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Autore: Shichan    05/01/2010    3 recensioni
L’unica pecca di Lituania era che non parlava mai e se lo faceva balbettava e guai, guai!, farglielo notare: si chiudeva nel silenzio, a pensare e pensare – a cosa Polonia non lo sapeva – e alla fine doveva preoccuparsi di fargli bere qualcosa di caldo per il mal di stomaco che puntualmente gli veniva.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno

Disclaimer: i personaggi sono copyright di Hidecaz Himaruya.

Note: la vicenda comprende l’inizio dell’unione Polacco-Lituana (1386), la nascita della Confederazione omonima (1569) e la sua rottura con la spartizione della Polonia ad opera di Prussia, Russia e impero Austro-Ungarico (1795). Per questo agli inizi si fa riferimento alle due nazioni come due bambini.

Io devo piantarla di flasharmi cose assurde come questa, davvero.

Ringraziamenti: si ringrazia Yoko891 per aver fatto da beta.

Grazie anche a Yoko891, ballerinaclassica, makotochan e BeyondBirthday per aver commentato “Fuori piove” <3

 

 

Uno.

 

La prima volta che glielo avevano presentato, Polonia non era stato proprio l’apoteosi della felicità,  né dell’ospitalità: nulla contro Lituania, per carità. Era più una questione che, tipo, a lui proprio non piacevano gli estranei.

Era poco meno di un moccioso, poi; quel ragazzino timoroso che stava nascosto dietro il suo Granducato tutto tremolante, guardandolo come se lui fosse il brutto e cattivo della situazione non gli era andato molto a genio.

Cioè, tipo, come se fosse colpa sua se erano lì!

Quasi per dispetto – e per una vena molto bastarda già in tenera età – per tutto il tempo in cui il suo Regno e il Granducato di quello lì parlavano, non aveva fatto altro che guardarlo male. Come se, tipo, dovesse azzannarlo o roba simile.

E l’altro chiudeva gli occhi, come se bastasse a smorzare le sue intenzioni – affatto reali, ma quello Lituania mica lo sapeva.

Feliks lo aveva osservato ridacchiando sotto i baffi, pensando che non c’era da preoccuparsi; Lituania era, tipo, uno troppo debole e pauroso per essere una minaccia di qualsiasi genere.

 

Due.

 

Polonia si era chiesto, dopo che la loro unione era stata definitivamente decisa, perché nessuno si fosse preso la briga di dirgli che quello era così.

Lituania gli camminava sempre qualche passo dietro, seguendolo come un cagnolino fedele e obbediente, e ogni tanto lo sentiva persino attaccarsi alla sua maglietta nemmeno temesse di perdersi.

Gli dava la sensazione che il lituano non sapesse nemmeno camminare senza di lui; e doveva ammettere che era, tipo, una sensazione un sacco figa.

L’unica pecca di Lituania era che non parlava mai e se lo faceva balbettava e guai, guai!, farglielo notare: si chiudeva nel silenzio, a pensare e pensare – a cosa Polonia non lo sapeva – e alla fine doveva preoccuparsi di fargli bere qualcosa di caldo per il mal di stomaco che puntualmente gli veniva.

Polonia l’aveva fissato mentre il castano sedeva con l’aria abbacchiata, tenendo fra le piccole mani una tazza di latte e miele.

«Ma tu, tipo, ti agiti sempre così, Liet?»

Lo aveva visto alzare lo sguardo un po’ spaesato e timoroso, annuendo poi pian piano.

Aveva sospirato con l’aria rassegnata; Liet era, tipo, un sacco carino ma non parlava mai. Nemmeno ora che stavano insieme da un po’ già, che facevano insieme un sacco di cose – per non dire tutto.

«È… bello.»

«Eh?»

«L-Liet. È carino.» aveva balbettato.

Quella era stata la prima volta che Liet gli aveva parlato.

 

Tre.

 

Liet per lui era stato un sacco di cose.

Un moccioso da proteggere quando era un moccioso anche lui, un amico, una Nazione, una cavia per gli scherzi, un fratello, un amante.

Era stato la dolcezza di un bambino che piangeva per gli scherzi stupidi, la lealtà della persona più fidata, il calore di una famiglia e quella sensazione che ti basta al mondo una sola persona.

Era stato sempre lì, e non si era mai allontanato; a distanza di anni era come se Toris non avesse mai smesso di stare attaccato alla sua maglia, da cui si staccava solo quando giocavano insieme.

Poi però era precipitato tutto.

Anche l’unione in cui non aveva creduto all’inizio e che era stata poi la sua certezza, che lo era anche ora che faticosamente si ritirava su dopo che quelli avevano fatto i loro porci comodi con la Polonia.

Non gli interessava che lo avessero tradito – lui non era uno che contava sugli altri, tipo che ce la faceva benissimo da solo! Lui e il suo orgoglio polacco.

Non gli serviva altro.

A parte… Liet; che gli avessero portato via anche lui, quello lo faceva infuriare da matti.

Anche mentre era stato in ginocchio, inutile come la più debole delle nazioni, ed era stato a guardare mentre distruggevano lui, loro.

Anche allora gli era venuta voglia di alzarsi, e colpire, colpire fino a che non se ne fossero andati via.

Invece aveva chiuso gli occhi; la sua gente si era arresa, i suoi sovrani si erano arresi.

Liet forse ora tremava.

Lui pregava mentre, lentamente, moriva.

 

 

È strana la sensazione che ha addosso.

È, tipo, come dormire: solo che sente i rumori, sa cosa succede intorno; è come essere fermi al letto malati.

Come quando vuoi muoverti ma è il tuo corpo che si rifiuta.

Sì, la sensazione era quella; anche se c’era qualcosa in fondo che si smuoveva piano, poi sempre più impaziente.

Polonia era sicuro che sarebbe tornato.

Anche se ora non vede bene, non distingue, ed è ancora stanco e sta fermo. Ma che quelli, lì fuori, non pensino nemmeno per un attimo che lo fa per paura.

Devono, tipo, pregare che lui non si svegli mai più; perché se invece tornerà – e Polonia non lo prega più, lui lo sa, se lo sente dentro, addosso, ovunque – andrà lì a prendere a calci in culo Russia e romperà a pedate gli occhiali di Austria e gli spaccherà anche il pianoforte così, perché gli gira di farlo.

E a quel punto tornerà da Liet.

Se non apre gli occhi adesso, è solo perché non gli piace quello che ci sarebbe da guardare.

 

Uno, due, tre: stella!

Apre gli occhi,

si volta,

ma Lituania lì non c’è.

Non c’è da nessuna parte.

   
 
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