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Autore: baka_the_genius_mind    31/12/2009    13 recensioni
«Esistono puttane e regine, Kouyou. Puttane che si credono regine e regine che si sentono puttane.»
«Ciò che fa di loro regine o puttane è il rapporto che le lega all'amante. Oh, il giusto uomo può fare sentire la puttana una regina, e la regina una puttana.»
«È capitato che un uomo, trattandomi da regina, mi abbia fatto sentire una puttana...è successo spesso. Ma tu sei l'unico che pur trattandomi da puttana mi fa sentire una regina.»
Shot decisamente poco consone all'atmosfera gioiosa di questo giorno, ma personalmente questo giorno è stata la degna conclusione di un anno assolutamente penoso.
La dedico a LadyWay per ovvi motivi. Auguri a tutti.
Mmh, ringrazio in particolar modo Shin, Jo, Riot, Deneb, Guren, Aelite, Yoake, irisviola.
Avete reso la seconda parte dei quest'ultimo, penoso anno luminosa e confortante.
Grazie.
Introduzione modificata per uso scorretto del tag b.
Charlie_2702, assistente admin
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ultima Fan Fiction dell'Anno 2009.



Per LadyWay.

La mia cucciola.


La dedico a lei perchè ha una risata contagiosissima, perchè l'adoro e perchè “Memorie di una geisha” è il suo libro preferito. Perchè il 28 Dicembre dell'anno scorso (circa 4 giorni fa ndt) ha fatto gli anni e perchè io, da brava madre deficiente, me ne sono dimenticata e quindi cerco di farmi perdonare dedicandole questa shot.


Spero ti piaccia.

Auguri dolcezza.




Alcuni termini in corsivo fanno parte di un piccolo vocabolarietto a fine shot.

Se qualcosa non vi torna dateci un'occhiata.







Colonna sonora:

Muse - Undisclosed Desires




Bitches and Queens

Di regine e puttane




La stanza dell'okiya era buia e cupa.


Il sole rossastro del tramonto filtrava debolmente attraverso la finestra, illuminando fiocamente i due corpi intrecciati stesi sul futon.


«Takashima-sama...»


Un mormorio soffocato rigò il denso silenzio. Il giovane chiamato lasciò scorrere le dita sul volto dell'amante, sfiorando le sue labbra piene, gli zigomi alti e ben delineati, le gote arrossate.


«Yuu, sei perfetto.»


Non era esattamente la prima volta che gli veniva detto. E lui dal suo canto, come ci si aspettava da una brava geisha, aveva imparato ad accettare i complimenti con un sorriso composto, senza entusiasmarsi troppo se un uomo cantava le lodi della sua bellezza con tanto ardore.


Yuu non si era mai beato degli elogi che il suo corpo statuario riceveva. Era abituato a venir osservato come un'esotica bestia rara, bella, sensuale ed intoccabile, ma se nei primi tempi le occhiate golose degli uomini lo riempivano d'orgoglio, ben presto aveva imparato a snobbarle, in quanto mere dimostrazioni di brama sessuale fine a se stessa.


Il cambiamento era venuto in contemporanea alla cruda consapevolezza di essere pura carne pregiata in quella ipocrita vetrina che era Gion, messa in mostra ed infiocchettata, di cui solo pochi eletti potevano vantarne l'assaggio. Pochi eletti che una di quelle bambole truccate e perfette non poteva e non avrebbe mai potuto scegliere.


Ma Yuu on era una bambola; era un uomo, imperfetto quindi sotto ogni punto di vista. E anche le lodi di colui che lo amava sopra ogni altra cosa erano oltremodo imprecise e soggettive.


«Il mio corpo forse, Takashima-sama, ma di certo non la mia anima...»


Il biondo carezzò languidamente il collo niveo dell'amante. Quel collo che il vanesio proprietario amava impreziosire di monili d'argento sottili come fili di ragnatela o coprire con uno scialle e una maschera di falsa pudicizia. Si beò della sensazione inebriante che gli dette la consapevolezza di essere l'unico al mondo capace di disegnare ad occhi chiusi una fedele mappatura dei nei che adornavano quasi casualmente quella pelle. L'unico che prestava tanta attenzione ad ogni più piccolo anfratto di quel corpo da riuscirci, almeno.


«Tu sei perfetto, Yuu. Tu e tutto ciò che ti concerne.»


«Takashima-sama è sempre troppo generoso nei complimenti.»


L'uomo sospirò brevemente, volgendo lo sguardo alle lenzuola sfatte.


Yuu sorrise, portando una ciocca di capelli dispettosamente sfuggita all'intricata pettinatura dietro al suo orecchio e una mano del compagno sul proprio obi. Gli dava pena sapere l'amato perso in quei torbidi pensieri, perciò cercò di distrarlo dando fondo ad ogni più piccolo trucchetto insegnatogli nel lungo apprendistato per diventare geisha.


Finse di sistemarsi meglio sul futon, sfiorando con noncuranza i fianchi del biondo e stese un braccio sopra la testa, facendo scivolare l'ampia manica del kimono con finta indifferenza e rivelando l'avambraccio bianco e morbido.


«Takashima-sama preferisce perdersi nei ricami delle lenzuola piuttosto che amoreggiare con me?»


Il biondo sorrise. «Yuu, sei impossibile.»


«Mi piace quando Takashima-sama pronuncia il mio nome in quella maniera.»


«Quale maniera?»


«Come se dalla tua vita non desiderassi altro che me.»


Le parole del moro echeggiarono per qualche istante nel silenzio corposo della stanza.


