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Autore: wale    31/12/2009    5 recensioni
-Due giorni-lo interruppe improvvisamente il servo dopo avergli sfilato l’ultimo pezzo dell’armatura. -Che cosa?- domandò Artù senza capire. -Datemi due giorni di tempo per trovarvi un punto debole. Se dovessi fallire nell’impresa ritirerò ciò che ho detto e affermerò che siete invincibile-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver pubblicato questa FF ho visto che IcePrincess ne aveva scritta una simile, almeno per quanto riguarda il succo della storia. Volevo dire che non avevo alcuna intenzione di copiarla ma che è stata solo una coincidenza e mi scuso se è potuto sembrare così.

Il punto debole di Artù

 

 

 

-Artù siete incredibile! Siete riuscito a vincere anche questa volta!- disse entusiasta Merlino, avvicinandosi al principe per sfilargli l’armatura.
-Perché? Avevi, forse, qualche dubbio?- domandò Artù cercando di nascondere invano un sorriso compiaciuto.
-Nessuno è invincibile sire- sostenne, poi, il servo smorzandogli l’entusiasmo.
-Merlino, si dia il caso che io non sia uno qualunque. Io sono Artù, il principe di Camelot e, non per niente, sono riuscito a sconfiggere più volte la magia nonostante tu mi fossi sempre tra i piedi-
-Si come no, l’asino Reale per eccellenza!- sbuffò il servo -volete, quindi, farmi credere che voi non avete punti deboli?- 
-Esattamente e ti consiglierei di morderti quella tua linguaccia, ogni tanto, prima che qualcuno decida di fartela tagliare-
-La verità fa male?- lo canzonò Merlino.
-Se non perdessi troppo tempo ad offendere il tuo padrone forse riusciresti a svolgere i tuoi compiti come si deve, una volta tanto-
-Due giorni-lo interruppe improvvisamente il servo dopo avergli sfilato l’ultimo pezzo dell’armatura.
-Che cosa?- domandò Artù senza capire.
-Datemi due giorni di tempo per trovarvi un punto debole. Se dovessi fallire nell’impresa ritirerò ciò che ho detto e affermerò che siete invincibile-
-Merlino, che idiozie vai blaterando? Se volessi potrei fartelo dire ad ogni tuo respiro-disse, Artù, altezzoso.
-Minacciandomi è certo, ma voi sapreste che non sarei sincero e che lo direi con una certa ironia-
A queste parole Artù lo guardò accigliato e Merlino si insultò mentalmente, certo di essersi guadagnato un’ intera giornata alla gogna. Per questo fu stupito dalle parole del principe che seguirono.
-Affare fatto. A partire da domani avrai due giorni di tempo- disse Artù porgendogli una mano che di conseguenza Merlino strinse.
-Ma se vincerò la scommessa voi non mi manderete più alla gogna!-
Artù, per un momento sembrò indugiare.
-E sia. Questa scommessa l’ho già vinta!-disse, poi, con fermezza, anche se in realtà era tutt’altro che sicuro, ma il suo orgoglio purtroppo era nettamente maggiore del suo buon senso.

 


