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Autore: Feel Good Inc    03/01/2010    5 recensioni
«Perché non parli?»
Il bambino biondo lo guarda dall’alto in basso. Mastica un pezzo di cioccolata, sfacciato, a bocca aperta. Vuole una risposta. [...]
[ È lì da due settimane.
Non parla con nessuno.
La notte, ogni tanto, urla.
]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teardrops
 




«Perché non parli?»
Il bambino biondo lo guarda dall’alto in basso. Mastica un pezzo di cioccolata, sfacciato, a bocca aperta. Vuole una risposta.
Lui ricambia l’occhiata, ma solo per un attimo. Sfuggente. Poi abbassa di nuovo lo sguardo, e dopo un istante lo sente sbuffare e andare via.

[ È lì da due settimane.
Non parla con nessuno.
La notte, ogni tanto, urla.
]




Per giorni e giorni se ne sta buono nel suo angolino, chiuso nel suo silenzio. Gli hanno dato qualcosa da fare, un gioco.
È un bel gioco. Gli piace, incastrare tra loro quei piccoli pezzi di plastica colorati, renderli un insieme, dar loro un senso. Si mette là, con le sue tesserine di varie forme, e si estrania. Totalmente dimentico degli altri bambini che lo guardano, gli parlano, gli fanno domande e cercano di coinvolgerlo nelle loro attività.
Lui vuole stare da solo. Lui vuole stare in silenzio. Perché solo così riesce a ricordare i sogni che di notte lo fanno urlare. Solo così riesce a rivivere i suoi ricordi di loro.
Per giorni e giorni. Finché, un pomeriggio, c’è il temporale.



È seduto nel suo solito angolo, accanto ad una finestra. La stanza è vuota e quasi buia. Sbuffa; c’è un pezzo che non riesce a trovare. Solleva la piccola tavola di plastica per guardarvi sotto, ma sul marrone caldo del pavimento non spicca nessuna macchia bianca.
In quel momento vede il primo lampo.
Si volta verso la finestra, sorpreso. Sente il rumore sordo del tuono poco dopo; non gli fa paura. Fuori, il cielo è scuro e fitte gocce d’acqua cadono al suolo. Somigliano tanto a lacrime.

[ Da quanto tempo non piange? ]


È uno spettacolo terribile, ma bellissimo. Si alza e si avvicina a quel vetro. Vede il riflesso dei suoi occhi quasi neri, spalancati, ma guarda oltre, guarda le gocce di pioggia e gli alberi piegati dal vento e il fulmine che squarcia il cielo. Appoggia le mani aperte alla finestra. Per uno stupido, folle secondo gli viene voglia di uscire fuori.

[ Anche quel giorno pioveva così. ]


«Ti piace la pioggia?»
La voce è improvvisa e sconosciuta, ma lui non sussulta. Semplicemente si volta.
È un ragazzo alto, con i capelli neri, gli occhi scuri come i suoi. Non l’ha mai visto prima.
Restano immobili a guardarsi per un po’.
Lui resta in silenzio, come sempre, e il ragazzo comincia ad avvicinarsi. Si muove in modo strano. No, non strano. Particolare. Invece di raggiungerlo alla finestra, si ferma accanto al suo puzzle abbandonato e si siede. Piega le gambe vicino al petto e si stringe le ginocchia.
«A me sì» risponde da solo alla sua stessa domanda. «La pioggia ti dà l’impressione di poter essere diverso da come sei.»
Lui continua a guardarlo. Non capisce cosa vuole dire. Come può la pioggia rendere diversa una persona?
Il ragazzo prende qualcosa dalla tasca. È una caramella. La scarta e la mette in bocca, con gli occhi sempre fissi sul gioco. Infine lo guarda, senza più parlare.
Adesso è più vicino, e alla luce di un altro lampo lui riesce a distinguere meglio i lineamenti del suo viso.
Gli sorride. Non sa perché lo fa. Forse perché lui è la prima persona che non vuole farlo parlare per forza. Forse per il modo in cui lo guarda, diretto, senza curiosità e senza compassione. E in quel momento capisce anche le sue parole. È vero, la pioggia può renderlo diverso, se lui glielo permette. Se chiude gli occhi e immagina di esserlo. Se lascia da parte i suoi ricordi.
È solo un secondo, il sorriso sparisce. Il ragazzo sembra non averlo neppure notato.
«Vieni più vicino.»
Gli ubbidisce. Non sa perché lo fa. Forse, da qualche parte, sente già di potersi fidare di lui.
La mano che prima ha preso la caramella ora mostra qualcosa di piccolo e bianco. Il pezzo che gli mancava.



«Da quando ha parlato con te, non ha più avuto incubi. Non capisco. Che cosa gli hai detto?»
«Niente. Abbiamo solo guardato la pioggia.»







   
 
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