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Autore: FlaffyWoman    30/12/2009    0 recensioni
E se L fosse riuscito a trovare delle prove per incastrare Light? Cosa sarebbe successo? Come avrebbe reagito? Questo è il mio parere, tralasciando quel "senza eccezioni" della regola dove chi ha posseduto un Death Note quando muore è condannato all'eternità nel mondo degli Shinigami.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito, Misa Amane, Ryuuk
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DEATH NOTE
UN'ALTRA VITA


"Kira se verrà arrestato sarà il male, ma se governerà il mondo sarà giustizia. Niente di più falso. Giustizia non è colui che decide da un gradino più alto. Giustizia non è un'entità che ti dice cosa fare. Giustizia è la sacralità della vita"

Era tardi, il sole oramai era già sparito dall'orizzonte da un paio d'ore. Quella che poteva sembrare una nottata normale si è poi dovuta trasformare, per forza di eventi, in un momento drammatico e quasi liberatorio che, comunque lo si interpreti o da qualsiasi parte lo si voglia vedere, sicuramente ha segnato coloro che l'hanno vissuto sulla propria pelle e in generale forse il mondo.

Le indagini sul caso Kira erano ad una svolta decisiva, anzi, si potevano ritenere concluse.
Elle e Light, che si erano conosciuti da poco, stavano immobili, uno davanti all'altro. Intorno a loro solo delle pareti li dividevano dal resto degli agenti.

Light non credeva a ciò che stava ascoltando. Fissava stupito davanti a sè.
Lui ci aveva veramente creduto, si era seriamente impegnato. Aveva rischiato la sua vita e messo a disposizione tutto ciò che sapeva per quella causa forse non nobile, ma che riteneva necessaria per il compimento di un mondo perfetto. Molte volte aveva sentito un senso di potere e superiorità scorrergli nel sangue. Non gli era mai piaciuto quel mondo pieno di ingiustizie gratuite, e i principi con cui aveva imparato a convivere lo obbligavano a dire no a quella società così negativa ai suoi occhi. Era fiero del suo operato e non aveva nulla da rinnegare. Però quel suo carattere sicuro, forte, che lo faceva sembrare quasi inattaccabile, ora non riusciva più a reggere la falsa maschera che si era creato intorno.

Il gioco era caduto, Elle lo stava accusando apertamente come non mai, spiazzandolo. Aveva le prove schiaccianti e Light si sentiva perduto.

Ora come ora era tutto inutile. Solo lui aveva lottato contro gli immorali per il bene dell'umanità. E solo lui ora ne pagava le conseguenze. Solo lui. Questo lo realizzava adesso, quanto fosse solo. All'inizio della sua avventura si era detto di essere l'unico che avrebbe potuto farsi carico di un fardello tanto impegnativo, come poteva diventarlo voler salvare l'umanità attraverso morte e sangue. -Ma come? Non capisci Elle?! Io dovevo farlo!- Questa la pseudo spiegazione che aveva dato. Ma, arrivati a questo punto, non ci credeva nemmeno lui. In realtà voleva dare una svolta alla vita. Voleva e basta. Ma ora Kira il giustiziere, e Light lo studente modello, quelle due personalità ben definite e attaccate indissolubilmente, erano svanite. Al loro posto c'era un ragazzo. Vuoto. Lo sguardo che vagava.

Aveva finto per così tanto tempo per nascondersi che, adesso, non sapeva più dividere quello che doveva fare, in quanto futuro Dio, da ciò che provava il suo cuore da adolescente. I suoi sentimenti, il suo io più nascosto, la sua vera anima che doveva ancora imparare ad amare e capire, la sua essenza, l'affermarsi della sua persona, ecco cosa più di tutto ne aveva risentito. Una volta cominciato non si torna più indietro. Così era andato avanti, per coprire una fasulla immagine che serviva a supportare la sua missione. E aveva dimenticato la tappa più importante della sua giovane età: trovare sé stessi, la propria strada, e perseguirla a dispetto di tutto ciò che ci circonda. La morsa in cui era entrato a far parte lo opprimeva sempre di più. Non era più un essere umano, ma un mezzo grazie al quale una scrittura più grande avrebbe dovuto compiersi. Ma ora, che per causa del migliore detective del mondo, era uscito allo scoperto, poteva liberarsene. Poteva chiudere il cerchio.

-Ryuzaki, ricorda che il fuoco della giustizia arde in ognuno di noi-

Quando lasciò all'improvviso la stanza, e prese la porta sul retro, dopo la prima decisione di seguirlo, Elle, che nonostante tutto vedeva davanti a sè, non un omicida, ma prima di tutto una persona che aveva imparato a conoscere ed apprezzare, lo lasciò andare, sapendo che comunque non aveva scampo, l'appuntamento con il destino era ormai segnato.


Era notte. Light correva. Correva a perdifiato. Le gocce di pioggia gelide gli scivolavano sul viso. Scappava. Scappava da qualcuno. Scappava da qualcosa.
Cercava tutto e non aveva niente. Sprofondava sempre più nella disperazione. Ma qualcosa in lui stava cambiando, e stava ripartendo dalle radici, per dare un senso nuovo a quella vita disastrosa e sbagliata.
L'angoscia gli saliva alla gola e gli impediva di respirare. Tossiva. Si sentiva abbandonare. Forse quel tempo freddo che penetrava tra i fradici vestiti avrebbe messo fine a tutto. Forse era questo che lui chiedeva.
Arrivò ad una casa abbandonata.
Si sentiva braccato, senza via di fuga.

Finalmente, però, era riuscito in qualcosa che mai prima d'ora si era imposto come priorità, ovvero aveva ascoltato la sua anima, e dopo tanto, aveva scelto con l'insicurezza di un semplice e puro ragazzo fragile, perdendo così tutta la freddezza che aveva acquisito a causa di quel quaderno maledetto. Con le labbra semichiuse, quasi mormorando, disse: -Grazie Elle-


Quando il detective arrivò, lo trovò in una pozza di sangue. Rimase scioccato. Tutto poteva aspettarsi, ma non era riuscito a dedurre l'intento serio di Kira. Per la prima volta nella vita, i suoi sentimenti si fecero più vivi che mai. Rabbia. Non l'aveva fermato.

Morte, ecco la via di fuga che Light si era dato. Codardia? Forse. O forse troppa disperazione. Per cosa, non si può dire con certezza. Aveva perso la sua battaglia epocale con il mondo.
Ma può il non raggiungimento di uno scopo rendere così schiavi? No, non credo. Non può essere vitale ciò che ci imponiamo. Sarà gratificante o deludente, ma non può costringere un essere umano all'estremo gesto. L'annullamento di noi stessi, della nostra dignità, della nostra identità, ecco cosa riesce a far odiare la vita. La forza dell'essere umano, o forse la debolezza più grande, sta proprio nel doverlo accettare. Ma Light ormai era giunto alla fine. Comunque andasse la sua esistenza era in serio pericolo. Lui aveva solo anticipato i tempi. Aveva ritrovato se stesso, ma l'orgoglioso Kira non poteva dargli scampo.
Il nuovo ragazzo, più remissivo e forse maturo, o solo arreso, si sarebbe fatto carico delle sue responsabilità, gridando al mondo il suo pensiero. Ma non il giustiziere, che dava la precedenza al suo ego. Il risultato di quello scontro interiore poteva essere solo uno.

Una vita eterna dannata, segnata dalla sofferenza, e una fine drammatica per mano dello stesso Shinigami che cede in consegna il quaderno, ecco l'unica clausola prevista dall'uso del Death Note.

Light, sollevato dall'idea che non avrebbe dovuto rinunciare alla sua anima o cedere in cambio qualcosa a lui caro, quando decise di diventare il padrone del mondo, non riflettè a lungo e accettò volentieri quel libro portatore di morte e disperazione. Sorvolò sulle parole oscure di Ryuk.

Ma quando arrivò il momento di lasciare questo mondo che ad egli stava a cuore, tanto da potersi permettere di accantonare il valore della vita, prese tutti alla sprovvista, compreso lo stesso Dio della morte, e fece da sè, annullando la profezia che su di lui aleggiava.

Mai prima di allora un proprietario di Death Note era passato a miglior vita, se così si può definire una condizione immortale fatta dal nulla, senza che il suo nome fosse stato inchiostrato attraverso la penna di qualche suo futuro collega.

Light aveva rotto il rituale che da millenni vigeva su ogni nuovo membro di quell'oscuro mondo. L'ultima ruota del carro si era staccata. Insignificante ma fondamentale.
Ma poteva essere davvero così essenziale? Era un modo forse vigliacco per ricordare che nonostante gli enormi poteri di vita e morte, usando il quaderno, tu rimanevi un insignificante puntino nell'universo? Saresti morto per la stessa causa alla quale, le tue vittime, per nulla dignitose, erano state sorteggiate a sgomberare da un mondo che non li voleva. Ma eri solo tu a ritenerli la pecca dell'umanità. E la tua dignità dove finisce? Riusciresti ancora a camminare a testa alta, dopo aver mollato il mondo in un modo inglorioso? Il puzzle che rimaneva incompleto. Trapassato senza aver lasciato nulla di tangibile. Nessun erede. Nessuna meta raggiunta. Tutto sarebbe ricominciato. Ma il carro non era più in equilibrio.

Il ragazzo, l'uomo che aveva dettato la fine dell'era di Kira, senza dimenticarsi del fatto che aveva risolto un numero imprenssionante di casi e salvato il mondo da altre ingiustizie almeno il doppio delle volte, era in piedi, con il suo solito andazzo sprezzante e quasi trasandato, gli stava affianco.

Elle non pensava che Kira potesse arrivare a tanto, non in questo modo e così rapidamente. Tante cose gli passavano per la mente. Lo fissava con gli occhi spalancati, per la prima volta in tutta la sua vita, non sapeva che fare.
Aveva vinto.
Ma non come voleva lui.

Lasciandolo andare aveva impedito che la giustizia facesse il suo corso. Giustizia. Ma dove stava, se lui, persona di fermi principi che aveva sempre creduto nel suo personale dovere di proteggere chiunque dalle angherie e dal ripudio di terzi, se non era nemmeno riuscito a proteggere il ricercato del secolo da se stesso?

Le sofferenze degli esseri umani sono dettate da gesti volontari, che creano quelle sensazioni di incompletezza, di inadeguatezza. Così si era sempre detto. Perciò, combattendo la cattiveria dai bassi fondi di quei malfamati, che spacciavano la superiorità della violenza fisica e mentale come carta vincente, il mondo sarebbe guarito. Quindi tutto il male era voluto da persone che per prime avevano ferito.

Ma come si può affermare questa teoria, con quale formula matematica la si può spiegare, se poi il suo stesso portavoce, provoca la morte di un'altro essere umano senza un valido motivo? Non per auto difesa, non per preservare la vita di qualcun altro. Ma perchè l'aveva lasciato scegliere da solo. Solo. Come lui. Dov'era ora la sua forte autostima? E l'utopia di un mondo migliore? Le stesse domande di Light, lo stesso scopo di Kira. Ora era così chiaro.

Quest'epoca è cresciuta fra l'ascesa al potere di egocentrici affamati di gloria e la vittoria di cause sbagliate. Se si prende un libro di storia qualunque, in qualsiasi parte del mondo, si può leggere chiaramente il messaggio di morte che traspare da ogni pagina. Certo, si può anche seguire il percorso culturale e di progresso tecnologico, scientifico, artistico e di chissà quante altre scoperte e rivoluzioni fatte dall'uomo.

Ma se si va alle origini, tutto è stato dettato da momenti di incomprensione, male che ci si faceva a vicenda, complessi di superiorità, guerre.
Dove vuoi arrivare nella vita se non pesti almeno i piedi a qualcuno? Se non commetti qualche piccolo insignificante sgarbo?
Questa era la filosofia di vita del ventunesimo secolo. E così, una gomitata di qua, una pedata di là, e si arriva alla terza guerra mondiale.

Questo è quello che si percepisce sulle strade. Sui volti della gente. Ostilità. E alla fine anche la persona più pura diventa schiavo del suo egoismo.

Non c'è da stupirsi se un ragazzo normale, che vive in questi decenni, e che con la violenza non aveva apparentemente nulla a che fare, trova la soluzione e decide di conquistare il mondo. Ma i risultati lui li aveva ottenuti. Le statistiche parlavano chiaro. La percentuale di criminalità, il tasso di morti, erano calati notevolmente. Forse era irreparabilmente sciocco e di cattivo gusto nascondersi dietro ad un foglio. Certo era più da super eroe limitarsi a catturare chi aveva commesso qualcosa, piuttosto che minacciare chi ancora stava pulito, attraverso esempi alla portata di tutti, che i tuoi gesti ti si ritorceranno contro, senza distinzioni di peso della tua persona o delle tue colpe.

E Elle cosa aveva raggiunto?
Anni e anni di duro lavoro l'avevano portato alla metà dell'operato di Kira. -Il mondo fa schifo- si disse. Volente o nolente ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provocato il male di qualcuno, sia esso fisico o psicologico. Ma perchè? Elle era nel bel mezzo di una crisi di identità e di pensiero. Non trovava risposte alle sue domande. Inesistenti erano le cure per i suoi mali.