Ora era questione di principio. Avrebbe fatto di tutto pur di sbattere in faccia a quell’arrogante di Artù il suo punto debole e se fosse stato fortunato ne avrebbe trovati anche più di uno.
La prima ( e l’unica) persona della sua lista da interrogare, era certo, che sarebbe riuscita ad aiutarla nel suo scopo.
-Mi dispiace, ma non posso esserti d’aiuto- disse schiettamente la bella Morgana.
-Ma siete proprio sicura? Infondo vi conoscete fin da bambini- chiese Merlino incredulo.
Artù era solo un uomo, non poteva essere invincibile, ne era certo! O almeno lo era fino a pochi minuti prima.
-Sono certa che quell’idiota ne abbia anche in abbondanza, ma lo sai com’è orgoglioso. E’ un cavaliere e i cavalieri non mostrano mai le proprie debolezze- concluse la figliastra del re in tono un po’ saccente.
-Piuttosto, Merlino, perché sei così ansioso di scoprirlo?- continuò curiosa.
-Mi scusi lady Morgana ma ora devo proprio scappare!- e senza lasciarle il tempo di replicare si dileguò.
Le cose non andavano affatto bene per il giovane mago che, amareggiato, si rifugiò nello studio di Gaius. Fu lì che decise di usare il libro di magia. Infondo era per una giusta causa!
Doveva aiutare Artù a divenire un grande re per Camelot e, per realizzare il suo destino nel migliore dei modi, avrebbe dovuto scoprire le sue debolezze in modo da fargliele affrontare.
Questa era la peggior scusa che potesse inventare anche per sé stesso ma, senza troppi indugi, raggiunse la sua stanza per trovare qualche incantesimo.
Erano passate ore da quando aveva iniziato a consultare il libro di magia, ma non aveva trovato niente che gli potesse servire nell’impresa. Stava per rinunciarci quando una voce familiare lo distolse dai suoi pensieri.
-Merlino!-
Dopo essere caduto dal letto il servo uscì in fretta dalla stanza trovando un Gaius a dir poco adirato.
-Merlino! Non ti avevo detto di pulire il mio studio?! Non puoi approfittare di questi due giorni di permesso, che il principe Artù ti ha gentilmente concesso, per dormire!- lo rimproverò serio.
-Scusami Gaius ma c’è un motivo per cui io non…-Merlino si bloccò.
Un’altra idea geniale si illuminò sulla sua testolina: di fronte a sé aveva Gaius, il fidato medico di corte da più di vent’anni, un uomo che aveva visto crescere Artù e che, sicuramente, lo conosceva meglio del re in persona.
Un sorrisino furbetto si dipinse sul volto. Che idiota, perché non ci aveva pensato prima?!?
-Gaius ho bisogno di chiederti una cosa- premise Merlino.
-Sappi che non ti permetterò di venir meno ai tuoi doveri- lo anticipò il medico, ancora risentito del fatto che il giovane discepolo non gli avesse obbedito.
-Non si tratta di questo, ma di me e Artù, del nostro destino insieme- disse il moro con teatralità.
-Devo sapere qual è il suo punto debole-
Gaius lo guardò interdetto.
-Merlino, non so cosa ti frulli nella testa ma non ho alcuna risposta a questa domanda. L’ho visto crescere, l’ho curato ogni volta che ne aveva bisogno, ma non ero la sua balia. Non avevo tempo da perdere per stare dietro a un bambino viziato-
-Ma certo la balia!- disse Merlino battendo la mano sulla fronte.
-Gaius mi sapete dire chi è stata la balia di Artù?-
-Bèh, ecco, diciamo che da bambino il principe era molto “vivace” ed il re è stato costretto a cambiarle di continuo. Se la vecchiaia non mi inganna ne avrà avute si e no una cinquantina-
-Capisco- sibilò Merlino, avvilito, certo di perdere la scommessa. Poi fece per andarsene ma venne di nuovo richiamato dal cerusico.
-Merlino, il mio studio non si ripulisce da solo!-
Dopo un sonoro sbuffo il giovane mago fu costretto a mettersi al lavoro.
Non solo si trovava in alto mare, ma avrebbe anche perso tempo prezioso.
Deciso più che mai a lasciar perdere gli interrogatori,avrebbe iniziato ad agire con i fatti.
Se nessuno sapeva dargli una risposta avrebbe trovato il punto debole di Artù da solo, costi quel che costi.

 

 
Era vero, forse si era lasciato un po’ prendere dall’entusiasmo, ma la reazione del principe era stata davvero esagerata. Lui stava solo cercando di vincere la scommessa!
Si, forse era stato davvero sconveniente infilare nel letto di Artù ragni pelosi per appurare che non fosse aracnofobico e, probabilmente, lo era stato maggiormente rinchiuderlo nell’armadio per capire se fosse o meno claustrofobico. Però Artù si era, come al solito, irato più del dovuto. Aveva ancora altri piani da dover realizzare per scovare il suo punto debole e quell’asino di un principe non gliene dava l’opportunità lasciandolo marcire alla gogna, alla mercè di una folla divertita.
Era ormai sera quando le guardie lo liberarono.
Pessima,pessima giornata.
Non aveva concretizzato nulla e, in più, puzzava di frutta e verdura marce.
Era molto stanco e, quando tornò nelle sue stanze, fu lieto di vedere che Gaius aveva pensato a lui.
Sul tavolo, in bella vista, c’era un piatto di minestra ancora calda. Con un grande sorriso si fiondò sulla sedia per divorare il pasto, ma non riuscì neanche a terminarlo che un sonno pesante lo colpì all’improvviso.
Una figura alle sue spalle, avvolta nel buio, sorrideva.

 

 

