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Autore: LemonKing    02/01/2010    4 recensioni
Non sopportava che Germania lo tenesse con sé, tanto a ferirsi era solo lui.
Italia non sapeva perché quello tornava a volte con lividi e ferite sulle braccia e sporco, dalla testa ai piedi.
Era curioso, ma ogni volta lasciava stare; Germania era silenzioso e ultimamente parecchio indaffarato –non aveva nemmeno il tempo di cucinare i wurstel che squillava il telefono. E poi usciva, andava chissà dove e la routine ricominciava.
Ma quella volta, dopo quella domanda, le cose cambiarono.

[Stop War]
Genere: Malinconico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell' autore: tra le virgolette -a destra- vi sono le ultime due strofe della canzone "Imagine" di John Lennon - la traduzione.
Stop War.
Spero sia di vostro gradimento -i commenti sono ben accetti xD






« Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o fame
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta la gente
condividere il mondo intero... »


Quando faceva un passo si accorgeva che Germania ne aveva fatto un altro, così da risultare irraggiungibile.
Non si abbatteva, anzi si faceva forza, pronto a correre, ma si rendeva conto che nemmeno sapeva allacciarsi le scarpe.
Alla fine rimaneva fermo, immobile nello spazio e nel tempo; come in una gabbia –ogni suo movimento risultava un’ illusione, lui vi era chiuso dentro senza poter uscire o far nulla.

10 giugno 1940: entrò in guerra anche lui.
Aveva promesso che avrebbe aiutato Doitsu nelle difficoltà e nelle battaglie.
Aveva deciso di aiutarlo sempre.
Anche se questo voleva dire andare contro fratello Francia e Inghilterra.
Doitsu era forte e bello, un modello da seguire.
Lui non poteva restare eternamente l’ inutile Italia.

***

Non sopportava che Germania lo tenesse con sé, tanto a ferirsi era solo lui.
Italia non sapeva perché quello tornava a volte con lividi e ferite sulle braccia e sporco, dalla testa ai piedi.
Era curioso, ma ogni volta lasciava stare; Germania era silenzioso e ultimamente parecchio indaffarato –non aveva nemmeno il tempo di cucinare i wurstel che squillava il telefono. E poi usciva, andava chissà dove e la routine ricominciava.

Ma quella volta, dopo quella domanda, le cose cambiarono.

- Doitsu? -
- Mh? -

Gli incubi tormentavano Feliciano, che ogni volta correva nel letto di Ludwig.
Quella notte, però, nemmeno con il forte Ludwig, che gli cingeva la vita -ricambiando la sua stretta innocente tra le lenzuola- riusciva a dormire.

- Doitsu, ti fanno male? –
- Cosa? –
- Le ferite. Perché hai quei brutti tagli? –
- Italia, la guerra è cominciata –

Un brivido lo aveva scosso al profondo sospiro con il quale Germania aveva accompagnato quella frase così apparentemente lunga.
E quella parola –guerra- era brutta, non gli piaceva. Assolutamente.

- Doitsu voglio aiutarti! Non posso solo fare il tifo per te! -
- Eh? –

Gli occhi di Feliciano brillavano quasi:

- Anche io voglio combattere! Ti voglio proteggere! Non lo avevamo promesso? -

22 maggio 1939: Patto d’acciaio; quella stretta di mignolo aveva significato tanto e tutto per entrambi.

- Domani faremo allora l’ultimo allenamento –

E dopo un abbraccio più forte Italia si addormentò, sorridendo.
Germania no.

***

- Adesso, prendi questo! -

Con voce possente e decisa Ludwig passò a quelle deboli mani un fucile.

- Wow! E’ tuo, Doitsu? -

Peccato che Italia comprendesse poco la situazione.

- Sì. Non dire cose stupide! Adesso, alza l’ arma e mira qualcosa -
- Qualcosa che non mi piace –
- Esatto. Vedo che capisci –
- Beh, non posso mica mirare te, Doitsu! -

Feliciano sapeva che con quel fucile la gente moriva, ma continuava a sorridere. Perché lo stringeva per qualcosa di buono –forse.
Ludwig invece guardava il cielo –simile ai suoi occhi- e si lasciava andare ad altri lunghi sospiri.
Perché Italia doveva farlo?
Lui non ne era all’ altezza. Lui era troppo buono.
Troppo puro per essere indotto a fare questo.

