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Autore: _Carlotta_    05/01/2010    5 recensioni
Quella che vi apprestate a leggere non è una storia con tanto di trama articolata e coerentemente sviluppata, ma una semplice scenetta con i due personaggi di NCIS che più amo, che vuole essere divertente e romantica al tempo stesso. Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ziva dormiva bocconi, beatamente spaparanzata sulla pancia di Tony. Il corpo della donna disegnava una diagonale che partiva dal basso, alla destra dell’uomo, per giungere in alto a sinistra; la testa era appoggiata appena sotto il petto di Dinozzo, ma il braccio destro, cinto all’altezza del gomito dalla mano sinistra di lui, ricadeva mollemente sul materasso ed era quasi ripiegato su se stesso, mentre il braccio sinistro era abbandonato sul torace del collega. Le folte ciocche dei lunghi capelli corvini ricadevano rigogliose su tutto il torso nudo dell’uomo, giungendogli fino sotto il mento. Il palmo aperto della mano destra di Tony era appoggiato sulla schiena della donna, sotto la massa informe dei capelli.


Ziva era esausta, ma contrariamente al solito non russava, bensì riposava di un sonno sereno e ristoratore come da molti mesi oramai non le accadeva.
Forse, perché finalmente era successo.
La passione, l’impeto amoroso, la dolcezza, la complicità, l’elettricità, la reciproca consapevolezza di quegli anni, di quei mesi, di quelle settimane e di quegli ultimi giorni erano esplosi come una bomba atomica, deflagrati come un ordigno nucleare, più devastanti di un uragano furioso, incendiando e spazzando via tutto ciò che incontravano sulla loro strada. Che notte! Non sarebbe sfigurata tra le “Memorie” di Giacomo Casanova, se solo qualcuno avesse voluto raccontarla; non di certo i due amanti che avrebbero sempre gelosamente conservato nella loro memoria, come un tesoro prezioso, i loro primi momenti d’amore e di passione.


Ziva, amazzone stanca, ma felice, si godeva il meritato riposo. Non stava sognando niente, ma le sembrava che una brezza leggera le sfiorasse la schiena. Era una sensazione piacevolissima e nel sonno le sfuggirono mugolii di piacere. Quella brezza le risalì dolcemente la schiena fino ad arrivare sul collo e a stuzzicarle l’attaccatura dei capelli; a quel punto l’israeliana si mosse, spostando la testa e il busto sulla parte destra del torace di Tony. Quando quel delicato tocco le sfiorò la spalla sinistra, la donna cominciò a svegliarsi; lentamente, ma con piacere, si accorse che quello che le era sembrato un alito di vento altro non era che il tocco delicato delle dita del suo amante.

A fatica socchiuse gli occhi, mentre sentiva che l’uomo la prendeva per la vita e con infinita premura, ma con urgente passione la spostava alla sua destra e, a sua volta, si girava su un fianco verso di lei. Fece appena in tempo a strizzare gli occhi, a rendersi conto che era ancora buio pesto e a vedere l’orologio della sveglia che segnava le tre e mezzo di mattina, prima di trovarsi con la fronte appoggiata a quella dell’uomo e con gli occhi dentro gli occhi verdi di lui. Con un dito gli sfiorò le labbra e sorrise sorniona, mentre il collega cominciò a mordicchiarle le labbra.

“Caspita, Tony, ancora?!? E’ già la quinta volta stanotte! D’accordo che avevamo del tempo da recuperare, ma sembra un secolo che non fai…!”.

Si fermò di botto, perché Tony si irrigidì e smise di baciarla. Ziva ebbe un attimo di smarrimento, una serie di flash illuminarono la sua mente, poi un lampo attraversò i suoi occhi color ebano che si sbarrarono per la sorpresa. Solo per rispetto al suo uomo riuscì a trattenere un sorriso tra il sorpreso e il compiaciuto. L’anima forgiata dal Mossad, l’anima da carogna stava facendo di nuovo capolino e la donna pensò con soddisfazione che dopo Jeanne lui non aveva avuto nessun’altra; solo lei – Ziva David – era riuscita a fargli superare quel blocco. Ma, forse, non erano né l’orgoglio né la carogna che facevano capolino in lei, bensì era il naturale senso del possesso di una donna innamorata ormai da lungo tempo.