Si sedette a terra, sempre con gli occhi rivolti a quel corpo senza vita. Avrebbe voluto distogliere l'attenzione. Ma non ci riusciva. Fissarlo lo faceva riflettere.

Elle però non fece caso ad un piccolo particolare. Qualcosa di inusuale in Light. Un'espressione sinceramente serena. Light aveva ritrovato quel Io che stava cercando. E questa volta aveva scelto per sè, non per qualche Shinigami bizzarro o per una causa superiore. Solo per sè stesso. Scelta dignitosa o di un imbarazzante infantilismo... Ma dove sta il valore di un essere umano, se non nel suo potere personale dettato solo dalla mente?

Il detective, perciò, dubbioso più che mai su quale fosse il suo ruolo più esaustiente nel mondo, e quale la soluzione migliore per quest'ultimo, prese in mano il Death Note, sporco di sangue. Lo strofinò sulla maglietta bianca, macchiandola, e ne sfogliò un pò il contenuto. Non era la prima volta che lo vedeva, ma non aveva mai provato quelle sensazioni. Non lo vedeva più come la prova di un caso, ma come la valvola di sfogo di tutto il male del mondo.

Si alzò in piedi, e diede un'ultima occhiata a Light. Aveva gli occhi chiusi, come se dormisse. Nonostante la scena cruenta, regalava quasi un senso di pacatezza quella visione. L'ultima vittima di Kira. -Continuerò io la tua missione, Yagami.. Avevi ragione, non c'è nessun motivo per cui questa stupida umanità che si uccide da sola abbia il diritto di vivere.. Bisogna che qualcuno si prenda l'arduo incarico di ripulirla. Passerai a me il testimone. Addio, ci rivedremo nel girone dei peccatori- Così dicendo, a passo lento e sicuro, un pò piegato in avanti e con le mani sempre in tasca, neanche avesse qualcosa da tenere, se ne andò.


Ryuk aveva da poco fatto ritorno nel suo mondo, con lo stesso euforismo di un cane che torna, con la coda fra le gambe, dal padrone, che gli ha appena lanciato il ramo oltre la sponda del fiume.
-Oh! Ben tornato amico!- Disse uno shinigami annoiato, che decise di prendere la scusa del suo ritorno per scambiare qualche parola e rendere la giornata meno pesante del solito.
-Non sono tuo amico e manco ti conosco, non seccarmi-
-Una mela ti è andata giù storta, Ryuk?!-
-Non ho voglia di parlare- Aggiunse il stanco Dio, prima di appoggiarsi per sonnecchiare su un masso di dimensioni maggiori rispetto a quelli circostanti.
-Allora, dov'è??-
Queste parole fecero trasalire Ryuk dal soprassalto.
-Dov'è chi?!- Chiese fintamente distratto.
-Dai! Quello nuovo Ryuk! L'ultima volta che sei passato avevi detto che, alla tua prossima comparsa, avresti portato un umano direttamente dalla Terra... Sono curioso di vederlo! Insomma voglio dire, prima che diventi bello come noi..-
-Non c'è nessun essere umano, nè ora, nè mai ci sarà! Lasciami in pace!-
-Cosa??-

Come c'era da aspettarselo, da "Cose" che vagano tutta la vita e oltre, senza una meta, per una terra arida e ostile, senza alcunchè da fare, se non rimbambirsi con stupidi giochi da tavolo o spettegolare a destra e manca, la voce si sparse in fretta. Ryuk non aveva portato con sè nessuno. E il Death Note che aveva era sempre il suo solito, senza istruzioni. Non era la prima volta che qualcuno, con la scusa di aver perso un quaderno, andava a farsi un giro e tornava senza un apparente motivo. Ma non era da Ryuk pavoneggiarsi tanto per qualcosa, e poi non portarne a termine nemmeno mezza. Come niente fosse, inoltre, se ne stava sempre da solo in disparte, senza scrivere nomi. E, cosa peggiore, senza dar retta a coloro che gli chiedevano di narrare chissà quale avventura vissuta in quel mondo tanto diverso e così vario come il nostro.
Sembrava quasi in attesa.
Strana come situazione. E non convinceva gli altri Shinigami.


Ormai erano passati alcuni giorni da quando Kira era stato catturato. Ovviamente questo era tutto quello che gli agenti avevano dichiarato alla stampa. Nessuna notizia su Light, nessun dettaglio sulla sua morte o sulla sua doppia identità.
I suoi funerali si erano svolti in privato, ed era stato presentato come vittima innocente di Kira.
Ma, in realtà, nemmeno gli stessi poliziotti che avevano lavorato al caso sapevano la pura verità. Elle era l'unico a conoscere l'immensa convinzione di Light.
Non aveva detto a nessun altro dell'esistenza di prove.
Ed era sparito, lasciando solo un biglietto stroppicciato vicino al corpo inerme.
"Il caso si può ritenere concluso. Non cercatemi."
La firma era una di quelle eleganti ed espressive L, a caratteri piccoli rispetto alle sue solite apparizioni sui vari schermi.

All'inizio pochi diedero retta a quelle parole. Come poteva davvero essere tutto finito? L'umanità era salva? E se era così, dov'era Kira? Ed Elle? Perchè non si era preso i suoi meritati complimenti, ed era invece sparito senza lasciare traccie? Domande, solo domande, le certezze che tutti avevano.

Ma ben presto anche i più scettici dovettero ricredersi. Nessuna altra morte inspiegabile, nessuna rivendicazione da parte di qualche spostato futuro Dio. Il mondo tirava un sospiro di sollievo.. Insieme alla violenza fino ad ora repressa, che come una piccola miccia che dà fuoco ad un arsenale, si accese dando vita ad una nuova epoca alluncinante ed infiammata del fuoco malvagio che risiede in ognuno di noi.

E il miglior detective, in grado di dare una sistemata all'esistenza umana sempre più cupa, colui che poteva accendere un flebile fanale su questo caos, come un estintore su di un incendio, era disperso. In sè come cosa non era preoccupante. L Lawliet era sempre stato un tipo schivo e pensieroso, all'apparenza un emerito idiota, ma brillante e caparbio. Spesso alla fine di un caso stressante e difficile si ritirava, come un eremita che vuole ritrovare l'elevazione spirituale. Ma diventava grave, se ora si chiedeva immediatamente la sua entrata in scena, di nuovo, per una presa di posizione forte.


Solita maglietta, soliti jeans.. Elle vagava. Sporco di sangue ormai asciutto e stanco. Solo, per una città che rinasceva giorno dopo giorno sotto i suoi occhi. Per colpa di Kira, per la prima volta, si era mostrato identificandosi come il miglior detective del mondo. Per colpa di Kira, per la prima volta, non vedeva più distintamente bene e male, ma solo una massa informe che a seconda dei casi poteva diventare una cosa, piuttosto che un'altra.

In mano stringeva il Death Note. La mano gli doleva, non lo aveva mai mollato durante quei lunghi giorni. Il mondo aveva bisogno del suo ritorno? O chiedeva che i colpevoli pagassero per sempre?


Ryuk fissava un punto tra la sabbia nera pece, cercando di passare il tempo. Ad un certo punto gli si avvicinò uno Shinigami che, volendolo descrivere con poche parole, lo si potrebbe intonare con "schelettricamente inquietante".
-Il capo ti vuole-
-Ho capito, vado-

Il capo, ovvero colui che ricopriva la carica più alta fra tutti, non era poi così diverso e non si distingueva per ingegno o creatività dagli altri.

-Allora Ryuk, che hai combinato?-
-Niente di più grave del solito-
-Ah beh certo... per te non è mai qualcosa di grave...-
-Se vogliamo metterla così. Comunque non ho tempo da perdere, arriva subito al punto-
-Non si porta più rispetto alla massima autorità di questo posto??!- Lo Shinigami era alquanto alterato già a dover riparare a qualche danno dello Shinigami snaturato, (ormai erano così abituati alla noia che, la sola idea di rovinare l'avventuroso clima che si erano creati intorno, li faceva sentire pesci fuor d'acqua), ed essere oltrettutto sbeffeggiato così, non gli andava proprio.
-Mi scusi- Intonò Ryuk, per mettere rimedio alla sua condotta irrispettosa. Parole alle quali, però, non fece seguire un serio pentimento. -Andiamo meglio.. Comunque, non avendo nemmeno io tutto il giorno a disposizione, ti dirò con franchezza che mancano un Death Note all'appello, e pure uno Shinigami.. Non so con esattezza cosa sia successo, ma di sicuro se indagassi troverei abbastanza materiale per degradarti al livello inferiore, lo stesso dove ti ci trovavi all'inizio! Ti dò massimo due tramonti per farmeli avere entrambi integri.. Sono stato chiaro??!-
-Certo..-
-Bene puoi andare.. E sia chiaro: questa è l'ultima volta che ti dò una seconda possibilità!-
-Bla bla bla..- Pensò Ryuk.

Non gli andava a genio l'idea di dover obbedire a degli ordini, soprattutto da qualcuno che nemmeno riteneva all'altezza del ruolo che ricopriva. Ma purtroppo la burocrazia del luogo e una stupida Costituzione che si tramandava da ere, non permettevano che il pensiero di Ryuk potesse prender vita sottoforma di ideale a cui aggrapparsi.

Finora ho tralasciato il discorso "Mondo degli Shinigami" approfonditamente, ma mi pare sia arrivato il momento giusto per parlarne.

Gli Shinigami erano considerati un vero e proprio Olimpo degli antichi Greci. Tra loro vigeva una gerarchia che doveva essere rispettata. Come ho già detto, inoltre, una raccolta di leggi regolava la vita in generale. Sulla loro origine, all'inizio dei tempi, tuttavia, girano parecchie leggende, ma nulla di definitivo e che si possa ritenere veritiero. Erano esseri superiori che avevano superato la fase "essere umano" per vari motivi, come la morte dovuta all’uso del Death Note, e via discorrendo. Il loro scopo? Vivere sfruttando il tempo altrui. Infatti, in sostanza, uccidono persone comuni, spiate attraverso appositi pozzi senza fondo, per potersi impadronire del tempo che sarebbe loro rimasto da vivere, per aggiungerlo alla loro esistenza. Perciò è logico supporre che finchè sulla Terra, o su qualche sperduto mondo dell'universo, ci sarà vita, gli Shinigami esisteranno. Sarebbe normale ricordare anche che, essendo appunto Dei, scavando nelle usanze conosciute, dovrebbero essere già di loro immortali, perciò l'uccisione di persone innocenti attraverso dei Death Note, sarebbe da considerarsi inutile. Tuttavia si potrebbe anche pensare, arrivando dritti dalla riflessione per la quale ogni Dio della Morte ha alle spalle un'altra esistenza sofferta e malvagia, che l'idea di dannazione eterna che li avvolge, sia un castigo più grande che li condanni a succhiare la vita ad altri per l'eternità, quasi a ricordare loro le colpe commesse in vita. I nostri gesti si rifletteranno sul nostro cammino. Sarà vero? Dopotutto gli Shinigami avevano il dono di poter vedere ovunque tra i vivi, ma se qualcosa di superiore fosse realmente esistito, se oltre a loro esistessero degli "Dei della Vita", non era dato sapere. E nessuno di loro aveva mai provato ad andare oltre, a morire per la seconda volta, e vedere dove portasse il tunnel questa volta. Nel dubbio di un'altra vita, o del nulla, e nella non certezza che realmente servisse scrivere nomi, nessuno Shinigami aveva mai rinunciato al suo diritto di affermare la morte. Eternamente dannati, eternamente non vivi. Nessuna pace. Nessun passaggio ulteriore. Solo quell'esistenza. Potevano togliere il dono della vita, nessuna punizione poteva ritenersi più grave.

Noia, noia, noia. Queste le parole che si ripeteva Ryuk. Ma forse era la semplificazione di un discorso più profondo. Non ti è dato scegliere. Arrivi in quel mondo buio e sconosciuto, ti danno un quaderno, e diventi uno qualunque. Per sempre. E non hai nessun modo di riscattarti, di ritrovare la tua anima perduta, di ricordare quanto era bello amare la vita e chi ti stava affianco, e di quanto sia stato straziante abbandonare tutto, dare un calcio a ciò che avevi. Il vuoto, ecco cosa rimaneva dentro ogni Shinigami. Ryuk l'aveva capito. E voleva dare una svolta. Cosa avesse fatto in vita, se mai ne avesse avuta una, non lo sapeva. Ma una cosa era certa: non poteva continuare così.

