sappi che non lo nego! –; è perché… forse un po’ ti voglio ancora bene, England, ecco. Per questo… uhm… speravo che… ah… tu mi dicessi che sono stato bravo, ecco. Credevo che… ahm… la mia impresa eroica ti avrebbe… uh… reso fiero di me.- confessò, intervallando le parole ad esternazioni onomatopeiche che si avvicinavano curiosamente a quelle che era solito sfoggiare durante i pasti.
Di tutto quel che Inghilterra si sarebbe aspettato di sentire da Alfred, quella era senza dubbio alcuno la dichiarazione più sorprendente, probabilmente perché era quella che più somigliava ad uno Scusami, England, non volevo che tu ti vergognassi di quel che ho fatto.
A causa sua, l’autocontrollo inglese del quale andava tanto fiero si ridusse in polvere come un castello di sabbia, le labbra si schiusero e le folte sopracciglia si arcuarono in un’espressione incredula che sfiorava il ridicolo – forse perché nessuno avrebbe mai associato lo stato d’animo del più puro stupore ad Arthur Kirkland.
-Cioè,- disse infine con fare ironicamente sdegnato -la prima idea che hai avuto perché io fossi fiero di te è stata sterminare quella gente? You are an idiot, America-.
-Stavo cercando di consolidare il mio Paese!- si difese Alfred. -E… sì, insomma, volevorendertifierodime-. Precedendo la replica che l’avrebbe con molta probabilità ripreso per la sua incapacità di non mangiarsi le parole, aggiunse: -Quello che ti ho detto prima, uffa-.
In una qualunque altra occasione, Inghilterra avrebbe ribattuto in tono canzonatorio e dato inizio ad un’interminabile predica, nella quale avrebbe elencato i difetti di America – in particolare l’orgoglio esagerato e peraltro privo d’una motivazione – e si sarebbe lamentato della mancanza di pregi; in quel momento, tuttavia, decise d’aver sopportato abbastanza la stupidità dell’americano e di poter evitare di pronunciare una qualsiasi frase che avesse necessitato d’una sua risposta.
-D’accordo.- concluse, allontanando la sedia con una spinta. -Torniamo alla conferenza, adesso, prima che si dividano i nostri territori approfittando della nostra assenza-. E lui tremava al solo osar immaginare che Francis avrebbe potuto mettergli le mani addosso.
Alfred l’osservò oltrepassare l’uscio, increspando le labbra in un mezzo sorriso, e si affrettò alle sue spalle lungo il corridoio, come quand’era bambino. Con Arthur innanzi a sé che lo aspettava pazientemente e gli tendeva una mano. -England, soltanto una cosa!-.
-Hm?- sospirò Inghilterra.
-Però lo devi ammettere, che sono eroico-.
Arthur levò gli occhi al cielo. -… Ah, damned America-.


Angleterre: Inghilterra
Shut the hell up, damned France
: Zitto, dannato Francia. ["The hell" è un rafforzativo, in altri contesti traducibile con "l'inferno"]
Also: Allora
Mein Gott: Mio Dio
You are the hero: Tu sei l'eroe
You are an idiot: Sei un idiota
Damned America: Dannato America



Note storiche, ma anche no:
Ciò che ha ispirato questa FanFiction è stata una frase del mio libro di storia, la quale citava la conquista del West come un'epopea che aveva consolidato gli Stati Uniti e fatto nascere l'orgoglio americano; gli americano, infatti, vedevano questo fatto come un'impresa eroica. Insomma, non associare ciò ad Alfred era impossibile.
Il congresso qui descritto in realtà non è mai avvenuto: mi occorreva soltanto ai fini della storia.
Il titolo non c'entra molto con la FanFiction in sé, alla fin fine, ma mi piaceva molto, perciò l'ho tenuto. Forse, un lieve collegamento potreste vederlo - almeno, per me c'è -, come anche no.
E poi... uhm, credo basti, sì.
Spero vi sia piaciuta e che me lo farete sapere.
Chu.

Saeko no Danna
  
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