Si baciarono quasi con foga sgomenta, aggrappandosi l'uno alle spalle dell'altro con disperazione.


Le dita di Kouyou trovarono subito il complicato nodo dell'obi, sciogliendolo con la sola abilità dovuta all'abitudine; svolse l'esile corpo dell'amato dal prezioso kimono blu notte intessuto a ricami argentei e lo strinse contro il proprio, gioendo di poterne sentire le dolci curve contro il torace.


Lo spogliò completamente, togliendogli vesti e calzature.


«E mi piace anche quando Takashima-sama adopera tanta gentilezza nel togliermi gli abiti...»


Un sussurrò che finì inghiottito in un pigro mugolio d'apprezzamento, quando le dita callose dell'amante sfiorarono con finta casualità la linea dell'inguine.


«Probabilmente ti piace tanto quanto io odio che tu mi chiami come fossi solo uno dei tanti...»


Il corvino reclinò il capo sul cuscino.


«La mia educazione di geisha mi impedisce di chiamarla in altro modo, sama.»


«Ma essa ti obbliga anche ad ubbidire ai tuoi clienti.»


Un lampo d'ira attraversò le iridi color inchiostro del giovane, il quale, in uno svogliato moto di ribellione, rifiutò l'ennesimo bacio dell'amante.


«Niente di più sbagliato.» ringhiò improvvisamente fosco «Sono una geisha, non un servo.» le iridi si assottigliarono in due sottili strisce ombrose «Né tanto meno uno prostituta.»


«Tu sei mio


«Io non sono di nessuno.» brontolò il moro, lasciandosi tuttavia bloccare dolcemente dal corpo muscoloso del compagno. Si avvolse nel suo abbraccio come in una coperta: la rabbia che l'aveva colto era già scemata.


«Mmh, non esattamente, Yuu.» Kouyou sorrise «Hai smesso di essere un'anima incustodita nello steso istante in cui i nostri sguardi si sono incrociati.»


Anni e anni di finta indifferenza non erano serviti a niente se si sentiva sciogliere il cuore alle parole di un uomo. Per quanto l'uomo in questione fosse bello, carismatico ed affascinante. Gli allungò una debole carezza sulla guancia, sorridendo debolmente.


A cosa erano servite tutte quelle parole, tutte quelle bugie, tutta la volontà che ci aveva messo per non rendere vani i sacrifici sei suoi famigliari, a cosa, se aveva finito per innamorarsi dell'uomo sbagliato?


«Kouyou, posso chiederti una cosa?»


«Anche la Luna, se pronunci il mio nome in quella maniera.»


Yuu inarcò un sopracciglio.


«Quale maniera?»


«Come se dalla tua vita non desiderassi altro che me.»


Il moro sbuffò, sorridendo ironicamente. «Siamo fantasiosi, eh?»


Kouyou zittì le sue futili proteste con un bacio; assaporò quelle labbra carnose a lungo e con lentezza, affondando una mano nella sua folta chioma corvina e stringendolo a sé con l'altro braccio.


Approfittò poi della temporanea distrazione dell'amante (distrazione peraltro attribuibile alla sua sola presenza), per cominciare una lenta e graduale opera di abbattimento di ogni leziosa resistenza. «Non dovevi chiedermi qualcosa, Yuu?» mormorò sulla sua bocca, lasciandogli solo il tempo di trarre respiro prima di bere la sua risposta direttamente dalle sue labbra e baciarlo ancora, senza dargli tregua, non concedendogli neanche un respiro, soffocandolo.


«Kou-»


Le sue mani strinsero quasi convulsamente la stoffa leggera dei soli abiti che ancora separavano le loro pelli nude; lo spogliò con frenesia, mentre continuava a nutrirsi di quei baci ardenti.


«Cosa mi chiedevi, Yuu?»


Gli rispose con un gemito morbido.


Quando i loro corpi nudi si toccarono, il moro sorrise. «Non me lo ricordo. Ora taci e concentrati su di me.»


Kouyou fu lieto di ubbidire, con un beffardo sorriso sulle labbra.


I gemiti presto sostituirono le parole, in quella calda notte di maggio. Dopo settimane in cui un contatto del genere era stato pura utopia, in cui Yuu pur essendo così pieno d'impegni da non riuscire neanche a stare in piedi a fine giornata, non disdegnava un passaggio quotidiano davanti al cantiere dell'amante, finalmente potevano parlarsi, toccarsi.


Avevano vissuto di quegli sguardi eloquenti che duravano i pochi istanti che il moro spendeva per percorrere l'affollata strada per troppi giorni.


Aoi boccheggiò, quando sentì Kouyou farsi lentamente spazio dentro al suo corpo; esalò un ansimo soddisfatto quando questi fu completamente immerso in lui e sorrise, cingendogli i fianchi con le braccia. La schiena del suo compagno era la sua perdizione: ci fece scorrere sopra le dita intaccate dallo shamisen, inarcandole e disegnando astratti arabeschi sulla sua superficie.


Mugolarono entrambi, dando inizio ad una danza sensuale di corpi nudi abbracciati, di dita intrecciate e calore, tanto, troppo calore; si muovevano in sincronia, in un connubio di sospiri e gemiti.


«Kouyou.» un sussurro strozzato rigò l'aria densa di eccitazione.


L'orgasmo li sorprese in un bacio, intenso e fulmineo come un fulmine in mezzo alle nubi.


Cadde su di loro una satura stanchezza, pregna d'appagamento. Si strinsero l'un l'altro come se ne andasse della loro stessa vita.


«Ti amo, Kouyou.»


«Ti amo anch'io, Yuu.»