Vita, vita, vita. Ecco cosa gli mancava. Lasciarsi morire? Poteva essere una soluzione. Ma lui non cercava una risposta più grande, lui non cercava se stesso. Non aveva molta importanza a questo punto. Avrebbe dovuto attendere troppo tempo, e poi non era nemmeno certo se sarebbe funzionato. E se poi c'era il nulla? Forse la pace eterna, ma per lui non era abbastanza. Sentiva che non era fatto per questo, uno scopo più grande, qualcosa di incompiuto lo attendeva. Non era ora il momento di mollare tutto, ma anzi di reagire a delle regole che gli stavano strette. Dopottutto sentiva dentro un fuoco di libertà che bruciava lentamete, un fuoco che qualcosa, in fondo alla sua mente, gli diceva esserci sempre stato. Forse doveva "ringraziare" quella fiammella che veniva alimentata dalla sua indipendente voglia di oltre, se ora stava dove stava. Niente riusciva a tenerlo attaccato a qualcosa, nessun legame, nessun ricordo. Aveva bisogno di cambiare aria, e di capire. Non la sua anima che per lui non valeva molto, ma il mondo, l'universo, ecco cosa chiedeva risposte.

Mollò così il Death Note, rubato ad un altro Shinigami un pò distratto, accidentalmente sulla Terra, per creare lì la sua politica futura.

Due personalità diverse con scopi diversi nella mente: uno che cercava un riscatto nel mondo, l'altro che la sua strada doveva ancora trovarla. Il destino di Ryuk indissolubilmente collegato a quello di Light Yagami.

Come era continuata la storia, lo sappiamo. Ma che adesso avrebbero dovuto riformare una squadra, questo davvero non se lo aspettava Ryuk. In realtà ammirava quel ragazzo che era riuscito a rompere il cerchio prima di lui. E' proprio vero, l'allievo supera il maestro.

Lo Shinigami, non appena aveva capito in che guaio si era cacciato, aveva atteso impaziente nel suo giaciglio di avere l'autorizzazione ad iniziare un'altra avventura, per salvare il futuro Shinigami Kira. Un'altra scusa per riaffrontare le stesse domande, un modo per cercare ancora risposte. La ricerca ricominciava, ma ora aveva uno scopo in più, riportare Light.

Già, light.. Ma dove era finito? Non era tra i vivi, ma nemmeno tra coloro che avrebbe dovuto raggiungere da morto.. Il mistero non trovava sbocco.
Era la prima volta che Ryuk affrontava una cosa simile.. Ma aveva una flebile traccia da seguire.. Non ne era sicuro, ma non aveva altra scelta.


Elle girovagava.. da tanto tempo.. troppo ormai.. era visibilmente sfinito.
Aveva pensato di farla finita.
Anzi, ci stava ancora seriamente pensando.
Non sapeva scegliere, non capiva. Si sentiva come un bambino che ha appena scoperto che la sua meravigliosa fantasia non è altro che pura finzione, non è altro che il frutto di una mente sognante e speranzosa, ma che trova poche similitudini con la realtà. Cose fittizie, inutili e prive di senso. E' come librarsi nell'aria, e sorvolare dall'alto, con un altro occhio, un mondo che non sentiamo nostro.
Il nostro volere che ci parla.
Una farfalla con le ali torpiate.
Questo era ora Elle.

Il suo pensare ansiosamente e convulso, lo aveva ridotto in uno strano stato di calma apparente. Quasi assente.
Scegliere, comunque, gli sarebbe sembrato sbagliato.

Suonarono delle campane. Dodici rintocchi. Era mezzogiorno in punto.
Elle si fermò ad ascoltarle.
Aveva sempre ammirato quel suono un pò malinconico.
Niente poteva essere più triste di quelle melodie ripetitive, le quali non segnano altro che il semplice passare del tempo.
Un riflesso incontrollato, per chiunque le senta, è quello di chiedersi cos'è quella sensazione strana che lo avvolge.
Ci accompagnano nella nostra vita. Troppo indaffarati e di fretta, non si sentono sempre, nonostante la loro presenza costante. E lo stesso accadeva ad Elle. Ma quelle rare volte che le poteva udire distantemente, doveva fermarsi ad imparare la sinfonia nuova.
Non ne sapeva bene il motivo, ma era certo che pochi istanti prima di morire, quando ciò sarebbe avvenuto, lui le avrebbe orecchiate per un'ultima volta, quasi in segno di un saluto rispettoso e di ringraziamento per averlo accompagnato nel suo cammino.
Elle era così, distratto, ma attento a tutto ciò che gli accadeva intorno. Viveva quasi in un mondo suo.

Era seduto come il suo solito, in modo stravagante. Stava sul ciglio della strada.
Non sentiva i morsi della fame, e tanto meno l'astinenza dal dormire.

La sua unica droga era rappresentata dal quaderno nero.
Il Death Note, l'arma più micidiale che potesse cadere in mano all'essere umano, aveva fatto un'altra vittima.

L'attenzione del detective fu però attratta da una situazione che lo stava incuriosendo: un gruppo di persone si era riunito all'uscita del bar che stava alle sue spalle.
Una folla gremita e urlante. Flash e mani alzate.
-Quanta inutile confusione.. sarà meglio andarsene..-
Ma non appena Elle fece per alzarsi, la folla lo investì in pieno.
In mezzo a quel casino, retrocedendo, non si erano accorti del ragazzo che stava a terra accovacciato. Caddero così tutti, uno sopra l'altro.

Lawliet, che ormai indossava una maglietta che di bianco aveva solo il ricordo, stava ancora a terra, confuso.
La debolezza si faceva sentire. Il suo corpo pian piano lo stava abbandonando. Ne sentiva tutta la stanchezza accumulata in quei lunghi giorni. Rimase così disteso, con le braccia aperte, rivolto al cielo e alle nuvole portate via dal vento.

Ad un certo punto, il viso grazioso di una ragazza gli si avvicinò, tra lo stupore generale.
Sembrava sicura di sè, e con non curanza era passata fra la gente, aprendosi un varco.
Piegandosi per raggiungere lo sventurato, le caddero sulle spalle i suoi lunghi capelli biondi, in parte raccolti con dei nastrini, usati in modo che le spuntassero due minuti codini dalla testa.
Aveva l'aria di una ragazzina, ma non doveva avere un'età molto diversa da quella di Elle.
Con la voce squillante, che ne faceva trasparire l'esuberanza, chiese gentilmente -Tutto apposto?- mentre gli porgeva una mano.

Ma il portatore del quaderno non le rispose e rimase immobile, a fissare intorno.
L'ultima immagine che ebbe prima di perdere definitivamente conoscenza, un pò sfuocata, fu l'insegna del sciagurato locale che lo aveva portato a quell'insolita circostanza.
"Blue Note" c'era scritto. -Che nome...- Pensò, per poi chiudere gli occhi, mentre affianco qualcuno intonava un: -Misa Misa! Me lo fai un autografo??-


Ryuk svolazzava sopra il cielo del Giappone. Un'altra volta.

Gli sembrava non fosse passato poi molto tempo da quando l'aveva fatto la prima volta.
Seguendo il suo fiuto da Shinigami era riuscito ad intercettare il Death Note precedentemente gettato. Nessuna premeditazione sul luogo dove si sarebbe posato il quaderno. In realtà il Dio della morte, dal suo mondo, non aveva riflettuto a lungo su cosa sarebbe potuto succedere dopo.

I sentimenti che animavano in lui una voglia di cambiamenti e nuove risposte, riposavano nelle sua mente. Ma quando sentì, da voci di corridoio, del ritorno di qualche suo collega da un lungo viaggio, decise di emularne le azioni.

Alcuni giorni intercorsero dall'idea, alla sua messa all'opera. Infatti dovette pensare a tutto, come ad esempio le modalità con cui avere un'altro Death Note, dato che la sua mole di egoismo e diffidenza verso gli altri gli impedivano di usare il suo.

Una volta superato questo problema, preparò anche le istruzioni, così da permettersi un lungo soggiorno. Non sapeva come, ma nella sua mente, un cassetto della memoria, che non veniva rispolverato da almeno un'eternità, gli suggerì che l'inglese come lingua da usare fosse un'ottima opzione, in quanto ormai conosciuta ovunque.

E non sapeva nemmeno per quale ragione lo sapesse perfettamente. Evidentemente, prima della morte e successiva reincarnazione, doveva esser stato un uomo colto e viaggiatore. E questa sarebbe stata anche l'unica valida spiegazione per come conoscesse la geografia generale del pianeta, e la storia dei vari Continenti e Stati.
Pian piano stavano affiorando nozioni di matematica e scienze.
Lentamente ricordava la capitale di uno Stato, e la soluzione di un problema di geometria analitica.
Certo, nessun collegamento a che studi avesse fatto, a dove i suoi probabili viaggi l'avessero portato. Nessuna immagine o profumo o parola che potesse ricollegarsi alla sua altra vita. Non sapeva niente di se stesso, ma riconosceva il suo sapere.

Come dire che, qualsiasi cosa succeda, ovunque tu finisca, la tua cultura e il tuo pensiero, quella macchina geniale che detta l'andazzo di intere nazioni, ovvero la mente, non te la può portare via nessuno. Nessuno. Ciò che sai, quello che impari, le lezioni dovute alle tue esperienze, ti restano.

L'identità di Ryuk prendeva una nuova piega. Non era più il nulla, ma piuttosto il suo stesso sapere. Una nuova risposta. Una parte del puzzle già completata.

Mentre raggiungeva casa Yagami, che ancora non conosceva, si pose il problema su chi sarebbe stato il prescelto, colui che per caso aveva raccolto il quaderno. Aveva atteso alcuni giorni prima di farsi vivo (per modo di dire "vivo", battuta di cattivo gusto).
Un pò di tempo l'aveva dedicato proprio alla stessa ricerca del luogo.
Ma il restante aveva preferito rimanere nei paraggi, per vedere cosa sarebbe successo, che scopo si era imposto il nuovo possessore del Death Note. Non appena vide intorno a sè crearsi il panico, dovuto ad allarmismi dati dalle televisioni locali, decise che era arrivato il momento di presentarsi.

Quando varcò la finestra, aprendola, come solo Peter Pan sapeva fare nella storia da noi conosciuta, portando con sè un leggero vento, fece correre brividi freddi sulla schiena del povero ignaro Light, che cadde a terra spaventato.

Ryuk aveva provato ad immaginare chi si sarebbe trovato davanti, per quanto sapeva poteva trattarsi anche di un bambino, ma visto l'enorme operato di quei pochi giorni, e la determinazione che aleggiava intorno a quelle morti, supponeva che come proprietario del Death Note ci fosse qualcuno di cattivo, perfido, che intendeva solo avere il mondo per sè, che sfruttava il suo nuovo potere solo per i suoi loschi interessi, e per nulla spaventato dall'idea di dare morte.

Ma quando vide Light, un adolescente, e ne capì gli intenti, che come scopo avevano la salvezza del mondo, provò quasi compassione.

Il ragazzo era molto determinato e sicuro di sè. Più intelligente della norma, e per niente impaurito della presenza di un Dio della Morte, anzi ne era quasi soddisfatto.
Il futuro Kira apprese quella stessa sera quale sarebbe stato il suo scopo.
Il modo subdolo con il quale l'avrebbe raggiunto, giustificava la meta finale, si diceva.

Ryuk lo accompagnò per tutto il suo breve ma intenso percorso. Fu quasi fiero del suo operato.
Da solo era riuscito a piegare intere Nazioni.

Che la sua anima stesse diventando vuota, però, se ne accorse solo all’ultimo momento, nell’attimo in cui da solo mise la parola fine.
Aveva condotto una partita dignitosa, aveva dato filo da torcere e tutti.
Tuttavia aveva perso, come forse era giusto che fosse, ed ora toccava al suo maestro ritrovarlo.
Cosa alla quale stava adempiendo, anche se non del tutto convinto.

Ryuk, come ho già detto, non sapeva affrontare una situazione del genere essendo la prima volta.

Si era informato da alcuni saggi Shinigami, molto più vecchi, quale fosse il destino che toccasse a chi non seguiva le normali procedure di morte in quei casi.

Niente di certo si sapeva, in realtà non si era mai verificata una cosa simile. Si diceva, però, che la tappa dello Shinigami che ti uccide, fosse fondamentale per diventare Shinigami a tua volta.

Non essendosi verificata, però, era ovvio che lo sventurato Kira non si trovasse fra loro. E avendo usato il Death Note, si poteva essere abbastanza certi che non fosse nemmeno passato "oltre", dove tutti, secondo la religione, trovano pace o condanna eterna. Per chi usa il quaderno oscuro, l'anima non ha salvezza.
Ma allora, se non stava ne nell'una, ne nell'altra parte, dove si trovava?

I vecchi saggi dissero soltanto che sarebbe logico pensare, che la povera anima, senza scopo, senza un luogo e una meta finale, non avendo portato a compimento l'intento, avrebbe vagato.
Ma questa era solo logica, applicata in un mondo, in una realtà, dove poche cose seguono un disegno preciso, ma dove piuttosto ogni cosa va a caso.

Questa, la flebile traccia che Ryuk si prestava a seguire.
Per questo era tornato in Giappone.
Se era logico pensare che Light stesse vagando, allora era ovvio supporre che fosse nei paraggi. Forse.

Lunghe riflessioni, ecco cosa occupavano la mente di Ryuk durante il suo viaggio. La prima meta da raggiungere, come quella volta, era proprio casa Yagami. Speranza e un colpo di furtuna, gli unici appigli.