Subito dopo, infatti, quasi si pentì di quei sentimenti e provò ad immaginare quanto fosse stato umiliante per lui, abituato a far sfracelli di cuore, sicuro di sé fino all’arroganza, che si faceva un vanto delle sue doti di latin lover, prima accettare e, poi, dover convivere con quel problema.
“Ma no!! – sorrise dentro di sé Ziva – un po’ di astinenza non gli ha fatto male! Si è dato talmente da fare in passato che gli è bastato fino ad oggi”.


Nel frattempo, Tony si era alzato ed era andato a bere un bicchier d’acqua.
L’israeliana esitò qualche istante, poi decise che era il caso di seguirlo. Si infilò una T-shirt del collega che le arrivava fino alle ginocchia e a piedi nudi camminò fino alla cucina. Si fermò ad una decina di passi dietro di lui e si concesse il piacere di osservarlo. Tony era rivolto verso l’acquaio e, dopo avervi posato il bicchiere, appoggiò le mani sul ripiano in marmo accanto al lavello. Non era riuscito a fare neanche una battuta! La schiena un po’ ricurva e la testa rivolta verso il basso davano alla figura un’aria inconsuetamente seria.


Ziva incrociò le braccia e il suo sguardo indugiò su quella schiena così involontariamente sensuale, solcata dai graffi che le sue unghie gli avevano lasciato quella notte, per poi seguire la linea del corpo, soffermarsi sui boxer neri - di Calvin Klein, ovviamente!- e scendere fino ai piedi nudi. Un sorriso malizioso le illuminò il volto, mentre pensava: “Come donna devo ammettere che è stato un notevole spreco di risorse. Preferirei farmi chiamare pivella a vita piuttosto che riconoscerlo ad alta voce, ma non posso negare che sia stato un bello spreco”.


A questo punto, però, doveva dire qualcosa. Qualcosa di convincente e divertente allo stesso tempo, per sdrammatizzare la situazione. E doveva farlo alla svelta. Ma non aveva idea di cosa dire.
Mentre ci pensava si avvicinò a Tony con passo felpato, si fermò a pochi centimentri dietro di lui e gli poggiò le mani sui fianchi. L’uomo non fece in tempo a girarsi verso di lei che Ziva, agile e sinuosa come un gatto, si infilò tra il ripiano di marmo e il corpo di lui. Incrociò di nuovo le braccia e lo guardò. Non appena la ebbe davanti, Tony si sciolse in un’espressione tenera e divertita, incuriosita e triste allo stesso tempo, mentre un lieve sorriso dolce amaro gli increspò le belle labbra carnose; non riusciva a distogliere gli occhi da quelli di lei. Ormai, anche la sua ultima maschera era caduta. Il re era nudo.
La faccenda, però, stava cominciando a farsi troppo seria.

“Beh – esordì Ziva -, direi che non è il caso di farne una tragedia, ci sono cose ben peggiori e, poi, dicono che capiti soltanto ai migl…” si fermò di scatto.
“No, non ci riesco – sbottò –. Ma quanto la fai lunga! Per un po’ hai avuto dei problemi a…- e così dicendo aveva piegato il braccio destro ed agitava il palmo della mano rivolto verso l’alto sotto il mento di lui, mentre le labbra si erano arricciate nella ricerca della parola corretta – a…a…hai capito a fare cosa! Ma questi problemi sono stati brillantemente risolti. Fine della storia”.

Tony alzò le sopracciglia incredulo. Sbarrò gli occhi sconvolto e senza parole. Aprì la bocca per tentare di parlare, ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Poi, aggrottò la fronte ed arricciò il naso, drizzandosi sulla schiena e spostando un po’ la testa all’indietro come per guardarla meglio; alla fine riuscì ad esclamare:

“E questo sarebbe il tuo modo di portare conforto ad una persona?”

“Cos’altro avrei dovuto dire? La verità è la stategia migliore. Sempre.”