I loro occhi, grandi sfere di petrolio contro selvaggi iridi castane, brillavano nel buio. I loro respiri andarono pian piano quietandosi, mentre inconsciamente si muovevano per rendere le loro posizioni più comode.


Yuu baciò un ultima volta le bella labbra dell'amante, prima di accoccolarsi contro il suo corpo e appoggiare la guancia contro il suo torace; il cuore di Kouyou batteva lento, stanco e soddisfatto come il suo padrone.


Si addormentarono l'uno nelle braccia dell'altro, le labbra tese in fiacchi sorrisi soddisfatti ed innamorati.




~




Yuu si svegliò lentamente e dolcemente, stretto fra le braccia dell'amante. Sorrise contro le sue labbra, lasciandogli poi un bacio leggero sulla fronte. Avrebbe venduto la sua anima per poter rimanere in eterno abbracciato a Kouyou. Sospirò tristemente, volgendo lo sguardo alla piccola finestra che dava sul cortile.


Il sole stava già calando.


«Dei!» esclamò con voce strozzata, alzandosi a sedere quasi con uno scatto.


«No.» mormorò, guardando con orrore il cielo tingersi di scuro «Oh, no, NO!»


«Aoi-san!»


I suoi occhi terrorizzati ne incontrarono un paio grandi e azzurri.


«Takan-»


«Ha chiamato il Barone. L'incontro è posticipato.»


Consumati quei due secondi utili alla completa comprensione delle parole del ragazzo, Yuu si sciolse in un enorme sospiro si sollievo; si lasciò cadere nuovamente sul futon, con un flebile gemito incredulo. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo, prima di voltarsi verso il giovane.


«Takanori, ne sei totalmente certo?»


Quello sogghignò.


Non aveva più di diciassette anni, un volto tondo da ragazzino, gli occhi ribelli e una chioma disordinata e chiara. Arricciò il naso in una smorfia scherzosa.


«Ho parlato personalmente con quel verme, Aoi-san.»


Yuu si illuminò d'un sorriso incredibilmente sincero e splendente.


«Comunque vi avrei svegliati in tempo.»


Il moro si alzò, avvolgendosi il lenzuolo bianco alla vita.


«Sei troppo buono.»


Il giovane indossava un semplicissimo kimono di cotone in tinta unita, i capelli chiari spettinati sulle spalle e gli occhi brillanti di gioia.


«Ti ho preparato il bagno; muoviti, che l'acqua è calda.»


Takanori sfolgorò d'un sorriso fugace, per poi sparire in un fruscio silenzioso, così come era apparso, non prima di aver indicato all'altro, con un debole cenno del capo, il paravento color pastello dietro al quale stava la tinozza.


Yuu lasciò cadere il lenzuolo, che sfiorò il suo corpo con dolcezza prima di scivolare a terra, e si infilò nell'acqua bollente. Rabbrividì, immergendosi fino al torace; poggiò la nuca sul bordo della vasca, lasciando oscillare quelle lunghe ciocche d'inchiostro nell'aria.


Si sporse appena solo per spostare di poco il paravento, in modo da avere sotto allo sguardo vigile il corpo addormentato dell'amante. Lo guardò con tenerezza, senza pudore o timore di essere scoperto.


Kouyou dormiva con un'espressione tranquilla in volto, immobile come una statua; il solo movimento che si concedeva era un piccolo arricciare del naso, accompagnato da un sospiro o un debole mugolio.


Takanori rientrò con dei teli fra le mani. Lanciò un'occhiata al biondo, ridacchiando beato, prima di raggiungere la geisha ed accovacciarsi accanto a lei, poggiando la schiena al bordo della vasca.


«Togliti quell'aria appagata dal volto, Aoi. Riservala per dopo.»


«Come se davvero potessi anche solo pensare di metterli a confronto.»


Sospirarono entrambi.


«Prega di non innamorarti mai della persona sbagliata, Takanori.» mormorò improvvisamente il moro, reggendosi la testa con una mano; le ciocche corvine che erano sfuggite dall'intricata acconciatura, disfatta dall'amplesso e dal sonno, scivolarono sul suo viso «Prega gli dei giorno e notte perchè non accada.» sospirò, sciogliendosi dalla posizione: raccolse un po' d'acqua con le mani e si bagnò il volto, strofinandosi gli occhi «È...massacrante.»


Cadde un silenzio ovattato, interrotto solo dal flebile rumore dell'acqua.


«Y-yuu?»


Aoi sorrise al muro, voltandosi poi verso il futon, ridotto ormai ad un ammasso disordinato di lenzuola stropicciate; Kouyou rotolò lentamente sulla schiena, mugugnando e sospirando.


«Yuu?»


«Sono qui, amore mio.»


Il biondo si girò su di un fianco, squadrando i due amici con aria confusa: quando riconobbe in quei lineamenti stanchi e leggermente scavati l'unico amore della sua esistenza, sorrise.


«Buonasera, Takashima-sama.»


«Takanori.»


Il piccoletto chinò leggermente il capo e si alzò in piedi afferrando uno dei teli. Lo porse al moro prima di voltare rispettosamente lo sguardo: gli unici occhi che avevano l'incontestabile diritto di vedere il corpo nudo della geisha erano quelli castani dell'uomo disteso sul futon.


Quelli piccoli e ravvicinati del Barone si appropriavano ingiustamente e brutalmente di quel diritto.


«Taka-chan, per favore, aiutami coi capelli.»


