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Autore: Opal636    07/01/2010    2 recensioni
Giocando con Jona, Nihal sentì una struggente nostalgia per Sennar: se l’avesse potuta vedere in quel momento, vestita da ragazza, a giocare con un bambino, forse l’avrebbe presa in giro. Ma sarebbe stato contento. Pregò con tutto il cuore che tornasse sano e salvo. Ora che non c’era, si rendeva conto di quanto avesse bisogno di lui. Di quanto gli volesse bene... E se Nihal decidesse di provare a scrivere a Sennar?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nihal, Sennar
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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***Le prime righe sono prese pari pari dal libro, per far capire il punto in cui inizia la fic***

 

 

 

 

Quel giorno Nihal volle far divertire Jona.

Si sedettero sulla panca fuori dalla casa, la schiena appoggiata al muro, a godersi il pallido sole invernale, e Nihal gli mostrò qualche piccola magia che aveva imparato da piccola. Emise qualche innocuo lampo colorato, accese un ramoscello secco con uno schiocco di dita e per finire creò un piccolo globo luminoso. Lo tenne per un po’ sulla palma della mano, poi lo passò al bambino.

“E’ bellissimo! E’ bellissimissimo!” continuava a ripetere, fuori di sé dalla gioia.

Giocando con Jona, Nihal sentì una struggente nostalgia per Sennar: se l’avesse potuta vedere in quel momento, vestita da ragazza, a giocare con un bambino, forse l’avrebbe presa in giro. Ma sarebbe stato contento.

Pregò con tutto il cuore che tornasse sano e salvo. Ora che non c’era, si rendeva conto di quanto avesse bisogno di lui. Di quanto gli volesse bene.

Era sempre così… ci si rendeva sempre conto troppo tardi di quanto alcune persone siano importanti nella vita.

Livon era stato il primo doloroso esempio nella sua giovane esistenza. Aveva sempre saputo di volergli bene, ma era una consapevolezza latente, un tesoro nascosto tra le pieghe di giornate tutte uguali, passate ad ammirarlo mentre forgiava le armi che lei sognava di impugnare, impavida, in un futuro non troppo lontano. Era un sentimento che veniva dato per scontato e si era resa conto solo troppo tardi di quanto, invece, il suo amore verso quel padre che l’aveva accolta senza chiedere nulla in cambio fosse forte e radicato nel suo cuore.

Voltò lo sguardo verso il granaio, dove la sua spada, l’ultimo dono che la legasse ai dolci ricordi degli anni felici passati con Livon, stava prendendo polvere.

E ora stava nuovamente soffrendo per Sennar. Perché non aveva mai saputo dirgli quanto lui contasse per lei.

Fin da quando aveva iniziato a considerarlo come il suo migliore amico, aveva anche iniziato a dare per scontato che lui ci fosse, che sarebbe sempre stato al suo fianco e che l’avrebbe sempre sostenuta. E aveva anche sottovalutato l’intensità del sentimento che la legava a lui.

Una mano di Jona le passò velocemente davanti agli occhi, distogliendola dalla struggente nostalgia che le stava stringendo lo stomaco in una morsa spiacevole.

Abbassò lo sguardo sul suo volto di bambino, non riuscendo, però, a scoccargli un sorriso.

L’immagine degli occhi di Sennar, velati di un dolore sordo che lei stessa gli aveva procurato, continuava a danzarle davanti agli occhi, impedendole di comprendere le parole che Jona le stava rivolgendo.

“Va tutto bene?”. La voce del bambino era preoccupata e leggermente infastidita dal fatto che lei aveva smesso di farlo divertire con la magia.

Nihal continuò a fissarlo senza rispondere.

Un sentimento di urgenza iniziò a spandersi velocemente nelle sue membra.

Con un movimento rapido si alzò in piedi e accarezzò i capelli di Jona, rivolgendogli un sorriso tirato.

“Sto bene…” gli disse per rassicurarlo, ma il bambino continuò a guardarla con uno sguardo indeciso.

“Potresti farmi un favore?” la voce le uscì tenue e addolorata.

Jona annuì con convinzione. Quella ragazza gli piaceva, avrebbe fatto di tutto per accontentarla.

Nihal gli sorrise dolcemente. “Mi servono cinque pietre, il più possibile simili tra loro. Me le andresti a cercare?”.

Jona sorrise eccitato e balzò in piedi in un  attimo. Si lanciò verso gli alberi attorno alla casetta, scoccandole un’occhiata felice.

Nihal scosse la testa, sorridendo tra sé e sé.

Quel bambino ha il potere di lenire ogni sofferenza… ma non questa.

Si diresse in casa, prese un paio di pergamene dal cassetto in cui aveva visto Eleusi riporle, un pennino e dell’inchiostro, poi si chiuse nel granaio.

Quando Jona le portò le pietre, saltellando eccitato e orgoglioso della sua impresa, lei era già immersa nelle parole che le stavano sgorgando dal cuore come un fiume in piena.

 

Sennar… non so nemmeno con quale coraggio io ti stia scrivendo… Non so nemmeno se, alla fine, avrò la faccia tosta necessaria per spedirti questa lettera.

L’unica cosa che so è che dovevo farlo. Il bisogno di mettere per iscritto i sentimenti che mi si stavano agitando nel petto si è fatto più forte di minuto in minuto, lasciandomi inerme di fronte alla sua portata. Un bisogno vitale, che non ammetteva rifiuti.

So che non merito che tu perda del tempo a leggere questa missiva, e so che non merito il tuo perdono, perché il modo in cui mi sono comportata non ha scusanti valide.