- Poi, Doitsu? Che cosa devo fare? -

Ludwig fu risvegliato dai suoi pensieri.
Si avvicinò all’ altro che indicava con il dito un vecchio albero piegato dal vento, dalle grandi foglie verdi.
Le foglie verdi ricche di vita e splendenti come Feliciano, ma il tronco curvo come  sottomesso ad un triste destino di guerra. Finchè era in piedi e diritto, però, Feliciano poteva salvarsi…
Germania si abbassò lentamente e lo strinse, carezzandogli la testolina.
Italia rimase immobile e trattenne il respiro, esterrefatto.
Arrossì come un bambino, rapito da quel gesto inaspettato.

***

C’ erano urla ribelli e disperate, rumori di spari ed esplosioni.
C’ era il suo fucile modello 1891, vecchio di cinquant’ anni; l’ artiglieria risalente alla guerra precedente –la prima guerra mondiale- e gli autocarri insufficienti.
C’ era lui e le sue armi contro i mezzi inglesi di venti tonnellate.

Con quel fracasso faceva fatica a farsi sentire, eppure ad Inghilterra voleva parlare: voleva chiedergli di abbassare il volume perché lui aveva paura.
Feliciano guardava i nodi agli anfibi fatti da Ludwig e calpestava la terra di sangue, di ferro, la terra che poteva esplodere.
Vide fumo salire in aria, pioggia di terriccio.
Le gambe gli tremavano –incertezza e timore, ma andava avanti.
Non voleva far del male a nessuno, solo aiutare il suo amico –che per proteggerlo combatteva sempre da solo.

***

- Italia! -

Ludwig lo chiamava a gran voce.
A rispondere erano spari.

Era impossibile.
Era avventato.
Lo preoccupava da morire.
Possibile che voleva fare tutto da solo?

- Baka Italia… - commentò a denti stretti.

Correva attento a non mettere il piede in qualche mina.
E poi lo sentì: il suo pianto e quel maledetto nome con cui tormentava le sue giornate:

- Doi… Doi… tsu… Doitsu… -

Vi era una trincea e dentro, steso, c’ era lui: Feliciano respirava affannosamente e piangeva e lo chiamava ed era ridotto malissimo; il volto era sporco di fango e aveva un odore rivoltante.
Si toccava il sangue che usciva dal petto, da quello che pareva essere un piccolo buco.
Mentre la polvere e la terra si alzavano in una fontana che liberava un fragoroso rumore assordante, Germania aggiunse Italia
nella trincea in cui, sul suolo, vi erano delle bandierine bianche che Feliciano non aveva sventolato per rispetto di Ludwig e per non farlo arrabbiare.

- Baka! Ti avevo detto di lasciar stare! Non mi ascolti? -
- Io… io ho fatto come mi hai insegnato… Doitsu. Come hai fatto tu… sono andato lì e l’ ho indicato, poi… poi l’ho abbracciato

Qualcuno strinse il cuore di Ludwig e lo gettò violentemente a terra, poi lo calpestò.
E se qualcuno lo avesse fatto davvero, sarebbe stato meglio.
Il biondo guardò quel concentrato di tenerezza e innocenza.
Capì perché Inghilterra, benché avesse avuto l’ occasione, non lo aveva ucciso.
Si morse il labbro inferiore e lo strinse forte, alzandogli con un braccio la testa.
Sarebbero andati a casa e lo avrebbe curato e fatto riposare.
Gli avrebbe dato tanta pasta da mangiare.

- La guerra… non mi piace, Doitsu. Io non la voglio… -

Non poteva fare nulla, non poteva fermarla.
Doveva stare lì e attendere. Il tempo non era in grado di saltare: scorreva, scivolava, in quel momento camminava lento o a piccoli passi. Forse… era inciampato.

- Presto finirà –
- E’ stato bello abbracciare Inghilterra
- Italia… -
- Però… è più bello abbracciare te, Doitsu… -

Il biondo gli posò una mano sull’elmo e stirò le labbra appena, abbozzando un lieve sorriso. Gli fece strano: lui non ne era capace e non lo aveva mai fatto.
Feliciano ricambiò a trentadue denti: era quello che contagiava il tedesco.
Ludwig posò la fronte contro quella sporca di Italia e chiuse gli occhi:

- Tranquillo. Presto ci sarà la pace -

E la pace venne, ma solo nel 1945.
Dopo cinque lunghi, sofferti anni.


« ... Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno »




Così cade il Mondo -Giro giro tondo
(End)

  
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