Yuu indossò una leggera vestaglia, coprendo la distanza dall'amante con passi leggeri; si chinò per baciare a fior di labbra al biondo, che nel frattempo si era alzato a sedere, il quale gli afferrò la nuca e lo costrinse con dolcezza in un bacio profondo e languido.


«Dove scappi, amore? Da chi vai così bello e luminoso?»


Il moro sorrise. Aveva il volto struccato e solcato da profonde occhiaie, indossava un'insulsa vestaglietta senza valore e l'acconciatura era sfatta, distrutta dalla foga e dall'eccitazione. E lui lo definiva “bello e luminoso”.


«Le tue parole sono terribilmente soggettive ed influenzate.»


«Ma questo non significa che siano meno sincere.»


La geisha sorrise di nuovo, lasciando un ultimo bacio sulla bocca di Kouyou ed allontanandosi prima di venir catturato nuovamente nelle amorevoli grinfie dell'uomo. Quando sedette al tavolino del trucco, Takanori sorrideva soddisfatto.


«Non mi hai risposto, Yuu.» riprese il biondo, indossando con lentezza i suoi semplici abiti da operaio «A quale festino, o ricevimento partecipi?»


Aoi sospirò, rispondendo al suo uomo malvolentieri, mentre la sua chioma, liberata dai preziosi fermagli, gli cadeva sulle spalle in una sensuale cascata d'inchiostro.


«Ho un appuntamento col Barone.»


Avrebbe voluto pronunciare quelle parole con fredda indifferenza, con lo sguardo incollato allo specchio, ma non riuscì ad impedirsi di abbassare vergognosamente lo sguardo a terra e di guardare l'amante con la coda dell'occhio.


Kouyou si bloccò con la camicia a mezz'aria.


«Non me l'hai detto prima perchè temevi che ti fermassi, vero?»


Il moro sospirò. «È il mio danna, Kouyou. Anche se te l'avessi detto appena messo piede nell'okiya nulla sarebbe cambiato


L'altro aprì la bocca per rispondere, come al solito in modo brusco e nervoso, ma la richiuse pochi istanti dopo, ingoiando un fiume di volgarità ed insulti.


Per quanto potesse amarlo, per quanto potesse considerarlo suo, l'esistenza e il ruolo del Barone -danna di Yuu ormai da quasi un anno- erano indubbi ed indistruttibili. Quegli incontri settimanali avrebbero continuato a rodergli il fegato, almeno fino a quando quel verme meschino non si sarebbe stancato della fiera bellezza del suo compagno.


E da quanto stremato fosse egli dopo ogni appuntamento con quel cane, non sarebbe successo molto presto.


«Non c'è speranza, vero, che tu riesca a convincerlo a tenere quelle luride mani a posto?»


Aoi sospirò, mentre le piccole mani di Takanori, presenza attiva e silenziosa, annodavano i suoi lunghi capelli in una semplice ma sontuosa acconciatura.


«Lui può fare di me quello che vuole. Sono solo un oggetto nelle sue mani.»


«E gli dei solo sanno quanto avrei voglia di ucciderlo solo per questo.» la sua voce era gelida, contratta dall'ira. Yuu non sostenne il suo sguardo, abbassandolo sul tavolino. Seguitò poi a cercare di nascondere quelle occhiaie con i nuovi ritrovati della cosmesi occidentale, mentre il ragazzo dietro lui bloccava quelle ciocche libertine con dei fermagli.


Il respiro di Kouyou gli solleticò l'orecchio, facendolo sobbalzare.


«Non voglio che neanche ti tocchi.»


La voce del biondo fu un sussurro, quasi un ringhio, una minaccia alla quale Yuu rispose con uno sguardo furioso. Lo squadrò a lungo con quei suoi occhi neri come petrolio, prima di storcere le labbra in una smorfia di disprezzo.


«Egoista.»


«Egoista perchè ti amo? Perchè non voglio che nessun'altro violi il tuo corpo?»


Il moro balzò in piedi con uno scatto.


«Egoista perchè mi vuoi obbligare in un contratto di fedeltà che tu stesso non rispetti.» sputò fuori quasi in un sibilo.


Le parole della geisha furono seguite da un pesante silenzio: Yuu sedette nuovamente al tavolino del trucco, il corpo acceso da un'ira ingiustificata.


I compromessi di quella relazione erano stati fissati fin dalla prima selvatica notte.


Kouyou era sposato, lui aveva un danna. Gelosie di sorta sarebbero state inutili e dannose. Si era rassegnato tempo prima a sapere che dopo ogni incontro il suo amante tornava nel letto della donna che lo possedeva per diritto matrimoniale.


«Perdonami, sono uno stupido.» mormorò atono fissando il suo volto allo specchio.


La sua bellezza era stata la sua croce. Avrebbe volentieri barattato quel viso da angelo, quegli occhi ribelli e quello sguardo inconsciamente irresistibile per un po' di serena tranquillità.


Sussultò appena quando sentì il calore del suo uomo pesargli sulle gambe; si era avvicinato silenziosamente, accovacciandosi ai suoi piedi e poggiando il volto in mezzo alle braccia, incrociate sulle sue cosce.


«Non è colpa tua. Solo...» fece una pausa, cercando lo sguardo corvino di Yuu e agganciandolo «...non sopporto che quel bastardo ti tratti come una puttana.»


La geisha sorrise, passandogli una mano fra i capelli. Glieli scompigliò appena, solo per richiamare alla mente il ricordo delle selvatiche condizioni in cui versavano la prima volta che si erano conosciuti.


