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Autore: CharlieBb    24/12/2009    3 recensioni
Un’altra delle certezze di Dean, ossia quella che niente avrebbe sconvolto la sua vita –non dopo esser sopravvissuto all’Apocalisse-, era crollata miseramente quando Eve aveva pronunciato quella piccola, semplice parola e il suo cuore aveva fatto un salto di gioia...
Fluff e accenno di incest.
Genere: Generale, Romantico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Miracle at Christmas Eve
Autore: moi meme.
Beta: Will91 per la mia sbadataggine e altri errori tecnici; Soul On Fire per i personaggi e il loro essere IC.
Pairing: Wincest vago e accennato, niente di che.
Raiting: Arancione.
Disclaimer: I Winchester, ahimè, non mi appartengono; sono del divino Kripke e della CW, che ne detiene i diritti. Un solo personaggio è mio, inventato di sana pianta, e non faticherete a capire chi è.
Avvertenze: One shot; fluff, ma tanto!; shot natalizia, yay =D
Note: una sola, in realtà. Voglio dedicare questa piccola fanfiction alla meravigliosa Soul On Fire, un piccolo regalo di natale per lei. So che l'hai betata, so che non te l'aspettavi e so anche che te lo meriti. Per il supporto e l'aiuto che mi dai, perchè non mi mandi al diavolo quando ti chiedo di farmi da beta, perchè non mi hai ucciso per il parto del BBI. Perchè sei grande, ragazza, with the capital G. Grazie darling, e buon Natale <333




Dean Winchester aveva dei punti fissi nella sua vita, delle certezze.
Adesso che l'Apocalisse si era conclusa, ora che Lucifero era stato sconfitto per mano sua e di Sam, Dean poteva dire di avere qualche certezza in più di prima.
La prima sua certezza era che la sua vita, la sua intera vita era dedicata a suo fratello -lo aveva aiutato a crescere, lo aveva lasciato dormire nel suo letto quando da piccoli le notti di Sam erano infestate da incubi, era sempre stato lì per lui e, dannazione, era anche morto per lui. Lo avrebbe rifatto senza pensarci su un solo secondo.
La seconda certezza era che Sam c'era. Nonostante gli sbagli, nonostante gli scazzi e le liti, Sam c'era e ci sarebbe sempre stato, non lo avrebbe abbandonato, mai.
La terza certezza era che loro due insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa. Avevano affrontato demoni, e fantasmi, persino Lucifero in persona, e finchè erano insieme niente avrebbe potuto far loro del male.
La quarta certezza era che, dopo aver vissuto l'Apocalisse e averla scampata, niente avrebbe più potuto sconvolgerlo o turbarlo, o rovinargli la vita in qualche modo.
Dean Winchester non sapeva quanto si sbagliava.

Era il ventiquattro Dicembre.
Dean e Sam erano a bordo della fedele Impala, appostati fuori da una casa e in attesa di qualsiasi cosa potesse farli scattare.
Seguivano quella pista da mesi, ormai. Si trattava, come avevano scoperto, di un semi-dio pagano risvegliatosi dal suo letargo per riprendere il suo posto nel mondo. Il bastardo non si divertiva solo a prendere le sue vittime, che anticamente gli venivano offerte come tributi, ma le torturava in modo estremamente sadico prima di tagliarle lentamente a pezzettini e preparare ricchi e fastosi pasti.
Quello che Dean e Sam non si aspettavano, però, erano le urla.
-Sam!-
Dean scattò fuori dall'auto seguito da suo fratello e insieme raggiunsero il palazzone grigio davanti a loro. Doveva essere vuoto, completamente disabitato da almeno due anni. Ma le urla, quelle urla appartenevano a persone vere, persone in carne e ossa che non avrebbero dovuto per niente trovarsi lì.
Dean corse su per le scale seguito a ruota da Sam, pistola in una mano e paletto di frassino nell'altra. Raggiunsero in terzo piano con il fiato corto e, tendendo le orecchie, trovarono la provenienza delle urla.
Spalancarono una delle tante porte del corridoio con un calcio ben assestato ed entrarono, trovandosi davanti al semi-dio e alle sue vittime.
Senza tante storie gli spararono prima un paio di proiettili di legno, poi gli furono addosso e lo pugnalarono al cuore con i paletti.
Quando il corpo sotto di loro smise di contorcersi e urlare si alzarono, asciugandosi il sudore dalla fronte.
-Che bastardo- biascicò Dean, ancora ansimante. Sam si chinò sui due corpi martoriati stesi sul pavimento e sospirò.
