Serie TV > Criminal Minds
Ricorda la storia  |      
Autore: Soul On Fire    29/12/2009    0 recensioni
Perché non posso semplicemente dormire? Perché il mio lavoro deve prendersi ogni giorno un frammento di me, e strapparlo via?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emily Prentiss
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore: Soul On Fire
Titolo: Drowning into my sleepless soul
Rating: PG
Categoria: Angst
Avvertimenti: F-Ship
Personaggio/i: Emily Prentiss, David Rossi
Storyline: Ambientata alla fine della quarta stagione, ma prima dell’episodio finale “To Hell…And Back”
Note: Scritta per un contest @ Criminal Minds Forum, con il prompt: Notte dopo notte mi sveglio tremando, perché il mio mondo sta andando in frantumi


DROWNING INTO MY SLEEPLESS SOUL

Coloro che hanno una grande consapevolezza, hanno grandi incubi.
Mahatma Gandhi.

Apro gli occhi, ma non so dove mi trovo. La luce illumina debolmente quello che credo sia un castello medievale, vista la conformazione della stanza, ornata da un soffitto chilometrico. Come sono finita qui? Non lo so, non mi ricordo niente, mi sembra di non avere un passato.
Mi alzo con grande fatica, i miei muscoli sono indolenziti, sembra che vogliano mettersi contro di me. Il mio corpo è un peso morto che devo trascinare con la sola forza di volontà, non è disposto alla collaborazione, proprio quando il mio istinto mi dice che devo fuggire.
Inizio a correre e mi sembra quasi di non toccare realmente il terreno, mi ritrovo per dei corridoi oscuri, illuminati soltanto qua e là da torce a olio che di lì a breve si spegneranno, perché l’atmosfera è troppo pesante anche per l’energia dirompente del fuoco.
Devo arrestare la mia corsa quando mi si para davanti una figura nota, ma che sono certa non dovrebbe trovarsi qui.
«Benjamin Cyrus?» domando con incertezza. L’uomo mi mostra il suo viso insanguinato e irreparabilmente sfigurato, poi annuisce e una risata funesta rimbomba nell’atmosfera.
«Sorpresa di vedermi, Agente Speciale Emily Prentiss?» ironico, si avvina sempre di più a me, che arretro ma inspiegabilmente perdo il contatto con il pavimento, che d’improvviso si fa scivoloso.
«Tu…tu sei morto in quell’esplosione. Sei soltanto un’allucinazione.» gli rispondo, pensando che probabilmente chi mi ha rinchiuso qui dentro deve avermi drogata.
«E dimmi…» continua lui ignorando le mie parole, «Anche questo è soltanto un’illusione?»
Mi colpisce inaspettatamente con una lama, senza che io abbia il tempo di difendermi. Vado a tamponarmi la ferita con la mano, ma sembra che il sangue non ne voglia sapere di fermarsi. E’ un dolore atroce, quello che provo, e non è assolutamente paragonabile al taglio che mi ritrovo sul braccio.
Dove diavolo sono? Perché Cyrus è vivo?
No, non lasciarti impressionare Emily, ragiona: Cyrus è saltato in aria, l’hai visto con i tuoi occhi.
Forte di questa consapevolezza, mi avvio per il corridoio e chiudo gli occhi come una bambina, sperando che mi lasci in pace, che sparisca come l’uomo nero delle fiabe. Quando li riapro, lui è dietro di me, non se ne è andato.
«Non puoi scappare in eterno, Emily.» mi dice semplicemente, per volatilizzarsi all’istante, come un fantasma.
Inizio a correre e mi fermo solo quando non ho più fiato, mi ritrovo in una stanza e sono circondata da diversi uomini. William Harris, Steven Baleman, Vincent, Roderick Gless, Megan Kane, Il Creatore di Angeli, Eric Olson… tutti assassini che io e il team abbiamo catturato e che ora mi si avvicinano, come se volessero inghiottirmi, come se volessero rubarmi l’ossigeno fino a farmi soffocare. Cerco rapidamente una via di fuga con gli occhi, ma è una stanza circolare e sembra che non ci siano porte. Sono sempre più vicini, iniziano a sfiorarmi e lasciare impronte insanguinate su di me, improvvisamente tutto diventa buio, capisco che… sono morta.