Yuu andava ad una festa informale di ricchi facoltosi, Kouyou lavorava in strada per ricostruire ciò che la Guerra aveva distrutto. Yuu era vestito di tutto punto, vanesio nel suo preziosissimo kimono ricamato, il volto etereo appena dipinto da un leggerissimo all'occidentale, i capelli lustri e acconciati divinamente, Kouyou portava una vecchia tuta macchiata, i capelli legati malamente e arruffati come un nido d'uccelli, il volto e le mani sporche di carbone.


I loro sguardi si erano incrociati per pochi istanti.


La sera stessa Kouyou si era presentato al suo okiya, impacciato nei suoi migliori abiti, con la scusa di dover fare una consegna. Si erano trovati da soli nel salottino dell'edificio, smarriti nei loro sguardi e già irrimediabilmente presi l'uno dall'altro.


Dopo quel fugace e silenzioso incontro ne erano seguiti altri, di crescente intensità ed intimità. Si erano pian piano svelati e conosciuti, avevano raccontato se stessi all'altro senza tentennamenti o timori. La loro prima volta era stata come il ritrovo fra due anime omologhe.


«Esistono puttane e regine, Kouyou. Puttane che si credono regine e regine che si sentono puttane.»


Le parole del moro, dopo quella prima e caotica notte, avevano rigato il saturo silenzio come lame affilate.


«Ciò che fa di loro regine o puttane è il rapporto che le lega all'amante. Oh, il giusto uomo può fare sentire la puttana una regina, e la regina una puttana.»


«È capitato che un uomo, trattandomi da regina, mi abbia fatto sentire una puttana...è successo spesso. Ma tu sei l'unico che pur trattandomi da puttana mi fa sentire una regina.»


Yuu si accorse che Takanori era scomparso nello stesso istante in cui sentì una lacrime rigargli la guancia.


«Dopo quella volta ce ne sono state mille ancora...» sussurrò Kouyou, confermando all'amante di essere andato a rispolverare gli stessi ricordi «...ma non sei mai stato una puttana, Yuu, mai, nemmeno quella notte. E non sopporto che lui ti tratti come tale.»


Si chinò lentamente fino a posargli un bacio sui capelli.


«Arigatou, Kouyou.»


Il biondo alzò lo sguardo e con un dito asciugò la scia bagnata che la lacrima aveva lasciato dietro sé sullo zigomo del compagno.


«Preparati, amore, o farai tardi.»


Si incontrarono a metà strada in un bacio colmo di scuse e di promesse. Quando Kouyou si allontanò per finire di vestirsi, Takanori riapparve quasi istantaneamente. Sorrise con tristezza al moro, dandogli un colpetto alla spalla col dorso della mano.


«Ti prendo il kimono. Quale vuoi?»


«Non quello rosso sangue.»


Entrambi si voltarono verso la schiena di Kouyou, nuda e liscia. Egli azzardò un sorriso volgendo lo sguardo verso gli altri due. Arricciò l'angolo delle labbra, abbassando appena lo sguardo, per poi rialzarlo e piantarlo in quello nero di Yuu.


«È il mio preferito. Lo devi indossare solo per me.»


Il corvino si sciolse in un sorriso malizioso, rivolgendosi poi al ragazzo.


«Prendi quello argento. È il preferito del Barone.»


«Questo perchè è un incompetente.» riprese parola il biondo, chinandosi per allacciarsi gli stivali, mentre il piccoletto spariva nel ripostiglio con un malcelato sorriso sulle labbra; nella sua voce però, c'era una nota di scherzosa presa in giro «Per tutti gli dei, quello argento ti sta una meraviglia...» alzò nuovamente lo sguardo sul volto dell'amante «...ma anche un cieco capirebbe che è quello rosso sangue che ti eleva a creatura sovrannaturale.»


Aoi sbuffò una risatina, con un mezzo sorriso. Scivolò dentro al kimono argento con un movimento fluido e quello si chiuse sul suo corpo come una calza su di un piede. Quando la sua vestizione -per la quale ci volle una decina abbondante di minuti- la geisha si osservò allo specchio, vide riflessa la figura di un essere straordinario.


Era etereo, splendente di gioia per la fulminea e pacata riappacificazione con Kouyou e gonfio d'orgoglio per le lodi appena ricevute. Decise seduta stante che un piccolo sgarro alla regola poteva permetterselo con l'uomo che amava.


Indossava il kimono rosso sangue la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati.


Quando piroettò davanti all'amante, leziosamente in cerca di altri complimenti, lo trovò cupamente immerso in tormentosi pensieri. Si accovaccio accanto a lui, che stava immobile seduto sul tatami.


«Kouyou, cosa c'è?»


Lo sguardo che ricevette in risposta fu quanto di più fiero, selvaggio ed intenso con cui avesse mai avuto a che fare.


«Scappiamo.»


Fu talmente sorpreso ed emozionato da quelle parole, che non seppe come reagire.


«C-cosa?»


«Scappiamo. Io e te. Ce ne andiamo in America, ho dei parenti, dei lontani cugini di mia madre, li ho contattati settimane fa in attesa di una risposta affermativa. Possono ospitarci, offrire a me un lavoro in fabbrica e a noi un posto dove vivere. Aspettano solo una tua risposta.» Kouyou vomitò quel fiume di parole col fiato mozzato e il cuore in gola.


Il moro si sentì improvvisamente stordito.


«Ho chiesto a Takanori di unirsi a noi.» il biondo sorrise debolmente, volgendo lo sguardo verso il ragazzo «Sono settimane che si morde quotidianamente la lingua per non farsi sfuggire nulla.»


Yuu si voltò versò l'amico sorridente ancora incapace di proferir parola.


