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Autore: MrEvilside    25/12/2009    3 recensioni
Sebastian non aveva mai compreso l’assurda convinzione che gli umani avevano sviluppato nel corso dei secoli – in particolar modo durante quell’epoca –, secondo la quale ogni festa presupponeva l’utilizzo di sfarzose decorazioni che il più delle volte varcavano la soglia del ridicolo. Non che fosse interessato all’uso che gli uomini facevano del loro denaro; semplicemente, si chiedeva come potesse essere definito elegante appesantire i rami d’un albero con bambole, dolci e giocattoli.
Vagamente dopo la morte di Madame Red, priva di senso, ignobilmente demenziale, frutto del puro e semplice fangirlismo. E buon Natale, EFP e Bella.
[Sebastian x Grell]
Genere: Romantico, Commedia, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis
Note: What if?, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A _BellaBlack_.
Avrei voluto dedicarti una Undertaker x Ciel, ma tutto ciò che ho saputo produrre è stata l'ennesima Sebastian x Grell. Ti prego di perdonarmi.
Ad ogni modo, grazie per esserti fatta amare così in fretta, per tutte le dediche che tu hai scritto per me, per tutte le Sebastian x Grell che stai scrivendo in quest'ultimo periodo e perché sto già iniziando a volerti bene, dal momento che le pazze se la intendono subito.
Bah, non aggiungo altro. E perdona il delirio fangirlistico.
=ç= [Il nostro eloquente saluto]

Merry
[Humiliating] Christmas


-L’abete che avevate ordinato dalla Scozia è arrivato questa mattina, signorino-.
Sebastian non aveva mai compreso l’assurda convinzione che gli umani avevano sviluppato nel corso dei secoli – in particolar modo durante quell’epoca –, secondo la quale ogni festa presupponeva l’utilizzo di sfarzose decorazioni che il più delle volte varcavano la soglia del ridicolo. Non che fosse interessato all’uso che gli uomini facevano del loro denaro; semplicemente, si chiedeva come potesse essere definito elegante appesantire i rami d’un albero con bambole, dolci e giocattoli.
Tuttavia il suo era soltanto l’umile parere d’un maggiordomo e, se il suo padrone considerava un abete decorato in modo tanto insolito un ornamento degno della sala dei ricevimenti della magione per il party natalizio che aveva deciso d’organizzare, lui si sarebbe limitato ad obbedire agli ordini e a far sì che ogni cosa fosse perfetta, come di consueto.
-Bene.- replicò Ciel, accompagnandosi ad un vago cenno del capo. -Occupatene tu, Sebastian. Voglio che sia sistemato al centro della sala e che la stella d’oro sia posta sulla sua cima-.
Il demone portò una mano al petto e piegò il busto in avanti nell’accenno d’un inchino. -Come preferite, mio signore.- rispose. -In ogni caso, se posso permettermi, ho trovato quantomeno singolare il desiderio del signorino di festeggiare questa ricorrenza. Che io sappia, il mio padrone non ama particolarmente questo genere di celebrazioni, o mi sbaglio?- aggiunse nell’incurvare le labbra in un sorriso screziato d’impercettibile scherno.
Il conte inarcò un sopracciglio, stirando la bocca in una smorfia nell’avvedersi del sarcasmo negli occhi scarlatti del servitore. -Londra dovrà ricordare per lungo tempo i festeggiamenti in onore del Natale della Funtom Company.- ribatté in tono glaciale. -È questo l’unico motivo per il quale ho preso la decisione di organizzare il party, sono stato sufficientemente chiaro?-.
-Ma certo, signorino. Vi prego di perdonare la mia insolenza-. Sebastian si piegò in un inchino deferente, giungendo quasi a sfiorare il pavimento con il ginocchio – eppure, il ghigno non si era spento sulle sue labbra. -Ogni bambino, tuttavia, attende con ansia questa festività: non vi sarebbe stato nulla di male se anche voi foste stato affascinato da questo… spirito natalizio.- osservò, innocentemente provocatorio.
Nulla era paragonabile al diletto che provava nel vedere il padrone scomporsi a causa sua – in particolar modo perché tale divertimento nel vedere la maschera d’indifferenza che entrambi erano soliti indossare frantumarsi era ampiamente ricambiato dal ragazzino, ed ogni crepa che l’uno o l’altro riusciva a praticare in quel travestimento aveva il delizioso sapore d’una piccola vittoria.