La mattina seguente il principe Artù si svegliò di buon’ora per andare a caccia. Non sapeva se Merlino lo avrebbe accompagnato perché quello sarebbe stato l’ultimo giorno a disposizione, per lui, di vincere la scommessa.
Artù si domandò che cosa si sarebbe inventato quel giorno e, nel farlo, gli sfuggì un sorriso.
Merlino era un vero idiota.
Un idiota imprevedibile, doveva ammetterlo.
All’improvviso qualcuno bussò alla porta destandolo dai suoi pensieri.
-Avanti- ordinò, dando per scontato che gli stessero portando la colazione.
-Artù!- proruppe il medico di corte aprendo la porta.
-Gaius che succede?-chiese il principe, stupito da tale atteggiamento.
-Sire, scusatemi l’irruenza, ma questa mattina, quando mi sono alzato, non ho trovato Merlino da nessuna parte e il suo letto non era disfatto. Poi, sul tavolo ho trovato questa- disse porgendo al ragazzo una pergamena che portava il nome del principe.
L’aprì senza troppe cerimonie, con il cuore in gola. Aveva un terribile presentimento che fu subito confermato da quelle poche righe. Senza dir nulla prese la spada e corse via.
Gaius dopo aver seguito con lo sguardo la figura del giovane allontanarsi si piegò a raccogliere la pergamena che Artù aveva fatto cadere a terra.
Ciò che lesse non gli piacque affatto, ma sapeva che non avrebbe potuto farne parola con il re. 
Uther non avrebbe permesso che suo figlio rischiasse, di nuovo, la vita per un servo.

Artù Pendragon se vuoi rivedere il tuo servo ti consiglio di farti trovare da solo, prima del calar del sole, vicino alla cascata oltre la foresta.

Artù stava cavalcando il più veloce possibile con l’unico obiettivo di salvare Merlino.
Cavalcava, cavalcava, deciso a riprendere quell’idiota, in qualunque guaio si fosse cacciato.
Gli sembrò che fosse passata un’eternità quando giunse al luogo dell’incontro.
Ciò che vide lo spaventò in un modo fino allora sconosciuto.
Il corpo di un Merlino privo di sensi giaceva vicino al fiume.
Scese in fretta da cavallo, ma prima che potesse avvicinarsi notò un individuo. Era armato.
-Finalmente ci incontriamo, giovane Pendragon- disse con un velo di ironia- stai tranquillo, il tuo amichetto è vivo e vegeto, aveva solo bisogno di dormire un po’-
-Chi sei?!? Se mi vuoi sfidare sii uomo e lascia andare il mio servo. Lui non centra nulla!-tuonò irato Artù.
-Ma io non voglio sfidarti. Voglio ucciderti- sibilò l’altro con un ghigno- Voglio vendetta!- e urlando ciò si fiondò sul principe con violenza, ma quest’ultimo parò prontamente il colpo.
Nello scontro che seguì Artù era in netto vantaggio e con un veloce contrattacco lo disarmò.
-Voglio sapere di quale vendetta blateri tanto prima di ucciderti! Di quale vendetta ti ha portato a fare del male ad un innocente! Rispondi!- urlò Artù corroso dalla rabbia.
L’altro abbassò lo sguardo e spaventato, con la voce tremante, cercò di rispondere.
-Io sono l’innocente, mio figlio lo era, ma Uther, tuo padre era accecato dalla rabbia e dalla paura! Io sono fuggito, ma il mio bambino non ha avuto scampo!- disse alzando il tono-Sono quindici anni che cerco vendetta, quindici anni che voglio farlo soffrire come ho sofferto io!...Giorni fa sono riuscito a tornare a Camelot e a infiltrarmi nella servitù, ma tu eri inavvicinabile. Così decisi di fare in modo che fossi tu a venire da me e iniziai a osservarti da lontano…- poi alzando gli occhi su Artù e mostrando un ghigno, continuò -Chi l’avrebbe mai detto che il punto debole di Artù Pendragon fosse un insulso servetto-
-Comprendo il tuo odio, ma adesso anche tu stai facendo l’errore che fece mio padre a suo tempo!-
-Non mi paragonare a quel mostro!- urlò l’uomo a terra.
-La vendetta offusca la mente, ti fa perdere la ragione. Ti chiedo di abbandonarla, di iniziare una vita serena, migliore. Mio padre ha commesso molti errori in passato ma ha sempre agito per il bene del nostro regno. Ti chiedo solo di andare avanti, di perdonarlo-
Così dicendo Artù, impietosito, scostò la spada da quell’uomo in lacrime e gli diede la spalle per raggiungere Merlino.
Fu questione di pochi attimi.
Artù si era chinato per liberare il servo dalle corde che lo tenevano legato e quell’uomo, ormai logorato dall’odio, unico compagno di tutti quegli anni, riprese la propria spada e lo colpì alla schiena con violenza.
Artù urlò dal dolore.
-Principe Pendragon la tua ora è ormai vicina!- urlò in un ghigno perfido -ma prima vedrai morire il tuo servo- e, così dicendo, spinse il corpo di Merlino nel fiume.
-No! Merlino!- urlò invano Artù che d’istinto impugnò la spada e la infilzò nel petto del nemico.
-Tuo figlio non ti reputerebbe migliore del suo carnefice- gli disse con rabbia prima di buttarsi nel fiume.
L’altro si accasciò a terra privo di vita.
Un’ennesima lacrima gli attraversò il viso, diversa dalle altre perché non era d’odio, ma di dolore.