«Ma...»


«Volevo aspettare che fosse sicuro, per non darti false speranze.»


Non riuscì a reagire in altro modo. Si sciolse in un sospiro profondo e in un pianto silenzioso. Kouyou sorrise dolcemente e lo accolse fra le sua braccia. Il moro ci si aggrappò come fossero un'ancora di salvezza.


«Ma...tua moglie...»


«Non mi interessa di lei.»


«Il...Barone...»


«Ci sarà un oceano intero a dividere quel bastardo da noi.»


Quando finalmente Aoi non trovò altro ostacolo, o forse quando finalmente capì che le sue sofferenze stavano per giungere al termine, si sciolse in un connubio di singhiozzi. Strinse a sé il corpo mezzo nudo dell'amante, poggiando il volto contro il suo collo.


«Oh, dei del cielo.» mormorò in preda all'emozione.


I loro sguardi si incrociarono e Yuu era splendente come la più sensuale delle lune.


«Da domani notte sarai mio e di nessun altro.»


Quando, una mezz'ora più tardi, i due amanti si salutarono, le labbra colme di promesse e gli sguardi accesi, Takanori li guardava dalla cima delle scale, sorridente e beato come non lo era mai stato.


Felice per sé, perchè finalmente avrebbe avuto la possibilità di fuggire da quel posto.


Euforico per quello che ormai considerava un fratello maggiore, per colui che gli aveva insegnato a sopravvivere a Gion e che avrebbe smesso di soffrire.


Speranzoso per il futuro che la sua fervida immaginazione gli creava in mente.


Ignaro del destino che, invece, sarebbe andato loro incontro.




~




Ryo Suzuki si bloccò davanti a lui, gli occhi ridotti a due fessure e un sopracciglio inarcato. Poi, ignorandolo come facesse parte di un curioso pezzo d'arredamento, si rivolse all'uomo che l'aveva gentilmente accompagnato fin lì.


«Un caffè sulla mia scrivania entro due minuti.» ringhiò fosco, e l'impiegato sparì con un leggero inchino e un cenno nella sua direzione.


«Uke!»


Yutaka balzò in piedi come una trappola per topi, seguendo il suo nuovo datore di lavoro fin dentro il suo ufficio, appena un attimo prima che il biondo chiudesse la porta con un tonfo.


«Siediti Uke.»


Ubbidì, prendendo posto su una comoda poltroncina in pelle di fronte ad una disordinatissima scrivania. Suzuki ci lanciò sopra un sottile fascicoletto color ocra -il quale spazzò via svariati porta penne e un numero imprecisato di piccoli bicchierini di sakè-, prima di voltarsi silenziosamente verso la finestra ed allentare il nodo della sua cravatta.


Solo quando il caffè fu caldo e fumante sul tavolo, e il sottoposto ebbe chiuso la porta dietro di sé, l'uomo si girò a guardarlo analizzandolo con quei suoi occhi scurissimi.


«Sei americano, Uke?» domandò con una strana cortesia, sedendo alla scrivania.


«Figlio di immigrati in America, Suzuki-san, ma giapponese da parte di entrambi i genitori.» il castano sorrise debolmente; il suo accento era strano anche per un americano «Questa è la mia prima volta in patria.»


Il biondo abbozzò un sorriso. «Il Giappone è come una donna che fa la ritrosa, misterioso e restio a farsi scoprire.» poi si abbandonò con pesantezza contro lo schienale della poltrona. Indicò con un cenno del mento il fascicoletto ocra, pescando una sigaretta da chissà dove.


«Dacci un'occhiata, Yutaka. È un caso chiuso da un bel po' di settimane.»


Il giovane ubbidì.


La prima cosa che vide, in mezzo a delle scartoffie fittamente scritte, furono quattro foto.


«Quello è Aoi, una delle geisha più famose e richieste di Gion.» mormorò Suzuki con voce stranamente irritata. Si accese la sigaretta, lanciando poi il fiammifero sul pavimento dell'ufficio e volgendo la sua attenzione al volto inorridito del ragazzo «La seconda foto lo ritrae da apprendista, ma non è molto recente.»


Sorrideva in quella foto; vestito in modo appariscente e molto colorato come solo le geisha apprendiste di Gion, aveva il volto illuminato da un sorriso portentoso, gli zigomi alti ed eleganti, due occhi arcuati, neri come le tenebre e dolcissimi capelli color inchiostro acconciati macchinosamente.


L'altra lo ritraeva riverso sul pavimento, in una agghiacciante pozza di sangue, il volto sfigurato e tumefatto dai lividi.


«Co-come...»


Il castano abbandonò il fascicolo e le foto sulla scrivania, appoggiandosi allo schienale. Stette qualche istante immobile, il volto congelato in un'espressione d'ira, la mascella contratta e lo sguardo basso. Quando lo rialzò, i suoi dolci occhi color cioccolato sfolgoravano.


«Cos'è successo?» modulò con voce bassa.


«Aoi arrivò a Gion quando aveva quattordici anni e data la sua prorompente bellezza fu subito iniziato alle arti di geisha, nonostante la tarda età.» Suzuki sorrise in risposta alla smorfia incredula del castano «Ti assicuro che le foto non rendono, ma Aoi, seppur uomo, aveva la grazia di un corso d'acqua e la sensualità provocante di una pantera. Ho avuto qualche occasione di parlare con lui e, come se non bastasse, era di un'intelligenza e un'ironia eccezionali.»


Ryo diede l'ultimo tiro al mozzicone ormai quasi morto della sigaretta e la spense nel portacenere.