Il cielo era limpido, colorato di uno strano e delicato azzurro, le nuvole erano passate.

-Ecco la casa. Non è cambiata di una virgola. Mmh odore di pane caldo. Questo mi ricorda le lunghe giornate che si passava fra queste mura, a progettare la salvezza di tutti. Certo che è bizzarra come cosa: colui che doveva aiutare il mondo intero, ora deve contare sul mio di aiuto- Sospirò lo Shinigami, ridacchiando.

Ma come ci si poteva aspettare, la casa era priva anche del più piccolo dettaglio che potesse ricongiungere all'anima perduta.

Cercò anche a scuola e all'università dove avrebbe dovuto andare l'anno dopo, e magari fare il discorso di inizio anno. Niente. Non c'erano traccie del ragazzo. Ryuk incominciava a spazientirsi, e a dirsi che seguire quell'assurdo schema dei vecchi saggi era stata solo una sciocchezza.
Ormai le sue maggiori preoccupazioni si concentravano intorno alla seria possibilità di essere per sempre cacciato dal suo mondo. Dove sarebbe andato? Che avrebbe fatto?
-Dovevo aspettarmelo, in questo mondo non c'è posto per uno come me-

Una nuvola arrivata da chissà dove, oscurò per un istante il cielo. Un'ambulanza a sirene spianate passò proprio sotto lo Shinigami. Ryuk la osservò divertito. Un'altra vita portata via. Non importa nulla di chi sei o cosa vuoi, la morte non guarda in faccia nessuno.

-Ehi!! Allora volete rispondermi??! Ho chiesto come sono le sue condizioni!!-
-Senta signora, le ho già detto almeno tre volte che è in prognosi riservata. Per poterle dire qualcosa di più sicuro dobbiamo almeno attendere l'arrivo in ospedale! E poi lei non dovrebbe nemmeno essere a bordo. Non è che perchè è famosa, può salire in qualsiasi veicolo, nonostante l'intimidazione del conducente di rimanere a terra!-
-E' colpa mia se questo ragazzo è messo male. Sono stati i miei fan ad investirlo, e sono in dovere di accompagnarlo almeno in ospedale! Un'ultima cosa: non sono una signora! Mi chiami pure Misa...-

L'arrivo all'ospedale fu drammatico. Infermieri e dottori che correvano ovunque. Elle fu portato di corsa in sala rianimazione. Le sue condizioni erano critiche.

Ovviamente quello suo stato era solamente dovuto all'assenza di cibo e acqua, che l'avevano caratterizzato in quei giorni. L'eterno vagare instancabilmente, il non dormire, e lo stato psicologico in cui si trovava, avevano solo peggiorato la situazione generale.
Non centrava il travolgimento della folla davanti al Blue Note.

Quella, come si suol dire, poteva esser stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ovvero ciò che ha fatto sì che il corpo stremato del detective raggiungesse il suo punto massimo di sopportazione.

Elle era sempre stato forte d'animo e fisicamente. Nonostante la corporazione mingherlina e di carnagione molto chiara, quest'ultima sintomo di poca esposizione agli ambienti esterni e luminosi, l'ultima volta che aveva avuto anche un semplice raffreddore, non se lo ricordava nemmeno, se mai l'avesse avuto.

Un uomo quasi immune a tutto. Di una straordinaria intelligenza e capacità deduttive. Stravagante nel suo rapporto con gli altri e nel suo vivere normalmente. Ma pur sempre un essere umano. Questa volta aveva esagerato, e ora rischiava tutto quello che potesse possedere di più prezioso: la vita.

Misa, preoccupata, e stufa del suo continuo attirare a sè i guai, si trovava in sala d'attesa. Naturalmente non conosceva colui che aveva accompagnato. Il suo era stato un atto dovuto, e basta.

I minuti passavano...la mezz'ora se n'era andata...adesso era un'ora esatta che Misa non aveva notizie… Era un'attesa snervante. E che non preannunciava nulla di buono.

Stava lì sola, a fissare il caffè, ormai freddo, che teneva fra le mani. La vita è così fugace. Un giorno sei una star, e l'altro chissà. Misa aveva sempre vissuto alla giornata. Ma vedere un giovane che non doveva avere molti anni più di lei, che lottava su un letto contro la morte, l'aveva fatta riflettere. Che fosse giunto per lei il momento di fare progetti per il futuro?

Forse avrebbe cambiato vita. Voleva mettere la testa a posto. Intendiamoci, era una brava ragazza. Però eternamente bambina. Era abituata a prendere con leggerezza tutto.

Forse ciò era dovuto alla morte prematura dei genitori. Rimasta orfana poco più che adolescente, era caduta in depressione. Sola.

Risalire dal burrone in cui era finita le sembrava impossibile.
Non aveva più fiducia nell'essere umano.
Temeva chiunque per strada le passasse affianco, ed era arrivata al punto che non apriva nemmeno più al postino.

Si sarebbe lasciata andare probabilmente di lì a poco, se non fosse cominciato l'impero di Kira.

Infatti Light, inconsapevolmente, con il suo operato, sterminando tutti i criminali, compresi quelli già dietro le sbarre, eliminò anche coloro che avevano fatto del male alla famiglia di Misa.

Da quel momento la ragazza, vedendo che qualcuno di polso fermo e sicuro aveva preso a cuore seriamente il mondo, guardando con una sorta di ammirazione questa figura sconosciuta che la pensava come lei, riprese lentamente fiducia nell'umanità.

Il male persisteva, ma era questione di tempo. Poco ancora e nessun orfano avrebbe più dovuto piangere.
Una speranza nella vita, reagire alla depressione, queste erano le nuove promesse che si fece.

I suoi genitori morti prematuramente, la vita bruciata, la disperazione che l'aveva segnata dentro come una ferita impossibile da rimarginare, che tuttavia l'avrebbero caratterizzata per sempre, le fecero venire voglia di dimenticare il passato.

Una nuova esistenza le apriva la porta, ora era padrona della sua vita. Doveva farne un buon uso e non gettarla, anche in ricordo di chi non c'era più. Con lei, loro in fondo al cuore, non se ne sarebbero mai andati.

Ma i fantasmi del passato sono difficili da debellare.
Misa se ne accorse con il tempo. Tutto le ricordava sempre la serenità perduta. Si chiedeva perchè fosse accaduto proprio a lei, ma subito dopo si pentiva delle sue stesse riflessioni interrogative, in quanto era ingiusto che anche solo un altro essere umano, sulla faccia della Terra, soffrisse la metà di quanto stesse male lei. Ma si accorgeva di quante storie tragiche rivivessero ogni giorno nelle anime e nei volti delle persone. Quante ferite e fantasmi ognuno si portava dentro.

Così Misa aprì gli occhi un'ultima volta, guardò dritta in faccia quella cruda realtà, con le lacrime che le rigavano il viso. Si buttò nel letto, e stette lì un giorno intero. Tra singhiozzi e pensieri di rinascita. Chiuse gli occhi su quel mondo, per sempre pensava.

Voleva darsi un riscatto. Voleva dimenticare. Voleva creare il suo percorso nel mondo di Kira.

La mattina seguente, quandò si alzò, aveva appena gli occhi gonfi.
Quella che stava in piedi davanti allo specchio, con il correttore in mano, era una nuova Misa.

Si lasciava alle spalle quel periodo negativo. Ripartiva da zero. Soffoccava dentro di sè tutti quei sentimenti che l'avevano portata sull'orlo del baratro, e tornava a sorridere alla vita.

Un sorriso falso, però carico di speranze.
La ragazza cominciò così la carriera televisiva e di modella, come aveva sempre sognato.

Ebbe successo, anche più di quello sperato. Ma ogni sua conquista, ogni passo avanti, era una continua rinnegazione del suo passato.

Quello che cercava di nascondere erano solo le basi del suo presente tuttavia.

Il processo che in lei si era attivato, di nuova vita, partiva con principi sbagliati.

Non cercava di assimilare il lutto, ma di accantonarlo per sempre. La paura di riviverlo era tanta, troppa.
Per permettere ciò, era sempre super impegnata e stanca, per sè non teneva più delle poche ore necessarie a dormire per poter ripartire, cosicchè nessun attimo vuoto potesse farla tornare con la mente alle sue debolezze.

Ed era andata avanti così, tornando alla vita spensierata e priva di preoccupazioni.
L'atteggiamento forte e deciso, accomunato alla sua immagine graziosa che aveva un che da ragazzina, le diedero successo. Era sempre contornata da gente, nessun sentimento di solitudine.
Ce l'aveva fatta.

Ma ora, in quella stanza dove stava, a causa di Elle, rimetteva tutto in discussione.
Le fondamenta su cui aveva eretto il suo nuovo io, erano palesemente false. Lei, in fondo alla sua anima, non si sentiva ancora bene. E di conseguenza tutto il suo percorso psicologico era da considerarsi nullo.

Improvvisamente era tornata la ragazza orfana, piena di incertezze e debole, però con l'aggiunta di un senso di vita vissuta, quasi saggezza, nuovo. Una fase della sua esistenza che segnava un cambiamento, era di nuovo in atto.

Ormai non aveva più lacrime da versare, ma solo un sentimento di inadeguatezza che la perversava.
Era seduta, ancora con la bevanda intatta, quando arrivò un medico uscito di fretta dalla stanza dove stava Elle.

Misa si alzò all'istante, dimenticando per un momento il suo malessere. Attimi interminabili di silenzio intercorsero. Stavano immobili, uno davanti all'altra.


Il quartier generale era vuoto.
Il mega grattacielo, attrezzato appositamente per le indagini, era stato abbandonato subito dopo la morte di Light.
I suoi abitanti avevano fatto le valigie, portando via con sè tutto.
Erano tornati al vero distretto.
La battaglia che gli aveva portati lontani dalla loro solita routine, l'avevano vinta. Non dovevano più nascondersi. Niente più caschi in volto, nessuna corsa contro il tempo. I soliti criminali che si preparavano a combattere, gli stessi che per uno scherzo del destino avevano protetto dalle grinfie di Kira, sembravano bambini, e non reggevano il confronto con il genio malvagio di Light. Non si facevano più carico della salvezza del mondo. Operavano nella loro città. Basta voci metalliche, basta nomi che non si possono rivelare.
Soichiro, Matsuda, Aizawa e quei pochi che avevano affiancato Elle, riprendevano in mano le loro identità. E con fierezza guardavano il mondo con altri occhi. Ricominciavano un faccia a faccia con la criminalità, che non li vedeva più deboli davanti a poteri che non potevano eguagliare.

Ancora increduli per aver collaborato e risolto insieme un caso di quella portata. Lusingati dai complimenti che da tutto il mondo arrivavano. Stanchi e rilassati. Avevano vinto una mega lotta, ma non avevano ancora fatto i conti con tutti coloro che Kira l'avevano sostenuto, e che ora chiedevano vendetta. Uscire allo scoperto così presto, forse, non era stata una buona idea. Le loro vite erano messe nuovamente in pericolo, ma questa volta da una massa imprevedibile.
Non erano certi di vincere nuovamente.


Lo Shinigami, che stava ancora sospeso nel cielo, incurante del fatto che tutti coloro che lavoravano con Elle avessero toccato il Death Note e che quindi fossero in grado di vederlo da qualsiasi parte della città data l'altezza alla quale svolazzava, cercava di impegnare tutte le sue energie in una ricerca che a quel punto sembrava impossibile.

Sorvolava proprio il luogo dove Light ed Elle si erano confrontati l'ultima volta, dove il primo aveva abbandonato la sua vita.
Il grattacielo.
Vuoto.
E pieno di ricordi.
Il posto ideale per un'anima in pena.

Quando Ryuk varcò l'ingresso, eludendo tutti gli allarmi ancora inseriti, essendo lui impercettibile anche per quelle macchine apparentemente perfette, la prima stanza che si apprestò a raggiungere fu quella della scena del suicidio.
Era ancora tutto sigillato. Anche se era palese che non ci fosse nulla da indagare, essendosi trattata di una scelta personale della vittima.

Ma dell'anima di Light, non c'erano tracce.
Ryuk proseguì il suo percorso, salendo per le scale che stavano proprio davanti a lui, e che lo portarono nel cuore dell'ex quartier generale, dove stavano i computer e i maxi schermi. Nel luogo dove L e Light avevano lavorato insieme, anche se per poco tempo.

Lì, seduto sulla sedia, appoggiato alla scrivania, stava Light, che giocherellava con l'orologio.
-Finalmente ti ho trovato..-
-Ryuk ti stavo aspettando.. su andiamo dove devi portarmi-
-Il Death Note?-
-Non so dove sia, Ryuk..-
-Immaginavo..vabbè andiamo..-

Light aveva stampata in faccia la sua solita espressione di quando è certo di aver vinto. Anche se però senza motivo, dato che il suo destino, da adesso in poi, non dipendeva più da lui. Cosa gli stesse passando per la testa era imprevedibile. A cosa mirasse questa volta, restava un dubbio.