Artù doveva farcela, doveva salvare Merlino ad ogni costo.
Non poteva finire così.
Non era il loro destino lasciarsi, non così presto.
La corrente era troppo forte, perdeva sangue e le forze gli venivano meno.
Prima di perdere conoscenza riuscì solo a sussurrare il nome di Merlino.
Poco distante, il fiume volgeva in una cascata.

 

Era quasi buio quando Merlino accese il fuoco. Faceva freddo e ogni volta che sospirava una nuvoletta di aria fredda usciva dalla sua bocca, per non parlare del fatto che era bagnato fradicio.
Era ancora stranito per quello che era successo.
L’ultima cosa che si ricordava era la gogna, il piatto di minestra, e poi invece si era ritrovato, legato come un salame, ad affogare in un fiume. Grazie ai suoi poteri era riuscito a liberarsi ma era ancora così intontito che non riuscì ad evitare la cascata. Non sapeva ancora come, ma era riuscito a sopravvivere.
Una volta ripresosi e aver visto il corpo di Artù coperto di sangue, galleggiare nell’acqua fu un colpo per lui.
Probabilmente anche lui era stato trascinato lì dalla cascata, forse proprio per salvare lui.
Si era spaventato davvero. Ma ora stava bene ed era solo questo che contava.
Una volta svegliatosi gli avrebbe dovuto dare delle spiegazioni per la maniera in cui quell’asino di un principe si era ridotto.
Ora, però, Merlino si limitava ad osservarlo dormire.
I capelli bagnati gli incorniciavano il volto pallido ed un ansito usciva regolarmente dalle sue labbra, storte dal dolore. Il petto si alzava e si abbassava ritmicamente ed aveva assunto una sfumatura dorata per opera del fuoco. 
Ad un tratto Merlino notò che Artù aveva iniziato a tremare e stava per utilizzare la magia, per dargli un po’ di calore, quando il principe si destò.
-Merlino- soffiò
-Sono qui- rispose il servo, apprensivo.
-Stai bene?-
-Si, certo- rispose confuso, e a quelle parole Artù richiuse gli occhi.
-Sei un idiota...- se ne uscì poi, all’improvviso, facendo sobbalzare Merlino che lo credeva dormire.
-...un estraneo, al contrario di te, solo osservandomi è riuscito a scoprire il mio punto debole...-
-Ma che cosa è successo?- chiese Merlino un po’ in ansia.
-Come al solito ho dovuto tirarti fuori dai guai-
A quelle parole il giovane mago sorrise.
-La vostra ferita vi fa male?-
-Lo sai, Merlino, che sono invincibile- disse Artù poco convincente.
-Il sole è tramontato e a quanto pare ho perso la scommessa. Quindi ritiro ciò che ho detto, avevate ragione, voi non avete punti deboli- disse senza nascondere il leggero e inopportuno fastidio di aver perso.
Allora Artù iniziò a ridere di gusto, davanti allo sguardo sbalordito di Merlino, finchè un colpo di tosse lo fermò.
Il servo iniziava davvero a preoccuparsi, forse quell’asino aveva sbattuto la testa da qualche parte.
-Merlino sei proprio un idiota- disse in un sorriso.
-Non fate altro che ripeterlo, vi siete per caso incantato?- chiese Merlino un po’ offeso.
Artù alzò gli occhi al cielo stellato che si stendeva sopra di loro mentre  il mago continuava a guardarlo come inebetito.
-Io..-iniziò Artù dopo un breve silenzio-..io sono pieno di debolezze. Ma non posso averle, non devo averle per il bene del mio popolo. Io devo essere un punto di forza per il regno- disse in tono serio mentre Merlino lo ascoltava con molta attenzione.
-Ma c’è una debolezza a cui non riuscirò mai a sfuggire…-e li si bloccò. Dell’aria fredda gli fece battere i denti.
-Artù non c’è bisogno che…-
-Merlino lasciami dire, non so se sarò mai troppo stanco, stordito o contento di rivedere la tua pellaccia come adesso, per dirti una cosa del genere- e così dicendo per la prima volta quella sera si voltò verso di lui, incatenando i suoi occhi a quelli di Merlino.
-Sei tu…sei tu il mio punto debole peggiore- disse in un soffio, quasi avesse paura a farlo.
Merlino notò che il volto pallido del principe arrossì lievemente prima di tornare a guardare il cielo.
Il mago era senza parole, credendo quasi che fosse stata tutta una sua illusione, che Artù non avesse detto nulla in quel sussurro.
Ma sapeva che non era così.
Lentamente si avvicinò al suo volto e gli baciò la fronte, ma il principe si era già lasciato andare tra le braccia di Morfeo.

 
Purtroppo Merlino sapeva che questo non sarebbe bastato a risparmiargli la gogna in futuro.

  
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