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Autore: Tynuccia    03/01/2010    2 recensioni
[Gundam SEED] "Sì, Yzak, ma lasciati dire che ti preferisco quando sei scontroso e antipatico. Questa tua versione premurosa mi spaventa."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Vigilia

*

Raww La Klueze intrecciò le dita davanti alla bocca, nascondendo ai suoi sottoposti un ghigno decisamente soddisfatto e divertito. L'espressione sui loro volti era qualcosa di appagante per lui, soprattutto a causa della loro tenera età.

"Allora? È tutto chiaro o avete bisogno che vi rispieghi un'altra volta come dovrete agire?"

La sua domanda non ottenne alcuna risposta, ma fu comunque lieto di vedere i sei soldati scattare sull'attenti. Ciò che lo faceva ridere maggiormente era lo scetticismo dipinto sul viso di Dearka Elthman e di Yzak Joule: sapeva che quei due avrebbero sempre obbedito ciecamente agli ordini di un superiore e vederli così scioccati era impagabile.

Sventolò una mano in aria, come se ci fosse stata una mosca, e si girò a guardare fuori dalla finestra.

"A riposo. Potete andare a godervi la serata. Da domani il gioco si fa duro."

Li fissò andare via, tutti quanti, e quando rimase da solo si permise di scoppiare in una risata sadica e poco ortodossa. Aveva ragione, il gioco si sarebbe fatto duro, ma solo per loro.

Poco importava se avessero perso la vita, il giorno dopo, perché lui sarebbe stato al fianco di Patrick Zala e si sarebbe goduto il meritato successo di ZAFT.

Aprì il cassetto della sua scrivania e, tremando, si cacciò in bocca un paio di pillole. Poi, sempre con gesti quasi febbrili, le ingurgitò grazie ad una generosa dose d'acqua. Rimase con la testa inclinata e le labbra bagnate per qualche istante a fissare il soffitto.

Sì. ZAFT avrebbe sicuramente trionfato grazie a lui.

*

Solitamente si divertivano mentre si cambiavano. O, perlomeno, Miguel cercava di sollevare gli animi dei suoi giovani sottoposti, facendo battute audaci o raccontando loro qualche anneddoto sull'esercito. Non che fosse molto più vecchio, ma dentro di sé si sentiva un veterano fatto e finito e si era caricato sulle spalle il dovere di diventare l'esempio da seguire per i cinque Red Coats.

Senza che nessuno gliel'avesse mai domandato, comunque.

"Attaccare… Heliopolis?"

Nicol Amalfi fu il primo ad esprimere una minima opinione sulla loro imminente missione. Non tanto a parole quanto a livello di preoccupazione nel tono di voce. I suoi occhi castani erano pieni d'insicurezza ed il fatto che fosse stato quel folle di La Klueze ad istruirli non lo rassicurava per niente. Forse iniziava persino a pentirsi della sua scelta di arruolarsi e di accantonare le lezioni di piano. Oppure sarebbe bastato un Comandante diverso, più umano e meno spietato, a fargli cambiare idea o a infondergli un pizzico di fiducia in più.

"Andrà tutto bene, Nicol," rispose Athrun, sorridendogli cordialmente. "Non falliremo, vedrai. A quest'ora, domani, sarà tutto finito e noi potremo tornare su PLANT a testa alta."

"Per una volta sono d'accordo con il bastardo," grugnì Yzak mentre si abbottonava il colletto dell'uniforme scarlatta. "Nonostante non sia la più semplice delle missioni, noi ce la faremo. Non indossiamo queste divise per hobby."

"Sarà, ma io penserò solo a divertirmi, questa sera," disse Dearka, incrociando le braccia dietro la nuca con fare scanzonato. "Domani potrebbe essere il mio ultimo giorno di vita e non intendo trascorrere la notte nel mio letto. Da solo."

"Ben detto, uomo!" Miguel gli battè una poderosa pacca sulla schiena e gli afferrò l'avambraccio. "Ancora una volta i biondi dimostrano di avere più cervello degli altri! Vieni, conosco un club da urlo e, grazie alla nostra appartenenza all'esercito, ci faranno entrare gratis."

"Tu sì che sai cos'è l'esistenza umana, Ayman! Altro che le stupide chiacchiere del Comandante!" scoppiò a ridere il mulatto mentre il suo superiore lo trascinava fuori dalla stanza con un ghigno malizioso sul bel volto. Sottovoce stava mormorando che l'uniforme attirava le donne come una carta di credito intestata a loro. O forse anche di più.

Yzak roteò gli occhi, sinceramente nauseato, mentre Nicol e Athrun si scambiavano un'occhiata rassegnata: quei due, ormai, erano irrecuperabili.