Ed era squisita, l’ira sottile che intorbidiva lo sguardo di Ciel, mentre questo scivolava distrattamente sulla lista degli invitati che il giovane conte stava preparando, nel tentativo di sfuggire agli occhi avidi del maggiordomo.
Ma poi, nel soffermarsi su un nome in particolare, un sogghigno piegò morbidamente gli angoli della bocca del nobile allo sbocciare d’un pensiero – era il turno della maschera del demone di cadere in pezzi.
-Hai ragione, Sebastian: i doni fanno parte dello spirito natalizio.- concordò con fare dolcemente divertito. -Ed io voglio che tu li distribuisca ai nostri ospiti, domani sera. Sarà un’ottima pubblicità per la Funtom.- dichiarò, tendendo l’elenco nella sua direzione con una mano e deponendo pigramente il mento sul dorso della gemella.
Sebastian scorse il foglio sino ad incontrare il nome che aveva attirato l’attenzione del suo signorino. -Ah, capisco.- commentò monocorde. -Lord Smith deve avervi suggerito Santa Claus, il portatore di regali che sta divenendo parte della tradizione popolare degli Stati Uniti in questi ultimi tempi, nevvero? Non trovate sia un po’ infantile?-.
Ed era un piacere senza pari, l’arcuarsi del sopracciglio del demone, l’incupirsi delle sue iridi color sangue ed il contrarsi della mascella in un’espressione d’impassibile irritazione – mai avrebbe immaginato che desiderare l’anima di Ciel Phantomhive avrebbe comportato il dover abbassarsi a qualcosa di tanto ridicolo.
In fondo l’hai detto tu, che sono un bambino.
-La Funtom produce giocattoli per bambini. L’accostamento d’una figura tanto infantile, come la definisci tu, alla compagnia sarà un indubbio vantaggio per noi.- obiettò il giovane conte in tono pratico. Poi, inclinando la testa da un lato, lo stuzzicò beffardamente: -È forse un problema per te obbedire a quest’ordine?-.
-Ovviamente no.- assicurò il servitore, increspando le labbra in un cortese sorriso dall’acre aroma di forzatura nel restituire la lista. -Andrò immediatamente a preparare un abito rosso che si adatti al mio ruolo ed ordinerò i doni. Se adesso mi consentite di congedarmi, signorino…-.
-Fa’ che tutto sia perfetto, Sebastian.- concluse il nobile, rivestendo il volto e la voce del consueto velo di distacco nel concentrarsi nuovamente sull’elenco.
Il maggiordomo chinò il capo in una riverenza e nell’aria ancora echeggiava quel suo Yes, my Lord, pregno d’uno sdegno quasi tangibile, quando la porta si fu chiusa alle sue spalle.
Un abbozzo di risata di soffice divertimento sfuggì alla bocca socchiusa di Ciel – il conte di Phantomhive non perdeva mai.

Sebastian si inchinò all’ennesima dama e le rivolse un amabile sorriso, porgendole con entrambe le mani un pacco avvolto da una pregiata stoffa e serrato da un fiocco di morbida seta, cremisi quanto il vestito che aveva indosso.
-Vi prego di accettare questo omaggio in segno di ringraziamento per essere presente questa sera.- disse in tono garbatamente dolce.
Un tenue rossore si dipinse sulle gote della donna mentre questa accettava il regalo e, accompagnandosi ad un sorriso, replicava con delicata gentilezza: -Ve ne sono molto grata-.
-Vi auguro un lieto proseguimento ed un buon Natale.- rispose il servitore, eseguendo una seconda, elegante riverenza. -Sarebbe un piacere incontrarvi di nuovo-.
Nell’osservarla allontanarsi, aggrottò la fronte udendola commentare in direzione d’un’amica quanto il Santa Claus di Lord Phantomhive fosse carino e nascondere una risata dietro le dita.
-Oh, cielo.- sospirò, socchiudendo gli occhi in un’espressione rassegnata.
Sarebbe stato ricordato abbigliato di quegli indumenti assurdi, sarebbe stato schernito da volgari esseri umani, almeno fino a quando quel party non fosse caduto nel dimenticatoio – quanto tempo avrebbe impiegato? Considerando la popolarità della Funtom, le più rosee aspettative non osavano scendere al di sotto delle centinaia d’anni.