“Strategia?!? – eclamò ancora più sorpreso, incredulo e sconvolto – Tu con me stai seguendo una strategia? Vuoi dire che quello che c’è tra noi…No, ferma non rispondere! Mi sembra di aver già sentito queste parole in passato…me le hanno già dette…” Si fermò di colpo. Gli sembrava di essere una delle tante ragazze che si era portato a letto in passato, quando scoprivano che non ci sarebbe stata nessuna storia tra loro e lui. Si sentì ridicolo.


Al solo pensiero Tony si riprese. Chiuse la bocca, distese la fronte, i lineamenti del viso tornarono rilassati e un sorriso ironico ed apparentemente alterato gli si disegnò sulla bocca. Gli occhi verdi assunsero prima un’espressione consapevole, poi furono attraversati da un lampo di malizia e, infine, furono ravvivati da un’espressione di sfida.

“Hai detto problemi brillantemente superati, pivella?” chiese, alzando insinuante il sopracciglio sinistro e calcando la voce sull’avverbio e sull’ultima parola.

Ziva che aveva ascoltato divertita ed in silenzio lo sfogo dell’uomo, dapprima sorrise nell’udire queste ultime parole, contenta dell’effetto ottenuto, poi si irrigidì quando si sentì apostrofare con quel soprannome. Aggrottò le sopracciglia e si alzò sulla punta dei piedi fino a piantare suoi occhi neri e irritati, ardenti come brace, dentro gli occhi di Tony.

“Tu non hai idea di cosa rischi, DiNozzo – cominciò scandendo bene le parole -. Non siamo sul lavoro, non c’è Gibbs a proteggerti e ricordati che, anche se sono diventata un’agente dell’NICS, non ho scordato il mio addestramento da spia. Potrei ucciderti in un istante oppure farti soffrire lentamente. Scegli tu!”.

“Non vuoi essere chiamata pi-vel-la?” chiese Tony in tono provocatorio, ripetendo quel soprannome e scandendone ogni sillaba.

NO!!” quasi urlò Ziva, battendo con forza il piede destro sul pavimento e stringendo i pugni.

“Non so, ci devo pensare – temporeggiò l’uomo - Messa così, non mi piace la questione. Insomma, cosa ci guadagno io a privarmi di uno dei miei divertimenti preferiti?”

“Mmmh, vediamo – un sorriso malizioso riaffiorò repentino sulle labbra della donna, mentre con fare sensuale e provocante solleticava con la punta del naso il naso di Tony e gli sfiorava la bocca con le labbra -. Tu a cosa pensavi?”.

“A tante cose, piv…Ziva. Potresti portarmi la colazione tutte le mattine sia quando lavoriamo che quando non lavoriamo, potresti smaltire un po’ dei rapporti che si sono accumulati sulla mia scrivania, potresti preparare per me quei deliziosi piatti italiani che cucini così bene, potresti… - mentre parlava, Ziva aveva spostato la sua bocca sull’orecchio sinistro del collega e con una scia di baci roventi era arrivata alle labbra – oppure potresti continuare a fare quello che stai facendo…”

Tony strinse Ziva tra le sue braccia e ricambiò con foga il bacio di lei.Nell’impeto della passione, la strinse ancora più forte a sé, facendo aderire perfettamente il corpo di lei al suo; poi, la alzò di peso e la mise a sedere sul tavolo.

“Mi chiamerai ancora pivella?”

“Mmmmh…cosa dici?”

“Ho chiesto se mi chiamerai ancora pivella!”

“Ne parliamo dopo, Ziva…”

“No, ne parliamo ora – ribattè decisa, staccandosi definitivamente dalle labbra di lui –. Per la terza volta, DiNozzo. Mi chiamerai ancora pivella?”.

“No”, rispose frettolosamente Tony, tentando di riprendere quello che aveva dovuto interrompere.

Alt! – lo fermò Ziva – Giura che non oserai mai più, neanche per sbaglio, né in pubblico né in privato chiamarmi pivella!”

“Lo giuro” rispose ancor più frettolosamente l’uomo, tentando di baciarla di nuovo ed incrociando le dita dietro la schiena di lei.