"Forse Zala non ha poi così ragione," intervenne improvvisamente Rusty McKanzie, rimasto in silenzio religioso fino a quel momento. I suoi occhi verdi erano fissi sul mare, in lontananza, ed un sorriso pragmatico gli curvava le labbra sottili all'insù. "Non potremo tornare a testa alta a causa delle numerose medaglie che ci daranno! Il peso al nostro collo sarà tale che non potremo far altro che guardare il pavimento!"

"Questa è bella, Rusty," rise Nicol, coprendosi la bocca. "Ne hai di fiducia in te stesso, eh?"

"Faccio quello che posso," replicò il rosso con una scrollata di spalle. "Forza, andiamo a casa. Domani ci aspetta una lunga giornata, ragazzi."

Athrun annuì e, silenziosamente, seguì il giovane pianista ed il più buontempone della loro squadra, secondo solo a Miguel, fuori dallo spogliatoio.

Yzak, rimasto solo, ghignò mestamente. "Pagliacci."

*

Ezalia Joule versò del tè nella tazza del suo ospite, sorridendo. Con la medesima grazia vi mise due zollette di zucchero e, dopo aver girato il cucchiaino per un istante, la allungò all'uomo.

Yzak adorava sua madre quando dimostrava così palesemente di essere una nobildonna. Anche con pochi e semplici gesti riusciva a trasmettere l'intero significato del bon-ton ed un elevato senso di ammirazione per chi la guardava.

"Madre," disse, decidendosi finalmente ad entrare nel grande salone della loro casa. La vide alzarsi, il sorriso sempre più largo, ed aprire le braccia com'era solita fare. Lo abbracciò e gli diede due baci sulle guance, deliziandosi della sfumatura scarlatta che assunsero immediatamente.

"Sono felice di averti qui, mio caro," sospirò la donna mentre tornava a sedersi. Accavallò le gambe e tese una mano verso l'uomo di fronte a lei. "Mi dispiace, però dovrai attendere ancora un po' per passare del tempo con la tua mamma. A scapito delle apparenze sto lavorando."

Yzak guardò l'ospite che si alzò e gli strinse la mano. Una stretta sicura e vigorosa, nonostante l'aspetto mite e gentile di Theodore Hahnenfuß.

"Consigliere. È un piacere vederla."

"Posso dire lo stesso, figliolo. Sono passati secoli dall'ultima volta che ti ho incontrato, sei cresciuto," rise il tedesco, accomodandosi nuovamente sulla poltrona. "Anche se immagino che tu continui a sentirtelo dire."

"Più o meno, ma mi fa piacere. Non volevo essere un nano e, infatti, sembra che ho ereditato alla perfezione i geni di mia madre. E di mio padre, pace all'anima sua."

Theodore annuì vigorosamente. "Devi esserne fiero. Mentre come vanno le cose nell'esercito? Vi fanno lavorare molto?"

"Il giusto, signore. Abbiamo deciso noi di arruolarci ed ora dobbiamo servire la nostra patria al meglio. Non c'è spazio per ripensamenti tra le fila di ZAFT."

Per tutta risposta il Consigliere si girò verso Ezalia. "Sarai orgogliosa di tuo figlio, Frau Joule."

La donna sorrise, accostando la tazza alle labbra rosse. "Non potrei non esserlo."

Theodore rise, bevendo a sua volta un sorso di tè. "Uh, quasi dimenticavo," aggiunse poi. "La mia dolce figlioletta è nella tua camera. Cacciala pure via, so che noi uomini abbiamo bisogno della nostra privacy dopo una giornata di lavoro."

"La prego, signore, sarebbe troppo maleducato da parte mia," replicò il giovane, abbozzando un sorriso. "Se facessi una cosa del genere ad una fanciulla, mia madre non me lo potrebbe mai perdonare e mi ritroverei in strada con le mie valige."

"Decisamente orgogliosa," sospirò Ezalia, rivolgendogli uno sguardo affettuoso. "Forza, raggiungila comunque. Noi dobbiamo continuare la nostra discussione, caro."

"Certo. È stato bello rivederla, Consigliere."

E, detto questo, Yzak fece un leggero cenno con il capo e si voltò, uscendo dal salone ad ampi passi. La presenza degli Hahnenfuß era sempre stata normale nella loro casa e viceversa. All'interno del Consiglio, Theodore era colui di cui Ezalia si fidava maggiormente e lo stesso uomo non prendeva mai una decisione senza averne prima parlato con la donna. Un team vincente, in poche parole, di cui Patrick Zala andava estremamente fiero, ma non era il solo: anche Siegel Clyne, il loro Presidente, non mancava mai di elogiare i due, nonostante i loro ideali fossero agli antipodi con i suoi.