Ciò che maggiormente lo infastidiva, tuttavia, era l’aver perso contro un moccioso viziato quale il suo signorino.
Perlomeno avrebbe potuto godere un poco del disappunto che avrebbe tinto il suo viso, nonostante la consapevolezza che un maggiordomo come lui non avrebbe mai commesso alcun errore, né il suo sorriso accomodante avrebbe mai ceduto il posto ad una smorfia – non in pubblico, certamente –, per quanto potesse essere umiliato.
-Sei splendido, questa sera, mio piccolo Sebas. Il rosso dei tuoi abiti ti rende dannatamente sensuale-.
L’amorevole sussurro gli accarezzò morbidamente l’orecchio, congelandogli in gola il sospiro sin quasi a soffocarlo.
-Che cosa sei venuto a fare?-. Si volse con lentezza, il demone, e studiò per qualche momento la figura innanzi a sé: il lungo abito scarlatto dalle maniche orlate di pizzi bianchi che l’adornava, i guanti candidi che nascondevano le mani, le scarpe color rubino dai tacchi alti che s’intravvedevano al di sotto della gonna vaporosa ed i capelli ordinati in boccoli rossi che ricadevano dolcemente sul petto. -Sei davvero ridicolo.- commentò infine, palesemente disgustato.
-Come, non ti piaccio?- sbuffò Grell, contrariato. -Ed io che ci tenevo tanto, che tu mi vedessi così. Sei fastidiosamente insensibile-. Eppure sorrideva nell’avvicinarsi di qualche passo. -Ma sei bello al pari del più proibito dei peccati ed è questo che più mi affascina di te.- aggiunse, portando la lingua a inumidire le labbra in un gesto lascivo.
-Se non ci fossero tanti spettatori, ti ammazzerei ora.- sibilò Sebastian, freddo. -Ti consiglio di fare immediatamente ritorno al tuo Mondo, prima che perda quel poco di pazienza che ho conservato-.
-Non puoi scacciarmi tanto sgarbatamente: se William sapesse dove mi trovo, farebbe a pezzi la mia Falce. Ho infranto le regole soltanto per te.- si lamentò lo Shinigami.
-Io non te l’ho mai chiesto.- obiettò il maggiordomo, asciutto. -E non tentare di commuovermi: oltre a non possedere un cuore che mi permetta di provare compassione, credi che non sappia quanto ti diverti a non rispettare il regolamento degli Dei della Morte? Te lo ripeto: vattene-.
-Forse solo un po’.- confessò il mietitore, accompagnandosi ad un ghigno. -In ogni caso,- proseguì, conducendo una mano a stringere la gemella dietro la schiena ed agitando i fianchi al pari d’un bambino che, impaziente, attende il suo dono -questa sera sei Santa Claus, non è vero? Non hai nessun regalo per me, Sebastianuccio? Non me ne andrò finché non ne avrò avuto uno-.
E com’era sensuale, la tentazione che attirava il demone nelle sue danze di sangue e morte, suggerendogli maliziosamente di squarciare quella gola fasciata d’un nastro, cremisi quanto la linfa vitale che sarebbe sgorgata dalla ferita, di strappare le corde vocali a quella bocca che non sapeva farne altro uso se non quello d’irritarlo, di spezzare una ad una le ossa di gambe e braccia affinché non potessero più muoversi.
E tuttavia v’era quel misero, sciocco impedimento che non gli permetteva di saziarsi della fine di quell’insopportabile semi Dio.
Risuonò solenne nel suo orecchio, quello Yes, my Lord che aveva pronunziato, quell’assenso che l’aveva legato al compito d’elargire ad ogni ospite il dono perfetto – quella maledizione che lo contraddistingueva e che adesso si stava ritorcendo contro di lui.
Ma era un diavolo di maggiordomo ed avrebbe dovuto obbedire, ancora una volta.
-Il tuo regalo…-. Si specchiò negli occhi pregni di speranza di Grell, promettendogli l’omicidio più lento e doloroso del quale si fosse mai macchiato, mentre al contrario la sua voce gli concedeva ben altro: -Il tuo regalo sono io-.
