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Autore: Black Chevy    27/12/2009    1 recensioni
Papà e Sammy stanno di nuovo litigando. Lo capisco ancora prima di entrare in casa. E’ come una vibrazione negativa che passa anche attraverso le pareti...
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una breve storia che avevo scritto tempo fa ambientata prima dell’inizio della serie. Spero che vi piaccia^^
 
Papà e Sammy stanno di nuovo litigando.
Lo capisco ancora prima di entrare in casa. E’ come una vibrazione negativa che passa anche attraverso le pareti. Non ho voglia di sentirli sputarsi addosso veleno, come al solito. Hanno iniziato a comportarsi così da quando Sam ha compiuto quindici o sedici anni.
Prima era troppo in soggezione per rispondergli a tono.
L’ha sempre guardato come se fosse qualcuno da ammirare, ma di cui avere anche paura.
O forse quello che lo guardava – guarda – così sono io.
Mi fermo davanti alla porta, sollevando leggermente il viso e muovendo piano il collo, facendolo scricchiolare. Non so cosa darei per andarmi a fare una birra in pace.
Espiro a fondo, aprendo la porta e facendomi investire dalla prima ondata di grida.
Sam deve o vuole studiare durante le sue vacanze estive, papà deve o vuole portarlo a caccia con noi. Non riesco a schierarmi come al solito, non riesco a biasimare Sammy per non voler diventare un cacciatore, ma non posso nemmeno schierarmi contro papà.
E non perché è mio padre e mi ha insegnato a obbedirgli.
Sam è solo, là al campus. Ha imparato molto da papà e un po’ anche da me, ma è fuori allenamento. Sono mesi che non viene a caccia con noi, che non fa un appostamento notturno.
Potrebbe non riconoscere i segni. Potrebbe essere sorpreso di notte.
E non ci saremmo né io né papà a vegliare su di lui.
“Non mi ascolti nemmeno” grida Sam. I capelli gli ricadono scompostamente sugli occhi. Papà è in piedi, calmo. I lineamenti del suo viso sembrano scolpiti nel marmo. Non muove un muscolo, solo una lieve contrazione della mascella quasi indistinguibile coperta dalla barba.
“Com’è andata?” mi chiede quando entro in cucina con passo stanco.
“Bene” rispondo incolore.
Appoggio il fucile contro alla parete, dopo aver ricontrollato di aver inserito la sicura. Mi avvicino al lavandino e apro l’acqua, mentre Sam mi guarda un po’ in imbarazzo.
Mi ero fatto promettere che sarebbe rimasto calmo. E’ la seconda estate che litigano violentemente. Ha appena finito il suo secondo anno di college. Vuole diventare un avvocato o qualcosa del genere. Papà è orgoglioso di lui, ma non lo dimostra, come se farlo fosse un’ammissione di debolezza. Ha sempre avuto difficoltà a mostrare i suoi sentimenti.
Cristo, ha sempre avuto difficoltà anche a parlarci da padre a figlio.
Per lui è più facile trattarci come dei suoi sottoposti. Darci ordini, addestrarci, quello gli riesce bene.
Se mamma fosse ancora viva, credo che le cose andrebbero in modo diverso. Non solo la sua morte ha indurito il cuore di papà e gli ha fatto penetrare un dolore profondo dentro alle ossa, un dolore che non se ne va mai, che non gli da mai tregua, neppure un istante, ma credo che la sua morte le abbia impedito di ingentilirlo un po’, di renderlo meno duro con noi.
Se mamma fosse ancora viva, parlerebbe lei con Sam. E anche con papà. Lo farebbe ragionare. Ma mamma è andata, qui ci sono solo io a fare da cuscinetto tra loro.
Eppure non so farlo. Non mi sento in grado di appianare le cose tra di loro come farebbe lei. Posso solo cercare di restare vicino a uno e all’altro, sperando che prima o poi trovino un punto di incontro.
Mi lavo le mani, cercando di far venire via il terriccio da sotto le unghie, mentre uno spesso silenzio cala sulla cucina. Si sente solo il rumore dell’acqua che scorre.
Se continua a comportarsi così, Sam non tornerà più a casa.
Comincerà a raccontare delle scuse, a dire che deve rimanere all’università anche durante le vacanze.
Guardo le piastrelle bianche della cucina, continuando a strofinarmi le mani ormai pulite.
E io perderò mio fratello.
Chiudo l’acqua e afferro un asciugamano prima di voltarmi. Mi asciugo le mani con calma, prima di posarlo sullo schienale di una sedia.
“Domani sera vieni a caccia con me” dico, guardando mio fratello. Fisso i miei occhi nei suoi. Non tagliarci fuori, Sammy. Sei...sei solo là al campus.
E questo è l’unico modo che io e papà conosciamo per restarti vicino. Non chiuderci fuori.
Osservo con attenzione i lineamenti del viso di mio fratello e il modo in cui serra forte le labbra. Tutto il suo corpo è un fascio di nervi.
“Non faremo tardi” aggiungo dopo una manciata di secondi. Lui passa lo sguardo da me a papà e poi di nuovo a me. Ammorbidisce un po’ lo sguardo, espirando rumorosamente.
“D’accordo” dice alla fine, arcuando un po’ gli angoli della bocca “però guido io”.
Prendo l’asciugamano e glielo tiro addosso.
“Non se ne parla. Guidi come una vecchia” replico, andando verso il frigorifero.
Sam mi dice qualcosa, mentre sposto lo sguardo su papà. E’ come se respirasse di nuovo normalmente anche se la sua espressione lascia trapelare ben poco. Non mi dice grazie, non dice nemmeno mi dispiace o che ha esagerato.
Non dice niente. Si volta e fa per uscire dalla cucina.
Prendo due birre e gliene allungo una richiamandolo. Lui mi guarda sorridendo appena, dopo essersi fermato sulla soglia.
Non andare, papà. Sam è appena tornato e avete già litigato. Ha bisogno di sentire che non ce l’hai con lui.
“Ho del lavoro da fare” dice solo, prima di uscire dalla cucina. Sam non si gira a seguirlo con lo sguardo. I suoi occhi si riempiono di dolore solo per un istante, poi torna a guardarmi ed è come se niente fosse successo.
“La prendo io quella birra” dice, togliendomi la bottiglia dalla mano.
Siamo solo noi due in cucina, adesso. Un po’ come è sempre stato.
Io e Sam con la paura che nostro padre non torni mai più e che quella sia stata l’ultima volta che abbiamo potuto parlargli.
“Ehi, non sono mica sicuro che tu sia maggiorenne!” dico fingendo di togliergliela di mano.
“Non rompere, Dean” ribatte lui, ridiventando serio dopo qualche attimo. “grazie” mormora.
Non c’è di che, Sammy.
  
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