«All'età di soli diciotto anni, colui che qui a Gion viene chiamato il Barone pretese di divenire il suo danna e così accade.» appoggiò i gomiti sulla scrivania, nascondendo le labbra dietro le dita incrociate «Ma Aoi aveva già donato il suo cuore ad un altro uomo, Kouyou Takashima -nella terza foto è assieme alla moglie- un povero operaio figlio di un commerciante fallito. Decisamente l'uomo sbagliato, per una geisha d'alto rango com'era Aoi.»


Kouyou sorrideva compostamente, accanto ad una donnina bassa e minuta, con una folta chioma castana e gli occhi piccoli. L'uomo era di una bellezza selvatica e fiera.


«Come potrai capire, la situazione si era fatta insostenibile. Aoi e Takashima avevano deciso di scappare, aiutati ed accompagnati da...dovrebbe esserci una quarta foto, un ragazzetto che faceva il domestico nell'okiya della geisha, un certo Matsumoto Takanori.»


Un ragazzino. Era solo un ragazzino il soggetto della quarta fotografia, il corpo seminudo ricoperto di lividi, escoriazioni e piaghe aperte che somigliavano terribilmente a carne viva bruciata. Il ventre era aperto da una lacerazione che gli attraversava l'addome.


A Yutaka pianse il cuore.


«Forse il Barone aveva delle spie, questo non si sa, sta di fatto che la notte dell'ultimo appuntamento fra la geisha e il suo danna, scagnozzi piombarono all'okiya e torturarono il povero Matsumoto fino a fargli sputare la verità. Gli hanno inciso la carne con ferri arroventati, l'hanno frustato, seviziato e violentato.»


Ryo si accese una seconda sigaretta.


«Quando hanno scoperto ciò che volevano sapere l'hanno lasciato lì, moribondo. Takanori si è tolto la vita praticando la grossolana imitazione di un suicidio rituale, utilizzando un grosso coltello da cucina, molto probabilmente distrutto per non essere riuscito a proteggere i suoi amici.»


Yutaka distolse lo sguardo dalle foto, il petto appesantito da un blocco di rabbia e gli occhi pieni di lacrime.


«Di Takashima non è stato ritrovato il corpo, molto probabilmente è cenere nello scheletro carbonizzato in cui è stata tramutata la sua auto. La salma di Aoi è stata trovata in casa del Barone, quasi in bella vista in uno dei bagni principali del palazzo.»


Il castano alzò lo sguardo, improvvisamente infiammato ed infervorato.


«È una prova inoppugnabile!»


Quando vide un triste sorriso piegare la labbra del suo capo, capì di essere capitato in un altro mondo.


«Non sei molto avvezzo alle usanze di Gion, Yutaka.» portò la sigaretta ormai spenta alle labbra, dando un immaginario tiro al filtro ormai bruciacchiato «Quando ad una geisha viene assegnato un danna, ella diventa proprietà privata di quest'ultimo. Come fosse un kimono. E non si punisce il proprietario perchè ha deciso di strappare il suo kimono, sarebbe illogico...»


«Illogico?!» esplose il castano balzando il aria «Quel bastardo ha ucciso due persone, merita il carcere!!»


Ryo scosse la testa. «Non a Gion


Yutaka sedette nuovamente, sconfitto da quelle leggi non scritte. «E ci chiamiamo Paesi Civilizzati...» mormorò atono, fissando il bordo sbeccato della scrivania.


Cadde un silenzio teso, interrotto solo dal frusciare del fiammifero con cui il biondo si accese la terza sigaretta. «Sai perchè ti ho mostrato questo fascicolo, Yutaka?»


Il castano alzò lo sguardo abbacchiato su di lui.


«Qui a Kyoto non è come in America. Noi giapponesi ci diamo arie da uomini moderni, ma in realtà siamo un popolo infangato nelle nostre tradizioni.» si fissarono a lungo, per qualche istante «Nella polizia non c'è bisogno di tradizioni, ma di giustizia.»


Si alzò dalla poltrona e con uno sguardo fece capire al giovane che il colloquio era terminato. Ma mentre il moro infilava la porta gli prese un braccio, facendolo fermare.


«Sei sposato Yutaka?»


Il castano arrossì leggermente. «Sono fidanzato, Suzuki-san.»


Il biondo ghignò maliziosamente. «E lei è molto bella?»


«La più bella di tutto il Giappone.»


«Mh...saresti disposto a morire per il vostro amore?»


Yutaka sbarrò gli occhi.


«Non ti ho chiesto se saresti disposto a morire per lei, ma se saresti disposto a perdere la vita per proteggere il vostro amore.»


Il giovane si fece improvvisamente silenzioso.


«Se qualcuno ti ordinasse ti rinnegare il tuo amore solo per avere salva la pelle, lo faresti, Yutaka?»


«Non lo so, Suzuki-san...io credo di sì.»


Ryo sorrise soddisfatto. «Domani mattina alle otto nel mio ufficio, Uke.» borbottò, prima di congedare il castano con un cenno e chiudersi la porta alle spalle.










Parecchie nozioni, termini, o anche nomi e luoghi sono puramente taccheggiati al libro “Memorie di una geisha” di Arthur Golden, dal quale hanno tratto anche l'omonimo film. Ho letto il libro e visto il film e mi sono sembrati entrambi molto interessanti ed affascinanti. Li consiglio vivamente.


Eventuali errori di tipo concettuale sono solamente opera mia.





Lessico (in ordine di apparizione):


Okiya - edifico dove vivono le geishe, al cui padrone pagano una sorta di “affitto” (detratto dai loro guadagni) per vitto, alloggio ed eventuali spese mediche.