-Non dovevano essere qui- disse piano. -Che fine orribile. Non siamo riusciti a salvarli-
-Sam, Sammy- disse Dean tirandolo su e guardandolo negli occhi. -Non lo sapevamo, non incolparti. Non potevamo sapere, abbiamo corso come dannati per arrivare qui ma era troppo tardi-
Sam spostò lo sguardo su un punto alle sue spalle e spalancò gli occhi mentre Dean si voltava.
Due grandi occhioni blu li stavano fissando, le lunghe ciglia chiare bagnate di lacrime. Il visetto tondo era pallido, incorniciato da lunghi riccioli biondi e tanto spaventato.
-Ehi...- mormorò Sam andandole vicino. La bimba si scansò, spaventata, rintanandosi in un angolo e stringendo forte al petto un piccolo cane di peluche.
-Non voglio farti male- sussurrò Sam mentre Dean, alle sue spalle, non sapeva cosa fare. -Te lo prometto, piccola, non ti farò del male-
La guardò dritto in quei suoi spaventati occhioni blu e lei ricambiò lo sguardo, tremando da capo a piedi. Sam tese una mano verso di lei, piano, ma lei non si ritrasse. Lasciò che lui le accarezzasse i capelli, dolcemente, e il viso rigato di lacrime tristi.
-Vieni qui- le disse piano, aprendo le braccia. Lei si gettò contro di lui all’improvviso e nascose il viso nella sua maglietta, singhiozzando spaventata. Sam la strinse a sé, cullandola, e alzandosi in piedi si voltò a guardare suo fratello.
-Sam-
-Dean, non possiamo lasciarla qui- disse, risoluto. –È solo una bambina-
Dean sbuffò, vagamente contrariato, ma riconobbe che non avrebbero potuto lasciare la piccola in quel palazzone, avrebbe fatto di sicuro una brutta fine.
-Portiamola con noi al motel- suggerì Sam tenendola stretta tra le braccia. –In qualche modo risolveremo-
-Sam, la lasceremo in un orfanotrofio- precisò Dean riponendo le armi e guardandolo, serio.
-Lascia almeno che passi Natale- supplicò Sam guardandolo con la sua arma più letale, i suoi occhioni da cucciolo. Dean non resisteva a quello sguardo, mai.
-E va bene, ma ora andiamo- disse, sbuffando scocciato e uscendo dall’appartamento seguito dal fratello.
Per tutto il viaggio in macchina la bambina rimase attaccata a Sam, incollata con le piccole braccia al suo torace e il visino nascosto contro il suo petto, in silenzio.
Quando entrarono nella stanza del motel –Dean lanciando occhiate a Sam e Sam guardando solo la piccola- Sam si sedette dolcemente sul divano.
-Accendi il camino- disse a Dean. –Qui si congela-
Dean eseguì, con un altro sbuffo, mentre Sam alzava delicatamente il viso della bambina e la costringeva a guardarlo.
-Ehi…- mormorò sorridendo. –Ehi, sei al sicuro adesso, nessuno ti farà del male fino a che ci saremo noi a proteggerti-
La bimba lo guardò senza dire niente, ma a Sam sembrò che i suoi occhi si fossero rischiarati un poco.
-Io sono Sam e quello è mio fratello Dean. Tu, invece, come ti chiami?- chiese dolcemente. La piccola continuò a guardarlo con quei suoi occhi grandi ed espressivi ma non disse niente.
-Potrebbe essere muta- suggerì Dean prendendo due birre dal frigo e lasciandone una sul tavolino di fronte a Sam.
-Non essere stupido- ribattè l’altro. –Credo che sia per il trauma subito, quelli dovevano essere i suoi genitori, e veder entrare in casa un mostro come quello non deve lasciarti tanto a posto-
Dean alzò le spalle e si sedette vicino a lui sul divano, puntando gli occhi sulla piccola.
Non gli erano mai piaciuti i bambini –nessuno tranne Sam, va da sé.
Erano rumorosi, rompiscatole, piangevano in continuazione, avevano bisogno di continue attenzioni e cure, erano un po’ una seccatura.
-Che ne dici di un po’ di latte, eh?- chiese Sam con voce dolce alla piccola seduta sulle sue ginocchia. Quella lo guardò, ancora più intensamente di prima, e senza una parola annuì piano con il capo.
-Bene- Sam sorrise. –Resta un momento qui con Dean, vado a scaldarlo e torno-
-No, ehi, ehi, no, fermo- tentò di trattenerlo Dean, ma Sam fece sedere la piccola accanto a lui e gli dedicò uno sguardo vagamente omicida.
-Falla cadere e sei morto- disse sottovoce prima di sorridere alla bambina e andare nella piccola cucina a scaldare un po’ di latte.