Anni prima, quando era ancora un bambino ingenuo, Yzak aveva chiesto alla madre se era innamorata del tedesco e se era intenzionata a sposarlo. Del resto suo padre Henry era morto da tempo ed era giusto che lei si rifacesse una vita. A sua volta, Theodore aveva perso la moglie Kokoro da qualche anno e si trovava nella medesima situazione.

Ezalia aveva riso di gusto all'insinuazione e gli aveva scompigliato i capelli argentei con fare affettuoso, mormorando qualcosa a riguardo del suo futuro.

Ancora oggi per lui rimaneva un'incognita il significato di quelle parole sussurrate al vento.

Accantonò momentaneamente le riflessioni sulla madre ed il suo collega vedendo la porta della sua stanza alla fine del corridoio. Una volta raggiunta abbassò la maniglia ed entrò nella camera, quasi in punta di piedi.

Lei era lì, seduta davanti alla finestra aperta, con lo sguardo perso nel vuoto mentre con il dito continuava a stuzzicare una piccola palla celeste, distrattamente. La luce aranciata del tramonto le illuminava il viso ed il ragazzo dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non arrossire come un peperone.

Si schiaffeggiò silenziosamente la coscia ed incrociò le braccia sul petto, atteggiandosi al solito borioso.

"Quell'Haro non ti parlerà. Non lo fa da anni e non vedo perché dovrebbe farlo adesso."

Lei girò la testa di scatto e lo fissò qualche secondo prima di sorridere felice. C'era qualcosa in quel sorriso che lo turbava, ma al contempo lo calmava e lo rendeva, se possibile, più buono e più umano.

"Yzak!" esclamò Shiho Hahnenfuß, alzandosi ed avvicinandosi a lui. "Non pensavo saresti arrivato, non lo sapeva neppure tua madre. Scusami se ti ho rubato la stanza."

L'albino fece spallucce e si lasciò cadere stancamente sul letto, il contatto del materesso con la sua schiena gli strappò un sospiro stanco. "Ti trovi a tuo agio qui, o sbaglio?"

Sentì un'ulteriore pressione sul letto e, alzando leggermente la testa, vide la ragazza seduta vicino a lui. Oltre a Dearka era l'unica persona che lo comprendeva davvero e che meritava la sua totale fiducia. Forse di più, contrariamente al suo amico Casanova. Il pensiero lo imbarazzò e si affrettò a fissare il soffitto, come se fosse stato decisamente interessante.

"Certo," rispose Shiho, sempre sorridendo. "Ho passato tante ore qui."

Trascorsero qualche minuto in silenzio, fin quando Yzak afferrò il suo polso e le fece perdere l'equilibrio. Sdraiandosi su un fianco e puntellandosi su un gomito, ammirò le sue gote assumere una colorazione scarlatta con un ghigno divertito.

"Sei un bruto," sbuffò lei, ridacchiando. "Le donne non si trattano così."

"Domani vado a Heliopolis, Shiho. La mia prima missione. Non so neppure dire se sono emozionato o meno," la informò l'albino, ignorando palesemente la sua protesta.

"In cosa consiste?" domandò la ragazza, scostandogli una ciocca di capelli dagli occhi celesti e cercando disperatamente di nascondere la preoccupazione che le aveva appena invaso il corpo.

"Rubare a quelli dell'EAF cinque Mobile Suit."

"Come se ZAFT non ne avesse già abbastanza," Shiho roteò gli occhi.

"Ma sono di serie GAT-X, modelli assolutamente nuovi ed indispensabili per la vittoria di PLANT," spiegò Yzak, riportando fedelmente le parole del Comandante La Klueze. Poi un sorriso timido gli curvò le labbra. Sembrava un bambino davanti ad un negozio di dolciumi.

"Che c'è?" rise lei, decisamente divertita dalla sua espressione. Lo vide scuotere la testa ed aggrottare la fronte.

"Nulla. Solo che il Comandante ha detto che potremo impossessarci del Mobile Suit che ruberemo. Per un pilota di ZAFT è un grande onore, senza ombra di dubbio."

"Capisco. Beh, del resto sei un Red Coat, te lo meriti."

"Anche tu lo sarai, devi solo diplomarti," le sussurrò l'albino, fissandola.

Shiho distolse lo sguardo velocemente. "E… ed è una missione rischiosa?"

"Sarei un folle a negarlo. Saremo solo in sei, mentre il personale di Heliopolis è molto più numeroso. Un solo errore e siamo fregati."

La guardò mentre annuiva, incerta, e decise che avrebbe volentieri sacrificato la sua carriera per sapere che cosa le stesse passando per la testa. I suoi ragionamenti, comunque, vennero troncati in pieno quando la sua amica d'infanzia affondò il volto nell'incavo della sua spalla, avvinghiandosi al suo corpo, scossa da leggeri tremori.