Mi sveglio di soprassalto, mentre un rivolo di sudore freddo cola sulla mia guancia. Inspiro tutta l’aria di cui sono capace e il mio battito accelerato poco a poco torna a farsi regolare.
Era soltanto un incubo, uno stupido brutto sogno. Mi accoccolo sotto le coperte di nuovo, ma le mani continuano a tremare. Rivedo chiaramente il volto deturpato di Cyrus, e immediatamente mi tasto il braccio, come se la ferita inferta fosse tangibile.
Non fare la stupida, Emily. Era tutto nella tua testa, non è reale.
Forse non lo è, ma comunque qualcosa dentro di me si è spezzato e non credo che sarà facile ricomporlo.
Tutto ciò che affrontiamo ogni giorno, il lato peggiore dell’essere umano, beh… non può non fare effetto. Non si può rimanere freddi e distanti per sempre, come mi ero ripromessa all’inizio.
Semplicemente non riesco più a vivere tutto dall’esterno, a trattarlo come un freddo caso scientifico da sezionare per riuscire a trovare il colpevole. Perché ci sono delle persone coinvolte, degli esseri umani, proprio come me. Individui che amano, che si lasciano coinvolgere da affetti, passioni, che soffrono… che vivono.
E non riesco più a essere l’Agente Speciale Emily Prentiss, la lucida poliziotta che analizza le situazioni ed elabora un profilo.
Al diavolo, non riuscirò a dormire questa notte.
Mi alzo e indosso le prime cose che mi capitano sotto mano. Sono in una camera d’albergo, quattro stelle e pagata dal Bureau, ma pur sempre una stanza che non fa parte di me, asettica e impersonale, alla quale non importa niente di chi trascorre le notti al suo interno.
Mi trascino come un fantasma avanti e indietro e ripenso a tutte quelle persone nel mio sogno. Vincent, il primo a provare rimorso grazie a un bimbo cieco che gli ha aperto gli occhi. Ripenso a Steven Baleman e William Harris, coloro che noi chiamiamo la tempesta perfetta: due esseri complementari che si incontrano per uno sfortunato caso del destino e danno vita a un temporale che lascerà dietro di sé solo morte e distruzione.
Perché non posso semplicemente dormire? Perché il mio lavoro deve prendersi ogni giorno un frammento di me, e strapparlo via?
Ho bisogno di alcol, un bel bicchiere è quello che serve. Potrò finalmente cadere in un sonno ristoratore e senza sogni, in modo da essere perfettamente in grado di continuare ad affrontare il caso al quale stiamo lavorando con tutta la professionalità che mi contraddistingue.
Mi chiudo la porta della camera alle spalle, e per un secondo mi sembra di scorgere il viso di Cyrus dietro le tende. Rabbrividisco, mentre cerco di cancellare quell’immagine dalla mia mente.
Era inevitabile che succedesse, era inevitabile che prima o poi dovessi fare i conti con me stessa, che dovessi fare un bilancio della mia vita. Valutare quanto ho dato e quanto ho ricevuto. Salvare delle vite però, è qualcosa che non ha prezzo, che non si può calcolare con precisione infinitesimale, è qualcosa che ti riempie la vita ed è l’unica ricompensa per tutto ciò che vediamo e che affrontiamo ogni giorno.
Scendo le scale immerse nel buio, proprio come nell’incubo correvo a perdifiato nei corridoi. Sembra una premonizione, anche se non sta accadendo fotogramma per fotogramma ciò che ho vissuto nella mia testa.
Una cosa però è certa, sto sfidando dei fantasmi, reali o meno che siano. O forse sto solo scappando da loro?
I miei pensieri non mi danno tregua, fino a quando non oltrepasso la hall deserta e mi fiondo nel bar dell’hotel, desolato anch’esso.
Certo, che ti aspettavi? Sono le tre del mattino.
L’unico a farmi compagnia è il barista, obbligato a lavorare fino a tarda notte per quei clienti che come me non hanno nulla di meglio da fare. Mi avvicino e mi accomodo su uno sgabello, di fronte al bancone in legno.
«Insonnia?» mi domanda mentre mi porge la lista, che rifiuto con cortesia perché so già dove andrà a parare la mia ordinazione. Annuisco silenziosa.