Dean lo guardò, incazzato, voltargli le spalle e lasciarlo solo. Poi guardò la bambina che, in silenzio, gli restituiva lo sguardo.
-Uh, sì, ecco- disse, suonando stupido alle sue stesse orecchie. –Tu stai buona, eh-
La piccola lo guardò con quei suoi occhi penetranti e Dean distolse lo sguardo. Assurdo, quella bambina lo inquietava. Il suo silenzio lo inquietava, i suoi occhi tristi lo inquietavano, la serietà della sua espressione lo inquietava. Era solo una bambina, dannazione!
Quando Sam tornò con un vassoio pieno di latte e biscotti che poggiò sul tavolino, scansando la birra, la bambina gli saltò in braccio e lo strinse forte.
-Ehi- rise lui scompigliandole i boccoli biondi. –Guarda cosa ti ho portato!-
Dean vide per la prima volta il viso della bambina aprirsi in una specie di sorriso.
Dopo aver bevuto tutto il latte e spazzolato tutti i biscotti Sam la prese tra le braccia e la cullò, dolcemente, sotto lo sguardo attonito di Dean.
Suo fratello ci sapeva fare, davvero. Sembrava portato per quel genere di cose, sembrava che sapesse prenderla nel modo giusto, sembrava che ci fosse quasi abituato, sembrava che sapesse come cullarla, e cosa dirle, e tutte quelle cose là.
L’unico bambino che lui avesse mai tenuto tra le braccia era sato Sam. L’unico che avesse mai cullato, e coccolato, e accudito. Non aveva mai tenuto nessun altro bambino, non ne aveva mai conosciuti altri oltre Sam (e quel ragazzino che credeva essere suo figlio, certo, ma quello era più grande ed era un’altra storia).
Non avrebbe saputo come comportarsi, lui, cosa fare. Ma Sam, Sam sembrava così a suo agio con quella piccola creatura tra le braccia, e il modo in cui la cullava, il modo in cui la guardava con un sorriso sulle labbra rendeva la scena incredibilmente dolce.
-Guarda, si è addormentata…- mormorò Sam all’improvviso, gli occhi sempre fissi sulla bambina tra le sue braccia. Dean si limitò ad annuire, la gola stranamente secca.
-Buon Natale, Dean- disse poi Sam facendolo sussultare. Gli occhi di Dean saettarono verso l’orologio appeso al muro per scoprire che la mezzanotte era passata solo da pochi minuti.
-Buon Natale, bro- disse con un sorriso piccolo sulle labbra carnose. Sam sorrise di rimando, guardando poi la piccola addormentata.
-È bellissima- disse piano. –Non posso credere che abbia dovuto sopportare una cosa del genere, che abbia probabilmente visto morire i suoi genitori… è così piccola-
Dean gli lanciò uno sguardo vagamente apprensivo ma si limitò ad annuire.
-Non è giusto, lo so, ma non tocca a noi occuparcene, e lo sai-
-Io non la lascerò in balia del primo orfanotrofio buio e grigio che troviamo, Dean, toglitelo dalla testa-
-Sam, non possiamo tenerla!- Dean alzò la voce ma un’occhiataccia di suoi fratello lo fece calmare. –Lo sai che non possiamo, è solo una bambina, non possiamo prenderci cura di lei né garantire che sia al sicuro-
-Aspetta solo che troviamo un bel posto- supplicò Sam guardandolo tristemente. –Non voglio che cresca in un posto squallido dove la trattano male-
-Sai che gli orfanotrofi non sono tutti così-
-Forse non tutti, ma buona parte lo sono!- esclamò Sam abbassando subito la voce per paura di svegliare la piccola addormentata. –Ti prego, Dean, per favore-
E Dean capitolò. Non avrebbe mai potuto dire di no a suo fratello, non quando faceva quello sguardo.
-Solo fino a che non troviamo un buon posto, chiaro?-
Sam si aprì in un sorriso luminoso e grato, gli occhi brillanti e felici. –Grazie-
Dean lasciò la bottiglia ormai vuota sul tavolino e prese quella intatta che aveva portato per suo fratello.
-Sai, potremmo chiamarla Eve- disse Sam all’improvviso, lo sguardo sempre fisso sulla creaturina bionda. –L’abbiamo trovata la vigilia di Natale, Eve mi sembra appropriato-
E si alzò in silenzio, diretto alla stanza da letto, mentre lo sguardo di Dean si faceva preoccupato. Sam non avrebbe dovuto affezionarsi tanto a lei, avrebbe solo sofferto di più quando l’avrebbero lasciata all’orfanotrofio.
