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Autore: Arya010wind    07/01/2010    1 recensioni
Songfic dedicata al pairing AustriaxUngheria
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di questa fanfiction non appartengono (purtroppo) a me ma al loro autore, Hidekaz Himaruya. 


Autore: Arya010wind

Rating: Verde

Genere: Songfic (Perdere l'amore - Massimo Ranieri)

Note: Commissionatami alcuni mesi fa da Gwen Chan, altra scrittrice di fanfic su EFP



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-...dobbiamo farlo, Ungheria...-

-no Roderich! Mi rifiuto!-

-ma è l'unica cosa che ci resta da fare...-

-potrai dire ciò che vuoi, ma non mi convincerai mai a firmare quel foglio!-

Austria sospirò, passandosi una mano sul viso emaciato. Erano oramai ore che, in una delle molteplici sale dello Schloss Schönbrunn,  quella discussione andava avanti.

La guerra era finita, la sconfitta di Vittorio Veneto aveva inferto in entrambi una profonda ferita. 

Sembrava impossibile, ma erano stati battuti. Ed ora dovevano trovare un modo per rimediare a quella condizione.

La stanca nazione allungò una mano verso il foglio adagiato sul tavolo, rileggendo [per quella che doveva essere la centesima volta] i termini dell'armistizio. 

D'improvviso udì uno sbuffo ed il grattare della sedia sul pavimento. Alzò lo sguardo sulla sua consorte, osservandola dirigersi con passo fermo verso una delle finestre, impacciata e al contempo elegante nei suoi movimenti.

-...mi spieghi perché non vuoi accettare questo accordo? é un semplice patto, Elizaveta... un piccolo prezzo da pagare per la nostra sconfitta...- mormorò lui in tono calmo. La donna sospirò, incrociando le braccia.

-...non è un accordo... è un trattato di resa... ed io non sono abituata a perdere...- ribatté fra i denti, premendo la fronte contro la vetrata.

Roderich battè forte un pugno sul tavolo, facendo traballare le argenterie postevi sopra. A quel rumore Ungheria fremette, ma non si mosse dalla sua posizione. 

Si era oramai abituata a quei bruschi gesti del compagno. In quegli ultimi anni, forse a causa dei crescenti conflitti interni, era divenuto sempre più irascibile ed irritabile. Senza che quasi lei se ne rendesse conto, era diventata una persona bellicosa e avida di potere. 

Proprio il genere di persona che lei non era mai riuscita a tollerare...

-ho capito... se le cose stanno così... firmerò comunque questo trattato, con o senza la tua approvazione- affermò risoluto Austria, una vena di nervosismo nella voce.

Il silenzio scese, grave, nella stanza. Nessun suono riusciva a infrangere quella barriera di gelida tensione. L'unico suono percepibile era il ritmico battito delle lancette dell'orologio unito al ticchettio della pioggia contro le finestre.

E poi l'inevitabile accadde.

Elizaveta si voltò lentamente, posando le sue grandi iridi smeraldo su di lui.

Piangeva, e le lacrime brillavano sul suo viso come diamanti.

Solo in quel momento Roderich notò quanto i suoi bei tratti fossero scavati e le sue occhiaie profonde, e quanto quell'abito cedro [un tempo addirittura troppo stretto] ricadesse in modo così ampio sul suo fisico provato dalle fatiche della guerra...

Poi lei disse quelle fatidiche parole, e lui non notò più nulla.


E adesso andate via!

Voglio restare solo

Con la malinconia,

Volare nel suo cielo

Non chiesi mai chi eri

Perché scegliesti me

Me, che fino a ieri,

Credevo fossi un re.


Il suono di un pianoforte si perde fra i rombi di un temporale.

In una delle tante sale dello shonbrunn Roderich compone febbrilmente note su note sul pianoforte, producendo una musica sempre più rapida e dissonante.

Non sa cosa stia eseguendo e nemmeno se stia effettivamente suonando. La riuscita della sua esibizione, in quel momento, è un problema irrilevante. Molti altri sono i pensieri che affliggono la sua mente. Ma uno, uno più di tutti riesce a ferirlo con maggiore intensità, con la stessa veemenza di una spada conficcata nella carne.

E quel dolore è tutto concentrato in un anellino d'oro, abbandonato su un piccolo tavolo a pochi metri dal punto in cui si trova, e in un'incisione posta al suo interno: 

"indivisibiliter ac inseparabiliter"  

Una fede nuziale. Il segno del suo matrimonio con Ungheria.

Il simbolo di un legame irrimediabilmente spezzato.

Aveva scacciato i suoi servi. Aveva rifiutato qualunque consolazione. Aveva firmato quel maledetto foglio, e  aveva chiesto di non vederlo più.

Perché era solo colpa di quel foglio se la sua amata Elizaveta se ne era andata.

Le sue mani si fermano, lasciando disperdere nell'aria il suono degli ultimi tasti sfiorati.

Elizaveta... si erano ritrovati sullo stesso cammino quasi per caso... lui aveva sin da subito compreso la sua forza ed il suo grande coraggio. L'aveva voluta dalla sua parte, donandole molti più privilegi di tutti i paesi a lui sottomessi. Sapeva che lei non si sarebbe ribellata.

Lei lo amava. Lo aveva sempre amato. E lui aveva sfruttato questa immancabile occasione per stringerla ancor di più a sè. 