Prima di andarsene per sempre, e abbandonare definitivamente tutto quello che aveva caratterizzato la sua vita vissuta, depositò sulla postazione dove stava, un foglietto. L'aveva tenuto in mano fino a quel momento, quasi temesse di perderlo. E ora lo mollava così, apparentemente non curante, fingendo una dimenticanza. Il suo futuro consisteva in un punto interrogativo, ma il piano assegnato a quell'inutile oggetto, quello era ben chiaro nella mente di Light. Calciò la penna che stava a terra.

E Volò sicuro, affianco di Ryuk, verso un mondo sconosciuto e che nascondeva chissà quali impervie. Ma non aveva paura.


Misa fissava il dottore di fronte a lei: -Allora? Come sta?-
-Se l'è cavata. Diciamo che ha avuto un forte calo di zuccheri-
-Bene, ora mi sento sollevata-
-Certo che è stravagante il suo amico, se mi permette..- Disse il medico, sorridendo..
-Perchè?-
-Quando si è svegliato, la prima cosa che ha detto è stata: "Grazie a tutti per l'ottimo lavoro svolto, ora è giunto il momento che mi riappropri della mia vita..." -
-Ah, beh... se lo dice lui..- Il viso le era tornato sereno. La incuriosiva quell'uomo così diverso.

-Ehi ma dove va??! Deve stare qui per degli accertamenti!! Non può andarsene così!!- Gridò lo stesso dottore, vedendo il paziente che con calma se ne stava andando..
-L'ho appena fatto. E non dite che non vi avevo avvisato. La criminalità mi chiama- Rispose Elle, che, rivestitosi dei suoi sporchi indumenti, usciva dalla stanza..
-La criminalità lo aspetta?? Ecco brava Misa, pure i delinquenti salvi!-
-Misa, giusto?-
-S-sì...-
-Potrei chiederle un favore?-
-Non ti aiuterò a rapinare una banca!-
-Eh ok.. va bene.. ora lo so.. ma volevo chiederle un'altra cosa.. Mi potrebbe ridare il mio libro che tiene nella borsa?-
-E tu come fai a saperlo?-
-L'ho dedotto.. Non è difficile.. E' stata premurosa nell'accompagnarmi qui e nell'attendere mie notizie, perciò è ovvio che il suo istinto le avrà anche suggerito di tenere l'unico oggetto che tenevo con me.. E, data la grandezza, l'unico posto dove metterlo è sicuramente la borsetta. Una cosa però non posso sapere.. per quante mani sia passato prima di raggiungere le sue..-
-Caspita.. Comunque solo io l'ho toccato, anche se non so che importanza abbia ciò.. Ecco tieni.. Tranquillo, non l'ho letto.. Certo che non è proprio auspicabile intitolare il proprio diario Death Note..-
-Lo terrò a mente per il prossimo- Rispose Elle, mentre riprendeva possesso di quel maledetto quaderno.
- . . .
-Per ringraziarla di quello che ha fatto per me, ecco, questo è il mio numero, da usare in caso di pericolo imminente o se dovesse avvistare qualche essere strano. E' una linea privata che la metterà subito in contatto con me, da qui fino alla fine della sua esistenza. Per favore, non riveli a nessun altro di questo nostro incontro, e mi chiami solo se è sola, o in via eccezzionale se è necessario. Un'ultima cosa: la nostra parola di riconoscimento sarà "Blue Note" e il mio nome è Ryuzaki- Dicendo ciò, le mise in mano un biglietto da visita, con delicatezza. I suoi occhi grandi e neri, profondi, facevano pensare che fosse convinto delle sue parole. -Tutto chiaro?-
-S-Sì...-
-Ora non si fida di me, normale. Ma capirà che sono sincero, non appena avrà bisogno del mio aiuto-
-Ma per esseri strani cosa intendi?-
-Quando ne vedrà uno, mi creda, capirà-
E dopo questo breve dialogo, la salutò con un "Arrivederci", prima di prendere l'ascensore.
Quando le porte si chiusero, fu l'ultima volta che Misa vide Elle.

Era rimasta stupita a fissarlo. Era strano, ma allo stesso tempo, sentiva che di lui poteva fidarsi. Un pò dubbiosa, tuttavia, mise il bigliettino con cura, in una tasca della canotta che indossava. Anche per lei ora era arrivato il momento di riappropriarsi della sua vita.


Una volta uscito di lì, Elle, si diresse nell'unico posto che, ora come ora, potesse donargli tranquillità, e abbastanza tempo per riflettere. Era stata solo una farsa, una recita la sua. Quando disse di voler prendere in mano la sua esistenza, mentiva. Gli era bastato rivedere il Death Note per tornare nell'oblio.

I suoi passi erano lenti, tranquilli, ma allo stesso tempo frettolosi e in cerca di risposte.

Il sole cominciava a sparire dolcemente dietro la linea dell'orizzonte. Il cielo, colorato di tenere sfumature rossastre, faceva da cornice.

Elle, disinstallati i vari allarmi, inserita la password e il riconoscimento vocale e passato con successo attraverso il metal detector, ebbe libero accesso al vecchio quartier generale.
Ancora vuoto.

Il detective raccolse da terra una penna che rotolava. Se la mise in tasca e raggiunse la sua postazione. Da lì, per giorni e giorni, aveva diretto le indagini. Solo alcuni metri più giù le aveva concluse.

Si sedette e appoggiò il quaderno. Mise la testa fra le gambe, chiuse gli occhi. Ripensò a tutta la sua vita, a Kira, e a quegli ultimi giorni. Qualcosa doveva essergli sfuggito. La risposta ai suoi dubbi doveva per forza trovarsi tra gli avvenimenti dell'ultima settimana. Ma non trovava la chiave di lettura di tutta la faccenda. Così teso, rialzò lentamente la testa, nella ricerca vaga di qualche caramella da mangiare. Ma, con suo stupore, vide un foglietto, che prima non aveva notato. Lo prese. Aveva una scritta.

"Chi non hai mai sofferto, o è maledettamente fortunato, o molto solo."

Non capiva.
Con quale scopo lasciare in quel posto abbandonato una frase del genere? E quando poi? Da chi?
Alla morte di Light, in cerca di prove, era stato setacciato e sigillato tutto. E da allora nessuno era più passato, fino a quel momento. Un'altro enigma. Ma questa volta Elle voleva vederci chiaro. Ora ne era sicuro. Qualcosa gli era sfuggito. Doveva ricontrollare tutto, da quando Light era stato arrestato. La spiegazione doveva trovarsi da qualche parte. Troppe cose non quadravano. Era chiaro, il suo fiuto infallibile aveva sbagliato.

Il caso Kira non era ancora stato archiviato. Si aspettava di ritrovare il detective-eroe sparito, prima di mettere la parola fine. E, intanto, tutto ciò che riguardava quelle indagini era rimasto lì, in quella fortezza a prova di qualunque mal intenzionato avesse voluto trafugare qualcosa e inquinare le prove.

Elle tirò fuori dai loro involucri tutto il materiale da lui raccolto, e prese il video che conteneva le sue conclusioni, dirette al suo successore in caso di morte dello stesso detective prima della chiusura del caso.
Ripercorse ogni tappa. Ci mise ore. Stava rimettendo in dubbio tutto il caso.

Dalla prima probabile vittima, al ritrovamento delle prove decisive.

Fino a quel momento, era riuscito ad anticipare le mosse di Kira, e a trovare collegamenti logici a tutte le morti. Dopo tutto Kira era molto astuto e intelligente, come lo stesso Elle. Era questo che faceva la lotta interessante. Alla fine non erano così diversi, solo il senso di giustizia li divideva.

-Convinzioni diverse, ecco cosa ci separava come un abisso- Elle riflettè a voce alta. Pian piano stavano tornando tutte le sue certezze, stava ritrovando la morale perduta. Ripercorrendo le sue azioni, e quelle di Kira, motivando i suoi pensieri, e dando spiegazioni alle morti sconsiderate di Light, ricordava cosa l'avesse spinto, giorno dopo giorno, nella sua battaglia contro il male.
L'umanità non chiedeva uno sterminio, ma solo aiuto.
Si mise un dito in bocca e fece uno di quei soliti sorrisini inquietanti.

Elle era tornato.

Era stato solo sciocco a poter davvero pensare di usare il Death Note. Aveva lasciato che le sue debolezze prendessero il sopravvento sul suo essere. Ma ora aveva capito l'errore commesso, ed era pronto a ripartire.

Solo una cosa non era ancora chiara, dopo aver rivalutato tutto il percorso tenuto durante le indagini. Ogni scoperta, ogni conquista che lo portava verso Kira, ogni supposizione, se l'era dovuta sudare. Non era stato per nulla facile. Aveva dovuto scendere in campo lui stesso per la prima volta. I duei rivali storici, Elle e Kira, avevano lo stesso modo infantile, ma con un'acuta intelligenza e spirito di iniziativa, di approciarsi alle cose. Questa loro caratteristica comune aveva permesso ai due di avvicinarsi tanto.

Le prove che avevano incastrato Light, ecco cosa non quadrava.


Quando il Death Note era stato trovato, Elle in persona l'aveva controllato tutto, nome per nome. Anche per esser certo che non ne esistessero altri.

E da questa scrupolosa attenzione ricavò solo un'ulteriore conferma di tutto ciò che già supponeva. Niente di nuovo insomma. Le indagini non proseguivano affatto.

Dopotutto se l'aspettava. Si parlava sempre del ricercato più bravo del secolo. Era inutile cercare una prova lì.


Il detective chiuse gli occhi ed ebbe un lungo flashback che lo riportò mentalmente alla scena di quando riuscì ingenuamente ad incastrare Light. Il suo colpo di genio, le indagini che ne seguirono. Un incastro troppo ovvio e perfetto. Le scene nitide nella sua mente lo ricondussero indietro nel tempo...


Era una mattina grigia che annunciava solo pioggia. E anche le previsioni metereologiche sulla questione erano state abbastanza catastrofiche. La pioggia aveva già cominciato a picchiettare sul vetro della finestra quando Elle strinse fra le mani l'agoniato Death Note appena ritrovato. Osservò attentamente la copertina nera del libro. Un oggetto così stupido stava piegando il mondo a suo piacimento. Assurdo.
Lo lasciò cadere a terra.
Fu allora che si aprì tra due pagine specifiche.
Erano quasi le ultime, tra quelle state usate.

Il detective aguzzò lo sguardo per mettere meglio a fuoco e afferrò il quaderno dai lati superiori, usando solo le estremità delle dita. Lo posizionò davanti agli occhi. Piuttosto vicino, tanto che si potesse pensare che i suoi grandi occhi imperscrutabili avessero problemi di vista. Ma il motivo era molto più banale: a lui andava di fare così. Questa la vera ragione di tutti i suoi infantili atteggiamenti. Sicuro di sè, agiva solo a suo piacimento.

Con sguardo quasi maniaco notò che l'attacco alle basi dei fogli presentava alcune incongruenze. Non ci volle molto per capire che una pagina, che si trovava nella fessura verticale che separava le pagine incriminanti, era stata strappata. Praticamente invisibile la mancanza. Kira aveva fatto un buon lavoro accurato nel toglierla. Lo scopo? Probabilmente rappresentava un rischio portare con sè tutto il Death Note, piuttosto era molto più sicuro usare dei foglietti anonimi.

L'unica conclusione avuta perciò dall'analisi complessiva di quell'arma micidiale era che, forse, alcune sue parti potevano ancora essere usate. Kira avrebbe di nuovo ucciso. Bisognava fermarlo al più presto.

Ma Lawliet, il più bravo detective del secolo, aveva anche osservato un'altra cosa. Tra lo spazio di quelle due pagine, dove era stata tolta la terza, esattamente sulla rilegatura, c'era una macchiolina più scura che si camuffava bene con la pelle nera della copertina.

Però Elle era stato molto bravo e con astuzia l'aveva scovata. Che cos'era? Forse inchiostro. Anzi, probabilmente. Tuttavia lo stesso detective si occupò di analizzarla, per scrupolo.
Ci volle un pò di tempo per la risposta del test, ma quando arrivò, il risultato fu del tutto inaspettato.

Sangue. Kira si era tagliato, togliendo la pagina, forse con la carta, e lì aveva lasciato una micro particella contenente il suo DNA.

Un errore forse grossolano. Ma fatale. Tuttavia non sarebbe mai stato trovato se solo Elle non avesse avuto un pò di fortuna e quello spirito di osservazione molto acuto.

Il seguente test che fu fatto, naturalmente, era per risalire al colpevole.

La macchia era assolutamente asciutta e si trovava lì da non più di un mese. Ma si riuscì comunque a dimostrare l'identità di a chi appartenesse, e perciò, di Kira.

Elle non aveva informato nessuno delle sue avanzate scoperte e dei test che stava svolgendo. Nemmeno la sua squadra, che di lui si fidava e che aveva contribuito notevolmente a rischio della propria vita a quei risultati ottenuti, sapeva qualcosa. Anzi, Elle, quasi per contraccambiare l'aiuto, aveva prelevato un campione di DNA ad ognuno di loro, tramite saliva o capelli, per confrontarli con le tracce rinvenute.
Sicuramente era stato un colpo basso, un'azione subdola, ma tuttavia necessaria.