Rimase seduto sul divano, in silenzio, a finire la sua birra guardando un punto qualsiasi della stanza senza nemmeno vederlo. Non era giusto tutto ciò che la bambina aveva dovuto sopportare, ma loro non potevano farci niente. Non potevano tenerla con sé per vari motivi, questo Sam doveva saperlo. Sarebbe stata in pericolo la maggior parte del tempo, e a loro non serviva alcuna distrazione durante il lavoro, se fosse rimasta lo sarebbe stata di sicuro, sarebbe stata una preoccupazione in più e non potevano permetterselo.
Dopo una buona mezzora si decise ad alzarsi e andare a letto, immaginando che Sam fosse rimasto a vegliare il sonno della piccola.
Quando entrò nella camera da letto gli si mozzò il respiro alla scena che gli si parò davanti.
La piccola abbracciata a Sam, entrambi dolcemente addormentati sul letto con un’aria di tenerezza ad avvolgerli.
Rimase fermo sulla porta a fissarli per quelli che sembrarono minuti infiniti, senza la voglia di muoversi o fare altro: era tutto troppo bello per essere spezzato e, nonostante tutto, lui non aveva intenzione di rompere quell’incantesimo –o il calore che si stava impadronendo del suo petto.

Quando Dean aprì gli occhi e si trovò ad affrontare la luce del mattino che filtrava attraverso le finestre, scoprì che il letto accanto al suo era vuoto.
Una strana sensazione si impossessò del suo petto e lo fece alzare velocemente. Corse nell’altra stanza e la sensazione si placò quando vide Sam e la piccola Eve in cucina, intenti a pasticciare qualcosa.
-‘Giorno- disse, la voce ancora roca di sonno, prendendo posto su una sedia di fronte ai due.
-‘Giorno- sorrise Sam, il naso sporco di farina come quello della bambina vicino a lui. –Io e Eve stavamo facendo i biscotti, vero, piccola?-
La bambina annuì, i capelli biondi che catturavano e riflettevano i raggi del sole, con un sorrisetto a rischiararle il volto. Solo la sera prima piangeva disperata e spaventata, e adesso sembrava quasi felice, nonostante nei suoi occhi albergasse ancora una tristezza profonda.
-Sam, l’ultima volta che hai cucinato hai fatto esplodere il forno- disse Dean, serio. Suo fratello non smise un attimo di sorridere mentre mosse una mano infarinata verso di lui, sporcandolo di bianco.
-Adesso è diverso, Miss Eve è qui per aiutarmi- sorrise baciando la testa della bambina, che rise gioiosa e annuì. –Bene, ora mettiamo tutto nel forno e aspettiamo!-
Dean si servì del caffè e tornò a sedersi, guardando la scena. Non aveva mai visto suo fratello così allegro ed era quasi strano, ma era bello vederlo ridere di cuore, sembrava felice.
-Oh, Buon Natale!- disse poi Sam prendendo in braccio la piccola Eve e facendola volteggiare in aria, scatenando le sue risa. –Buon Natale!-
Dean si lasciò scappare un sorriso, Sam era proprio idiota certe volte.
-Noi adesso andiamo a ripulirci, tu vedi di prepararti per il pranzo- disse poi il minore con la bambina tra le braccia, voltandogli le spalle diretto al bagno.
Pranzo? Quale pranzo? Oh sì, giusto, avrebbero pur dovuto pranzare. E la bambina? Cosa si dava da mangiare ai bambini così piccoli? Lei dimostrava, a occhio e croce, più o meno tre anni, sarebbe stata in grado di mangiare ciò che mangiavano loro?
Un’altra delle certezze di Dean Winchester era che sapeva sempre cosa fare, il suo istinto lo aiutava molto in ogni occasione.
Ma adesso quella certezza stava venendo distrutta da una piccola, innocente bambina bionda di tre anni con gli occhi blu come il cielo. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa.
Quando Sam ed Eve tornarono dal bagno, puliti, sistemati e sorridenti, Dean decise di fare una doccia, una lunga doccia rilassante. Lasciò che il getto caldo gli scorresse addosso, purificandolo dalla stanchezza di quei giorni e della caccia, mandandone via ogni residuo.
Pensò alla bimba nell’altra stanza e suo malgrado sorrise, con Sam sembrava aver riacquistato un po’ di vitalità. Era una bambina davvero bella, dalla pelle candida e i capelli biondi come il grano maturo, e le fossette che si formavano sul suo viso quando rideva erano semplicemente adorabili. Ma avrebbero dovuto lasciarla, sarebbe stato meglio non affezionarsi, meglio non soffrire.

-Finalmente!- esclamò Sam quando Dean tornò nel piccolo salotto. Trovò la tavola apparecchiata per tre e un paio di grossi contenitori di plastica bianca lasciati da parte, sulla cucina.