Stop! – per la seconda volta, la donna gli impedì di continuare – Risposta troppo veloce. Visto che con le buone maniere non funziona…- cominciò Ziva tornando a tenere le braccia conserte – se oserai chiamarmi ancora con quello stupido soprannome, non ci sarà agente, impiegato, usciere, uomo o donna delle pulizie, Direttore, puliscivetri all’NCIS che non saprà del tuo…ehm…- si prese una pausa, facendo scorrere sul pollice tutte le dita della mano destra – problemino”, terminò con tono trionfale.

Fece un’ulteriore pausa e scoccò il colpo di grazia.

“Anche MacGee”.

“Lavavetri, Ziva! – replicò Tony con aria scocciata – Sei una ricattatrice”.

“Allora? – non si fece intimorire l’altra - Sto aspettando una risposta”.

DiNozzo sospirò, alzò gli occhi al cielo e aprì le braccia in un gesto sconsolato. Il suo volto si aprì in un sorriso che avrebbe sciolto i ghiacci dei due poli, irresistibile e allo stesso tempo irritante per l’eccessiva sicurezza in se stesso che vi traspariva.

“Hai vinto, mia piccola ninja. Non ti chiamerò più...con quel soprannome che non ti piace, ma mi riservo di chiamarti con tutti i soprannomi che mi verranno in mente da qui in avanti”.

L’angolo sinistro della bocca della donna si piegò lievemente in un sorriso compiaciuto, quando l’uomo la chiamò con il nomignolo affettuoso che le aveva affibbiato tempo prima. Addolcita da quell’espressione, convenne:

“Va bene”.

“Ora, possiamo riprendere da dove eravamo rimasti?”.

Tony non attese la risposta, ma cinse le braccia attorno alla vita di Ziva e riprese a baciarla con baci sempre più esigenti. La donna circondò con le gambe i fianchi di Tony e gli strinse le braccia dietro il collo. Lentamente, DiNozzo cominciò a farle scivolare la schiena all’indietro, fino a farla distendere sul piano del tavolo. Tony era inebriato dall’odore naturale della pelle di lei.

“Ziva?”

“Che c’è ancora?”

“L’avevi capito che la nostra è una relazione esclusiva?”

L’altra annuì.

“Questo significa – proseguì l’uomo – che non puoi uscire con quel tipo in jeans e maglietta aderente venuto da Los Angeles. Quello a cui stamani hai fatto la radiografia e con cui Gibbs ti ha mandata sottocopertura”.

“Callen?”

“Callen.”

“Mai uscire con un collega, DiNozzo. Regola numero dodici”.

Tony sorrise beffardo, rilevando tutta l’ironia della situazione.

“Questo significa – riprese Ziva – che tu non puoi fissare il sedere di Kensi, se non vuoi subire una morte molto dolorosa, più atroce di quanto tu possa immaginare. Anche se credo che dovrei accecarti, per impedirti di guardare qualsiasi ragazza decente si trovi nel raggio di dieci miglia da te”.

Tony si finse offeso e aprì la bocca per replicare, ma preferì tacere. Per l’ennesima volta, appoggiò la sua fronte su quella di lei e la fissò negli occhi. L’agente David riconobbe l’espressione imbambolata del volto dell’uomo e contemplò quegli occhi verdi così dolci, ma ora tremendamente seri, animati da quel leggero guizzo di ironia che vi brillava in fondo e che impediva alla situazione di divenire patetica.

“Ti amo, Ziva”.

La donna restò spiazzata, ma non sorpresa. Non era una stupida, aveva capito che Tony era innamorato di lei. Quando era venuto in Somalia in un campo di addestramento per terroristi solo per salvarla, soprattutto quando le aveva confessato che non poteva vivere senza di lei, non aveva più avuto alcun dubbio.

Nonostante questo, non avrebbe mai e poi mai immaginato che le avrebbe detto quella frase ad alta voce. Insomma, loro due non erano tipi da mano nella mano, da regalini di San Valentino, da cenetta al lume di candela, da frasi romantiche, no! Loro due erano tipi da pistole e fucili, da sferzanti battute ironiche al limite del sarcasmo, da reciproche prese in giro, da sesso frequente e selvaggio! Solo due ore prima l’aveva paragonata ad una mantide religiosa e Ziva gli aveva dato del bambino idiota...

“Ti amo anch’io, Tony”.

  
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