#1:
»Attesa.
“ When the wait is a bittersweet pleasure. ”
Labbro
mordicchiato
con insistenza, piede in fibrillazione che batte feroce sul pavimento
silente,
dita che torturano la stessa ciocca di capelli da quelle che paiono ore
ma che
sono solo una manciata di minuti.
Occhiate
febbrili,
lanciate a destra e a sinistra, la voglia di correre via, il groppo in
gola …
Come
sarà
andata?, la domanda che si pone Kagome ma che è
probabilmente la domanda che si
pongono il centinaio di studenti asserragliati in quel corridoio, che
non è mai
sembrato così stretto e claustrofobico: sembra una prigione!
Un
silenzio che
sa d’attesa e che viene interrotto di tanto in tanto dagli
strilli di Ayumi, in
preda all’ansia più sfrenata, e dagli sbadigli del
perdigiorno di turno.
La
prossima
volta studierò di più - lo
giuro, lo
giuro! È questo che si ripete Kagome lanciando, di tanto in
tanto, occhiatacce
ad un’ Ayumi che, no, non ha nulla di cui preoccuparsi secchiona com’è.
Una
porta che si
apre, la massa di studenti silenti e meditabondi che d’un
tratto si riprende
come un sol uomo, un cartello che viene affisso, l’ansia che
si fa palpabile
poi una porta che si richiude e … è
il panico.
Corpi
che
premono l’uno contro l’altro cercando di
avvicinarsi all’abito cartello
cercando di sapere, cercando di leggere il proprio nome, o almeno di sperare che ci sia.
Crisi
isteriche
un po’ ovunque, ragazzi che vengono alle mani, ragazze che si
spintonano nell’ansia
di sapere; e Kagome è tra loro, spinge chi può
cercando di non far male a
nessuno, mentre gli occhi, carichi di un’ansia mai provata,
vagano senza meta in
quel cartellone stracolmo di nomi.
Sente
Ayumi
strillare contenta seguita poco dopo da Eri e
Yuka.
E il suo di nome, dov’è?- Dov’è,
dov’è, dov’è?
Sull’orlo
delle
lacrime si lascia trascinare da una ciarliera Ayumi, che gli indica
concitata
un particolare nome, quasi in trance lo osserva per qualche secondo
cercando di
assimilarne il senso: #1000: Higurashi Kagome, numero di matricola
25678.
L’abbraccio
impetuoso di Ayumi, Eri e Yuka la coglie impreparata, mentre i suoi
occhi non
si discostavano da quella particolare linea, riga, e soprattutto, da
quel
particolare nome.
Asciugandosi
una
lacrima sul nascere ricambiò l’abbraccio, ancora
un po’ frastornata, ma ora
estremamente soddisfatta.
“Evviva,
ce l’ho
fatta!”
Strillando
insieme
agli altri promossi si guadagnò le occhiate acide di quelli
che, purtroppo, non
ce l’avevano fatta. E poi, si chiedevano tutti, come diavolo
faceva la
Higurashi a passare gli esami se praticamente non era mai a scuola?
Un
mistero insoluto, non c’era niente
da fare
A
poca distanza da lì, più precisamente in un
tempio Shinto, InuYasha sbuffava clamorosamente.
Sdraiato
su un lato sul pavimento della camera di Kagome, lanciava occhiatacce a
qualsiasi cosa, grattandosi la pancia distratto e osservando la porta
con
apprensione: di certo non voleva ritrovarsi a giocare, con un ossessivo
Sota,
ad uno di quei suoi giochi strambi che, come aveva detto che si
chiamavano?,
gli facevano venire un gran mal di testa.
Ma
quanto ci metteva Kagome a tornare?, si stava annoiando come pochi e
anche se
ne avesse sentito il bisogno, cosa del tutto assurda tra
l’altro!, non avrebbe
neanche potuto raggiungerla.
La
ragazza in questo era stata perentoria: “Prova a seguirmi e
te ne pentirai
amaramente, capito?” la frase, non del tutto rassicurante di
per sé, era stata
seguita da un’occhiata omicida e da un dito pericolosamente
puntato contro di
lui.
Pensò
fuggevolmente a quanti ‘Osuwari’ gli avrebbe
affibbiato se avesse anche solo
pensato a seguirla e rabbrividì appena, camuffando il gesto
- che di virile non
aveva nulla - in un
anonimo ma quanto
mai improbabile sbadiglio.
“Fraatellonee!
Fraatellonee!”, la voce infantile e ormai insopportabile del
fratellino
petulante di Kagome, interruppe i suoi pensieri e gli rizzò
i capelli sulla
testa.
Kami,
no, no e poi no! Non gli avrebbe fatto da cavia anche questa volta,
poteva
scordarselo!