-Ci hai messo secoli, qui stavamo morendo di fame, vero?- disse Sam rivolgendosi poi alla bambina che annuì.
-Bene, si mangia- esclamò prendendola in braccio, facendole il solletico e portandola verso la tavola apparecchiata.
-Sam, cosa-
-È Natale, Dean- lo interruppe l’altro sistemando Eve su una sedia e legandole un tovagliolo attorno al collo. –Abbiamo tutto il diritto di festeggiarlo-
Dean, vagamente sorpreso, si sedette e annuì mentre Sam portava il cibo in tavola.
-Maccheroni al formaggio e tacchino arrosto- disse servendo le porzioni. –Fortuna che ho trovato un takeaway aperto, questa mattina. Io e Eve siamo usciti a fare un giro-
Dean non sapeva cosa dire. Quello era un Pranzo di Natale in piena regola, e loro tre sembravano quasi una famiglia riunita per festeggiare.
Scosse la testa come per scacciare dei pensieri e si lasciò andare ad un sorriso. –Grazie, Sammy-
Sam sorrise e non disse niente, e mentre Dean cominciava a mangiare la sua pasta Sam si dedicò a tagliare quella di Eve e a imboccarla, giocando con lei, facendola ridere e mangiando un boccone ogni tanto.
-Sam, ti si fredderà tutto- disse Dean con un sospiro. Sam scrollò le spalle.
-Non importa-
Dean sapeva che se ne sarebbe pentito amaramente, lo sentiva fin nelle ossa, ma disse lo stesso “Da’ qua” e tirò via il cucchiaio dalle mani del fratello, inginocchiandosi davanti alla bimba che lo guardò, dapprima diffidente.
-Avanti, piccola, è ora della pappa- disse con voce dolce, sperando che lei gli desse retta e mangiasse senza fare storie. Stranamente, in maniera totalmente opposta a quanto si era aspettato, Eve gli sorrise e aprì la bocca per ricevere il boccone.
Gli puntò addosso i suoi occhi azzurri e lo guardò mentre lui continuava a imboccarla, prima chiedendole semplicemente di aprire la bocca e diventando poi un po’ più fantasioso, sorridendo ogni qual volta il visino di lei si illuminava.
Sam si limitò a mangiare in silenzio e a guardare la scena con un sorriso sulle labbra. Dean, quando voleva, ci sapeva fare. Sembrava inizialmente pietrificato dalla presenza di quel piccolo angioletto ma vederlo adesso, guardarlo mentre si dava da fare per farla mangiare, mentre giocava con lei era qualcosa di diverso, qualcosa che mai si sarebbe aspettato di vedere.
Per un istante, il pensiero che Dean potesse diventare padre gli attraverò il cervello, veloce come un fulmine. Sarebbe stato un buon padre, lo dicevano i suoi occhi verdi adesso luminosi e giocosi, lo diceva il modo in cui alzava il cucchiaio e lo faceva volare, il modo in cui guardava la bimba, con dolcezza, tenerezza.
Dean sarebbe stato il papà più bello e fantastico del mondo, ci avrebbe scommesso.

Un’altra certezza di Dean Winchester era di non saperci fare con i bambini, ma dopo il pranzo del giorno prima e i suoi giochi con Eve fu costretto a ricredersi, e la certezza crollò frantumandosi come un vetro che cade al suolo.
Raggiunse Sam ed Eve sul divano consunto, si sedette accanto a suo fratello e guardò la bambina che, stremata dai giochi, si era addormentata sulle sue ginocchia.
-Sembra un angelo- disse Sam con un sorriso tenero e Dean si ritrovò ad annuire.
Avvicinò il viso a quello di Eve e le poggiò un piccolo, delicato bacio sulla guancia rosa e paffuta, appoggiandosi a Sam per non perdere l’equilibrio.
-Ammettilo che lei ti piace-
-Sam, è adorabile, d’accordo, ma no-
Sam si morse le labbra e annuì, il viso contratto in una smorfia dura. Certo, no. Eve non sarebbe mai rimasta, poco sarebbero importate le sue suppliche e i suoi “per favore”. Dean non lo avrebbe mai permesso, avendo anche dei buoni motivi, ma lui la pensava diversamente.
-Sammy, cerca di capire- mormorò Dean avvicinandosi e guardandolo negli occhi. –Non possiamo, non ne abbiamo il diritto e non è giusto-
-È rimasta sola al mondo, Dean-
-Non puoi saperlo- Dean lo guardò duramente. –Magari avrà dei parenti da qualche parte, parenti che potranno prendersi cura di lei. Dovremmo cercarli prima di trovare un qualsiasi orfanotrofio-
Sam si alzò in piedi, Eve tra le sue braccia.