Rallentate dall’incertezza che si era diffusa nell’intero corpo come una cancrena, le mani dello Shinigami si poggiarono esitanti sul viso del servitore. -Tu…?- sussurrò, incredulo, contro le labbra chiuse in un’aspra smorfia. Poi rise nel leggere la conferma in quelle iridi rossastre e si levò sulle punte dei piedi, assaporando alla distanza d’un sospiro i baci che desiderava quella bocca gli donasse. -E mi darai tutto ciò che chiederò?- domandò, increspando le labbra in un ghigno gravido d’eloquenza.
-È necessario.- sibilò Sebastian con lugubre semplicità.
-Mi regalerai questa notte, Sebastianuccio?- lo pregò il Dio della Morte in un mormorio intriso di morboso desiderio.
Il maggiordomo si limitò a profondersi in un inchino aggraziato e a tendergli di malavoglia un braccio, al quale il mietitore si avvinghiò avidamente.
-Prego, signorina,- l’invitò il demone, tremendamente consapevole della curiosa attenzione che gli astanti rivolgevano loro e dei sussurri maliziosi che serpeggiavano nella sala in proposito, mentre si incamminava in direzione della porta -permettetemi di guidarvi nelle mie stanze-.
Socchiudendo il battente e scostandosi gentilmente affinché il semi Dio potesse uscire per primo, per un istante i suoi occhi si posarono sull’espressione profondamente divertita del conte, occupato in una discussione con altri nobili.
E consumarono un’intera vita in quello scambio di sguardi, il servitore ed il servito, sangue nel più profondo oceano, umiliata crudeltà nella più dilettata superbia.
Infine, il demone gli rivolse un educato cenno di saluto ed un affabile sorriso, oltrepassò la soglia, chiudendosi la porta alle spalle, e condusse Grell lungo i corridoi ammantati di silenziosa oscurità, sino al piano superiore della magione ed all’interno della sua camera.
Poi, lo Shinigami sciolse l’abbraccio, lo prese per mano e sedette sul bordo del letto, attirandolo sopra di sé. -Prendimi, Sebastian.- l’incalzò in un sibilo lussurioso. -Graffiami, mordimi, fammi gridare di dolore mentre spingi dentro di me. Voglio sentire quanto stai odiando questo momento, quanto mi stai odiando. Voglio sentire quanto ti fa schifo fare sesso con me-.
Si chinò sul suo orecchio, Sebastian, storcendo le labbra in un ghigno tetro. -Oh, con molto piacere, signorina.- ribatté, sottolineando beffardamente lo stesso nome che aveva utilizzato poc’anzi nella sala e che adesso poteva schernire, non più bisognoso di mantenere quella facciata di dolcezza della quale un gentiluomo è solito far uso con una dama.
E fu l’amplesso, furono le dita che toccavano, stringevano, affondavano nella pelle sino a farla sanguinare, furono le bocche che si opprimevano l’un l’altra in baci privi d’amore e furono i lamenti sofferenti del Dio della Morte quando il maggiordomo si fece strada nel suo corpo senza pietà alcuna – rispettando la richiesta che lui stesso gli aveva fatto – e la calda linfa vitale, di quel colore che tanto amava, colò sulla carne fremente delle cosce.
Ed infine fu soltanto un voluttuoso ansito nelle tenebre – Merry Christmas, Sebas-chan.



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Passando alla storia in sé: è una cosa che ho partorito in tre giorni - questo compreso -, scaturita dal mio fangirlismo e dalla mia insaziabile voglia di Sebastian e Grell. Pertanto, non ho pretese in merito, né sulla trama, né sull'IC, dal momento che potrei tranquillamente definirla uno sproloquio senza capo né coda, che ha motivo d'esistere soltanto per strappare qualche sorriso - e, in particolar modo nell'ultima parte, qualche =ç=.
Ho soltanto un appunto su Sebastian: è tanto infastidito dal suo ruolo di Santa Claus soprattutto perché, oltre al costume ridicolo in sé, essendo un demone, "far parte" d'una festa cristiana quale il Natale deve essere decisamente umiliante per lui.
Oh, e non è che intendevo dire che Lord Smith avesse suggerito verbalmente a Ciel l'idea di Babbo Natale; semplicemente, nel leggere il suo nome - il nome d'un inventato nobile statunitense -, gli è venuto in mente [leggete la sezione "Babbo Natale" nel sito del link al quale vi rimando per capire].
Ah, e sarebbe carino che chi inserisce nei Preferiti perda due secondi a dirmi per quale motivo.
Beh, basta. E buon Natale.
Chu.

Saeko no Danna, il Giullare
  
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