Quando aprì la busta, con scritto "Top secret", e contenente il verdetto finale, non ebbe sorprese, ma solo una conferma. Nonostante tutto, però, aveva sperato fino all'ultimo in fondo al suo cuore di sbagliarsi.

-Kira è Yagami Light- Disse a quel punto con tono greve.
Tutto quello che fece dopo, fu subito chiedere un incontro privato con il stesso colpevole. Il caso ormai era chiuso.

Così, dopo un rapido faccia a faccia tra i due, la situazione era sfociata nel peggio: Light si era ucciso.

Elle tornò in sè e si destò dalla visione, per tornare al presente e alla confusionata situazione a cui doveva trovare soluzione.

Light si era ucciso. Un'altro punto a sfavore della logica. Kira era forte e sicuro di sè. Egoista. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarsi. Light riusciva sempre a mantenere la calma, e a far funzionare il cervello. Entrambe le personalità, inscindibili, odiavano perdere. E non era forse una dimostrazione di arresa suicidarsi senza aver nemmeno provato a lottare?

Light non avrebbe mai agito così, da sconsiderato. Non nell'immediato, almeno.
E c'era ancora il dubbio delle prove schiaccianti che stavano alla portata di tutti. Elle era sempre stato convinto che avrebbe fermato Kira escogitando un piano perfetto e attendendo un suo passo falso. Troppo semplice e banale, invece, il metodo che si era trovato ad utilizzare.
Come se qualcuno gli avesse semplificato la risoluzione del caso.

Infine c'era ancora quella frase trovata sulla sua postazione abituale.

Troppi inghippi.

Il caso è risolto, Elle. Vuoi per forza trovare l'ago nel pagliaio?
Queste le parole che gli avrebbe rivolto chiunque altro.

Ma ad Elle non interessava. Doveva essere tutto perfetto. Solo se, e quando, ogni pezzo del puzzle va a posto, si può ritenere il caso davvero risolto.

Il detective prese in mano il foglietto trovato. Lo esaminò. Niente. Era un semplice pezzo di carta. Che fosse del Death Note? Non aveva senso, non era stato usato per uccidere.

Si ricordò in quel momento che una pagina del quaderno era priva di uno dei suoi quattro angoli. Controllò. Gli estremi del pezzo che stringeva fra le mani combaciavano perfettamente con i lembi del foglio.

-Se questo foglio è del Death Note, o chi l'ha usato non lo sapeva, oppure ha fatto sì che io lo trovassi per ricollegarlo a Light-

Adesso che una luce flebile rischiarava il caso intricato, sembrava fosse sorto solo un problema in più, non una probabile soluzione.

Elle appoggiò la testa all'indietro fissando il soffitto, quasi cercasse qualche sorta di indizio.
Ebbe un'altro flashback. La penna che rotolava a terra, quella che aveva raccolto entrando.
Ma come era possibile che in un luogo sempre chiuso, e dove da molto tempo non passava nessuno, una penna cominciasse a rotolare quasi prendendo vita?

Qualcuno era appena passato. Eppure gli allarmi erano tutti inseriti. No, nessuno era passato. Nessuno che avesse bisogno di disinserire gli allarmi. -Light o Ryuk erano qui.. Un'anima e uno Shinigami.. Se lo dicessi a qualcuno mi scambierebbe per pazzo.. E forse lo sono realmente.. Dovevo dar retta al dottore.. Ma, seguendo la pista del paranormale, se fosse così, avrebbe senso il pezzo di Death Note.. Ma la frase? E con quale scopo?-

Lawliet prese la scritta, la rilesse. Era improbabile che contenesse qualche codice in sè, e non c'erano altre possibili chiavi di lettura. Una cosa però attirò il suo sguardo. Mettendo il foglio, che aveva creato tanto scompiglio, contro luce, si accorse dello scarabocchio che stava all'estremità destra del retro. Piccolo, e privo di senso. Simile a tanti altri, e frutto della prova di una penna, una specie di piccolo schizzo. Aveva una forma contorta. All'apice formava una specie di B rovesciata. Forse troppo ricercato come schizzo. O forse troppo forzata quella visione, dal momento che Elle con tutto se stesso sperava che in quell'apparentemente insignificante disegnino si trovasse la spiegazione di tutto. Lo osservò attentamente, ma i tentivi di leggere qualcosa, o di trovare una qualsiasi simbologia racchiusa, caddero nel vuoto.

La memoria di Elle, quasi a sorpresa del suo stesso possessore, riportò allora a galla un'immagine. Aveva già visto quei segni.

Cominciò così una ricerca sfrenata. La soluzione poteva essere vicina.

-Le prove!- Esclamò il detective, che aveva la stessa espressione di un bambino che ha appena ricevuto un sacchetto di caramelle tutto per sè.

Riprese il quaderno nero, e lo sfogliò, fermandosi appositamente sulla macchiolina incriminante. La pagina affianco presentava lo stesso logo alla stessa estremità. Particolare al quale non aveva dato importanza la prima volta, ma ora che i simboli diventavano due, doveva trattarsi di qualcosa di ben più significante.

Lawliet li fotocopiò, facendoli diventare di dimensioni maggiori. Erano identici.
Nessuna casualità. Lì c'era racchiusa la spiegazione di tutto.

Meditò sulla questione. -L'unica spiegazione plausibile è che abbiano un significato preciso, da cui potrò ricavarne una risposta. Ora che li ho ingranditi noto che hanno alcuni elementi in comune con un qualsiasi ideogramma giapponese.. lo stile con cui sono stati fatti sembra lo stesso. Ma non l'ho mai visto prima d'ora. Che appartenga ad una cultura arcaica forse? Mmh... Quando ho studiato questa lingua complicata, e il suo alfabeto specifico, ho fatto delle ricerche sulla sua storia. Avevo ricercato i simboli e i vari significati attribuiti loro nel tempo. Pensavo che studiando la metamorfosi subita dalla lingua scritta, osservandola dall'origine, fino all'uso moderno insegnato ad un qualsiasi corso di scuola, potessi facilitarmi nel comprederla meglio in tutte le sue sfacciettature. Magari quei documenti antichi trovati all'epoca potrebbero tornarmi utili...se solo li trovassi... Ah eccoli!-

Elle richiuse l'ultimo cassetto della scrivania alla sua destra, che faticò a raggiungere, dal momento che non spostò minimamente il corpo semi seduto sulla sedia, ma piuttosto allungò il braccio per raggiungerlo, provocandosi qualche dolore al muscolo che tirava. Soffiò via la polvere depositatasi con gli anni sui documenti, dato che non li aveva mai più usati. Inutile ribadire l'ottima memoria che in così breve tempo gli aveva permesso di ricordare l'esatto posto. I fogli tuttavia erano in buono stato. Li esaminò con cura.

Osservava preciso e meticoloso ogni segno. Confrontava in modo quasi maniacale ogni simbolo che potesse presentare alcune caratteristiche somiglianti. Non poteva saper se la strada che seguiva fosse quella giusta, ma il suo istinto lo spingeva a proseguire.

Era stanco e debole, non si era ancora ripreso del tutto dall'incidente.
Stava quasi per autoconvincersi che il suo fosse solo un errore, un altro passo falso.
Ma poi ecco la soluzione: uno degli ultimi ideogrammi riportati da lui in ordine sulla ricerca, rappresentava tratti del tutto uguali.
Possibile?

Per esserne certo, scannerizzò i tre simboli: i due ritrovati, e quello cercato. Li inserì in un particolare programma che viene usato dalla polizia per confrontare i tratti somatici dei ricercati. Non c'erano dubbi, erano perfettamente uguali. I primi due sembravano fatti con lo stesso tipo di inchiostro, dalla stessa stampa. Non erano stati disegnati a mano libera per non creare discrepanze tra i due, ma rendere chiara la lettura, e poi perchè di quelle dimensioni, che non superavano i cinque millimetri, erano troppo complicati da riprodurre.
A questo punto c'era solo un problema: il significato. Elle, nel suo lavoro, aveva riportato solo il nome e una breve spiegazione. Tradotto con l'alfabeto caratteristico della maggior parte degli Stati del mondo faceva "Luna".
Cosa voleva dire?

Quel simbolo per alcune tribù antiche indicava il bagliore che quest'ultima creava nel cielo di notte. Con quel nome veniva inoltre intitolato il fuoco, appena scoperto, perchè fungeva da guida nell'oscurità, come un Dio benevolo che rischiara il cammino.
Era anche un simbolo di buon auspicio, che veniva disegnato sulle porte delle catacombe, allora la tipica dimora di chi passava a miglior vita, soprattutto per i più ricchi.
La luce che indica la diritta via.
Quei disegni avrebbero dovuto far aprire il passaggio per l'aldilà e permettere all'anima smarrita e confusa di raggiungerlo senza difficoltà.
In caso contrario, questa avrebbe rischiato di vagare dannata per l'eternità. Sola tra i vivi e senza una meta. Nessun disegno più grande la aspettava, non avrebbe più riavuto pace.

Ma tutto questo cosa indicava? Cosa voleva dire chi aveva lasciato quei simboli?

-Luna, notte, fuoco, cammino, Dio.... Morte, anima che vaga...-
Elle ripeteva di continuo quell'insieme di parole chiavi.

-Luna.. ovvero Tsuki.. Non è possibile! Se l'ordine giusto delle parole fosse Notte Dio Luna.. La risoluzione potrebbe essere anche Yagami Raito! Il fuoco della giustizia arde in ognuno di noi... E' stato lui stesso a dirlo.. Morte.. La sua morte! E l'anima che gira ancora fra i vivi... Light ha lasciato la sua firma! Ora è tutto così ovvio... Ogni tassello va al suo posto... Non ho più nemmeno un dubbio su questo caso... Kira si era pentito, aveva capito che peggiorava la situazione del mondo il suo operato. Invece di unirlo sotto i colori indiscussi della pace, lo stava dividendo per sempre. Uno come lui non poteva permettersi il fallimento del suo scopo, l'unica ragione per andare avanti si sgretolava.. E per fermarsi, ha pensato di metter fino a tutto per sempre. Chissà da quanto maturava questa sua scelta. Il Death Note non l'ha smarrito casualmente, sapeva che l'avrei trovato. E supponeva che l'avrei analizzato, trovando le prove per incastrarlo. Solo così la sua scenata sarebbe stata credibile e il suo suicidio motivato. Il suo piano prevedeva anche la mia indecisione, la mia crisi d'identità. Aveva incluso che sarei tornato qui per pensare, e che, come d'abitudine, mi sarei seduto alla mia postazione e avrei ritrovato il foglio. Per capire il significato racchiuso avrei rimesso in discussione tutto il caso e, ripercorrendolo, sapeva che avrei ritrovato la morale perduta, e sarei riuscito a dimostrare e capire il suo cambiamento. Un piano rischioso tuttavia, ma ti debbo fare i miei complimenti Yagami.. Dopottutto l'ho sempre saputo che eri un bravo ragazzo. Mi piacerebbe che ci rincontrassimo un giorno, magari in altre circostanze. Ora però ho un bel pò di lavoro arretrato che mi aspetta. E questo resterà un segreto tra me e te. Penso fosse a questo che tu miravi, non far trapelare della tua doppia identità. Va bene, come tua ultima volontà, non posso che rispettarla. Addio, e trova la pace che cercavi, Yagami-


Light spiava dall'alto, soddisfatto. -Tutto come previsto. Ryuzaki sono ancora io il migliore-

Un giorno intero era trascorso.. L'alba, la vita frenetica, e poi di nuovo il tramonto, e con esso il fresco della sera.

Elle, a questo punto, fece la sua entrata, che di trionfale non aveva nulla, nella centrale comandata da Soichiro. Chi lo conosceva, rimase stupefatto e contento che il migliore detective del mondo li avesse onorati della sua apparizione. Conciato com'era, dava da intendere che i giorni in cui si erano perse le sue tracce li doveva aver trascorsi appunto girovagando.
-Ogni uomo vive condizionato dalle proprie conoscenze e dai propri giudizi, a cui dà il nome fallace di realtà. Ma le conoscenze e i pregiudizi sono cose ambigue. E' possibile che la tua realtà sia un miraggio. Senza dubitarne tutti vivono nelle proprie false convinzioni, non credete? Vorrei verificare da me i pensieri, a questo punto supposizioni, che mi hanno portato fino a qui, e ricominciare qualcosa che ho lasciato in sospeso. Ma per farlo ho bisogno di persone fidate che stiano dalla mia parte. Con il vostro permesso penso sia giunto il momento che la mia squadra si ricompatti- Elle disse tutto d'un fiato. Questo era il frutto degli ultimi giorni. Poche frasi, ma che nel loro significato racchiudevano delle profonde verità.
Veniva richiesto nuovamente il loro aiuto. E questa volta fino alla fine. Ne erano lusingati e fieri.
Si ricominciava.

Il caso, la sorte o uno scherzo stupido del destino, vollero che in quel preciso istante, un altro Death Note cadesse sulla Terra. Se Elle se lo aspettasse, o fu pura casualità, non si saprà mai. Fatto sta che giocava d'anticipo, era tornato giusto in tempo.