-Certo- disse freddamente prima di sparire in camera da letto. Dean lasciò cadere la testa contro il cuscino del divano e sospirò stancamente, coprendosi gli occhi con le mani. Sapeva che sarebbe andata a finire così. In soli due giorni quel piccolo angioletto li aveva completamente stregati, e non era un bene.
Si decise ad alzarsi e a seguire Sam in camera. Lo trovò, come nei due giorni passati, steso sul letto con Eve dolcemente addormentata tra le sue braccia, il visino contro il suo petto e la manina che stringeva un lembo della sua maglietta.
Si sedette sul letto proprio dietro Sam e quello non si voltò nemmeno a guardarlo.
-Sammy, per favore, cerca di capire-
-Ho capito benissimo, Dean- rispose l’altro, secco. Dean sospirò.
-Non prendertela con me, lo sai che lo faccio per lei- mormorò alle spalle di Sam che sussultarono.
-Dean, vattene-
-Sam-
-Ho detto vattene, sta dormendo e non voglio che si svegli-
La voce di Sam era dura, il tono secco, e a Dean non rimase altro che alzarsi e lasciare la stanza.
Sam accarezzò la piccola mano candida attaccata alla sua maglietta, carezzò dolcemente i boccoli biondi districando piano i nodi che vi trovava.
Eve sembrava così tranquilla e in pace, in quel momento. Dormiva beatamente, il volto sereno e rilassato, ed era così bella. Era così piccola e fragile che Sam aveva quasi sempre paura di romperla, come una bambola di porcellana; era così indifesa e dolce che non avrebbe mai voluto lasciarla andare. Probabilmente il suo era un atto di puro egoismo, ma non aveva intenzione di separarsi da quel piccolo miracolo una volta che era entrato nella sua vita.
Perché Eve era quello, in realtà, un miracolo avvenuto giusto la vigilia di Natale, un piccolo e dolce miracolo dagli occhi blu.
Sospirò, baciandole la fronte, e lei si mosse per accucciarsi ancora più contro di lui, in cerca di calore.

Un’altra delle solide certezze di Dean era che sarebbero stati lui e Sam, solo loro due, fino alla fine.
Adesso, invece, c’era Eve. Quella piccola bambina era entrata nelle loro vite all’improvviso, senza preavviso, e le aveva stravolte completamente. Persino le loro abitudini erano cambiate, per lei.
In più, erano ancora in quel motel, quattro giorni dopo averla trovata, quando invece avrebbero dovuto essere a caccia da qualche altra parte.
La bambina era adorabile. Ogni volta che rideva Dean poteva sentire il cuore riscaldarsi, ogni volta che incontrava i suoi gioiosi occhi blu gli veniva da sorridere, ogni volta che la teneva tra le braccia non riusciva a non sentirsi bene.
Il problema era proprio quello, in realtà. Si erano affezionati troppo, stavano cominciando a voler bene a quella bambina come se fosse una figlia, e se anche Sam manifestava i suoi sentimenti in maniera più aperta, Dean non poteva dire di non volerle bene. Ed era un problema.
Quando lei rise, gioiosamente, richiamando la sua attenzione si voltò a guardarla. La trovò intenta a giocare con Sam, seduti sul divano, e a ridere a più non posso.
Erano belli. Lei e Sam, in quel momento. Con il sole che filtrava dalle finestre e illuminava i loro volti, con le guance rosate, con gli occhi accesi, e quei sorrisi che avrebbero mozzato il fiato a chiunque.
Aveva appena pensato che suo fratello fosse bello. Aveva appena pensato che suo fratello fosse bello e la cosa non lo disturbava affatto. Non che pensasse –o avesse mai pensato- che Sam fosse brutto, sapeva che era un bel ragazzo, ma non ci aveva mai fatto caso più di tanto.
Adesso, invece, con gli occhi divertiti e quel sorriso, con la luce del sole sui suoi capelli, con quello sguardo dedicato a Eve Dean pensava che Sam fosse bellissimo.
Un’altra risata di Eve e un suo sguardo gli fecero capire che avrebbe dovuto unirsi al gioco anche lui e così ubbidì, gli occhi della piccola puntati nei suoi mentre si avvicinava e sedeva accanto a lei, mentre cominciava a solleticarla facendola ridere.
Sam lo guardò, una punta di freddezza nello sguardo stemperata dalla gioia del momento, e tornò a dedicarsi alla bambina anima e corpo.
Giocarono fino a non poterne più, giocarono fino a che il sole tramontò, fino a che Eve non fu così stanca da crollare addormentata sul divano mentre Sam le preparava un bicchiere di latte.