Ti ho fatto del male, deliberatamente. Ti ho aggredito fisicamente e verbalmente sputandoti addosso la mia rabbia, il mio dolore, l’immenso vuoto che mi portavo dentro in quel periodo. E l’ho fatto con cattiveria, con il preciso intento di allontanarti da me… ancora oggi mi chiedo perché.

Proprio tu… l’unica persona che mi abbia mai capita fino in fondo, l’unico amico che mi abbia mai accettato per la ragazza imperfetta che sono, l’unico confidente che sia mai riuscito a strapparmi sorrisi in mezzo alle lacrime, in mezzo alla paura e al dolore.

Avrei dovuto appoggiarmi a te, avrei dovuto chiederti aiuto, molto tempo fa, come facevo quando ancora vivevamo da Soana e mi rifugiavo tra le tue braccia ogni volta che gli incubi turbavano il mio sonno.

Accanto a te ogni timore, ogni orrore svaniva come una nuvola di vapore…

Invece ti ho trattato come un nemico, come se per me tu non contassi nulla, come se mi fossi dimenticata di quanto io fossi legata a te.

E forse era così, forse in quel momento ero davvero così folle da credere che nemmeno tu avresti potuto fare qualcosa per l’abisso che mi era sceso nel cuore.

Ma mi sbagliavo… e comunque non avevo il diritto di comportarmi così, non ho nessuna scusante.

Dopo che te ne sei andato, ho commesso una delle più grandi sciocchezze della mia vita. Ero completamente impazzita… se ci ripenso, la vergogna mi attanaglia lo stomaco e mi fa desiderare di sprofondare sotto terra, per non dover più affrontare quei ricordi.

Ho deliberatamente disobbedito ad un preciso ordine di Ido, sono scesa in battaglia senza il suo permesso, e, mentre ero tra le fila dei nemici, ho rifiutato di ascoltare l’ordine di ritirata del comandante, mettendo a repentaglio la mia vita e quella degli altri guerrieri. Ma non mi importava, volevo solo combattere… e morire.

Me ne sono resa conto quel giorno. Non avevo paura. Ho accolto quasi con sollievo l’immagine di un gruppo di fammin che mi guardavano eccitati, le zanne in bella mostra davanti al mio volto… e alle mie orecchie da mezzelfo. Avevo anche perso l’elmo, la loro gioia nel vedermi così inerme era palpabile. Sto per morire… ho pensato, e non me ne importava nulla.

Sono stata ferita, ma Ido è riuscito a portarmi via in tempo dal campo, sul dorso del suo drago. Le parole che mi ha detto dopo non le dimenticherò mai. Sono state un’ancora di salvezza labile, ma mi ci sono aggrappata con tutte le mie forze, e me ne sono andata dall’accampamento, con la sua benedizione.

Non potevo più rimanere lì, non in quel momento. Avevo bisogno di allontanarmi, di capire…

Ho vagato senza meta, fino a quando, sulla mia strada, non ho incrociato un bambino in pericolo, che mi ha condotto a casa sua e, assieme alla madre, mi ha accolto con calore nella sua vita.

Sto da loro da qualche settimana ormai e la mia vita da guerriera mi appare lontana, irreale, come se la ragazza che combatte fosse un’estranea, ma allo stesso tempo un’amica…

Ho ripreso contatto con la mia vita. Non so ancora quale sia il mio scopo, per cosa combatto realmente, ma ora so che voglio vivere. So che non cercherò mai più di gettare la mia vita in modo stupido e incosciente…

Mi viene da ridere se penso alla tua faccia se mi potessi vedere ora!

La mia spada giace inutilizzata nel granaio della casa, prende polvere giorno dopo giorno, ma non me ne curo più di tanto, non per il momento almeno. Ma la cosa più scioccante è un’altra… indosso abiti da donna!!!

Smettila di ridere! So che lo stai facendo!

Ho scoperto un mondo che finora mi era totalmente sconosciuto. Se devo essere sincera fino in fondo (e con te posso esserlo), indossare questi abiti non mi piace poi molto… sono ingombranti, molto meno agevoli rispetto ai miei vecchi vestiti da uomo, ma li metto per curiosità e per far piacere alla mia ospite, che è sempre fin troppo gentile con me.

Suo marito è in guerra e lei si sente sola. Sembra quasi che la mia presenza abbia riportato un po’ di gioia in questa casa. Jona, il bambino, è un terremoto in miniatura! Non la smette mai di correre, ridere, mi parla a ruota libera per ore e ore!

L’altro giorno mi ha chiesto di insegnargli a “spadaccinare”!!! Ogni volta che penso a questo termine mi viene da ridere!

Oggi pomeriggio mi ha chiesto di fargli vedere qualche magia… lo stavo stupendo con qualche lampo colorato, qualche ramoscello ridotto in fiamme… quando il tuo ricordo mi ha preso alla gola impedendomi di continuare.

Mi accorgo che ti ho scritto come se fossimo ancora vicini, come se non fosse passato nemmeno un giorno senza che ci vedessimo… ma non è così, e tu avresti tutte le ragioni di stracciare questa lettera senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

Non ti biasimerei… ma spero con tutto il mio cuore che tu la legga.

Non pretendo il tuo perdono, non ti chiederei mai tanto dopo quello che ti ho fatto. Ti chiedo solo di stare attento, di non morire e di ritornare sano e salvo… stavo per scrivere “da me”, ma non oso spingermi tanto in là con la speranza…

Mi manchi Sennar, mi manchi più di quanto avrei mai potuto immaginare. La tua assenza, a volte, diventa un peso sul mio petto, talmente gravoso da lasciarmi senza respiro…

Ti voglio bene…

Nihal

 

  
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