Futon - insieme di materasso e trapunta, steso direttamente sul pavimento (tatami).


Gion - uno dei quartieri delle geishe di Kyoto, in qui ce ne sono quattro.


Obi - alta cintura in stoffa pregiata che chiude il kimono e si annoda in un intricato fiocco sulla schiena, fiocco che assume forme diverse a seconda dell'anzianità della geisha.


Shamisen - strumento musicale simile ad una piccola chitarra.


Danna - letteralmente significa 'marito'; nel contesto, il danna era una sorta di protettore, un uomo ricco e facoltoso che prendeva una geisha sotto la sua ala, pagandole spese d'istruzione, estetiche e mediche. Ho letto pareri contrastanti su questa figura, qualcuno afferma che egli richiedeva servizi sessuali dalle “protette” e che la scelta delle geisha non ricadeva su di loro, bensì sulla padrona dell'okiya e che quindi le geisha subivano il loro danna, altri che il rapporto fra danna e geisha era puramente simbolico e che ella poteva scegliere di sua spontanea volontà il protettore.

Nella mia shot mi sono ispirata al libro “Memorie di una geisha”, nella quale il Barone (nome puramente sgraffignato all'autore) è un danna che pretende favori sessuali, imposto alla geisha. In particolar modo in questa mia shot ho deciso di esasperare questo ruolo fino a farne una figura assolutamente negativa, che possiede la geisha come un oggetto e come tale la tratta.



Note dell'autrice:


Ho passato un Capodanno penoso, degno finale di un anno altrettanto tormentoso ed umilinate.

Spero vivamente che al gentile pubblico sia andato meglio.


Beh, come augurio di un buon anno nuovo questa shot non è proprio il massimo, dati gli argomenti.

Tuttavia auguro veramente a tutti un buonissimo 2010, con la speranza che sia migliore di quello passato (che, diciamocelo! Ha fatto veramente vomitare, a parte qualche luminoso sprazzo qua e là,).


Auguri a tutti.

Mmh, ringrazio in particolar modo Shin, Jo, Riot, Deneb, Guren, Aelite, Yoake, irisviola.

Avete reso la seconda parte dei quest'ultimo, penoso anno luminosa e confortante.

Grazie.






Bene.

Okay, ho fatto la persona seria fino ad adesso (ore 22:24 del 31 Dicembre 2009)...dai,ho perfino deciso di evitare le note iniziali perchè ero certa che ne sarebbe venuta fuori un'accozzaglia di boiate il che, data la natura della shot, non mi sembrava assolutamente il caso.

Però mi dovete concedere un minimo spazio per sclerare, me ne basta uno piccino picciò!


Questo spazietto prenderà il nome di GazettE DIM Scene Tour 2009, tappa finale alla Saitama Super Arena.

Sottotitolo: non solo sei venuta fino a Udine, per di più febbricitante, per sorbirti me e la mia dolce metà per una giornata intera, ma ci hai pure portato il regalino. Io non ho parole.

Dire grazie a te e a tuo marito mi sembra veramente pochissimo.

Ma grazie, grazie davvero.


Ordunque.

The Invisible Wall, ovvero una delle mie più sconce fantasie erot- ehm, una delle mie canzoni preferite, dal vivo è semplicemente divina. Divina. Io sono ancora *stare* per quando Ruki sussurra.

Se poi quei pinguini mi fanno Without a Trace, bye bye decoro di Mya. Giù lacrime!

E, ehm ehm, Miseinen? Non serve che spieghi perchè è in assoluto la mia canzone preferita, vero?

E gli occhiali di Ruki? (che ad un certo punto sono scomparsi e io mi sono persa il momento in cui se ne disfa)

E 13Stairs? Uuuuuuuuu, e Ogre?

Mamma mia, ho passato due pomeriggi interi a rodermi il fegato dall'invidia.

Invidia per loro che sono dannatamente bravi (concordo con Riot) e invidia per una qualsiasi di quelle gioiose personcine che erano la sotto a dimenarsi.


Il secondo pezzo del mio sclero -deciderò in seguito se aggiungerne altri- riguarda... *risatina* indovinate, stelle mie xD

Io non posso vantare un talento così grande da poter descrivere ciò che i miei brillanti occhietti hanno visto in quell'omino (detto “la canna vestita”, oh mamma, che ridere xD) seduto dietro alla batteria.

Tutti i vari pensieri potrebbero essere riassunti in...umh, 4 parole.

Chiedo scusa già da adesso se queste sopracitate paroline potranno risultare un po' volgari:

Porca di quella puttana.

Cioè, ma quando lui se ne sale lì sul palchetto con quella benedettissima bandana sul naso, assieme al degno biondo compare...ma io cosa devo pensare, orca l'oca?!

Nessuno mi da soddisfazione, sniff. Shin meno di zero, persa amorevolmente dietro il cucciolo in camicia.

E quei capelli! *okay, adesso basta*

Che hide-sama mi faccia sopravvivere a cotanta sensualità!


Rettifico, ho appena scoperto che quel babbuino si è tagliato i capelli ==”

Beh, sono stata incazzata per circa cinque minuti (è un miracolo che sia resistita tanto!), poi ho guardato le nuove foto e ho ripensato alle parole di Shin...mi spiace cara, ma quell'uomo sarà l'apice della sensualità, l'apoteosi della nascosta indole perversa e dominatrice anche da pelato!!




AUGURI DI BUON COMPLEANNO, CUCCIOLA!

Ti voglio bene!




Alla prossima,

Mya.

  
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