Una figura scura stava camminando per strada. La luce fioca di alcuni lampioni ne tracciavano l'ombra incerta sull'asfalto.
Era tranquilla. Probabilmente passava di lì ogni giorno, alla stessa ora. Forse tornava dal lavoro, forse da qualche suo altro impegno giornaliero. Il passo era normale, non troppo veloce, nè però lento. Sicura di dove andava, non si guardava nemmeno intorno. Doveva conoscerle bene quelle strade.

Avrebbe continuato imperterrita, se solo qualcosa non irrompesse nella sua normale quotidianità, turbandola.
Un quaderno nero gettato a terra. Sembrava nuovo. La figura sconosciuta lo raccolse. Chissà come mai un oggetto così singolare si dovesse trovare in quella stradina così poco trafficata a quell'ora, ma gremita di gente durante l'intera giornata.
Il poveretto non si fece troppe domande, anzi, quasi fosse usuale, senza osservarlo più di tanto, lo mise nella valigetta che teneva con sè.
Arrivato a casa, si posizionò sulla scrivania maniacalmente ordinata, e ci appoggiò con cura ciò che conteneva la borsa.
Sistemò una pila di documenti, raccolti in fascicoletti ovviamente in ordine alfabetico. Si guardò un pò in giro e prese il Quaderno, che a lui interessava più di tutto, con delicatezza.

Aveva seguito con attenzione l'intero caso Kira. In realtà molti dubbi gli aleggiavano in testa al riguardo. L'intento di chi stava dietro a quelle morti, era chiaro. Piuttosto il modo con cui operava e il mistero che copriva la sua improvvisa scomparsa, era su questo che meditava, senza però trovare risposte. Perchè il suo Dio, simile a lui per senso della giustizia e odio verso tutto ciò che creava scompiglio in quel mondo perfetto, perchè aveva mollato all'improvviso la missione?
Gli era sicuramente successo qualcosa. L'odio per il mondo cresceva in un istante, al solo pensiero che tutto ciò che aveva fatto per aiutare il Maestro, comprese apparizioni televise dove parlava esplicitamente della sua ammirazione verso Kira e di quanto fosse determinato nell'aiutarlo, era stato inutile. Odiava qualunque essere vivente alla sola idea che davvero, qualche folle, supponendo stupidamente di essere nel giusto, l'avesse fermato.

Poco era intercorso da quando Light aveva smesso di condannare le persone, ma da subito questo suo seguace aveva percepito che c'era qualcosa che non andava. Non era una semplice pausa. Era la fine. Così aveva dato il via ad una serie di indagini, condotte individualmente. Tra la gente girava qualsiasi tipo di storiella o leggenda sul giustiziere che incuteva tanta paura. Era anche trapelata la notizia di un libro, o qualcosa del genere, dai poteri magici, che poteva essere ricollegato alle morti improvvise e assurde. Ma in realtà il materiale raccolto sembrava più frutto di alcune fantasie sfrenate, che di serie confessioni. Perciò, sconfortato e allibito, aveva gettato la spugna.

Fino a quella sera.
Da subito, appena vide il quaderno nero, capì tutto.
Sarebbe stato il degno successore di Kira, non poteva chiedere di meglio.

Lesse velocemente le istruzioni, sotto la luce della scrivania, e cominciò subito la sua opera di demolizione del male. Il suo schema era pressochè simile a quello di Light.

Con ampi gesti delle braccia, commosso dall'enorme potere, si decise a giustiziare. Una parola ricorrente usava per decretare le morti: -Eliminato!-
Affianco, sopra la pila di documenti già nominata, stava un tesserino di riconoscimento del nuovo Kira: Teru Mikami, stava sulla prima riga, affianco alla foto.

-Lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel Ryuk! Ho sbagliato bersaglio!- Si disse uno Shinigami, mentre osservava la formazione del nuovo futuro Dio. -Ho aggiunto le istruzioni, e ho seguito tutte le sue direttive.. Eppure ho commesso questo errore banale. La ragazza sarebbe dovuta passare di qua proprio a quest'ora, non quel losco individuo, dannazione! Non capisco...io volevo solo onorare la memoria di Jealous, destinandole il quaderno.. Ah ma non c'è problema! Ora seguirò questo umano in vita, ma prima o poi arriverò a te, Misa!!-
Lo Shinigami in questione, adirato per il fallimento del suo intento, arrabbiato con Ryuk, e deciso nel trovare Misa, si chiamava Rem. Volando verso la Terra, si ripromise di fare da ombra al nuovo possessore del Death Note, ma allo stesso tempo gridò vendetta al mondo intero. Il povero e sfortunato essere umano sarebbe stato il complice del piano che Rem avrebbe architettato.

La storia maledetta del Death Note ricominciava. Ma i due malfattori non avevano ancora fatto i conti con il nuovo quartier generale. Elle e gli agenti a lui sottoposti conoscevano già il metodo d'azione del nemico. Ed erano pronti ad un'evenienza simile. I nuovi pericoli si sarebbero presto sentiti braccati. Era solo questione di tempo.

Misa, nel frattempo, ignara di tutto, stava tornando a casa. Ormai era notte fonda. Sarebbe dovuta tornare ore prima, come ogni giorno, ma quella volta era stata fermata da un imprevisto: un ragazzo che d'urgenza aveva dovuto accompagnare in ospedale. Lui doveva a lei la vita, ma lei doveva a lui la salvezza dell'anima.


Dall'aldilà, Light, ignaro di ciò che stesse accadendo nel suo pianeta, passava le ore nel suo giaciglio in mezzo all'erba, fra la desolazione di quel mondo buio.
Un piccolo corso d'acqua sgorgava vicino a lui.
Pian piano stava portando la vita della Terra anche in quel mondo lontano e tra quei tetri, ma anche buffi esseri, chiamati Shinigami.
Se solo ci avessero pensato anche loro, prima di coinvolgerci nella loro noia.
Non sapeva dire quanto tempo fosse passato da quando aveva profanato quel luogo. Il primo non-Shinigami a oltrepassare la soglia. E le conseguenze erano visibili. Vita che nasceva spontanea. La manna dal cielo. Ma anche la condanna per quell'ecosistema di morte. Molto presto sarebbe cambiato tutto, se non si fosse intervenuti drasticamente.

La riunione tra coloro che ricoprivano i vertici più alti dell'intero perimetro, tra i quali si era auto invitato Ryuk, era quasi conclusa. L'ordine del giorno? Light.

Il ragazzo si osservava pensieroso intorno. Ora capiva a cosa si riferiva il suo amico di burle Ryuk quando parlava di noia mortale. La Terra potrà essere a tratti pallosa, troppo spesso insidiosa per i suoi abitanti, ma comunque si tratta di un sistema in via di continuo sviluppo, si poteva cambiare.
Lì no.
Dove c'è vita, c'è speranza.
Ma se è proprio questa a mancare, non c'è via di scampo.

Uno svolazzare improvviso attirò l'attenzione di Light. L'assemblea era conclusa, e tutti erano tornati ai loro soliti lavoretti santuari. Solo il capo degli Shinigami e Ryuk stavano ancora confabulando, gesticolando animatamente, quando quest'ultimo si diresse inaspettatamente verso il ragazzo.
Un modo di fare freddo e distante, un velo che celava il solito andazzo gioioso e amichevole, ciò che in quell'istante avvolgeva lo Shinigami.

-Che succede? Divento pure io Shinigami ora?- Chiese Light, indeciso e timoroso sulla risposta che gli sarebbe stata data. Per una volta nella vita, la prima, il suo futuro, il suo destino, non facevano più parte di un disegno, di un piano dove tutti i pezzi del puzzle si univano perfettamente, ma erano un'incognita imprevedibile. Una sensazione di impotenza lo invase. Lì si decideva tutto.
Dopo un istante di riflessione che sembrò eterno, Ryuk diede una risposta. L'espressione seria e i lineamenti duri del viso non lasciavano trasparire alcuna emozione.
-No Light.. A quanto pare hai vinto-
-Che vuoi dire Ryuk?-
-Addio-

Un vortice nero, all'improvviso, squarciò il grigio del cielo. Light non vide più nulla attorno a sè. Perse i sensi. L'ondata di energia sparì non appena ebbe preso con sè il ragazzo, che non ebbe nemmeno il tempo di emettere alcun suono.
Il nulla quello che lo avvolse.

-Ma è così necessario?-
-Sì Ryuk. Il Death Note è un'arma impressionante, un potere micidiale, ma il destino di chi lo possiede è forse peggiore. Nessuna pace. Light non può passare oltre, impossibile per lui seguire il tracciato che spetta di consueto a tutti gli altri. Ma non può nemmeno rimanere qui. Solo gli Shinigami hanno il permesso, anzi l'obbligo, di sostare in questo luogo malfamato. Hai visto con i tuoi stessi occhi, sta inquinando questo mondo. Giuro che erano millenni che non vedevo tutta questa rigogliosità! E poi qui! Che non sia mai!!-

Questa la conversazione che Light aveva osservato da distante, ignaro di cosa stesse per succedere.

Il capo degli Shinigami si avvicinò nuavamente a Ryuk e indicò il luogo dove fino a poco prima aveva sostato l'ospite mal voluto con ripudio, ma anche con un senso di malinconia perso, di invidia verso la bellezza della vita. Una graziosa farfallina gli passò davanti agli occhi.

-Visto??! Entro poco deve sparire tutto questo!! E'-E' caldo! Quando mai noi riusciamo a scaldare, con il nostro corpo, dove ci siediamo??! Rivoglio la mia terra bruciata, i massi che si sgretolano!! Pure l'odore di decomposizione è stato in parte alterato dal profumo di quelle dannate margherite appena nate!-
-Ma sono così carine...-
-RYUK!!!-
-Scherzavo... (Ih ih ih) ..Questa sensazione di vivo mi dà alla nausea...- Era sincero mentre pronunciava queste parole. Allo stadio di Shinigami ci si rende conto della futilità della vita, di quanto inutile sia, dal momento che comunque finisce. Vale la pena soffrire come cani per ottenere qualcosa, e poi perderlo nonostante il nostro impegno? Ma dopo tutto, non poteva smettere di guardare incantato quel verde che si stava impropriando prepotentemente del paesaggio circostante. Ogni attimo di vita deve essere vissuto con gli occhi e il cuore di chi sa che prima o poi finirà, e apprezzando il nostro valore, la nostra unicità. Tutto quello che decidiamo di fare è un nostro arricchimento personale.

-Che cosa bizzarra: la fonte di vita di tutto ciò era palesemente morto- Disse alla fine, sospirando, il capo.
-Morto all'anagrafe forse, ma ancora pieno di vita dentro. Che fine farà?-
-Da adesso in poi il suo cammino se lo scrive da solo, da solo. La parola fine non tocca più a lui, ma da lui dipende tutto il resto-
-Una risposta soddisfacente direi. Bravo Light, buona fortuna per tutto..-
-Ah sia chiaro.. Questa volta chiudo un occhio sul Death Note che TU hai smarrito, ma sia chiaro, commetti un'altro passo falso e non mi riterrò responsabile delle mie azioni-
-Certo..-

La vita, comunque, presto avrebbe abbandonato per sempre quel luogo, facendolo tornare alla sua atmosfera di morte. Arido e inospitale. Come i suoi abitanti, che però avevano saputo riconoscere la vita e apprezzarla di nuovo. Ricordo che non sarebbe più stato tolto dalle loro menti. Ricominciavano con nuove certezze, e forse con criteri diversi per uccidere le persone. Arrivati a questo punto, sembrava davvero di brutto gusto eliminare esseri umani che davanti a loro avrebbero avuto ancora parecchio da vivere.

E Ryuk, ora come ora, non odiava più quel posto, e apprezzava il suo capo che comunque aveva saputo capire e dare una giusta e degna conclusione a quella storia. Ciò nonostante prima che arrivassero gli Shinigami sorteggiati a casaccio per la disinfestazione, tra le piante selvatiche, Ryuk ne salvò una, che produceva dei strani frutti rossi.. - Buone.. -

Non poteva tornare al solito cibo, dopo aver assaggiato quello succoso della Terra, pensava tra sè. E così, nel suo covo, con l'intento di curarla e farla crescere rigogliosa, portò il tenero germoglio che dava i frutti così precocemente, e non potè fare a meno di farsi seguire anche dalla graziosa farfallina, e dalle margheritine che così brutte non erano. Il suo antro sarebbe diventato un bel prato fiorito sotto una specie di serra.