Quando tornò, il latte in mano, la trovò con la testa poggiata sul grembo di un Dean mezzo addormentato, i boccoli dorati sparsi ovunque. Sorrise dolcemente mettendo da parte il bicchiere, la sollevò con delicatezza e se la strinse al petto.
-Dean…- mormorò, ricevendo un grugnito per risposta. –Dean, vieni a dormire-
Dean aprì gli occhi prima socchiusi e lo guardò. Si alzò, camminando quasi come uno zombie, e lo seguì in camera.
Quando Sam si stese accanto alla piccola vide Dean farsi un po’ di spazio e rimanere in quel letto con loro due, Eve al centro, mentre lo guardava con quei suoi verdi occhi assonnati.
Sam non protestò. Si limitò a coprire tutti e tre e a guardare Dean, avrebbe potuto rimanere a guardarlo all’infinito e quell’attimo era così intimo, e nonostante ce l’avesse ancora un po’ con suo fratello non riuscì a cacciarlo via.
Dean portò una mano ad accarezzargli una guancia e sentì Sam fremere a quel contatto. Poi, sporgendosi oltre Eve, raggiunse il suo viso e poggiò le labbra sulle sue, baciandolo piano.
-Buona notte, Sammy-
-‘Notte, Dean-

Sam sapeva che, nonostante quello che era successo la notte prima fosse una cosa decisamente strana, era in un certo modo normale. Dean era suo fratello, erano cresciuti insieme da sempre, avevano un rapporto speciale, non c’era niente di sbagliato in quel bacio.
Era stato così naturale che quando Dean entrò nella stanza il mattino dopo, assonnato e con un sonoro sbadiglio, Sam lo salutò con un altro bacio mentre Eve era alle prese con la sua colazione.
Dean sfiorò piano le sue labbra, rispondendo al bacio, e si servì del caffè.

Dean Winchester aveva alcune certezze, nella sua vita, alcune delle quali erano molto importanti e forse la più importante di tutte era che amava suo fratello con tutto il cuore. Sam era la persona più importante della sua vita, lo era stato sin dal momento in cui John glielo aveva messo tra le braccia per farli sfuggire all’incendio, forse lo era stato sin dal primo momento in cui lo aveva visto, piccolo e raggrinzito, tra le braccia di sua madre.
Questa certezza non sarebbe mai venuta meno, Dean lo sapeva. Tutto il resto avrebbe potuto crollare ma il sentimento che legava lui e Sam sarebbe rimasto per sempre, fino alla fine di tutto e anche oltre.
Era passato qualche altro giorno da quando avevano trovato Eve, e mentre la piccola si abituava a loro e loro a lei Dean non poteva fare a meno di cercare se ci fosse davvero qualcuno al mondo, qualcuno vicino a lei, qualcuno che potesse essere la sua famiglia che fosse in grado di prenderla con sé.
Ma le ricerche avevano avuto risultati infruttuosi. Non era riuscito a trovare i nomi dei genitori della bambina, la piccola stessa sembrava essere sbucata dal nulla, e non conoscendo questi dettagli basilari non era stato in grado di rintracciare alcun parente, prossimo o no.
Avevano finito di cenare da un pezzo ed erano seduti tutti e tre davanti alla tivvù, quell’ultimo dell’anno, a guardare il programma preferito di Eve: i cartoni animati.
Sam la teneva sul suo grembo mentre Dean stava al suo fianco, una mano oltre la spalliera del divano poggiata sulla spalla di Sam e l’altra ad accarezzare i boccoli biondi.
Guardarono tanti cartoni da stancarsi, almeno loro due. Eve li amava. Avrebbe potuto stare ore ed ore a guardarli in televisione senza mai stancarsi, avrebbe potuto guardarli e ridere per ore intere ma le avrebbe fatto davvero male.
-È ora di dormire, piccola- disse Dean, stanco di topi che avevano cani, di paperi e papere, di paperotti e compagnia bella. Eve si esibì in un flebile lamento e lo guardò, i grandi occhi blu spalancati e imploranti.
-Solo un altro po’, Dean- disse Sam poggiando la testa contro la sua spalla. –Solo altri dieci minuti e la mettiamo a dormire-
Eve sorrise, raggiante, e tornò a guardare la tivvù mentre Dean sbuffava e poggiava la guancia contro la testa di Sam.
-La stai viziando- mormorò contro i suoi capelli. Sam sbuffò.
-Avrà tempo per non essere viziata, quando sarà all’orfanotrofio- disse infilando il naso nel collo di Dean e solleticandolo con il respiro.