Le aveva donato quell'anello. L'aveva sposata, costruendo con lei uno dei più grandi imperi della storia. 

Ma mai era riuscito a piegarla al suo volere. Mai era riuscito ad incatenarla.

I suoi occhi di smeraldo erano una foresta impenetrabile per chiunque. Tutti ne erano attirati, ma mai nessuno avrebbe osato varcarne i confini. 

Lui lo fece, e si perse.

Innamorato. Perdutamente innamorato di lei. Felice di averla accanto in ogni situazione. 

Eppure mai una volta le aveva rivolto una parola gentile. 


Comunque ti capisco

E ammetto che sbagliavo

Facevo le tue scelte

Chissà che pretendevo

E adesso che rimane

Di tutto il tempo insieme

Un uomo troppo solo

Che ancora ti vuol bene


...Era così... 

Si solleva in piedi, iniziando a passeggiare lungo la stanza, torturandosi le mani. 

Lei era sempre stata così premurosa nei suoi confronti... non gli aveva mai fatto mancare nulla. 

E lui? Lui che le aveva donato in cambio?

Solo la sua musica... e, sporadiche volte, la sua compagnia notturna.

E mentre lei per lui avrebbe donato tutto, anche la sua stessa vita,  lui che cosa aveva fatto?

L'aveva sfruttata. Non le aveva mai dato modo di prendere decisioni. Aveva discusso da solo di argomenti importanti con le altre nazioni, lasciandola in disparte.

"...è vero... ma l'ho fatto perché non volevo gravarla di un altro inutile peso..." pensa, soffermandosi ad osservare il cielo notturno oltre le finestre.

Ma era davvero così? O forse era stato colto da manie di protagonismo, che lo avevano indotto ad escluderla?

Si mordicchia il labbro con forza, scuotendo il capo.

Seppur detestasse ammetterlo, si era comportato proprio come Prussia, il suo rivale di sempre.

E forse era per questo che Eliza lo aveva abbandonato.

Era inutile nasconderlo: dietro quell'apparenza di falsa eleganza e calma, lui era proprio come Gilbert. Uno spocchioso, vanitoso ragazzino mai cresciuto.



Provi a ragionare, fai l'indifferente,

Fino a che ti accorgi che non sei servito a niente!

E vorresti urlare, soffocare il cielo

Sbattere la testa mille volte contro il muro

Respirare forte il suo cuscino

Dire " è tutta colpa del destino "

Se non ti ho vicino


Le lunghe dita di Roderich si posano sulla fede posta sul tavolo, afferrandola.

Era solo un anello d'oro con una scritta. Niente di più.

...e allora perché il solo tenerlo in mano lo faceva stare così male?

Dove diamine era finita la sua proverbiale razionalità? 

Perché il suo cuore, nonostante tutti i suoi sforzi, continuava a pulsare dolorosamente?

-era solo una donna, Roderich... una come tante... ci sono nazioni che morirebbero pur di potersi legare a te... giovani che farebbero qualunque cosa pur di stare al tuo fianco... e tu rimani qui a piangerti addosso per quella puttanella da due soldi che tutto ad un tratto di ha piantato e si è gettata fra le braccia di Russia?- mormora fra sè, scagliando la fede contro il muro.

Subito tuttavia corre a raccoglierla, stringendola al petto come una reliquia sacra.

-no... perdonami... tu non eri una come tante... tu eri... eri la mia Liz...- 

una lacrima riga il suo viso, ed il rombo di un tuono maschera un unico singhiozzo.

Anche Austria, l'austero, risoluto Austria, si era abbandonato alle emozioni...

-non me l'aspettavo da te, Eliz... no...-

stringe i pugni, sostenendo a fatica una fitta all'altezza dello sterno

-no, davvero... non me l'aspettavo...-

Il suo pianto si trasforma in una risata che, poco alla volta, riempie tutti gli angoli del castello, rimbombando cupa in quella notte tempestosa. Una risata metallica. La risata di un deviato.

-non me l'aspettavo proprio, eliz! No no!- esclama in tono delirante, girando su se stesso in un solitario valzer.

Un tempo, in quella danza, ci sarebbe stata lei, Ungheria, fra le sue braccia. 

Ma ora non gli restava altro che quell'anellino ammaccato, 

e il ricordo di un antico splendore, oscurato dalle nebbie della sua follia.


Perdere l'amore, maledetta sera

Che raccoglie i cocci di una vita immaginaria

Pensi che domani è un giorno nuovo

Ma ripeti : " non me l'aspettavo "

" Non me l'aspettavo "


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Ed eccomi qui con un'altra delle mie storie! ^^

L'ambientazione storica corrisponde al 1918, ovvero alla fine dell'Impero Austro-Ungarico. In quell'anno venne firmato un armistizio che fu, in breve, l'ultimo passo verso l'annichilimento di questa grande potenza.

Temo di aver molto probabilmente (leggi: sicuramente) fatto dei terribili "ORRORI" storici... chiedo umilmente perdono...

Questa infelice versione di Austria mi interessa e al contempo mi inquieta... Brr... l'ho reso un po' troppo OOC, e per questo imploro la vostra pietà...


Detto questo... che altro? Spero vi sia piaciuta! ^^ Ciao! 

  
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