Il Dio della morte era cambiato, aveva capito che le risposte da cercare per soddisfare la sua sete di curiosità potevano trovarsi anche vicino a lui, non serviva lanciare a destra e manca dei Death Note. Avrebbe continuato la sua eternità lì, e avrebbe accresciuto il suo carino orticello. Uno Shinigami con il pollice verde non si era mai visto, ma d'altronde Ryuk un tipo qualunque non lo era mai stato. Se il capo l'avesse scoperto... guai grossi! -Adoro trasgredire le regole!- Si disse lo Shinigami, sorridendo... -Mmh se le curo io sono anche più buone, gnam!-


Il percorso di kira portò presto all'effetto opposto, facendone risentire ancora, nonostante fosse finito da un pezzo, le conseguenze. La violenza genera altra violenza.
Tutti quelli che si erano sentiti colpiti indirettamente dal giustiziere ora chiedevano vendetta. Il lavoro di Elle ricominciava. Più arduo di prima. La lotta tra bene e male si faceva sempre più accesa. Ma un super detective era più determinato che mai, niente lo poteva fermare. Con l'aria di qualcuno che la sua battaglia contro il mondo l'ha già vinta, tornò alla sua postazione, la tazzina di zucchero bagnata di caffè in mano, la sua piramide di pasticcini davanti allo schermo del computer, e la voce che diventava meccanica non appena gli si chiedeva di parlare con alti ufficiali, presidenti di nazioni o collaboratori sul campo. La sua squadra era al completo. Il caro Watari addetto un pò a tutto, come una rivista di fai da te, il vecchio quartier generale con Soichiro Yagami a capo, e delle nuove entrate, rispettivamente Mihael Keehl e Nate River, pronte a surclassare il capo in carica. Insieme, per l'inviolabilità del tenero germoglio che un giorno sarebbe sbocciato in un'impenetrabile quercia, chiamato umanità.

Lo spirito di libertà che muoveva quei comuni esseri umani, volto a diventare un desiderio di pace, sarebbe mai stato raggiunto inequivocabilmente? Chiunque con un briciolo di buon senso e con una visione realistica del mondo non avrebbe dubbi nell'affermare la difficilissima e delicatissima questione e decretare una secca risposta: no. E nemmeno io mi sento di poter azzardare una risposta diversa. Va bene sognatori, ma anche la nuova squadra formatasi sapeva che, salvare il mondo, era un compito troppo grande per chiunque. Ma si cominciava dal loro piccolo. E la missione si sarebbe potuta decretare riuscita se, anche solo una persona, visto il loro operato, si fosse posta le domande giuste allegandole alle corrette risposte mosse da sentimenti di giustizia. Quel giorno venivano gettate delle piccole basi. Un passo avanti. Ecco cosa contava.

Elle fissava la scatola davanti a sè. Alzò il coperchio, che teneva scritto: Caso #4013 Kira, risolto. Ne osservò il contenuto, che si limitava in una penna come prova, e una miriade di fascicoletti. Un numero spropositato di pagine per qualcosa di così semplice da spiegare, si diceva. Si prese con un braccio le ginocchia, e portò il pollice dell'arto opposto in bocca. Riflettè intensamente. Mihael e Nate lo disturbarono con i loro soliti litigi per chi fosse il più bravo, discussioni che finivano sempre con cioccolata e dadi che svolazzavano sopra la testa di un povero Lawliet, pensieroso.
-Ah ah! E adesso come farai a finire il puzzle, eh perdente?!-
-Ridammi subito i pezzi che mancano, razza di idiota!!-
Questa volta, però, li anticipò Elle, che prese un oggetto a lui famigliare e si avvicinò ai due. Zac! Ammanettati. Ecco la soluzione. La vita di uno dipende dall'altro. E la certezza che sarebbero stati liberati solo quando Watari ne avesse avuto voglia. -Ancora! Ma Ryuzaki!- Disse un Matsuda quasi autoconvinto del tutto di essere diventato maturo e serio. -Ma di solito non si ricorreva al tennis per rinforzare l'amicizia?- Chiese beffardo Soichiro, che non apprezzava molto i modi di fare impulsivi del numero uno dei detective. -Oh si..e l'avrei consigliato, se solo ne avessi avute due di racchette..- Rispose Elle, subito dopo aver riposto quella mancante nella scatola aperta. E sotto il nome Light Yagami scrisse: Colui che mi ha battuto a tennis, e che come sogno aveva la salvezza del mondo. Vittima di Kira.
Un momento di malinconia avvolse la stanza, nel ricordo del compagno scomparso. Solo Elle era a conoscenza del suo vero segreto, cosa sul quale, però, preferì tacere per sempre, senza un motivo preciso. Il volto di Kira rimase senza identificazione, e dopo il primo periodo durante il quale a turno si cercava di fare chiarezza chiedendo ad Elle, il caso fu definitivamente archiviato e si tornò alle piccole battaglie giornaliere sulla criminalità.


Misa camminava a testa bassa per strada. Era passata ormai una settimana dalla vicenda dell'ospedale e si sentiva più dubbiosa che mai sulla sua collocazione nel futuro in questo mondo. Aveva anche disdetto alcuni impegni lavorativi e per la prima volta si era dedicata un periodo di pausa, una piccola e innocente vacanza. Forse sarebbe partita. Voleva ricominciare, più lontana che mai dalla sua città natale.

Distratta com'era e pensierosa, si apprestava ad attraversare la strada. Il semaforo era inequivocabilmente verde. Poteva passare. Ma lei non prestò attenzione ad una macchina che sfrecciava verso di lei a tutta velocità. Un pirata della strada.

Tra le sue stanche riflessioni che la tenevano occupata, si faceva spazio anche la musica, che ascoltava con le cuffie ad alto volume.

Un'anziana tentò, gridando con tutta la voce che aveva in corpo, di avvisarla del pericolo imminente. Altri passanti si accorsero di ciò che stava per accadere, attirati dal trambusto. Ma Misa, ormai, era già in mezzo alla strada, e nessuno poteva più impedire l'irreparabile.

Pochi attimi, e la macchina le era già appresso.
Quando alzò lo sguardo, vide solo i fanali che la accecarono, tenuti accesi dal maledetto, nonostante fosse pieno giorno e il sole risplendesse nel cielo.
Portò in quell'ultimo istante il braccio davanti il viso, per coprirsi da ciò che la stava infastidendo. Non ebbe nemmeno il tempo per comprendere.

Le urla delle persone coprirono il rumore del botto, e si congiunsero con il grido di disperazione, straziante, della ragazza.

Quando la signora anziana riaprì gli occhi, che teneva chiusi dallo spavento, terrorizzata al solo pensiero della scena raccapricciante che si sarebbe prestata a fissare e con gli occhi colmi dello strazio di chi non ha potuto far niente, la prima cosa che vide fu la borsetta scaraventata a terra e ridotta a brandelli dal passaggio dell'auto, che ormai correva lontana.

C'era chi se ne andava infastidito dall'accaduto, chi fissava stupito. Alcuni chiamavano la polizia, altri l'ambulanza.
Qualcuno aveva pure tentato di prendere la targa. Ma probabilmente l'auto si sarebbe scoperto essere rubata.

Il caos.

L'anziana spostò lo sguardo lentamente. Nessun segno di frenata. Maledetto.
Una scarpa, volata via dalla vittima probabilmente per il forte trauma subito, stava proprio di fronte all'involontaria spettatrice.
L'ipod, che dava ancora segni di vita, stava a terra dal lato opposto della strada con lo schermo irrimediabilmente scheggiato.

Sulla strada non c'erano altre tracce dell'accaduto.
Misa stava immobile, semi appoggiata sul marciapiede.
La vecchia aguzzò lo sguardo. Incredibile.
Un ragazzo la stava sovrastando con il suo corpo.

In mezzo alla confusione si era gettato sulla ragazza in difficoltà sulla strada. Incurante del pericolo che correva, era corso rapidamente verso di lei, e con tutta la forza che aveva in corpo, afferratala per le braccia saldamente, si era buttato a capo fitto verso il marciapiede.

Le aveva fatto da scudo verso il veicolo velocissimo, anticipandolo di pochi istanti.

Misa aprì lentamente gli occhi. Si trovò faccia a faccia con lo sconosciuto che le aveva salvato la vita. Era scioccata, e dolorante un pò ovunque, ma viva e vegeta.

-Tutto apposto?-
Chiese lui, ma Misa era troppo scossa per rispondere.

Un'ambulanza a sirene spiegate arrivò e caricò entrambi. Da lì il vuoto.


Quando la ragazza si risvegliò, era in un letto di ospedale. Indossava uno di quei tristi camici bianchi e delle bende le coprivano mezzo braccio destro. La schiena le doleva, la caduta sul cemento era stata violenta. Aveva alcune botte e qualche graffio sparsi per il corpo. Ma nulla di grave se si valutava quello che aveva rischiato. Si toccò la ferita sopra la tempia.

-Stia tranquilla, sono tutte ferite superficiali. Con un pò di sole e delle buone medicazioni, tra un mese al massimo, spariranno completamente- Le disse sorridendo un'infermiera, che trafficava con il macchinario il quale controllava il regolare battito cardiaco della paziente.

Misa fissava la porta davanti a sè.
-Aspetta qualcuno? Se mi dice il numero posso avvisare io la sua famiglia...- Chiese gentilmente la stessa infermiera.
-No, grazie, non aspetto nessuno- Misa era di nuovo malinconica, triste, e continuò: -Forse era meglio se quel pazzo mi avesse preso in pieno-
-No ma che dice! E poi è questo il ringraziamento da fare al ragazzo che l'ha salvata?-
-I-Io ... me ne ero scordata... E comunque questo non cambia nulla... Ma che ne sa lei della mia vita!-
. . .
-Mi scusi, non volevo prendermela così... E' stata anche troppo gentile.- Riprese Misa, mentre si alzava a fatica dal letto. Era ancora stordita e gli antidolorifici che aveva in corpo, anche se deboli, la facevavo sentire assonnata -Il bagno è da quella parte giusto?-
-Sì.. Se vuole l'accompagno..-
-No no grazie.. a quanto pare finire qui è diventata un'abitudine..- Misa fece un sorriso, ricordando quel stravagante ragazzo che aveva accompagnato solo giorni prima. -Ryuzaki, mi pare avesse detto di chiamarsi così, eh già.-
-Non per metterle fretta, ma tra un pò dovrebbero arrivare gli agenti per la denuncia...-
-Denuncia? Ah già, mi hanno quasi investita e sono scappati... E poi il delinquente era K...- Misa si bloccò.
-Chi scusi?-
-Nessuno... comunque non si preoccupi, farò presto...-

Una volta in bagno, si diede una rinfrescata al viso con dell'acqua fresca. Davanti allo specchio si sistemò i codini. Ebbe un flashback. Di nuovo i fanali che l'accecavano, e poi quel ragazzo.

Cadde a terra. Forse era stata prematura la sua idea di girare in quello stato da sola.
L'ultima immagine che ricordava era il viso del ragazzo, a pochi centimetri dal suo. Era stato davvero coraggioso. E lei non lo aveva nemmeno ringraziato. E non sapeva nemmeno quali fossero le sue condizioni. -Devo andare subito da lui-


La sua stanza era poco lontana.. un dottore gliela indicò...
Quando entrò lui stava nel letto e la fissava. Aveva ferite un pò ovunque, come lei. Insomma non stava così male, almeno sembrava..
-Ehi, ciao..- Gli disse, un pò imbarazzata, per rompere il ghiaccio.
-Ciao..-
-Sono venuta per ringraziarti di avermi salvato la vita.. davvero, sei stato coraggioso.. non serviva..-
-Ah beh di niente..- Disse lui, per niente a suo agio.
-Non hai ferite serie a quanto vedo..- Misa cercava una conferma nel suo sguardo, ma si fece di colpo seria quando vide che non rispondeva.
-Dipende... Dipende da come intendi il graffio profondo che ho sulla schiena, e che per poco non mi ha fatto morire dissanguato- Ci scherzava sopra, ma era maledettamente seria come cosa.
-E-Eh?-
-Non è niente.. Mi hanno messo dei punti mi pare.. E per un pò non potrò muovermi più di tanto. Dicono sia stato lo specchietto rotto dell'auto che a quella velocità mi è passato dritto dietro..-
-E come stai?-
-Tutto sommato bene.. insomma, non ho danni permanenti, guarirò del tutto..- Lei era preoccupata, mentre lui ne parlava come fosse normale.
-Mi dispiace.. Scusa, non so che combinare casini..-
-Beh siamo in due... Osserva: la vedi la ferita sopra il mio occhio destro?-
-S-Sì... e allora?-
-Non riuscivo a capire dove me la fossi fatta, dato che non ho sbattuto la testa da nessuna parte. Solo quando sei arrivata ho avuto un lampo di genio. Tu hai la stessa ferita dal lato opposto. Come uno specchio. Eh eh ci siamo dati una bella testata..-
-Che?- Misa lo guardò un pò male, ma poi scoppiò in una risata che travolse anche l'altro. Una risata sincera. Dopo tanto tempo.
Appena si furono calmati Misa, tornando seria, disse: -Vabbè me ne torno in camera. Ti lascio solo. Hai avvisato la tua famiglia? -
-...E' una storia lunga... non prendermi per pazzo, ma non ricordo nulla e non per l'incidente, ma da prima... So solo come mi chiamo-
Si scambiarono uno sguardo intenso. Sembrava si conoscessero da una vita, si capivano al volo. Misa provava delle sensazioni sconosciute, stava bene tutto sommato. Si sorrisero.


  
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