Dean sentì un’impercettibile stretta allo stomaco e non disse niente. Prese ad accarezzare i capelli di Sam con una mano, lentamente, e gli baciò la testa.
-Andiamo a dormire- sussurrò. Le giornate con Eve erano quasi più stancanti della caccia, si alzavano prestissimo per starle dietro, la facevano giocare tutto il giorno, l’avevano portata anche a fare delle passeggiate in città dove le occhiate della gente li raggiungevano, shockate.
Non era nemmeno mezzanotte e Dean era così stanco che non riusciva a reggersi in piedi.
-Aspettiamo almeno il nuovo anno- mormorò Sam contro il suo collo, facendolo rabbrividire.
Non poteva dirgli di no, ovviamente. Né a lui né a quel demonietto dai capelli biondi che li aveva soggiogati al suo volere.
Così attese, rischiando di addormentarsi, che l’orologio segnasse la mezzanotte e con quella l’arrivo di un nuovo anno e chissà cos’altro quello avrebbe portato con sé.
-Buon anno nuovo, Dean- biascicò Sam sempre contro il suo collo, così stanco da non capire più niente. Dean sorrise.
-Buon anno nuovo Sam- disse piano. –E buon anno nuovo anche a te, piccola peste-
Eve lo guardò sorridendo e quando tese le braccia si lasciò prendere senza troppe storie. Le era stato concesso del tempo in più, mica tutta la notte.
Così, con la piccola stanca e sorridente tra le braccia Dean si tirò su, tirando Sam per un braccio.
-Avanti, andiamo-
Sam mugolò qualcosa di incomprensibile e si lasciò trascinare in camera, dove crollò sui due letti che erano stati avvicinati per formarne uno solo, più spazioso.
Dean spogliò Eve e le mise il pigiama rosa che le aveva comprato Sam il giorno di Natale, quindi la stese sul letto, la testolina bionda appoggiata sul cuscino, e si dedicò a suo fratello.
Gli tolse le scarpe e le calze, gli sfilò dolcemente i jeans e la maglia e lo aiutò a infilarsi quella tuta lacera che usava come pigiama, nonostante le proteste.
Si sistemò anche lui e raggiunse gli altri due sul letto, abbracciando e baciando Eve, sporgendosi per baciare Sam proprio mentre un sussurro flebile li raggiungeva e li sconvolgeva, facendoli sorridere e facendogli quasi venir voglia di piangere.
-Papà…-

Un’altra delle certezze di Dean, ossia quella che niente avrebbe sconvolto la sua vita –non dopo esser sopravvissuto all’Apocalisse-, era crollata miseramente quando Eve aveva pronunciato quella piccola, semplice parola e il suo cuore aveva fatto un salto di gioia.
Con Sam non ne avevano parlato, il mattino dopo. Si erano svegliati abbracciati, la piccola in mezzo a loro, e avevano sorriso.
Dean aveva poggiato le labbra su quelle di Sam, le aveva accarezzate con la lingua, aveva accarezzato la lingua di Sam con la propria e il calore della sua bocca lo aveva fatto sorridere.
Sam gli aveva poggiato una mano sul viso, sempre attento a non schiacciare Eve, lo aveva attirato di più a sé e aveva approfondito il bacio.
La piccola si era svegliata in mezzo a loro e con gli occhietti ancora assonnati e socchiusi li aveva abbracciati entrambi, poggiando due piccoli baci sulle loro guance.
-Buon giorno, piccola- aveva sussurrato Sam baciandole la testolina bionda.
Mentre baciava di nuovo suo fratello, Eve attaccata alla sua maglia e accucciata contro il suo corpo, Dean capì una cosa.
La vigilia di Natale aveva portato a lui e Sam un dono più grande e meraviglioso di qualsiasi altro. Aveva portato loro un piccolo angelo, e quel piccolo angelo aveva fatto loro capire che l’amore che provavano l’uno per l’altro era troppo forte per essere ignorato.
-Ti amo, Sammy- mormorò Dean dolcemente. –E amo anche te, piccola-
Li abbracciò ancora una volta, rimase a guardare suo fratello negli occhi cercando di comunicargli tutto quanto, tutto quello che gli bruciava dentro, tutte quelle emozioni capaci di sovrastarlo completamente.
Senza bisogno di parole Sam capì, perché quello che sentiva Dean lo sentiva anche lui, forte al centro del suo petto.
-Ti amo anch’io, Dean- mormorò specchiandosi nei suoi occhi e sentendo sulla pelle, fin dentro alle ossa, il vero significato di famiglia.

*The End*


Buon Natale, gente! <333 (e ricordate che, se volete farmi felice come nemmeno Babbo Natale, basta lasciare un commentino :D)
Xoxo, B.
   
 
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