«Bourbon, grazie.» richiedo con gentilezza, passandomi una mano tra i capelli e spostando la frangetta ribelle che ogni tanto mi ricade fuori posto.
L’uomo scompare dietro la porta ad ante che lo separa dal retro, per fare di nuovo la sua ricomparsa qualche minuto dopo con una bottiglia dall’aspetto invitante.
«Kentucky Straight Bourbon Whiskey, invecchiato di 12 anni. Una specialità.» commenta, versandomene un bicchiere pieno. Mi lascio immediatamente rinfrancare dal suo profumo.
«Sia gentile, ne prepari un altro.» una voce conosciuta annuncia in questo modo la sua presenza alle mie spalle.
Sento i suoi passi avvicinarsi a me e infatti noto la sua figura prendere posto al mio fianco.
«Notte tormentata?» mi dice Dave, sorseggiando il whiskey che il nostro nuovo amico gli ha preparato.
«Già. Anche la tua?» ribatto, cercando di evitare il discorso.
«Sì, ma le mie notti sono insonni da un tempo infinito ormai. Divento vecchio!» sorride, come soltanto lui sa fare. E’ l’ultimo arrivato nella squadra, ma è il più saggio di noi. Colui che sa essere un padre non invadente, che sa consigliare e sa sollevare il morale, ma che è anche capace di prendere in mano le redini della situazione quando è necessario.
Rido alla sua battuta, mentre il liquido scorre giù nella mia gola, fino a riscaldarmi nel profondo.
«Cosa ti tiene sveglia?» mi domanda, rigirandosi tra le mani il bicchiere semivuoto.
Noto solo ora che il barista ci ha lasciati soli, a confidarci le nostre paure.
«Brutti sogni.» esito, mi sento vulnerabile e non sono sicura di volermi esporre così liberamente.
«La cosa bella degli incubi è che puoi decidere come farli finire. Non lasciarti sopraffare da loro, è questo il trucco. » mi strizza l’occhiolino, con fare paterno.
«Ho sognato…ho sognato di morire mentre tutti i killers che abbiamo catturato mi rubavano l’ossigeno. Io vorrei soltanto dormire, dormire. » ripeto a voce bassa, sperando che David conosca un modo per risolvere i miei problemi. Guarda per un attimo intorno a sé, prima di trovare le parole per rispondere alla mia implorazione disperata.
«A volte dormire e far finta di nulla non è la soluzione giusta. Non puoi semplicemente fingere che vada tutto bene e continuare come se nulla fosse. Devi alzare la testa e combattere, non importa quanta fatica ti costerà. » mi spiega con dolcezza, ed è proprio in quel momento che capisco quanto il team soffrirebbe se solo uno di noi se ne andasse. Perché il gruppo è qualcosa di più dell’unione dei suoi membri.
Annuisco e cerco di trovare la forza per andare avanti dalle sue parole.
«Mi sveglio in preda al panico ogni notte, e ho paura. Ho paura che in fondo un giorno potrò diventare uno di loro, che un giorno sceglierò la via più facile e il mio mondo andrà in frantumi.» gli confido senza timore.
«Non lo farai, hai già imboccato il sentiero più tortuoso e lo stai affrontando con maturità. Non arrenderti, non lasciare che vincano loro.» si alza dallo sgabello, e affettuosamente mi batte una mano sulla spalla, a modi carezza.
«Sotto il letto non c’è nessun mostro, Emily.» di nuovo mi strizza un occhio, per poi scomparire oltre la soglia del bar.
Lascio i dollari del drink sul bancone e faccio un saluto silenzioso al locale che mi ha fatto compagnia, per ritrovarmi nuovamente nella stanza con la quale ho un conto in sospeso.
Ma vincerò io.
Mi accoccolo sotto il piumone, chiudo gli occhi lentamente e mi concentro su tutte le vite che abbiamo salvato, sulla verità che abbiamo fatto riaffiorare, sulla passione che mettiamo nel nostro lavoro, giorno dopo giorno, caso dopo caso. Ripenso alle famiglie alle quali abbiamo dato una risposta, alle vite interrotte che si meritavano che venisse fatta giustizia. Ripenso ad Aaron, a Derek, a Spencer, a JJ, a Penelope.
No, non c’è nessun demone sotto il letto, Dave.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Criminal Minds / Vai alla pagina dell'autore: Soul On Fire