"Torna da me, Yzak, ti prego. Non morire."

L'albino sorrise tristemente, ripensando alle parole di Dearka. Era possibile sì che quello fosse il loro ultimo giorno di vita e l'ultima cosa che desiderava era esplodere in un cockpit mentre una valanga di rimorsi gli opprimeva il cuore.

Aiutò la ragazza a sedersi e la baciò lentamente, mettendole una mano sulla nuca per avvicinarla ulteriormente e, se possibile, farla sentire più a suo agio.

Dopo qualche secondo d'incertezza la sentì alzare le braccia e cingergli il collo, rispondendo al bacio quasi con rispetto.

Quando si separarono, Yzak le sfiorò le labbra con il pollice, sospirando.

"Tornerò solo per poter rivedere te, Shiho Hahnenfuß."

Lei arrossì e lo guardò mentre si alzava ed afferrava l'Haro celeste sul davanzale. Se lo trovò tra le mani senza neppure accorgersene.

"Ti ricordi quando me lo regalò il Bastardo?" esordì Yzak, sedendosi nuovamente vicino a lei. Sorrise leggermente sentendo la dolce pressione della testa della ragazza sulla sua spalla.

"Povero Zala. Ci aveva lavorato sopra tanto tempo e ci è rimasto male quando hai tolto il chip della voce, dicendo che era troppo rumoroso e fastidioso," ridacchiò Shiho, stringendo al petto il robottino. "Poi me l'hai consegnato, quel chip, dicendo che solo le donne, così chiacchierone, potevano meritarsi un accessorio del genere."

"Complimenti per la memoria. Comunque vorrei che domani tu inserissi nuovamente quel chip all'interno di questo coso. Ti terrà compagnia," disse l'albino, socchiudendo gli occhi. "Lo farai per me?"

"Sì, Yzak, ma lasciati dire che ti preferisco quando sei scontroso e antipatico. Questa tua versione premurosa mi spaventa."

Un sorriso sincero gli curvò le labbra all'insù. "Vaffanculo, Hahnenfuß."

*

Shiho si rivoltò tra le coperte, decidendo che non avrebbe risposto al telefono squillante. Se era una chiamata di una certa importanza, allora, avrebbero sicuramente riprovato.

Dopo quasi due minuti, però, si alzò e sollevò la cornetta del videotelefono, grattandosi la cute e sbadigliando poco elegantemente mentre accettava la comunicazione.

Spalancò gli occhi quando si trovò faccia a faccia con il suo pilota preferito.

"Buongiorno?"

Chiudendo immediatamente la bocca, la ragazza arrossì e sorrise gioiosa.

"Sì, stavo dormendo, ma non ci sono problemi. Non se ti vedo vivo e vegeto."

"Scusami. La missione, comunque…" Yzak s'interruppe, guardando il suo volto raggiante. No, non le avrebbe rovinato la giornata informandola della morte di Miguel e Rusty. Non se lo meritava. "Ha portato qualcosa di buono. Stai parlando con il pilota del Duel."

"Un nome che ti si addice," sospirò Shiho, avvicinandosi allo schermo. "Ti piace?"

"Da impazzire. Per quanto entusiasmo io possa mostrare per il mondo esterno," disse l'albino con una scrollata di spalle. "Piuttosto tu hai fatto quanto ti ho chiesto?"

La ragazza annuì e camminò fino al comodino, dove riposava l'Haro celeste. Lo mostrò ad Yzak con orgoglio, come se fosse stato il loro adorato bambino. Il pensiero la fece arrossire.

"Beh, dice un sacco di cose. Anche una frase che ti farebbe andare in bestia, ma ne ha talmente tante che dubito la sentirai mai. Le probabilità sono minime."

"Forza, attivalo. Ora sono curioso."

"Ma non mi dire…" rise Shiho, schiacciando un pulsante sulla sommità del robottino. Immediatamente prese vita tra le sue mani e gli occhi s'illuminarono.

"Haro! Haro!" gracchiò allegramente. "Provaci ancora, Yzak! Provaci ancora, Yzak!"

"Merda…" imprecò a bassa voce Shiho. La fortuna non era proprio dalla loro parte quella mattina.

"QUEL BASTARDO! GIURO CHE LO AMMAZZO!" urlò Yzak, paonazzo, prima di interrompere bruscamente la comunicazione.

La ragazza disattivò l'Haro e tornò a sdraiarsi, assonnata. Prima di addormentarsi non potè che ridere dell'umorismo di Athrun Zala. E di ringraziare il Cielo per non averle tolto il suo adorato albino.

  
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