Fu
breve il mezzo demone ad aprire la finestra e salire sul tetto alla
ricerca
della perduta tranquillità, la porta della camera di Kagome
che si apriva e la
voce squillante di Sota gli fecero intendere che, la
‘fuga’, era stata la
migliore delle scelte possibili.
La
voce delusa del marmocchio e la porta che si richiudeva gli fecero
tirare un
sospiro di sollievo e, ancora circospetto, rimise piede nella camera
stravaccandosi sul letto poco dopo.
InuYasha
capì, in quel noiosissimo momento che, no, le attese proprio
non gli piacevano;
anzi, a dirla tutta, lo snervavano infinitamente.
In
fin dei conti in vita sua non aveva mai aspettato.
I
demoni di certo non si facevano pregare, stessa cosa non poteva dirsi
di Naraku
ma, alla fine, era morto anche lui.
Ridacchiò
compiaciuto prendendosi a grattare distrattamente un orecchio, il linea
di
massima lui non aveva mai aspettato nessuno.
Era
sempre stato un tipo istintivo lui, che credete?, di quelli che se il
nemico
non si fa vedere non si faceva scrupoli ad andarlo a cercare ma, ora,
con un
divieto come quello e con una punizione così feroce se
l’avesse infranto, che
diavolo avrebbe potuto fare?
“Sono
a casaa!”
Ehi,
ma quella era la voce di Kagome!
Saltò
d’un tratto in piedi come una molla ma poi, dandosi dello
stupido, ritornò
nella sua amata posizione, scegliendo di nuovo il pavimento per
stravaccarvisi sopra.
Di
certo non voleva dargli soddisfazioni, eh no!, non a lei che lo aveva
fatto
attendere così tanto: meglio fingere indifferenza,
sì, sarebbe stata sicuramente
la scelta migliore.
Stupidamente
agitato, ma senza la forza d’ammetterlo, ascoltò i
passi sempre più vicini di Kagome.
Come
un tornado la ragazza entrò nella camera buttando la borsa
da un lato e,
blaterando di un non so quale esame, si buttò allegra sul
letto.
InuYasha
la guardò assorto e un po’ sconvolto, a cosa era
dovuta tutta quell’allegria? Ma,
si ritrovò a
pensare subito dopo, qualsiasi
cosa fosse, se rendeva Kagome così felice e sorridente
poteva anche andar bene.
“InuYasha!”,
esordì lei subito dopo, rizzandosi a sedere, “Ho
passato l’esame!”
Muti interrogativi passarono sul volto
del hanyou che, in tutta franchezza, non sapeva di cosa stesse parlando
la
giovane. “Fhè”, esordì con il
suo solito aplomb,
“ Sei stata via per colpa di uno stupido esa-coso?” scosse la testa
incrociando braccia e gambe, palesemente
sconvolto da un’affermazione così stupida.
Kagome, dal canto suo, non lo
schiacciò
sul pavimento solo perché probabilmente avrebbe sgualcito il
tappeto, “Si chiama esame, InuYasha, e t’assicuro
che non era affatto
stupido, anzi! Mentre aspettavo i risultati credevo di non avercela
fatta.”
InuYasha, sordo a qualsiasi cosa che
non lo riguardasse, esclamò “Ah! Tu hai aspettato?
E a me non pensi? Mi sono
annoiato da morire!”, sbuffò contrariato esordendo
in un: “Odio aspettare!”
seguito da tanto di sbuffo e occhiata in tralice.
Effettivamente, InuYasha, non aveva
mai
aspettato nessuno: un piccolo sorriso le increspò le labbra
al pensiero che lei
era la prima, “Beh, ma è ovvio InuYasha, tra noi
due quella che ha aspettato
sono sempre stata io!”
Rise divertita osservando
l’espressione
vuota di InuYasha che, evidentemente, si rendeva conto di aver perso un
pezzo
molto importante della frase.
Kagome, ancora ridendo,
scivolò sul pavimento
buttandosi sul petto di InuYasha , e abbracciandolo, esclamò
“ In fin dei conti
non è così brutto aspettare, no?”
E InuYasha, sorpreso da
quell’abbraccio,
con il volto felice di Kagome contro il suo si disse che, no, aspettare
non era
poi così male.
_________________________________________________
Ma salveee! Un continuo della mia
raccolta “Graffiti decorations under a sky of dust”
ve l’avevo promessa, no? Per
quel che vale, e sperando che vi piaccia, io ho iniziato
un’altra raccolta che,
in modo malsano, è il continuo dell’altra.
La dedico a chiunque ha commentato
la precedente raccolta, a chi l’ha messa nei preferiti e nei
seguiti e anche
solo a chi l’ha letta.
Bye, bye.